ACADEMIA ROMÂNĂ études et recherches V Dr. CARLO TAGLIAVINI PROFESSORE DI LINGUISTICA ROMANZA E FILOLOGIA RUMENA ‘ NELLA R. UNIVERSITÀ DI BUDAPEST MEMBRO CORR. DELL’ACADEMIA ROMÂNĂ IL „LEXICON MARSILIANUM“ , DIZIONARIO LATINO-RUMENO-UNGHERESÊ DEL SEC. XVII « STUDIÒ FILOLOGICO E TESTO C V L T V R A NAŢIONALĂ B UCUREŞTI I 9 3.0 ACADEMIA ROMÂNĂ ÉTUDES ET RECHERCHES V Dr. CARLO TAGLIAVINI PROFESSORE DI LINGUISTICA ROMANZA E FILOLOGIA RUMENA ‘ NELLA R. UNIVERSITÀ DI BUDAPEST MEMBRO CORR. DELL’ACADEMIA ROMÂNĂ IL „LEXICON MARSILIANUM“ , DIZIONARIO LATINO-RUMENO-UNGHERESÊ DEL SEC. XVII « STUDIÒ FILOLOGICO E TESTO C V L T V R A NAŢIONALĂ B UCUREŞTI I 9 3.0 ï i im....................... Al Prof: IO AN BIANU come segno di devozione, amicizia e riconoscenza. / >rlo Tagliavini, Il « Lexicon Marsilianum» I LUIGI FERDINANDO MARSIGLT R. — Études et Recherches V. INDICE PREFAZIONE.................................................................. 7 Abbreviazioni bibliografiche................................................ 15 Capitolo I. L. F. MARSIGLI ED I SUOI RAPPORTI CON LA TRANSILVANIA. § I. La vita del Marsigli ............... 25 § 2. Il Marsigli in Transilvania...................................... 27 § 3. La Biblioteca del Marsigli....................................... 32 Capitolo II. IL MANOSCRITTO 116 DELLA COLLEZIONE MARSIGLI.. § I. Descrizione...................................................... 39 § 2. Come è stato segnalato il ms. fino ad oggi..... 42 Capitolo III. LE PARTICOLARITÀ LINGUISTICHE DEL LESSICO NELLA SEZIONE LATINA............ 46 Capitolo IV. LE PARTICOLARITÀ LINGUISTICHE DEL LESSICO NELLA SEZIONE RUMENA. I. Ortografia....................................................... 50 § I. Vocali .......................................................... 52 § 2. Dittonghi ....................................................... 56 § 3. Consonanti....................................................... 57 II. Particolarità fonetiche............................................. 61 § I. Vocali........................................................... » § 2. Dittonghi........................................................ 70 § 3. Consonanti....................................................... 73 § 4. Accidenti generali............................................... 82 § 5. Fonetismo straniero.............................................. 85 III. Particolarità morfologiche ............................................ 86 IV. Particolarità lessicali................................................ 91 § I. Elementi ungheresi............................................... » a) elementi generali............................................ 93 b) elementi regionali ............... 99 c) cbta$ XeyößEva............................................... 121 d) elementi incerti (etimo ungherese-slavo, ungherese-tedesco ecc.). 125 e) calchi linguistici sull Ungherese............................ 134 § 2. Elementi tedeschi.............................................. 135 § 3. Elementi turchi................................................ 138 § 4. Elementi serbi ................................................ 140 6 INDICE § 5. Voci arcaiche e dialettali.................................. 143 § 6. Errori e traduzioni strane.................................. 156 § 7. Problemi insoluti........................................... 160 Capitolo V. LE PARTICOLARITÀ LINGUISTICHE DEL LESSICO NELLA SEZIONE UNGHERESE.................................. 161 § I. Particolarità grafiche e fonetiche ......................... 163 § 2. Particolarità lessicali............................ 165 § 3. Errori e traduzioni strane ................................. 167 Capitolo VI. LE FONTI DEL LEXICON MARSILIANUM. § I. Eventuali fonti rumene...................................... 170 § 2. Eventuali fonti ungheresi................................... 171 Capitolo VII. DOVE, QUANDO E DA CHI FU SCRITTO IL LESSICO ? § I. Localizzazione.............................................. 175 § 2. Datazione................................................... 180 § 3. La nazionalità dell*Anonimo................................. 182 TESTO ............................................................. 187 INDICE ALFABETICO DELLE PAROLE STUDIATE................................. 357 Tavola I. FAC-SIMILE DI UNA PAGINA DEL LESSICO Tavola II. LE FILIGRANE Tavola III. CARTA LINGUISTICA PREFAZIONE Nel presentare ai rumenisti un nuovo documento della letteratura antica, finora completamente sconosciuto, credo necessario premettere al testo e allo studio che lo accompagna, due brevi parole di schiarimento. Sextil Puşcariu ha avuto molta ragione di affermare che la storia della lessicografia rumena dà un’esatta immagine delle più importanti correnti dell’evoluzione culturale del popolo rumeno 1). Accanto a una ricca serie di glossari slavo-rumeni che incontriamo nei Principati e specialmente in Valacchia (dove dominava come lingua ecclesiastica ed amministrativa l’antico-slavo) e che va dal piccolo frammento di Belgrado, studiato dal Kaluzniacki 2) e risalente al tardo cinquecento, al lessico di Andronico della metà dell’ottocento3), e che enumera ben dodici glossari, in gran parte basati sul dizionario slavo-eccle-siastico-russo del monaco Pamvo Berynda, accanto a questo gruppo, dicevo, che ha come principali rappresentanti il Lessico di Mardarie di Cozia del 1649 (notevole per la sua antichità e per i numerosi provincialismi olteni) e il Lessico del Codice Sturdzano4), troviamo dei dizionari latino-rumeni, x) S. Puşcariu, Dicţionarul Academiei (Acad. Rom. Mem. Secţ. Lit., III. Vol. III, Mem. 7 [1926]), pag. 195. 2) E. Kahizniacki, Über ein kirchènslavisch-rumânisches Vokabular, nell* Archiv /. slav. Phil.y XVI. (1894), pagg. 46—53. 3) Descritto da Iatzimirskij, CjIOBHHCKÎfl PyKOlÌHCH HeMeitfCarO MOHaCTblpfl PyMbiHÍH, Moskva 1898, pag. 105. 4) Per il Lessico di Mardarie cfr. Mardarie Cozianul, Lexicon slavo-românesc şi tâlcuirea numelor din 164g, publicate... de Gr. Creţu, Buc. 1900 (e alle pag. 22—57 un accurato sguardo alla storia della Lessicografia rumena); per il Lessico del Codice Sturdzano cfr. anche Hasdeu, Cuvente den bătrâni, I, 261 segg. Quest'ultimo lessico è specialmente importante per l'abbondanza delle parole e per la 8 PREFAZIONE basati su modelli occidentali, solo in quelle regioni che si trovavano sotto l’influsso di una cultura più o meno «classica » e «latina », e cioè in Transilvania e nel Banato. Ne conoscevamo finora due, e precisamente : Primo : il dizionario rumeno-latino conservato nella Biblioteca Universitaria di Budapest fra i manoscritti del celebre storico ungherese Pray ; questo Dictionarium Valachico-Latinum, scritto su 86 fogli (= 172 pagine), contiene circa 5000 parole, benché parecchie siano lasciate senza traduzione. La lingua ha uno spiccato colorito dialettale del Banato e lo Hasdeu, che scopri e studiò per primo quest’opera, pensò di attribuirla a un Autore di Lugoj (Anonymus Lugoshiensis)x). Più tardi il Creţu, che ci dette un’edizione completa del dizionario, basandosi sui toponimi ivi ricordati, trasportò un po’più a sud-est la patria dell’Autore del lessico e mutò Y Anonymus Lugoshiensis dello Hasdeu in un Anonymus Caransebe-siensis2). Con quest’ultimo nome i filologi rumeni hanno concordemente indicato l’Autore del loro più antico lessico valacco-latino, finché recentemente N. Dragami, in un eruditissimo e compiuto lavoro 3), non emise l’ipotesi che l’Anonimo si potesse identificare con Mihail Haliciu, patrizio di Caransebeş, noto finora solo per un’ode rumena in caratteri latini. Secondo: il dizionario latino-rumeno di Tudor Corbea di Braşov conservato manoscritto nella Biblioteca di Blaj. Quantunque questo lessico sia stato segnalato da I. Klein 4) e dal Cipariu 5) esso è ancora un’incognita per i filologi rumeni. ricchezza della fraseologia. Cfr. anche per la lessicografia slavo-rumena: Gaster, in Gröber, Grundr. II, p. Ili, p. 294-295 e Bogdan, Conv. Lit. XXIV (1890) p. 727—752- *) Hasdeu, in « Rev. p. ist. » VI, 1—48; Columna lui Traian IV (1883), 406—429 (e il semplice annunzio già in Cuvente den bătrâni, I, 261). 2) Creţu, in Tinerimea Română, N. S. Vol. I (Buc. 1898), pagg. 320—380. 3) N. Drăganu, « Mihail Haliéi » Contribuţie la istoria culturală românească din sec. XVIIy nella « Dacorom. » IV (1926). pp. 77—168 ed ivi tutta la letteratura precedente. 4) Instrucţiunea publică II, pag. 72. « Theodorus lexicon latino-valachicum scripsit ». 6) Archiv pentru filologie şi istorie, pag. 637: «Dicţionarul latin-românesc [al lui Corbea] asemenea se află în original în colecţiunea noastră». PREFAZIONE 9 Il Creţu, che ebbe modo di studiarlo per qualche tempo, invece di pubblicare una monografia o di dare uno specimen, si limitò a scrivere un brevissimo articolo, pubblicato per di più in appendice a un giornale politico ! -1). Secondo le risultanze di questo articolo, il dizionario di T. Corbea, come appare dalla nota finale, fu composto a spese del vescovo Mitrofan che fu prima a Huşi (1683—1686) e poi a Buzău (1691—1703). Dal successore di costui nell’episcopato di Buzău, il celebre Dascăl Damaschin (1703—1708), che più tardi passò a Râmnic (1708—1726), il manoscritto fu regalato il 6 Maggio 1713 al «vel-comis» Radu Cantacuzino, figlio maggiore del futuro signore di Valacchia, Stefano Cantacuzino. Nel periodo che va dal 1750 al 1760 il dizionario fu comprato a Vienna (dove era morto Radu Cantacuzino, il quale era vissuto nella capitale austriaca per molto tempo dopo la tragica morte di suo padre) e fu pagato 300 fiorini renani per conto del Monastero Sf. Treime di Blaj. Quanto all’estensione del dizionario di Tudor Corbea, esso è di 377 fogli, scritti su due colonne in lettere corsive con iniziali rosse; il rumeno è in caratteri cirillici; stando a quel che dice il Creţu, il dizionario conterrebbe « circa 34.000 articoli » e «una quantità di nomi storici e geografici e termini di scienze ». E un vero peccato per la filologia rumena che nessuno pensi di studiare e di utilizzare i materiali di questo dizionario. Accanto a questi due lessici si viene a porre ora il Lexicon Marsilianum che presento in questo volume ai filologi ru-menisti. Il suo carattere lo avvicina di più al Dizionario dell’Anonimo di Caransebeş che a quello di Tudor Corbea, scritto con lettere cirilliche. Tutti tre questi lessici sono stati certamente influenzati dalla lessicografia ungherese, in quell’epoca fiorentissima; questo influsso magiaro e il suo carat- *) «Voinţa Naţională», 15 Oct. 1905 (pubbl. anche in estratto, col titolo: Cai mai vechiu Dicţionar latino-românesc de Teodor Corbea (Manuscript de pe la 1700), Bucureşti 1905. Per questo lessico cfr. anche N. Densuşianu, Cercetări istorice în arhivele şi bibliotecile Ungariei şi ale Transilvaniei. (An. Acad. Rom., S. II, t. II. Ist. 218—219); Iorga, Istoria literaturii române în secolul al XVIII-lea, Buc. 1901, t. II, pagg. 283—84; Gaster, nel Grundriss d. rom. Philologie del Gröber, Vol. II, p; III, pag. 295. Weigand, Krit. Jahresbericht ü. Fort. rom. Phil. IX, I, 79. IO PREFAZIONE tere ho cercato di mettere in evidenza nel mio studio : « L’influsso ungherese sull’antica lessicografia rumena » pubblicato, or non è molto, in un volume giubilare in onore del grande ugrofinnista J. Szinnyei1). Ma il Lessico Marsiliano (di cui il lettore troverà un’esatta descrizione nei capitoli che seguono), nonostante la sua minore mole, presenta, a mio modesto parere, una superiorità sugli altri due summenzionati; esso è infatti trilingue e ci offre un continuo controllo delle traduzioni, spogliandosi così del carattere di «glossario » che più o meno avevano i bilingui. Per trovare nella letteratura rumena un’altra opera consimile, bisogna scendere al 1806, al vocabolario (inedito) di Klein 2) e poi a quello di Bobb 3) e al Lessico di Buda 4) ; si può cosi aumentare di oltre un secolo l’antichità dei lessici trilingui latino-rumeno-ungheresi. Inoltre, quantunque i tre dizionari siano forse quasi contemporanei, il Lessico Marsiliano è l’unico per cui si possa garantire l’appartenenza al secolo XVII (cfr. Cap. VII, § 2). L’Anonimo di Caransebeş ha un terminus ad quern molto tardo (1742), ma appartiene quasi sicuramente ai primi anni del sec. XVIII; il Lessico di Tudor Corbea ha un terminus ad quem nel 1713 1) Revue des études hongroises VI (1928), pag. 16 segg. 2) I. Klein, Dictionarium latino-valachico-hungaricum in genere suo novissimum et usui cujuslibet accomodatum (ms. ca. 1806), per le vicende di questo dizionario cfr. Iorga, Istoria Ut. ront. în sec. XVIII, Vol. II, pag. 285; Radu, Doi luceferi rătăcitori: Gheorghe Şincai şi Samoil Micu Clainy Buc. 1924. (An. Acad. Rom. III, II Lit.), pagg. 15—17; 44—57; Bianu-Hodoş, Bibi. Rom. veche 11,481. Un altro lessico trilingue tuttora ms. e conservato, al pari di quello di Klein, nella Biblioteca episcopale unita di Gran Varadino (Oradea-Mare, Nagy-Várad) è il Lexicon Germano-Latino-Daco-Romanum di A. A. Nasody(cfr. I. Radu, Manuscriptele din Biblioteca Episcopiei unite din Oradea Mare, Acad. Rom. Mem. Secţ. Ist. S. III, T. I, p. 16 (276) N. 86—88). 3) I. Bobb, Dicţionariu rumânesc, latinesc şi unguresc... Clus 1822—23; su questa opera cfr. Şăineanu, Istoria filologiei române, Buc. 1895, p. 184 segg. 4) Lesicon romdnescu-latinescu-ungurescu-nemţescu quare dé mai mulţi Autori în cursul a treideci şi mui multoru ani s*au lucratu, Budae 1835. Intorno a questo lessico cfr. Şăineanu, Istoria filologiei române, p. 185 segg., Densusianu. Literatura română modernă, Buc. 1920, Vol. I, p. 59 seg.; Haneş, Dèsvoltarèa limbii litèrare române în prima jumătate a secolului al XIX-leat ed. II, Buc. 1927» P- 67 segg., Z. Pâclişanu, Transilvania LII (1921) p. 260 segg. PREFAZIONE (ma probabilmente fu scritto sul 1700); il Lessico Marsiliano invece fu scritto certamente prima del 1701. La grafia, la lingua, le caratteristiche di questo dizionario ci mostrano poi che esso non è isolato, ma che viene ad arricchire una speciale corrente della letteratura rumena transilvana del XVII secolo, che si suole chiamare «letteratura calvinista ». Per questo, nel presente studio, ho cercato di confrontare le condizioni linguistiche del lessico, più che con gli antichi testi rumeni per così dire «classici », con i prodotti di questo movimento calvinista. Che, se non mi è riuscito fare di più, non si deve attribuire a mancanza di buona volontà, ma allo stato incipiente delle ricerche su tale argomento. I più interessanti testi di questo periodo rimangono tuttora inediti e minacciano di andar perduti, come forse è accaduto di un prezioso Graduale x) e dello stesso Salterio di Viski 2). Gli studi finora condotti sono scarsi e dispersi in riviste sia ungheresi che rumene. Il trovarsi appunto questa letteratura sotto un influsso magiaro fortissimo, ha fatto sì che da una parte essa è stata studiata da filologi ungheresi, i cui scritti son rimasti lettera morta per la maggior parte dei filologi rumeni, e dall’altra è stata studiata solo da quei filologi rumeni che, come il Drăganu, hanno pieno possesso della lingua ungherese e della storia della cultura magiara. Che cosa si deve pensare p. es. di uno storico della letteratura *) Cfr. Drăganu, « Dacorom. » IV, 90, nota. Per ricerche da me fatte nella Biblioteca deli'Accademia Magiara e per la gentilezza del Bibliotecario prof. J. Szinnyei, posso affermare con esattezza matematica che il manoscritto fu rimandato a Cluj in plico assicurato il io Maggio 1912. Le ricerche debbono dunque farsi nella Biblioteca del Liceo Riformato di Cluj. 2) Il collega prof. Drăganu mi comunica infatti che nella Biblioteca del Liceo Riformato di Cluj non si riesce più a rintracciare il prezioso ms. originale del Salterio di Viski. E purtroppo pare che sia andata anche smarrita, oppure sia stata spedita insieme con i migliori cimeli a Mosca, la copia che Gr. Silaşi ! aveva donata alla Biblioteca dell’Accademia Rumena (cfr. Bianu nell’introduzione alla Psaltirea în versuri di Dosofteiu, Buc. 1887 p. XXXIV, n. 1). Infatti io stesso ho fatte pazienti ricerche di questo manoscritto nel Maggio 1929 senza riuscire a trovare neppure la segnatura di catalogo ! Una copia però, benché non in tutto precisa, deve esserci ancora a Năsăud (Naszód), cfr. Drăganu, Dacorom. IV, 90. 12 PREFAZIONE rumena antica che, parlando nel 1921 del più antico e prezioso testo di questa letteratura, la Cartea de cântece o Frammento Todorescu (alias Salterio Tordaş) del 1570, dopo aver detto parecchi errori e inesattezze, aggiungeva «Un studiu asupra ei se pare că a scris Alexici în limba maghiară 1) », quando esattamente da dieci anni si era pubblicato il testo del frammento ritrovato, in facsimile, trascrizione, originale ungherese ecc. preceduto da un ampio studio che, se pur prolisso e mediocre, è sempre notevolissimo? 2) E l’autore di quel libro che vorrebbe essere «cea dintàiu monografie în materie » e presentare « contribuţiuni nouă la fiecare text », non può giustificare la sua inesplicabile ignoranza col dir di non conoscer l’ungherese, perchè questo libro ebbe numerose recensioni in rumeno e in tedesco 3). Ex uno disce omnes ... se quel filologo rumeno poteva ignorare il testo più antico e più prezioso, pubblicato per le stampe fin dal 1911, che cosa avrà fatto per gli altri più recenti e ancora manoscritti ? Ma non bastava, a mio avviso, studiare la lingua del lessico in comparazione con quella degli autori contemporanei ; bisognava, specialmente per risolvere il problema della localizzazione, prendere in considerazione i dialetti moderni e, per ogni parola, per ogni fenomeno fonetico o morfologico, cercare di delimitare, colla maggior, esattezza possibile, l’area in cui ricorre. La mancanza di un Atlante Linguistico Rumeno all’altezza dei moderni metodi di geografia linguistica e redatto con criteri precipuamente lessicologici4) (quello del Weigand è un lodevolissi-mo tentativo, ma vale solo per la parte fonetica, limitatamente ad alcuni problemi preventivamente scelti),ha frustrato in gran parte *) G. Pascu, Istoriea literaturii şi limbii române din secolul XVI, Buc. 1921, pag. 187. E più avanti a pag. 204: « Neavând la îndemână o ediţie a Psaltirii calvine din 1570... nu putem şti dacă este un text rotacizant ori nerotacizant » (!?!). 2) Sztripszky H.- Alexics Gy., Szegedi Gergely énekeskönyve XVII. századbeli román forditásbany Budapest 1911. 3) P. es. Drăganu, «Transilvania» XLIV 1913, pagg. 273 —277; St.. Meteş, « Tribuna » 1911 No. 283; Weigand, Kritischer Jahresbericht über die Fortschritte der romanischen Philologie XIII, II 580—581. V. anche « Luceafărul »,. 1911, pag. 29. 4) Cfr. Jaberg-Jud. Der Sprachatlas als Forschungsinstrument, Halle 1928, p. 175 scg. PREFAZIONE 13 il mio piano; ho dovuto ricorrere alle monografie dialettali, di valore diversissimo e non tutte accessibili. Ce ne sono delle ottime (p. es. quella del Densusianu sul dialetto di Haţeg) e ci sono di quelle che non valgono quasi nulla, con trascrizioni bislacche e interpretazioni errate dei fenomeni1). Ma anche queste servono ad attestare una parola in un dato luogo. Così per gli elementi ungheresi e per le voci più interessanti ho cercato di dare le citazioni delle monografie dialettali e dei testi popolari in cui ogni voce si trova (o almeno in cui io l’ho trovata), non per un inutile sfoggio di erudizione, ma per mostrare l’estensione geografica della parola, giacché ogni parola ha una storia tutta sua particolare2). Naturalmente da questo ideale son rimasto ben lontano, sia per la pochezza delle mie forze che per la deficenza di quei mezzi di informazione che mi sarebbero stati accessibili se avessi potuto risiedere più lungo tempo a Bucarest vicino alla Biblioteca dell’Accademia. Dal 1921 ho lavorato intorno a questo Lessico, la cui edizione era già pronta nel 1926; il ritardo è dovuto al mio desiderio di condurre alcune ricerche a Budapest sulle probabili fonti ungheresi ; ricerche che hanno dato per altro un esito negativo. Non mi dolgo di questo ritardo per due ragioni; la prima è che, nell’attesa, ho quasi adempiuto al precetto oraziano del « nonumque prematur in annum » e ho potuto limare qua e là qualche cosa. La seconda è che la pubblicazione viene proprio a coincidere con l’inizio del 1930 che segna il secondo centenario della morte del Conte Luigi Ferdinando Marsigli, al cui nome ho voluto che il Lessico fosse consacrato. Non posso finire queste brevi righe senza esprimere la mia gratitudine ai molti illustri colleghi ed amici che mi hanno in vario 1) P. es. la dissertazione del Barbul, Az avasvidéki ny elvjár ás, Budapest 1900 (cfr. anche Weigand, Kritischer Jahresbericht cit. VI, I, 167). 2) Si noti che ogni qualvolta io parlo di « dialetti della Transilvania » intendo le varietà dialettali dacorumene parlate nella Transilvania propriamente detta e con « zona dei Criş » indico il territorio che i Rumeni chiamano Crişc^na. Sarà ozioso ripetere che un dii letto transilvano nel vero senso della parola non esiste, giacché non vi è alcuna particolarità che sia caratteristica generale e peculiare delle parlate rumene di Transilvania; cfr. Weigand, Convorb. Lit. XLII (1908) p. 441 segg. Puşcariu, TrBCrM. II, 1146. 14 PREFAZIONE modo aiutato in questo lavoro: i professori O. Densusianu, S. Puşcariu, ma specialmente N. Drăganu, per la parte rumena; J. Melich, J. Szinnyei, ma soprattutto Z. Gombocz, per quella ungherese. I professori Drăganu e Gombocz hanno avuto anche la gentilezza di leggere il volume sulle bozze di stampe e a loro sono debitore di parechi preziosi consigli. Devo pure alcune utili indicazioni al giovane rumenista Dr. Luigi Tremi che, essendo nativo di Timişoara (Temes-vàr), ha un’eccellente conoscenza dei dialetti rumeni e magiari parlati nelle regioni dove, con ogni probabilità, fu scritto il nostro lessico. Ringrazio anche i due valenti artisti prof. Giulio Ricci e prof. Giacomo Tagliavini, il primo per il disegno a penna rappresentante L. F. Marsigli, eseguito con sì vivo senso d’arte, l’altro per la riproduzione delle filigrane e la scrupolosa esecuzione della carta geografico-linguistica. Il prof. Ioan Bianu, Bibliotecario ed ora Presidente della Accademia Rumena, che mi fu di continuo aiuto procurandomi libri e indicazioni bibliografiche sa con quale animo questo volume gli è dedicato. Bologna-Budapest, Maggio 1929. í ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE Una vera e propria bibliografia sarebbe fuori di posto in un’opera dedicata esclusivamente agli specialisti; mi sembra però conveniente elencare qui alcune abbreviazioni bibliografiche più frequentemente usate: ALEXICS, Magy. el. = ALEXICS György, Magyar elemek az oláh nyelvben, Budapest 1888 (Estr. dal Ny r., XVI—XVII). — Texte = Texte din literatura poporană română adunate de G. ALEXICI, Tomul I, Poesia tradiţionalăy Budapesta 1899. AL-GEORGE, Szamos — A felső Nagy-Szamos völgyének román nyelvjárása, írta AL-GEORGE Flórián, Budapest, 1914. An. Ac. Rom. = Analele Academiei Române, Buc. 1879 segg. An. Car ans. = Anonymus Caransebesiensis, v. CREŢU. An. Inst. Ist. Nat. — Anuarul Institutului de istorie naţională (Universitatea din Cluj) publicat de A. LÄPEDATU şi I. LUPAŞ, Cluj 1922 segg. Arch. Glott. It. = Archivio Glottologico Italiano, Torino 1873 segg. Ar eh. Rom. = Archívum Romanicum, dir. da G. BERTONI, Ginevra 1917 segg. Arch. slav. Phil. = Archiv für slavische Philologie, begr. v. V. JAGI<5> Berlino 1876 segg. Arhiva = Arhiva, organul societăţii istorico-filologice din Iaşi, 1889 s=gg. BALASSA, Magy. fonétika = BALASSA József, Magyar hangtan, I, Magyar fonétika, Budapest 1904. — Magy. nyelvjár. = BALASSA József, A magyar nyelvjárások osztályozása és jellemzése, Budapest 1891. Balkanarchiv = Balkan-Archiv, Fortsetzung des JbIRS. hgg. G. WEIGAND, Leipzig 1925 segg. BARBUL, Avas = BARBUL Jenő, Az avasvidéki nyelvjárás, Budapest 1900. i6 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE BĂRBULESCU, Fon. alf. cir. = Fonetica alfabetului cirilic în textele române din vécul XVI şi XVII în legătură cu monumentele paleo-sîrbo-bulgaro-ruso şi româno-slave, Buc. 1904. — Cercetări = I. BĂRBULESCU, Cercetări istorico-filologice, Buc. 1900. — Curentele lit. = I. BĂRBULESCU, Curentele literare la Români în perioada slavonismului cultural, Buc. 1928. BARIŢIU, Cat. calv. = G. BARIŢIU, Catechismulu Calvinescu înpusu clerului şi poporului românescu sub domnia principeloru Georgiu Rákóczy I şi IIy Sibiu, 1879. BARTOLI, Introd. Neolinguistica = M. BARTOLI, Introduzione alla neolinguistica, Ginevra 1925. BARTAL == ANTON BARTAL, Glossarium Mediae et Infimae Lati-nitatis Regni Hungáriáé, Leipzig-Budapest 1901. BENA = A. BENA, Limba română la Saşii din Ardeal, Cluj 1925. BERNEKER, SL Et. W7#. = E. BERNEKER, Slavisches Etymologisches Wörterbuch, Heidelberg 1908 segg. 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Egli è un uomo desideroso di apprendere e di vedere cose nuove; dagli studi geografici, da lui sempre preferiti, sugli Appennini a quelli sul Bosforo, dal Benaco alla Transilvania, dalla tranquillità del suo palazzo bolognese all’agitata Costantinopoli, dove è al séguito del bailo Civrani, dalle pacifiche conversazioni scientifiche e letterarie sotto i portici della turrita sua città, alle torture della prigionia in Bosnia, dagli onori di comandante nell’Armata Cesarea, di x) La fonte più ricca per la biografia del Marsigli è l’ampia Autobiografia conservata ms., in due grossi volumi in folio, nella Biblioteca della R. Università di Bologna. (Ms. Marsigli. N. 145; cfr Frati. Cat. 133) Essa è, purtroppo, ancora inedita, ma buona parte dei materiali ivi contenuti passarano nel volume del Fan-tuzzi, Memorie per la vita del Co. Luigi Ferdinando Marsiglia Bologna, L. Della Volpe 177° (v* anche Notizie degli scrittori bolognesi, t. V 186—327); dopo il Fantuzzi, scrissero del Marsigli : l’Arnoud (nella rivista: «Il Politecnico » X (1861 ) 171—198); l’Albertazzi (nella rivista: «Nuova Antologia », voi. 178 (1901), 252 e sègg.), ecc. fino al recente volume di Giuseppe Bruzzo, Luigi Ferd. Morsili, Nuovi Studi sulla vita, Bologna, Zanichelli, 1921 (prima del Fantuzzi, scrisse anche tre volumetti sul Marsigli D. G. H. D. Quincy: Mémoires sur la vie de M. le Comte L. F. Marsigli, Zürich, 1741). 5) In tal senso si esprime anche R. Ortiz, Per la storia della cultura Italiana in Ru -irtania, Bucarest, 1916, pag. 168. V. anche il bell’articolo « Avventurieri » nel V voi, dell’Enciclopedia Italiana dell’Istituto G. Treccani. 20 CAPITOLO I presidente della commissione dei confini, di ambasciatore presso il Sommo Pontefice, allo strazio di una immeritata degradazione e al ritorno agli studi severi, tutta, tutta la vita di questo uomo è lo specchio di un’anima nobile, d’uno spirito indagatore, d’uno studioso infaticabile, se non in ogni campo ugualmente profondo. Il Conte Luigi Ferdinando Marsigli *) nacque a Bologna il io luglio 1658 dal Conte Carlo e dalla Contessa Margherita Hercolani; terzogenito (aveva tre fratelli e due sorelle) fu addestrato fin da giovinetto agli esercizi militari e cavallereschi ; cupidus novi, offrì i suoi servizi al bailo Civrani che si doveva recare a Costantinopoli, e lo seguì nella capitale ottomana, nel 1679, acquistando laggiù una ricca messe di notizie che, dopo, gli tornarono di grande utilità nei rapporti ch’ebbe coi Turchi ; egli ci lasciò anzi una descrizione del suo viaggio 2). Preparato militarmente e scientificamente, offrì i suoi servizi a Leopoldo d’Austria, non appena un clangore di tube gli annunziò prossima la guerra contro il Musulmano; e fedele al suo Signore rimase fino alla resa di Brisacco. Prigioniero, soffre inenarrabili patimenti mentre è schiavo di due fratelli bosniaci, legato a una catena in una lurida capanna, divorato dalla febbre e dai pidocchi, ma trova ancora la forza di disegnare, col succo di certe erbe, alcune piante delle fortificazioni di Buda e di mandarle al suo Signore 3). Riscattato, ritorna, senza frapporre indugio, nell’esercito cesareo, coprendo importantissime cariche, di ambasciatore, di condottiero, di negoziatore, di stratega. Dopo l’accusa di tradimento per la resa di Brisacco, il Marsigli riuscì a riabilitare il suo nome, ma visse lontano dalle armi (e non le riprese che una volta per difendere lo Stato 1) Il Bruzzo, L. F. Mar sili, pag. Vili, dichiara di preferire la forma Morsili a Marsigli; ma siccome il Marsigli scriveva quasi costantemente il suo nome col gl, io preferisco la forma Marsigli. 2) Cfr. L. Frati, Il viaggio da Venezia a Costantinopoli del Conte Ferdinando Marsigli, in « Nuovo Archivio Veneto », N. Serie Vili (1904), pagg. 63—94, 295—316. 3) Cfr. Veress E., Gróf Marsigli Alajos Ferdindnd olasz hadi mérnök jelentései és térképei Budavár, 1684—1686-iki ostromairól, visszafoglalásáról és helyrajzáróh Budapest 1907. §§ I—2 LA VITA DEL MARSIGLI 27 Pontificio minacciato dai Turchi) nella piccola città di Cassis in Provenza» dapprima, nella sua Bologna dipoi. E alla sua diletta città lasciò, come ricordo imperituro, la più alta istituzione culturale dopo l’Università, VAccademia delle Scienze, ch’egli stesso fondò e regalò di tutti i libri raccolti nelle sue peregrinazioni in Oriente e in Occidente. All’Accademia e ai suoi cittadini, ai suoi lavori scientifici, ai suoi manoscritti incompiuti, fu rivolto il suo ultimo pensiero, quando il 1 Novembre 1730 rese la bell’anima a Dio 1). § 2. Il Marsigli in Transilvania. Il Marsigli ebbe frequenti rapporti colle terre rumene: fu ambasciatore presso Costantino Bràncoveanu e fu amico di Costantino Cantacuzino con cui rimase in relazione epistolare 2). *) Ecco il ritratto che il Fantuzzi (Mempag. 20) ci fa del Marsigli: «Aveva il Conte Marsigli l’animo grande nato per le grandi imprese e (può quasi dirsi) più ostinato che costante neireseguirle. Felice nel superare gli ostacoli, impaziente nel sofferirli, era buon amico, ma franco e libero nel suo parlare, più di quel che convenga ad un uomo, il quale aspiri a grandi fortune. Sapeva l’arte della guerra, buon ingegnere, diligente ufficiale, ma severo nel comando e pronto ad ogni intrapresa. Era facile all’ira, ma la tempesta era più rumorosa che dannevole. Nella conversazione del bel sesso vestir sapeva sentimenti e maniere di gentilezza, non però mantenervisi lungo tempo. Amava piuttosto la franchezza militare, e vi si abbandonava più volentieri. Nemico dell’ozio, non poteva tollerare gli oziosi e può dirsi che il suo spirito travagliava ancora dormendo. Sapeva mol e scienze, ma non era stato paziente abbastanza per penetrarle così a fondo e possederle tanto perfettamente quanto poteva. Parlava diverse lingue, ma solo con franchezza scriveva la sua nativa e la tedesca. Volendo scrivere la francese e la latina con purità ed eleganza si valse di segretari che le possedevano, e il saggio fisico del mare e l’opera Danubiale, quanto alla locuzione, è tutta opera loro. Quanto alla forma esteriore del suo corpo era grave e maestoso il suo aspetto, alta la statura, proporzionata la testa, la fronte spaziosa, il viso lungo, gli occhi azzurro-chiari, lo sguardo signorile. Aveva le sopracciglie non troppo folte, ma ben disposte e continuate, il naso aquilino, la bocca giusta, il mento rotondo al di sotto, da cui pendeva una pelle, che sembrava formarne un altro, le guancie un poco lasse che gli allungavano la faccia, la voce col suo imperioso suono e robusto accompagnava la dignità del guardo ed il vigore del sembiante. Vide la fortuna in tutti gli aspetti, ma egli fu sempre lo stesso, e la sua gloria maggiore e più durevole ebbe cominciamento ed occasione dal punto più infelice della sua vita ». a) Dei rapporti del Marsigli colle terre rumene, quasi esclusivamente però 1 -mitati allo studio della corrispondenza scientifica con lo Stolnic Costantino Can~ 28 CAPITOLO I Ma assai più notevoli furono i contatti che il Marsigli, divenuto generale dell’esercito cesareo, ebbe con il Banato e la Transilvania (intendendo sotto questo nome anche la regione dei Criş (Körös) come fa il Marsigli stesso in quas; tutte la sue relazioni). Non parleremo dell’epoca in cui attraversò tutta la Transilvania e il Banato per giungere in Bosnia come prigioniero, tempo certo poco propizio per qualsiasi osservazione, essendo il Marsigli condotto o legato su un cavallo o, sempre legato, dietro il cavallo dei suoi padroni. Quando ebbe inizio la conquista della Transilvania da parte delle armate cesaree, vale a dire nel 1687, ^ Marsigli, che si era già distinto in precedenza tacuzino, si occuparono: N. Iorga, Manuscripte din biblioteci stràine relative la Istoria Românilor, în « Analele Acad. Rom., Mem. Secţ. ist. ». S. IÏ, t. XXI, Buc. iQco, pag. 63 segg. (V. anche N. Iorga, Operele lui Constantin Cantacuzino, Buc. 1901); poi molto accuratamente, pur in brevi pagine, R. Ortiz, Per la stona della cultura italiana in Rumania, Bue. 1916, pag. 169 segg. e infine A. D. Marcu, Romanticii Italieni şi Românii (Acad. Rom., Mem. Secţ. Lit. III, II, 2), Buc. 1924, pag. 26 e segg (6 deil’estr.) e vedi anche le mie aggiunte nel « Giorn. St. Lett. It. », XCI (1928), 211 segg. e in « Studi Rumeni » III (1928) 182 segg. Per ciò che riguarda la Transilvania se n’erano occupati specialmente gli storici ungheresi Szi-lady (1867), Beliczay (1881), Thaly (1892), Áidásy (1893) e finalmente E. Veress al quale dobbiamo un catalogo assai utile dei manoscritti Marsiliani riguardanti l’Ungheria (e quindi anche la Transilvania): A Bolognai Marsigli-iratok magyar vonatkozásai, Budapest, 1906. Il Veress aveva poi ideato di pubblicare una parte dei mss. del Marsigli riguardanti la Transilvania in un volume di Acta Bononiensia liungarica (Matricula et acta Transylvanorum Hungarorumque in universitale Bononiensi studentiu?n. Miscellanea hungarica e collectione Comitis Ferdinandi Aloysii Marsigli), che sarebbe venuto a formare il quarantanovesimo tomo della stupenda collezione, « Fontes rerum Transyivanicarum (Erdélyi Torié.leimi források) » cominciata dal Veress nel 1911, ma arrestatasi purtroppo, specialmente per causa della guerra, al quarto volume. (Sulle seconde bozze posso anche aggiungere la più recente conferenza riassuntiva del Veress, Il Conte L. F. Marsili e gli Ungheresi, Imola, 1929 estr. dal vol. X degli «Studi e memorie per la storia dell’Universtà di Bologna»). Bisogna poi ricordare, colle lodi che spettano a un diligente lavoro d’un principiante, la dissertazione di laurea in Lettere della Facoltà di Bologna, sostenuta nel 1925 dalla dr. Maria Emilia Arnaldi, La Transilvania attraverso i documenti del Conte Luigi Ferdinando Marsigli, tesi accuratissima nella faticosa disamina del materiale inedito, ma che, naturalmente, risente dei difetti della indiretta conoscenza dei luoghi, e che si viene ora pubblicando ne L’Europa Orientale, VII, 193 e segg. Per il vasto materiale contenuto nei mss. Marsigli e riferentesi alla Croazia, cfr. Beigl, Spisi grof a Marsiljia u sveucili nej bibi. u Bolonji nel «Glasnik zemaljskog muzeja u Bosni i Hercegovim» XIII (1903) 537—563. IL MARSIGLI IN TRANSILVANIA 29 « per la sua non comune abilità tecnica militare e per la valutazione degli elementi geografici m Ile operazioni guerresche »1), (specialmente durante l’assedio di Giavarino (Győr) 2) e durante la ricognizione della Raab 3), prima della quale era stato nominato capitano da semplice moschettiere) era allora colonnello e faceva parte delle truppe che marciavano verso oriente, sotto la guida del Duca di Lorena. Giunti a Debrecen, il Marsigli ha l’incarico di riconoscere la situazione della prima piazzaforte transilvana, quella di Silágysomlyó (Samlio, secondo la terminologia latina del Marsigli; in rum. Şimleul Silvaniei) che — comandata da un genovese, desideroso sopra ogni cosa di salvare sè stesso e la sua famiglia — gli si arrende senza ostilità in un modo davvero assai comico, raccontato dal Marsigli, con dovizia di particolari, nella sua autobiografia 4). Di qui l’esercito cesareo proseguì, quasi senza colpo ferire, fino a Cluj (Kolozsvár; Clai serrburgo, scrive il Marsigli) dove, dopo qualche tergiversazione, viste le serie intenzioni del Duca di Lorena, avvenne un’altra resa a discrezione. Si pose allora l’assedio a Sibiu (Ermstat, scrive il Marsigli, deformando il nome tedesco Hermannstadt) e quando si era già divisato di mandare il Marsigli a parlamentare col Principe Michele Apaffy, giunsero da Blaj (Blasfalva, scrive il Marsigli basandosi sulla forma ungherese Balázsfalva) gli ambasciatori che avevano la facoltà di consegnare alle forze imperiali tutta la Transilvania, ad eccezione di Braşov (Brassó; Cronstat o Corona, scrive il Marsigli trascrivendo e tra ducendo il tedesco Kronstadt) e di Făgăraş. Dopo la capitolazione di Agria (ungh. Eger) in Ungheria5), il Marsigli lascia la Transilvania e va come ambasciatore presso Innocenzo XI, per riferirgli i successi otte- A) Arnaldi, « L’Europa Orientale >v VII (1927), pag. 306. 2) Ms. Marsigli, No. 53 vol. Ili, c. 662—667. Situazione di Giavarino. 3) Ms. Marsigli, No. 53, voi. Ili: Mia spedizione per la difesa del fiume Rab (c. 109—129). ) Marsigli, « Autobiografia », t. I. Vedi anche Bruzzo, L. F. Mar sili, pag. 42 e segg. e M. Arnaldi, « L’Europa Orientale », VII (1927), pag. 308. 5) Cfr. Fantuzzi, Mem. 65—66; Arnaldi, «L’Europa Orientale», VII (1927), 3°9 3IO- N. Schmitth, Episc. Agriens's fide diplomatum concinnati, Tyrnaviae i768, vol. Ili, p. 320 segg. Katona, Hist, critica Regim Hungáriáé stirpis aus- triacae, Buda 1778 segg. vol. XXXV, pag. 4oi segg. 3° CAPITOLO I nuti dalle armi cesaree sugli infedeli. Dopo una sosta in Italia e un ritorno a Vienna, nel 1688 lo troviamo ad assistere alla caduta di Belgrado (30 agosto) ; passata una breve malattia, fece un’altra scappata a Vienna, indi lo troviamo, pochi mesi appresso, sulla strada della Valacchia, insieme all’esercito imperiale. Lungo il corso del Danubio raccoglie tutte le antichità e le notizie dei Romani e specialmente si interessa allo studio delle reliquie del ponte diTrajano *) ; dalla Valacchia viene inviato in missione a Bistriţa (Oltenia) e poi un’altra volta a Braşov. Sta quindi alcuni mesi in riposo a Nis, ma quando giunge notizia della disfatta e prigionia dello Heis-sler, uno dei due generali lasciati in Transilvania2), ritorna in quelle terre : «Mentre il Principe Luigi riprese la marcia verso Hermannstadt — scrive la Dr. Arnaldi3) — il Tököly indietreggiò verso la parti superiori della Siculia, e il Principe, inseguendolo, si accampò vicino ad Udvaréi cioè vicino all’estremità della provincia di Csik. Ma temendo il principe una contromarcia di Tököly, che per la strada di Csik e di Gyortz lungo il Mureş e per l’Oltverso Făgăraş ed Hermannstadt, lo portasse fino alla parte della Transilvania confinante coi Turchi, incaricò il Marsigli di fare une ricognizione ... e di chiudere gli stretti passi per la valle del Mureş». Sconfitte le armi Cesaree in Serbia e perduta Belgrado, Marsigli si ritira per ordine del Principe Luigi a Braşov, ma coll’astuzia e col valore riesce a riacquistare quanto si era abbandonato e rinforza la Transilvania. Quando i Tartari minacciavano un’invasione, il Marsigli era in Valacchia e precisamente a Giurgiu, non sappiamo per quali ragioni. Nell’Aprile-Maggio dell’anno seguente (1690) ha una missione segreta a Costantinopoli e, passando per la Valacchia, ha un lungo colloquio con Costantino Cantacuzino. Da *) Materiali tutti che il Marsigli doveva poi elaborare nella sua grande opera: Danubius Pannonico Mysicus, observationibus geographicis astronomicis, hydrogra-phicisy historicis, physicis perlustrato, Hagae-Amstelodami, 1726 (6 volumi in folio massimo). 2) Nella famosa battaglia di Zernest (Zârneşti), cfr. Iorga, Gesch. d. osmanischen Reiches, Gotha 1911, Vol. IV. 249 segg. e letteratura ivi citata; Lafaivre A., Les Magyars pendant la domination ottomane en Hongrie. Paris 1902, Vol. II, pag. 206 seg s) V. Arnaldi «L’Europa Or.», VII, pag, 314: [lascio intatta la grafia]. IL MARSIGLI IN TRANSILVANIA 31 Bucarest torna un’altra volta in Transilvania e si reca a Sibiu per avere una sicura informazione del luogo in cui allora s’accampava l’esercito cesareo1); di qui va a Lippa (Lipova) e precede il Principe Luigi a Gran Varadino (Oradea Mare, Nagyvárad), dove entra liberamente nella fortezza, essendo scambiato per un Tartaro. Di nuovo a Costantinopoli vi rimane maggior tempo e trova anche l’agio di dedicarsi a osservazioni scientifiche; nel 1692 è ancora nell’esercito Cesareo ma, a quanto sembra, viene solo di sfuggita in Transilvania negli anni che precedono la pace di Karlovic ; per un periodo più lungo vi ritorna invece dal 1699 al 1701 quando ha l’incarico della delimitazione dei confini fra gli imperi2). Egli rimane allora per lunghi mesi in una regione a cavaliere fra il Banato e la zona dei Criş (Körös) e del Mureş (Maros); ce lo attestano le sue lettere dai campi di Lugoj, Marga, Făget, Lipova, e quelle dei suoi ufficiali incaricati di porre le pietre di confine, scritte dai vari paesi della linea segnata dalla pace di Karlovic; parecchie, anzi, del suo dipendente ed amico concittadino Giovanni Benedetto Cavazzi, sono datate da Caransebeş (1701) 3). Di questa regione che il Marsigli dovette conoscere palmo per palmo egli ci fa dettagliate descrizioni e ci lascia diligentissimi schizzi cartografici 4). *) V. Arnaldi, «L’Europa Orientale», VII, pag. 316. a) Ms. 70 « Miscellanea per la commissione dei Confini », cfr. Frati, Cat., 84—86. N. Wagner, História Leopoldi Magni, Vindobonae 1719, vol. II p. 474: « Reliquum «rat, ut limitum descriptione magnaque legatione, hac sumtuosa admodum, illa longe molestissima, pax absolveretur. Ad fines regundos commissarii nomine de-lectus est Aloysius Ferd. cornes Marsilius, cum cetera eruditione, tum geometricis artibus terraeque Hungáriáé scieiitia, e diutinis stipendi is collecta, longe spectatis-simus ». Cfr. anche Katona. Hist, er it. XXXVI, p. 129 segg. 8) Ms. Marsigli, vol. 70, No. 13. 4) Volere anche solo enumerare brevemente i mss. Marsigli che si riferiscono a questa regione, richiederebbe non una nota, ma una memoria a parte. Io preferisco dunque rimandare il lettore al catalogo del Veress, già citato, e alla dissertazione della Dr. Arnaldi (Descrizioni, Relazioni e notizie geografico-fisiche ne « L’Europa Orientale », VII (1927), p. 487 segg. Vili (1928), p. 41 segg.; Descrizioni, Relazioni e Notizie po- litiche ne « L’Europa Orientale », Vili (i928), p. 250 segg.; Relazioni sui confini, ibidem, p. 267 segg. ; Carte, ibidem, 270 segg. Carte Geografico-nùlitari ne « L’Europa Orient. », (1929), 262 segg.; Relazioni all’Imperatore, ibidem, p. 269 segg. Storia della Transilvania, ibidem, p. 272 segg.). Ciononostante mi sembra necessario addurre l’indica« 32 CAPITOLO I Dopo il 1701 la missione del Pviarsigli in Transilvania può considerarsi terminata e le peripezie della sua vita lo portano lontano da quelle terre che egli aveva percorse quasi ininterrottamente per ben quindici anni, che aveva studiate con diligente amore sotto parecchi aspetti, che aveva conosciute con una profondità che pochi stranieri possedettero, e delle zione di qualche manoscritto che più particolarmente si riferisce a questa regione, confinante fra il Banato e la Transilvania, a sostegno della tesi sulla patria del nostro Dizionario, che sarà esposta nel Capitolo VII. Nel ms. 24, n. 82 si trova un fascicolo di « Entrata in Trans.Iva? ia col prospetto dei monti », cfr. Frati, Cat.y p. 19 e discussione del materiale presso Arnaldi, « L’Europa Orientale », VII, 488 segg. Nel ms. 24, 120, « Notizie della nascita, del ledo e del confine dei Siculi » e 24, 125 « Note dal Maros al Kis Kukulu » si trovano minuziose descrizioni del corso del Mureş e delle due Tàrnave. Nel ms. 61 (undecimo delle Mappe geografiche attinenti alli stabiliti confini, cfr. Frati, Cat., 77) si trova un prezioso «Indice delle mappe transdanubiali e cisdanubiàli, con memorie ed annotazioni alle medesime spettanti » nel quale si fa, fra l’altro, una descrizione della regione che ci interessa: «Questa provincia che ora piange sì dura schiavitù, ha per proprie dipendenze tutto il paese che sta fra il Maros e il Fekete Keres; a Temesvár risiede un Bassà che ora è Ibrahim che ha per aiuto nella presente emergenza un camerata detto VaniVglu. Questo distretto era chiamato chiave della Transilvania . . .» ecc. (cfr. anche Arnaldi, « L’Europa Orientale », VIII, 258—259). Nel ms. 103, n. 2 si dà un elenco dei « Neoerecti Pagi circum-miacentes Temesvár et Neocrecti Pagi infra Tomesvar » in numero di 30. Ma special-mente interessante per noi è la descrizione dettagliata, fino ai minimi particolari, di tutti i paesetti che contornavano Lipova (14 «vecchi» e cioè: Rekas, Baczos, Tyu-kovatcs, Pszakovecz, Topolovecz, Sktar, Szisanovecz, Balinecz, Fadimak, Nevrincza, Grun, Kruska, Rabsa, Targoviste e 17 nuovi e cioè: Brusznik, Radmanovecz, Pa-vlocecz, Sumanovecz, Dobroveczj, Szpata, Ohaba, Banesti, Bara, Szekas, Krivobara, Vizna, Lapusnik, Panyevo, Assiad, Riczdia e Tyes ( sempre seguendo la grafia alquanto bislacca del Marsigli ), di quelli che contornavano Totvărădia (ungh. Tot-vàrad, nel distr. di Arad) in numero di 9 (e cioè: Posega, Szalesova, Kapolnas, Fundata, Czella, Bata, Labosincz, Szvinyovecz e Kelmak), di quelli che contornavano Birchiş (ungh. Marosberkes; il Marsigli scrive Verkecz) in numero di 35 (e cioè: Szekas, Tikvan, Bokosniecza, Komoriste, Varadia, Mercsina, Szocsicza, Kustil, Vojvodinecz, Mesziek, Oresicz, Podporan, Forotik, Kornyacsa, Ferendia, Sama-lacsunas, Girliste, Gvobliste, Keveris, Csudanovecz, Sitin, Agatis, Majdan, Rakitova, Brustian, Oravicza, Csiklove, Kakastia, Uranyucz, Iladia, Csukiez, Nikolinacz, Szo-kolar) ; dei villaggi che contornavano Făget (ung. Facset; anche il Marsigli scrive Facset) in numero di 42 (e cioè: Kortya, Gvojezesti, Kosiava, Brasiova, Marcsine, Csintyesti, Torneresti, Battiyesti, Bikigiol, Sorilla, Kornyet, Rekita, Bosour, Vecza, Basiestis, Szudrujias, Caperleo, Gyupagnj, Bukovecz, Dragomiresti, Remethe, Monostour, Bogna, Antelesti, Bobestj, Sarcsinikul, Ohabidza, Kladova, Bandia, Kotina, Klicsova, Misesti, Susagnij, Leoculesti, Somdrek, Berna, Pogonis, Drinova, Gladna, Tomest, LA BIBLIOTECA DEL MARSIGLI 33 quaii una così larga orma doveva rimanere nelle opere di lui, per gran partè fino ad oggi manoscritte. § 3. La Biblioteca del Marsigli. Il Marsigli fu non solo un uomo d’armi e di penna, non solo un ingegnere valente, un naturalista e geografo conside- Lonkagnj); i villaggi intorno a Lugoj (in numero di 14 e cioè: Lugosel, Ferlyng, Dulco, Barbocz, Viszak, Szakos Ungaricum, Vernecs, Vakovo, Erszig, Kadar. Körnet, Vallyepai, Dubosz, Blasevo) e quelli della Lugosiensis Lunka (7, e cioè: Szilha, Kussil, Belincz, Boldur, Sabar, Szerbova, Szenyszeg) e giù fino a Caransebeş (intorno a cui enumera oltre settanta villaggi) e a Mehadia (intorno a cui enumera 17 villaggi). I nomi dei paesi di questa regione ricorrono ad ogni passo anche nelle Tattiche; così p. es. nel Ms. 16, p. 48: « Ordine al sergente maggiore ungherese per demolire Faget e Lúgost (n. 11, Lett. F.). Ms. 16, p. 48: Ordine al sergente maggiore ungherese per demolire Meadia ecc. Con maggior frequenza e maggior ricchezza di particolari i nomi locali della nostra regione ricorrono in tutte le Relazioni sui confini (Mss. 70). Già nel ms. 16, p. 48 da noi più sopra citato, ricorre una dettagliata descrizione de Li confini del paese di Temisvar e la Transilvania. Nel ms. 65, n. 1 si trova la Specificazione delli luoghi dove a Dio piacendo la primavera per la terminazione dei limiti fra Temes e la Transilvania si hanno da mettere li dieci cumuli (vedila riprodotta presso Arnaldi, « L’Europa Orientale », Vili, 268) e nel ms. 16, n. I, si trova l’ampia Instrumentum particulare: Limites Caesareos Ottomanicos. Inter Transylvaniam fluvios Marusium et Tibiscum ex Caesarea et Banatum Temesvariensem ex Ottomanica, con-cernensy ab utriusque imperiis Deputatus ad id ambobus Commissariis erectum. Anche fra le Carte possediamo una mappa della regione compresa fra Deva e Rupe Philipe a Owest, Caransebeş a Sud, Czernetz a Est e la Porta di Ferro a Nord (ms. 48, n. 30) e una cartina, assai dettagliata, dei contorni di Lugoj, Ms. 48, n. 31—32. Così in quegli specialissimi e oltremodo preziosi e caratteristici « Diaria ex Itinere Limitaneo collecta Trans-danubialia » (cfr. Arnaldi, « L’Europa Orientale », IX, 264 segg.) del mss. 66, troviamo fra l’altro: « 24 agosto 1700 dal Danubio a Baics 3 ore e mezza — 25 agosto da Baics a Zibetz 6 ore e mezza — 26 agosto da Zibetz a Baisa 2 ore e mezza — 27 agosto da Baisa a Sobotga 5 ore — 28 agosto da Sobotga a Segedino 7 ore — dal 29 agosto al 22 settembre da Segedino a Facset. Questo intervallo di tempo era così distribuito : 29 agosto da Segedino fino oltre Makova 4 ore — 31 agosto da oltre Makova a Nagylak 4 ore, da Nagylak fin oltre Betska 3 ore — 1 settembre da oltre Betska, oltre Arat, fino alla sponda opposta del fiume Maros 4 ore e mezza — 2 settembre fino a Lippa, cammino diviso in due tappe; una di 5 ore, l’altra di 2 ore e mezza. Oltrepassato dunque il Maros, lasciando sulla riva destra Lippa novum e il monte Solmat il cammino procedette verso Facset oltre Lippa vetus, piegando a sud-est, e verso il fiume Temesiell— 7 settembre. A castris usque Kladovatska potok mezz’ora, fino a Lapidieiam mezz’ora, fino al villaggio Paulics un quarto d’ora, fino ai cinque colli due ore e mezza, fino a Villagos 3 ore — 20 settembre cammino di 3 ore — 21 3 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsilianum». 34 CAPITOLO I revoie1), ma fu anche un bibliofilo appassionato e a pochi altri secondo. Egli stesso ci racconta come, alla ripresa di Buda da parte delle armi imperiali, appena valicate le mura della città, noncurante delle ferite e dell’incendio, si precipitasse in cerca dei resti della famosa Biblioteca Corvina, e poi per le moschee e nel Ghetto, raccogliendo buon numero di codici arabi, turchi ed ebraici 2). Queste raccolte egli ampliò poi nei suoi viaggi a Costantinopoli, a Belgrado ecc. Tutti questi codici orientali formano il grosso nucleo del fondo di mss. orientali della Biblioteca dell’Università di Bologna e furono catalogati dal Talman3), dall’Assemani4), dal Mezzofanti5) e, limitatamente agli arabi, dal Rosen6). Della settembre cammino di 6 ore e mezza — 22 settembre cammino di 2 ore e arrivo a Facset ». I brevi appunti riuniti in questa nota dovranno essere tenuti presenti dal lettore a giustificazione delle conclusioni alle quali si giunge nel Capitolo VII del presente lavoro. x) Sul Marsigli geografo ed oceanografo cfr. M. Longhena, Uno dei fondatori dell* oceanografia: L. F. Mar sili, ne Le Vie d'Italia, XXXV (1929) p. 707 segg. (v. anche Atti della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, XV Riunione, Roma 1927, p. 596 segg). 2) Cfr. L. Frati, Della biblioteca Corvina in « Rivista delle Biblioteche, vol. IV’, 7 (1893); E. Ricotti, Atti della R. Accad. d. Scienze di Torino XV, 1879, pag. 307 — 315; Reumont, Arch. St. Ital. IV, 1879. Par la Biblioteca Corvina cfr. Fraknói-Fògel-Gulyàs-Hoffmann, La biblioteca di Mattia Corvino Re d'Ungheria (ediz. italiana), Budapest 1927, e per l’episodio riferentesi al Marsigli spec., pag. 33—34. 3) Bibliotheca orientalis sive elenchus hbrorum orientalium manuscriptorum videlicet graecorum, arabicorum, persicorum, turcicorum, et deinde hebraicorum et antiquorum tum manuscriptorum y tum impressorum, quos partim in bello turcico et partim in itinere Costantinopolitano suscepto ipse (Co. Ferdinandus Marsilius) collegit coemitque, Opera Michelis Talman, Vienna, 1702. 4) Index Hbrorum Bibliothecae Marsilianae, Graecorum, Latinorum, Hebraicorum, Arabicorum, Turcicorum et Persicorum nec non Ruthenico et Illirico Sermone tum Manuscriptorum, tum Impressorum quos Excellentissimus Dominus comes Aloysius Ferdinandus Marsilius bibliothecae Instituti Scientiarum Bononiensis addixit... opera Iosephi Simonis Assemani (Ms. Bibl. Un. Boi. 2951). 5) Catalogo dei manoscritti orientali che si conservano nella Biblioteca della R. Univ. di Bologna, compilato da D. Giuseppe Mezzofanti, Prof, di Lingue Orientali nella stessa Università (Ms. Bibl. Un. Boi. 4110). 6) V. Rosen. Remarques sur le manuscrits orientaux de la Collection Marsigli à Bologne, Roma 1885 (Atti della R. Accad. dei Lincei, Cl. Se. Morali, vol. XII). LA BIBLIOTECA DEL MARSIGLI 35 importanza di questa raccolta non è qui il luogo di parlare; ricorderemo solo che la maggioranza dei codici è araba e turca, pochissimi sono invece i persiani. Mentre il Marsigli era in Transilvania dovette senza dubbio ricercare avidamente libri e manoscritti ; ci dice egli stesso nella lettera che era destinata a stamparsi davanti all’indice dell’Assemani, che cercò i resti della Biblioteca Corvina (per la quale aveva provato una delusione a Buda !) e che si dicevano esistere ancora a Braşov1). Quando fa a Belgrado, il Marsigli cercò di procurarsi anche, specialmente dalle Biblioteche dei Monasteri, dei codici illirici, ma solo pochissimi giunsero nelle sue mani, almeno da quanto si deduce dallo scarso numero di codici illirici posseduti dalla R. Biblioteca Universitaria di Bologna, erede di tutto il fondo Marsiliano 2). Ma di grandissimo interesse per noi è *) ...« Coeterum quum aliquamdiu post in Transylvania agerem, narrabat mihi vir eruditus ex domo Bethlenia qui Históriám moliebatur Principum Transylva-norum eamque exorsus eo anno quo illa feracissima opibusque dives, situ etiam admirabilis Provincia, Ottomaniacae potentiae cessit, Turcisque annuum tributum pendere coacta est, usque ad superiorem tempestatem Principem Michaelem Ab-bafium deducebat. Hic, inquam, vir in suae gentis história versatissimus narrabat, magna Budensis Bibliotheca, partim in pátriám suam olim fuisse asportata quando nimirum Solimanus notis artibus Budam Christianis eripuit undeque cuiusvis con -ditionis Hungaros expulsos in Transylvaniam relegavit. Eam porro per occasionerai, aiebat, quamplurimos codices manuscriptos atque impressos ab incolis fuisse ser-vatos. Saxones vero, quorum non pauci in Transylvaniae oppidis dispersi habitant, quique liberos suos ad celebriores Germaniae Academias studiorum causa mittere soient, litteras semper in proetio habuerunt, illi praesertim qui Coronam urbem incolunt, extremosque Transylvaniae fines Graeciae propriores obtinent, veteris Literaturae monumenta bene multa inter cetera codices ex urbe Constantinopoli-tana a Turcis occupata advectos ab interitu vindicarunt; quos proinde urbis magis-tratus diligenter custodiri mandavit, unacum aliis codicibus ab urbe Buda recentius illue importatis. At enimvero multorum annorum curas una dies perdidit; fortuito quippe incendio una cum alijs aedifieijs Bibliotheca codicum Constantinopoli-tanorum et Budensium universa conflagravit, abijtque in cineres. Id vero tertio vel quarto ante anno contigit, quam ea Provincia felicibus Caesaris armis Hungarico regno restitueretur ». Dalla lettera premessa all’Indice di Assemani (Ms. Bibl. Un. Boi. 2951). Vedila riprodotta anche in Rosen, op. cit., pag. 10 (dell’estratto). 2) Codici illirici nel Catalogo dei Manoscritti Orientali dell’Assemani non ce ne sono; c’è solo una stampa illirica del 1611 (Fr. Matthei à Bosnia Instructio Christiana sermone et Charactere Illyrico) e tre libri ruteni a stampa (v. pag. 238). 3* 36 CAPITOLO I rapprendere di Ha citata lettera introduttiva al catalogo manoscritto dell’Assemani, che il Marsigli aveva cercato assiduamente anche dei codici rumeni dolendosi che la ristrettezza del tempo gli avesse impedito di radunare più di quegli «imperfetti frammenti » che possedeva, ma che gli furono di non poca utilità «per coordinare la genealogia dei Principi Illirici, e per fare uno schizzo di storia della Bessarabia e dei Tartari ivi abitanti ». A quali frammenti alluda il Marsigli è difficile poter dire ; e neppure ci è dato sapere se mai fu raccolta questa storia della Bessarabia1). Una cosa sola è certissima: che nel fondo orientale Marsiliano non esiste alcun manoscritto rumeno 2). *) Ecco il passo di sommo interesse per noi: « Coeterum charactere Illyricianum Valachiani etiam usurpant, etsi lingua habeant propria, quam Zara Romanescam (sic!) appellant, Romanae scilicet urbis propriam [v. quanto scriveva il Marsigli nel 1680 nella sua «Dimostrazione dell’Impero Ottomano ecc. », sulla lingua rumena, presso Torga, Manuscripte din bibl. străine cit., pag. ioi e Marcu, Romanticii italieni sì Românit cit., pag. 10]. Nam seipse quum universis ille hominum coetus a coloniis Romanorum origine trahant in utramque Daciam olim immis?is, ea utitur hoc tempore lingua, quam latinam corruptam merito dicas; cuius etiam usus per universam Moldáviám propagatum fuisse observo. Verum etsi ob temporum angustias exigua tantummodo eaque imperfecta quidam fragmenta exinde colligere licuit, non pa-lum tarnen eadem mihi utilia fuere ad coordinandam genealógiám Principum Illy-rianorum, exhibendumque aliquid specimen históriáé Bessarabiae, Tartarorumque inibi habitantium. Hic vero adiungenda deerem Tabulis Geographicis iam quidem absolutis et in meliorem ordinem redactis post limitum designationem Imperij utriusque consensu factam, partisque conventis in pace Carloviziana confirmata. Quocirca vir cl. P. Mabillonius praedicta fragmenta apud me existere certior facili s, et diplomata bene multa priscorum Bosniae regum ea sibi transmitti vehementer expetiit. Sed acerba eius mors de tanto viro benemerendi mihi sortem invidit ». (V. Rosen, op. cit., 12). 2) Se un codice rumeno ci fosse stato, questo avrebbe potuto sfuggir benissimo al Talman e aH'Assemani, ma difficilmente al Cardinale Mezzofanti che fece il sua catalogo con ricchezza di tempo disponibile e di particolari e che, per di più, conosceva benissimo il rumeno e non avrebbe mai scambiato un ms. valacco con uno slavo, come avviene spesso nelle biblioteche straniere, per l’uguaglianza dei caratteri. Anche le ricerche che ho fatte io stesso (direi quasi per un doveroso scrupolo) sono risultate infruttuose. Il Marsigli aveva intenzione di occuparsi della latinità del rumeno, ma non portò ad effetto il suo divisamento o, il che è peraltro men probabile, il suo manoscritto si è smarrito. Infatti nel ms. 15: «La popolazione della Transilvania composta di varie nationi, di diverse lingue, religioni, usi e vestiti » (cfr. Frati, Cat.y p. 14; Áldásy, Magyar Könyvszemle, 1892—93, p. 268 segg.; Bruzzor ^Occorre per altro notare che nell’enorme mole dei centocinquanta 6 più volumi di manoscritti delle opere originali e digli epistolari del Marsigli, ch’egli regalò alla sua Accademia delle Scieiizè dell’Istituto di Bologna1), sono passati fra gli autografi Marsiliani, alcuni scritti non del Marsigli, ma da lui nei lunghi viaggi raccolti. Tale è il caso p. es. del «Libellus sanctorum patronomra et publicorum insigniorum Regum et fami-liarum illustrium Illyrici imperii » di Stanislao Rubeich (1614), Vfèfla '«História delii Despoti di Servia » in lingua illirica (ambedue conservate nel farraginoso volume 103 dei mss. Marsiliani). In nna diligente disamina del materiale contenuto nei centocinquanta tomi dei manoscritti Marsiliani, si possono trovare dei mss. rumeni. Nicola Iorga attrasse, tre decenni fa, o poco meno, l’attenzione degli studiosi sulla corrispondenza fra il Marsigli e lo Stolnic Cantacuzino, e l’autore di queste righe, con ragione o no, ha creduto, in epoca recente, di riconoscere per opera del Cantacuzino, ma probabilmente in una copia di qualche segretario, anche una breve termino- L. F. Marsiliy p. 68, n. i; Veress, Marsigli-iratok, p. 8; Arnaldi, «L’Europa Orientale», Vili, p. 43 n. 2; Marcu, Romanticii italieni şi Românii, Buc. 1924, p. 10) si trova fra l’altro questo breve, ma importante passo : « Disti?izione della lingua, religione, impieghi, vestiti praticati dalla nazione Valacca che popola gran parte della Transilvania. Questa non ha altra divisione che di sudditanza, anzi schiava però gloriosa del nome tuttavia di Romana con la parola corrotta di Romegn. Con lingua propria Valacca, da questa chiamata Romagnesca, non essendo che un latino ed italiano corrotto, come altrove ne parlerò. Con religione Greco-Scismatica. Con impieghi rusticali e asasineschi (sic !) abitando per lo più nell’Alpi che cingono la Transilvania, dove le selve servono non meno alli molti strumenti dalla malvagità loro. Con vesti per omini d’ogni stato e donne della forma che mostrano le seguenti figure». Purtroppo le figure non ci sono più perchè sono state vandalescamente strappate (cfr. Arnaldi «L’Europa Orientale», Vili, 43, n. 2). Sarebbe interessante sapere che cosa il Marsigli scriveva della lingua rumena, ma il suo ms. è stato irreperibile sia alla Dr. Arnaldi (cfr. ibidem, p. 47, n. 2) che a me. Certo le sue osservazioni sarebbero state fini, data l’acutezza della sua mente. Come si vede dal passo citato il Marsigli non vedeva troppo di buon occhio i Rumeni ed anche in altri passi dei suoi scritti li tratta da « briganti e assassini ». E dire che un ignoto articolista del ^ Curentul » di Bucarest del 26 Maggio 1929, vuol far passare il Marsigli come un « mare filo-român »/ *) Vedi l’indicazione dei cataloghi dei mss. Marsiliani esistenti, più avanti a pag. 42 nota 4. CAPITOLO I logia italo-rumena e un dizionarietto geografico rumeno1). Tuttavia il più considerevole manoscritto Marsiliano riguardante la lingua rumena è, a nostro modesto avviso, il codice 116 che contiene un Dizionario Latino-Rumeno e Ungherese. Di esso, fino ad oggi pressoché completamente ignorato, tratteremo brevemente nelle pagine che seguono. *) Per la corrispondenza col Cantacuzino, v. le opere citate più sopra. Perii fram mento di terminologia italo-rumena, v. Tagliavini: Un frammento di terminologia italo-rumena ed un dizionarietto geografico dello Stolnic Costantino Cantacuzino, « Rev. filologică », I (1927), pag. 167 segg. V. anche le giuste osservazioni di (X Densusianu, Grai şi Suflet, IV (1929) 190 segg. CAPITOLO II. IL MANOSCRITTO 116 DELLA COLLEZIONE MARSIGLI § 1. Descrizione. Il codice di cui ci occupiamo forma un sottile volume di 81 carte non numerate, di mm. 305X200 ed è rilegato nello stesso modo di parecchi altri mss. Marsiliani e cioè in mezza pergamena, con fregi d’oro sulla costola, ed una piccola targhetta di pelle verde su cui è scritto, pure in oro: MARSILI LEXICON LATINUM WALACH. UNGARIC. I due piatti sono di legno leggero, ma di considerevole spessore. Apriamo dunque il nostro manoscritto ed esaminiamolo brevemente : osserviamo innanzi tutto la mancanza di un frontispizio; solo nel primo foglio bianco, leggermente tarlato ed aggiunto evidentemente in un’epoca posteriore, giacché forma il risguardo della rilegatura, troviamo scritto, con inchiostro ora molto sbiadito, e di mano dello stesso Marsigli: «Lexicon Latinum, Walachicum et Ungaricum ». Ogni foglio è scritto su ambedue le facciate (retto e verso), unica eccezione è il verso della carta 7(==pag. 14) che è stata lasciata in bianco, senza che vi sia un’apparente lacuna di vocaboli giacché pur finendo la pag. 13 colla voce colliculus e cominciando la pag. 15 colla voce concubio, i vocaboli comincianti con coll- com-si trovano nelle pagine precedenti. Piuttosto vien fatto di pensare che ci sia un’impaginazione errata dovuta a una svista 40 CAPITOLO II del rilegatore, e precisamente che dopo la pag. io, che finisce col No. 235 clausus, dovesse seguire la pag. 13 che comincia con clemens e finisce con colliculus, poi la pag. 11 che comincia con colloquor e finisce con comitia, quindi la pag. 12 che contiene i vocaboli da commendo a computo e infine la pag. 15 che contiene i vocaboli da concubio a confodio. A pag. 112 finisce il dizionario propriamente detto e dopo 7 carte (14 pagine) bianche, troviamo un’appendice « Numerus usque Centum scrip-tus» che contiene i numerali cardinali nelle tre lingue, scritti, come è naturale, in tutte lettere, ad eccezione della colonna latina in cui, dal 43 in poi, troviamo i numerali in cifre arabe. Seguono quindi 14 carte bianche (ed una che forma il risguardo della legatura). La carte portano una filigrana che rappresenta un fiore, in tre diverse varietà (v. facsimile nella Táv. II, e discussione a pag. 181 segg.). Ogni pagina è stata divisa per mezzo di linee verticali in matita in quattro colonne ugualix) : la prima contiene i vocaboli latini in un ordine alfabetico quasi sempre rigoroso, la seconda la traduzione rumena, la terza quella ungherese e la quarta colonna è costantemente lasciata in bianco. Solo nell’appendice, contenente i numerali, ogni pagina è divisa in tre, invece che in quattro colonne. Nella parte latina non vi sono interruzioni o spazi bianchi; nella parte ungherese troviamo tredici traduzioni mancanti (e precisamente quelle di alveare 19; mensis április 38; commuto 254; ovile 1673; quinquaginta 1949; september 2152; socer 2185; spiro 2193; sterilis 2167; textor 2264; thus 2266; vespertilio 2323 e forse princípium 1901, se non è intervenuto uno sbaglio di colonna, cfr. pag.123 n. 1) per non contare i numerali da 92 a 100. Nella parte rumena le lacune sono più considerevoli ed assommano a 52; salvo le omissioni delle traduzioni di collis, colliculus 290—291, queste sono tutte nelle ultime pagine dalla parola rivus in poi (e precisamente: rivus 2012; ros 2020; ruina 2029; rumen 2030; rupes 2036; sacramentum 2051; sacrifico 2052; sacrificium 2053; saevus 2056; saeviter 2057; saginatio x) Appunto perchè sono in matita non compaiono nel cliché che riproduciamo nella Táv. I. 2o6o; saginarium 2061; sagitta 2062; saliva 2071 securicula; 2133; semen 2138; september 2152; serenus 2160; simia 2179; w'ft'o 2183; Wiw 2184; somis 2188; spes 2191; splen 2195; iwfor 2235 2245 -, tapes 2247; tectum2249 ; tectus 2250; textor 2264; 2266; timeo 2267; titio 2270; tams 2287; turricula 2288 \vermis 2317; vespertilio 2323; veto 2328; wftïws 2329; íw/wö 2338; victor 2339; viola 2344; wtò 2352; vomer 2366; urtica 2376; utilis 2380; vulpecula 2386; att/tar 2388; zingiber 2392; zona 2393). In totale il lessico presenta, senza contare l’elenco dei numerali, 2396 voci1) ; la natura delle parole omesse infine dell’opera ci rivela che l’Autore era assai affrettato e che non ebbe agio di procedere in tutto il lavoro colla diligenza che aveva posto nella compilazione delle prime pagine ; verosimilmente, come vedremo al cap. VI, egli faceva opera di compilazione servendosi di dizionari latino-ungheresi (probabilmente manoscritti) e di elenchi di voci per il rumeno ; alla fine del lavoro omise quelle parole la cui traduzione non riusciva a trovar subito nelle fonti a sua disposizione. Si comprende quindi perchè le omissioni siano più numerose nella parte rumena che in quella ungherese, datochè per quest'ultima lingua (che egli doveva anche possedere meglio) aveva maggior numero di sussidi. Per ciò che si riferisce alla quarta colonna lasciata in bianco, io credo ch’essa non sia stata lasciata per contenere delle note o delle eventuali aggiunte, ma che essa avrebbe dovuto servire per una quarta lingua, la quale, date le condizioni etniche della Transilvania e le risultanze del Capitolo VII, doveva essere certamente la lingua tedesca. Dalla natura delle parole omesse si può poi avere un indizio sulla patria dell’Autore. Se egli fosse stato un Ungherese, come mai avrebbe potuto ignorare delle parole semplici come quelle che formano la traduzione di ovile, sterilis, ecc. E se fosse stato un Rumeno, come avrebbe potuto lasciar senza traduzione colhs, ruina, semen, ecc. ? x) Nota che il No. 666 ha un bis dovuto ad una svista nella prima numerazione ; per questo ai 2395 numeri accorre aggiungerne uno. 42 CAPITOLO II Ma di tutto questo tratteremo più ampiamente nel Cap, VI1 § 3* pagg- 182 segg. § 2. Come è stato segnalato il ms. fino ad oggi. I filologi che si sono occupati della storia della lessicografia rumena, hanno, per quanto io so, ignorato sempre l’esistenza di questo notevole dizionario trilingue x) quantunque il nostro manoscritto fosse già stato segnalato da A. Szilády fin dal 1868 2). Nicola Iorga, durante i viaggi della sua prima giovinezza, fu a Bologna ed esaminò una parte dei manoscritti Marsiliani, ma essendo preso specialmente da preoccupazioni storiche e letterarie, si limitò a trattare, da par suo, i rapporti del Marsigli con lo Stolnic Costantino Cantacuzino 3); il ms. 116 gli rimase, a quanto pare, sconosciuto, nonostante esso fosse elencato, se pur erratamente, nei due cataloghi manoscritti delle opere Marsiliane conservati allora nella R. Biblioteca Universitaria 4) e che lo Iorga certo non mancò di consultare. J) Non ne fa parola lo Hasdeu nel suo schizzo di Lessicografia rumena nelle Cuv. diti bătrâni, I, 250 segg. nè nei suoi studi sull’An. Lugoshiensis « Rev. p. Ist.,», Vi, i, segg. ; Columna lui Traian IV. (1883) 406—429; «An. Ac. Rom. », XVIII Lit. 1897* p. 3 segg.; Et. Magnum, p. 3106 segg.. Non lo conobbero nè il Creţu: Lexicon slavo-românesc de Mardarie Cozianul, Bue. 1905, 22—57; nè lo Şăineanu: Istoria filologiei române, Buc. 1805 p. J8i—207; nè il Drăganu: « Dacorom. », IV, 109 segg., nè ilPuşcariu: < Dicţionarul Acadèmiei » (Mem. Ac. Rom. S. III, Vol. III pag. 195 segg.), nè altri autori a mia conoscenza. 2) «Magy. T. Ak. Ért.», II, 1868, 139. 3) N. Iorga : Manuscriptele din biblioteci străine relative la istoria Românilor, lì, Buc. 1901 (An. Ac. Rom., XXI, Ist.), pag. 62 segg. (Vedi anche Operele lui Constantin Cantacuzino, Buc. 1901). f) Il primo si intitola: Indice di gran parte dei manoscritti esistenti neWArmario e massime di quelli che son legati con pelle di porco alla maniera tedesca (cfr. « Bibl. della R. Università di Bologna », Indice dei Cataloghi, Bologna 1915, No. 21 pag. 3). In questo catalogo, al No. 46, si trova segnalato il nostro codice colle parole: «Prm-cipio di un Lexicon Latino-WaUaco-Ungarof>. Si noti che detto catalogo fu redatto nel 1712, vivente dunque ancora il Marsigli, da «Johannes Dominus olim Johannis de Baciallis, Civicus Nótárius publicus Bononiensis ». Il secondo catalogo è di alcuni anni posteriore, ma senza indicazione dell’Autore e dell’anno; non ci interessa perchè è una pura e semplice copia del primo (cfr. R. Biblioteca Universitaria di Bologna, Indice dei cataloghi cit., No. 22). PRECEDENTI segnalazioni DEL MS. 43 Neppure dopo la pubblicazione del notevole opuscolo dell’illustre storico ungherese Dr. Enrico Veress, riguardante i manoscritti Marsiliani relativi all'Ungheria *), dove la citazione del nostro manoscritto era certo più facilmente accessibile che nella memoria del Szilády, nessuno si prese la cura di ricercare, o per lo meno di citare la presenza di questa dizionario. Ciò in parte proviene dal modo errato con cui il ms. fu segnalato nei cataloghi mss. della Biblioteca della R. Università di Bologna (ed anche nel recente, e di gran lunga superiore, di Ludovico Frati) 2) che indicano il ms. come «principio » o «opera rimasta incompleta ». In base a queste indicazioni anche il Dr. Veress si limitò a scrivere «befejezetlen rövid munka» (breve lavoro incompiuto)3). Abbiamo affermato anche poco fa che il Dizionario non è stato del tutto ultimato dall’Autore e che qua e là vi si trovano alcune omissioni di traduzione, specialmente nella parte rumena (per tacere della quarta colonna lasciata in bianco). Ma le omissioni sono, in confronto ad altre opere simili (p. es. al Dizionario dell’Anonymus Caransebesiensis) di poco momento ; il dire « opera rimasta incompiuta » potè forse far credere a quanti lessero quell’appunto che si trattasse di un frammento di glossario, come è p. es. quello contenuto nel ms. 61 della stessa collezione Marsigli e che io ho attribuito allo Stolnic Costantino Cantacuzino 4) ; io credo anzi che quest’affermazione costante non sia dovuta alle omissioni di traduzioni qua e là, ma a una svista del primo catalogatore del 1712 (e dal suo catalogo agli altri che spesso copiavano, traducevano o riducevano) in base alle 14 carte bianche 1) Veress Endre, A bolognai Mar sigli-iratok magyar vonatkozásai, Budapest, 1906.. 2) Frati Ludovico: Catalogo dei Manoscritti di Luigi Ferdinando Morsili conservati nella Biblioteca Universitaria di Bologna, Firenze, Olschki, 1928 (estr. da « La Bibliofilia», voi. XXVII—XXX), cfr. la mia recensione nella Rev. ét. hongroises, Vr (1928) pagg. 431 segg. 3) Veress E., Marsigli iratok, pag. 37. 4) C. Tagliavini: Un frammento di terminologia italo-rumena e un dizionarietto geografico dello Stolnic Cost. Cantacuzino n eia « Revista filologică », I (1927), pag, 167 segg. 44 CAPITOLO II che si trovano in fondo, e che possono indurre un osservatore superficiale a credere che manchi chissà che cosa. Invece il Lessico può considerarsi completo per le tre lingue pur nella sua brevità: comincia con A Deo (quasi per invocare la protezione divina sull’opera a cui si accingeva) e finisce con zythum l’ultima parola di tutti i vocabolari latini. Conviene qui togliere subito di mezzo anche un altro errore in cui è caduto il Szilády x) ; egli ritiene che il Lessico sia opera del Marsigli, scritto anzi di suo pugno («.. . szótár, melyet Marsigli sajdtkezüleg írt össze »). Basta solo un rapidissimo confronto coi mss. Marsiliani che si sanno positivamente autografi per respingere nel modo più netto quest’affermazione che ci dimostra come il Szilády non avesse sufficente conoscenza della scrittura del grande generale. Nel Capitolo VII tratteremo il problema che si riferisce all’Autore del Lessico ; convien però dire qui subito che, oltre a non esser un autografo del Marsigli esso non è neppure una copia di qualche segretario, tratta da un autografo Marsiliano, giacché: i. il Marsigli sapeva ben poco il rumeno e certamente nulla affatto l’ungherese; 2. il Marsigli non avrebbe usato per il rumeno l’ortografia ungherese, ma un’ortografia con base italiana, come fecero tutti i Missionari italiani che ebbero occasione di scrivere in rumeno ; 3. il manoscritto avrebbe certamente come lingua-base l’italiano e non il latino; dato e non concesso che avesse avuto come lingua base il latino, questo non sarebbe stato certamente identico al latino delle carte d’Ungheria che il Marsigli non poteva conoscere altro che superficialmente e occasionalmente. Dopo aver segnalato le ricerche finora fatte sul codice e che assommano a poco più di zero, ricorderò che alcuni cenni preventivi del materiale portato in questo studio e delle conclusioni alle x) Il Szilády poi scrive (I.e.): «Feltűnő a 117-ik (non 117, ma 116!) csomagba illesztett-különben egész önálló kis folio-kötetet alkotó latin-oláh-magyar terjedelmes (va poco d’accordo col Veress che lo chiama rövid) szótár, melyet Marsigli sajátkezüleg írt össze. A magyar szavak leirása—hihetősn másolása—arra mutat, hogy nem sok időt fordíthatott a magyar nyelv elsajátítására ». PRECEDENTI SEGNALAZIONI DEL MS. 45 quali sono giunto, furono già da me resi noti in due brevi articoli 1). Dalla descrizione fatta del manoscritto, appare che esso non ci rivela nome di Autore, anno di composizione ecc. Cerchiamo adunque di strappare al ms., con uno studio diligente e minuzioso delle particolarità linguistiche, il segreto che ha conservato per due secoli e mezzo, nel silenzio polveroso e nelPoblio in cui è stato lasciato. *) C. Tagliavini, Di un antico lessico valacco, comunicazione letta il 2 novembre 1926 dinanzi alla XVI sezione della XV Riunione della Società pel progresso delle Scienze (Riassunto negli Atti della XV Riunione ecc., Roma 1927, pag. 770 segg.); L’influsso ungherese sull’antica lessicografia rumena, « Rev. Ét. hongroises », VI, (1928), 16—45. E questo per tacere del discorso con cui fu da me presentata all’Accademia Rumena la presente memoria e che si è pubblicato nelle Memoriile Secţ. Lit. S. III, T. IV, N. 7, pagg. 343—355 col titolo: Despre « Lexicon Marsilianum », Dicţionar latin-român-maghiar din sec. XVII, Bucureşti 1929. CAPITOLO III LE PARTICOLARITÀ LINGUISTICHE DEL LESSICO NELLA SEZIONE LATINA Tratteremo colla massima brevità l’argomento che forma l’oggetto di questo capitolo, giacché poca luce ne potremo ritrarre per i fini della ricerca della patria e della data del Lessico Marsiliano. Il latino usato dal nostro autore non è certamente ciceroniano, o quanto meno classico, come vedremo fra poco. Questo ci fa escludere subito che si possa trattare di una specie di « Medulla latinitatis »x) o che so io, scritta per insegnare il buon latino agli allievi delle scuole di Transilvania (Ungheresi e Rumeni). L’Autore non si scandalizzava affatto nell’usar frasi e voci del latino più basso, perchè il suo scopo non era di insegnare la purezza della lingua di Cicerone a degli allievi di scuole umanistiche, ma di dare una traduzione ungherese e rumena delle parole comunemente usate nella conversazione e negli atti basso-latini dei secoli più recenti. Questo si rileva anche dal fatto che, nell’Appendice riguardante i numerali, i numeri cardinali dal 43 in poi, nella colonna latina son dati in cifre arabiche e non in tutte lettere, come ci si aspetterebbe se lo scopo fosse stato quello di insegnare il latino agli Ungheresi e ai Rumeni. Osserviamo poi che quasi tutte le caratteristiche del latino decadente che troviamo nel nostro lessico, si riscontrano anche nelle carte e nei documenti (Statuti, atti, ecc.) basso-latini dell’Ungheria; questa è una prova di più che il Marsigli non *) Alludo qui alla Medulla priscae puraeque latinitatis, quà omnes linguae latinae idiotismi et purioribus et classicis omnibus scriptoribus quorum in scholis admittitur auctoritas etc., di Marco Federico Wendelinus, Alba-Iulia, 1646 (Szabó, RMKö. I, 786). PARTICOLARITÀ LINGÚISTICHE NELLA SEZ. LATINA 47 entra affatto nella composizione del lessico, come abbiam già osservato nel capitolo precedente x). Troviamo, per esempio, molti inusitati composti formati col prefisso in-, specialmente con valore negativo, p. es. inanimus, 1090; insciens 1149, ed altri con prae- e con per- e sappiamo che questa è appunto una caratteristica del basso latino d’Ungheria (v. BARTAL, p. X e s. v. Appromissio p. 41), Fra le varie voci che maggiormente mi sembrano degne di nota ricorderò solo le seguenti: atramentarium 65 (ungh. tinta hordó), cfr. BARTAL, 56. attendo 68, tradotto con « auskult, halgatok », cfr. BARTAL, 56, ma anche DU CANGE, I, 456. - caliga 138, nel senso di «femoralia », cfr. BARTAL, 91 ; FORCELLINI, II, 46. camera 141, cfr. BARTAL, 93 segg. ma anche DU CANGE, II, 4? segg. e FORCELLINI, II, 46. castellarne 167, corrispondente all’ungh. porkoláb, cfr. BARTAL, 109. chorea, 191 nel senso dell’ungh. (vida) táncz, cfr. BARTAL, 123. condecoro 294, ed altri rari composti con l’aggiunta del prefisso con-, cfr. BARTAL, 157 segg. divendo 489, nel senso del semplice «vendo», cfr. divenditio presso BARTAL, 223. doliarius 497, «kádár», cfr. BARTAL, 225. gossipium 886, nel senso di «frutex orientis », cfr. BARTAL, 296. icon 991, «icona, kép», cfr. BARTAL, 3x4. inalbesco 1046, cfr. l’identico inalbesco in BARTAL e inalbo in DU CANGE, IV, 315. insincerus 1x68, cfr. insinceritas presso BARTAL, 339. lignite, 1354 tradotto qui con « kassa de lemne » « Fanak vaio komora »; cfr. Ugnile « receptaculum lignis condendis » presso BARTAL, 380. lodix 1400 nel senso dell’ungherese pokrócz, v. BARTAL, 391 lodex lodix « lazsnak, pakrocz ». tìi'iza, 1658, v. oriza = or y za presso BARTAL, 461. sclopus 2114 « puska » v. BARTAL, 597 e DU CANGE, VII, 358. 1) Per il latino decadente delle carte d’Ungheria ho attinto al fondamentale lavoro di Anton Bartal: Glossarium Mediae et Infimae Latinitatis Regni Hungáriáé, Leipzig-Budapest, 1901. 48 CAPITOLO III sindon, 2180, tradotto in ungherese con patyolat, cfr. sindon « species panni, byssus tenuis » presso BARTAL, 616. terrebellum, 2257, tradotto in rumeno con svredel e in ungh. con furo cfr. terebellum «parva terebra, kis furò» BARTAL, 659. traha, 2278, nel senso di « slitta » ; cfr. BARTAL, 670 « vehiculum sine rotis », v. anche FORCELLINI, IV, 138 ; e DU CANGE, Vili, 149. Oltre queste parole che si prestano a qualche osservazione speciale potremo ricordare anche: allambo, 18, ch’è del tardo latino (cfr. FORCELLINI, I, 203). galbin*is, 844, tradotto con tsingas e quindi « gentile » probabilmente per «galbanus» effeminato (FORCELLINI, II, 180) v. pag. 94. gelasco, 856 per una incongruenza grafica scritto gelasko e tradotto con ingecZy fagyok, è già della latinità di Plinio (v. FORCELLINI III, 189). Inoltre cade opportuno avvertire qui che al No. 1722, accanto alla voce latina pavor è stata aggiunta, dalla stessa mano, la voce sparia, la quale non può esser altro che una latinizzazione, alquanto maccheronica, del rumeno speriat che si trova nella colonna vicina (e per cui cfr. PUŞCARIU, Et. Wb. 1615 e REW. 3036). Non sono infrequenti nel nostro lessico gli errori ortografici, p. es. ama 20, in luogo di hama (cfr. per altro anche DU CANGE, 1,211) ; annas 27, in luogo di anas; botrus no, in luogo di botrys; dutaxat 518 in luogo di dütaxat e cioè dumtaxat ; fidicemy 676 per fidicen; halec 918 (tradotto con koringül) in luogo di halex, allex (cfr. hering tradotto con halix presso PAdionimo di Caransebeş, 342); phanum 1814 in luogo di fanum; terrò 2259 in luogo di tero\ tubicem 2285, in luogo di tubicen. Errori più gravi sono cabacus 124, in luogo di cacabus\natu al posto di nato al N. 1583 (dal verbo «natare»1). I frequenti errori di traduzione, più che una prova di poca padronanza del latino, sono, a mio parere, indizio di una conoscenza imperfetta del rumeno e deirungherese, giacché, come vedremo più tardi, delle due traduzioni, una è quasi sempre giusta. Con tutto ciò troviamo errori che forse si debbono o a un salto di riga in un testo che l’Autore aveva dinanzi agli occhi, o a una svista, o a una strana ignoranza di una voce. *) Errore di distrazione o passaggio (sempre per distrazione) della desinenza rumena -m dei verbi della I conjugazione (come umblu) a un verbo latino ? Anche in parole slave copiate da un Rumeno si trova talvolta il passaggio di -u finale rumena, cfr. Hasdeu: Cuv. d. bătr., II, 292. PARTICOLARITÀ LINGUISTICHE NELLA SEZ. LATINA 49 Troviamo p. es. al N. 1390, lixivium tradotto con tagaduesk, tagadok che significano invece negare, come è giustamente detto anche al N. 1605. Evidentemente qui la traduzione si riferisce a una parola che manca. Anche al No. 1992 la parola ren e cioè « rene » è tradotta, colla voce rumena kriei ( = crieri v. p. 159) e colla voce ungherese vellö, le quali propriamente significano ambedue « midolla, cervello » (cfr. al N. 1480 medulla, tradotta giustamente in ungh. con vellö; per la voce rumena vello ( = velău) cfr. pag. 124). Forse una buona parte degli errori del nostro lessico si sarà trovata anche nelle fonti che egli aveva dinanzi, ma siccome non siamo riusciti, con nostro rincrescimento, a identificare tali fonti, ci dobbiamo limitare ad emettere una semplice ipotesi. 4 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Mar3Ìlianum®. CAPITOLO IV; LE PARTICOLARITÀ LINGUISTICHE DEL LESSICO NELLA SEZIONE RUMENA Come si vedrà al Cap. VII, l’importanza maggiore del nostro testo è appunto nella parte rumena; importanza tanto storica per la filologia rumena, quanto immediata per trovare una risposta ai quesiti che ci siamo proposti fin da principio intorno al luogo d’origine e all’epoca in cui fu scritto il nostro lessico. Esamineremo quindi più accuratamente le caratteristiche della lingua rumena, specialmente fonetiche e lessicali, giacché — per il genere stesso dell’opera — ben poche osservazioni potremo fare intorno alla morfologia, e nessuna intorno alla sintassi. I. ORTOGRAFIA La sezione rumena del Lexicon Marsilianutn è scritta in caratteri latini con sistema ortografico modellato su quello ungherese, come era uso nel Seicento e Settecento fra i Rumeni della Transilvania che maggiormente si trovavano sotto l’influsso delle scuole magiare: «Qui inter Hungaros concives vivunt, a pueritia Hungaricae orthographiae as-sueti, hungaricam orthographiam adoptandam esse sanciunt », scriveva ancor nel 1819 Petru Maior '). Ed infatti in una quantità di opere pubblicate o manoscritte in quest’epoca in Transilvania, Banato e Ungheria, troviamo adottata, con leggere variazioni, un’ortografia di tipo ungherese; p. es, nel Catechismo di Fogarasi del 16482), nel 1) P. Maior: Ortographia romana sive latino valachica, Budae 1819, pag. 1. 2) Bianu-Hodoş: Bibl. românească veche, I, No. 53, pag. 160; Szabó, RMKö. I, 803; II, 683; Veress: Erdély és Magyarországi régi oláh könyvek és nyomtatványok Kolozsvár, 1910, pag. 31 ( = Erdélyi Muzeum, XXVII, 159). Sez. I ORTOGRAFIA RUMENA 51 Salterio di ViskL1), ms. del 1697, neirAnonimo di Caransebeş2) ecc., ecc. \ L’ortografia, poco unitaria anche nei testi scritti col più puro alfabeto cirillico,3) lo è ancor meno nelle trascrizioni che usavano i caratteri latini, giacché mancavano assolutamente norme generali che facessero testo 4). Non ci si deve quindi stupire se uno stesso suono viene trascritto in diverse maniere, anche a distanza di poche righe, in una stessa parola. Per esprimere la gutturale sorda, è, p. es., continua l’oscillazione fra k e c; fra sz e s per esprimere la spirante pura sorda s, ecc. Ma alle volte sotto l’aspetto di semplici varietà grafiche per la trascrizione di suoni non rappresentati nel comune alfabeto latino, si nasconde una tendenza di pronunzia, o talora anche un vero e proprio mutamento fonetico condizionato, come nel caso delle varie trascrizioni della vocale velare rumena a. Al contrario invece, alcune caratteristiche fonetiche che sarebbero preziose per Pindentificazione di particolarità dialettali o arcaiche, non possono esser seguite a causa dell’imperfezione del sistema ortografico, che ci impedisce di scorgerle e di distinguerle con certezza. Per citare un solo caso ricorderò gli esempi di a intatta, in luogo di ă moderna, che sarebbero prova della non compiuta metafonesi nei plurali femminili in - i; ma tale fenomeno non *) Silaşi Gr.: Psaltirea calviniano-română versificată, in «Transilvania», VIII (1875)) I41 segg.; Sztripszky-Alexie?: Szegedi Gergely énekeskönyve XVI századbeli román fordításban, Budapest 1911, pag. 187 segg. 2) Cfr. Drăganu: Dacorom., IV, 112 segg.; Tagliavini: Revue Ét. Hongroises, VI, 20 e lett. ivi citata. 3) Cfr. specialmente la fondamentale (anche se non in ogni punto attendibile) opera di I. Bărbulescu: Fonetica alfabetului cirilic în textele române din veacul XVI si XVIIy Bucureşti, 1904. 4) Per l’ortografia con lettere latine cfr. R. Ionaşcu: Sistemele ortografice cu litere latine, II, ed. Buc. 1894, Nădejde: Istoriea limbii şi literaturei române, Iaşi 1886' pagg. 376 — 406, ma specialmente : Siegescu J. : A román helyesírás történeteT Budapest 1905. Quantunque questo libro sia mediocrissimo e vi si trovino sovente errori, il capitolo sull Ortografia ungherese e i suoi influssi su quella rumena (pagg. 93—142) contiene una trattazione assai estesa dell’argomento, cominciando dal Catechismo di Fogaraşi. Il Siegescu infatti non poteva conoscere nel 1905 if più antico libro rumeno stampato con lettere latine e ortografia ungherese sulla fine del Cinquecento, scoperto nel 1911; esso è il noto frammento Todorescu o Cartea de Cântece pubblicato da Sztripszki e Alexics : Szegedi Gergely énekeskönyver cit. Per l’ortografia con lettere latine degli scrittori transilvani di quest’epoca vedi anche Drăganu: Dacorom., IV, 114 segg. 52 CAPITOLO IV Sez. I, § I è perseguibile nel nostro testo per causa della imperfetta e incostante trascrizione di i-i come vedremo a pag. 82 óve è citata la forma radik, 544,e cioè rădic in luogo di ridic) e portiont, 973, 2258. La forma plumona 992 ( = plămână) è certo un arcaismo o una forma dialettale (v. pag. 147) e non ci serve per lo studio della grafia. A è in generale trascritto col semplice a, e solo di rado con ày alla foggia ungherese, come amava fare qualche scrittore banatense e transilvano del Seicento, p. es. Gh. Buitul1). Esempi di A abbiamo in porkoláb, 167; kúrát, 170; páty 366; kuczitár, 372; kár y 381; strása 387; táiy 454; rád y 468 ecc. Del resto, conviene avvertir subito che il nostro Autore non ha eccessiva simpatia per gli accenti e che, anche nella parte ungherese, ne omette un buon numero, come si vedrà al Capitolo V, Più complicata, come in ogni grafia con caratteri latini 2) e perfino nello stesso alfabeto cirillico 3), è la trascrizione della vocale velare che la moderna ortografia scrive a ( = t). Il nostro Autore trascrive a in ben sette modi, seguendo però, come si vedrà nella Sez. II, diverse tendenze di pronunzia. Egli trascrive dunque â: 1. Qualche volta col semplice ay p. es. amandoi 21 ; me anbrak 1090; me antorky 1976; ankay 1587; angropacsone, 820; ankoacsay 957 ( = încoace); campuly 51 (ma al N. 144: kemp e al 1837 cemp) ; cânticul, 143 (ma al N. 151 kenticul) ; hartiüy 1688; panay 505, 567 ( = până); talhdty 1885. Occorre aggiungere qui anche ambhy 1997, seg. che non rispecchia la forma moderna umbhiy ma quella arcaica e popolare ìmbluy cfr. TIKTIN, ZRPh. XII, 236 e Dicţ. Rom. Germ. 1676, ancor esistente in Banato (cfr. WEIGAND, JbIRS. Ili, 330). 2. Nella maggior parte dei casi (fuorché nelle condizioni di cui ai numeri 5—7) è trascritta con e9 come presso quasi tutti gli scrit- *) Cfr. Bitay A.: Dacorom.y III, 789 segg. e lett. ivi citata; Drăganu: Dacorom., IV, 118 (e Addenda). Tale ortografia appare anche dal titolo del suo Catechismusy szau Summd krédinczéi katholicsést R. P. Petri Canişii Doctor Szkrip. szvent den Rendül Szociéy lui jfssus. Entorsz pré limbd Rú(m)enászke dé R. P. Buitul Gsurgs... Klus 1703 cfr. Bianu-Hodoş: Bibi. Rom.y I, 447; Szabó: RMKö. II, n. 2155 p. 586; - Veress: Erdélyi és Magyarországi régi oláh könyvek és nyomtatványok, Kolozsvár» _ x9îo, pagg. 33—35 ( = Erdélyi Muzeumy XXVII, 171—73). 2) Vito Piluzio nel suo Katekismo kriistinesco (1677), scriveva e; Il Cat. di Foga-raşi, Viski, TAn. di Caransebeş, usano e; Halici usa ey aey u; la Karte de ABC usa öe ecc., cfr. Siegescu, Rom. helyesírás tört. pag. 92, 98, ioi, 108, 119. ) Cfr. p. es. Bărbulescu: Fonetica alfabetului cirilicy p. 212 segg. 54 CAPITOLO IV Sez. I, § i tori transilvani [Halici, Viski ecc.]1) p. es. freul, 771; fontena, 7731; convent, 1408,2315 \gengyesk, 284,598 ( = gândesc);genska, 26 (= gâscă); kendva, 1638; en, 442 ( = în); mensul, 578 ( = mânzul); pensa, 225; ( = pânză); renduesk, 478; 2304; 2300; 1624; wen*,991. 3. Con tf, segno tolto dalla grafia ungherese, in due soli casi: fön, 714 ( = fan), e kolcz, 146 ( = ca/tfj. 4. Con oe ( = e quindi vedi N. 2) in un solo caso: foenacz, 1898 ( = fânaţ, cfr. Dicţ. Acad. Rom. II, 43). Anche nel Catechismo di Buda del 1780 e nella Karte de A. B. C. si trova ae per â 2). 5. Assai spesso con i (e non solo dinanzi a n, m) ; p. es. batrin, 1403 ; batrinyesk, 1153 ; briu, 198 ; czicza, 1447 ( = ţâţă) ; fr iu, 314 (ma freuly 771); fring, 776; frint, 1116; ingras, 1645; intaresk, 2017; lina, 1285, 2303 ^ = lână); kine, 150 ( = câne); 5; pling, 259, 700, 1267, 1535, 1836; stingh, 2181; stinga, 1277—1278; stina, 1673; 195; rid, 2007; risul, 2010; nVrye, 2100 ( = râie); frwer, 1252. A questi esempi occorre aggiungere impie, 2^ e inflat, mi, che non rappresentano le forme odierne letterarie umplu e umflat, ma le arcaiche tmplu e înfiat (cfr. DENSUSIANU, Hist, langue roum. II, 65; HASDEU, An. Acad. Rom. XVIII (Lit.), 22; TIKTIN, Dicţ. Rom. Gem., 1678, 1680) e la maggior parte dei composti coi prefissi m- (im-) (cfr. però PUŞCARIU, Dacorom. V, 779 segg.). 6. In pochissimi casi con o, e sempre dopo consonante labiale,p. es. dobonda, 1422; dobontyesk, 20 ( = dobândesc); oborsia, 2013; pomont, 973, 2258\plumona,991 ( —plămânăv.S.YV §5,pag. 147);rao/com,969— 71 in luogo di malcom, rappresenta una forma dialettale transilvana, cfr. TIKTIN, DRG. 980), così pure poronka, 1450 può essere tanto poruncă, quanto por ancă, forma arcaica. 7. Assai spesso con u dopo consonante labiale: p. es. amun, 444; muna, 1277, 1458; munya, 1081 ; munyika, 1453 ; mucza, 642 ( = mâţă) ; remun, 1790; 1990; sztopuna, 928; septemuna, 926. Quanto alla forma kurund, , 207 per «curând» cfr. S. II § 4, pag. 83. Oltre che nei casi accennati, troviamo u per â in: bruişor, 2394 ( = brâuşor) e in unbukur, 1273 ( = înbucur) cfr. DRĂGANU, Două mss. vechi, pag. 112. Quanto alle altre vocali, le cose sono molto più semplici. hye in generale è scritta regolarmente con e. Notiamo però: 1) Cfr. Drăganu: Dacorom., IV, 115. 2) Cfr. Siegescu, Rom. helyesírás tört.t pag. 118: Bianu-Hodoş, Bibi. Rom. Veche II. 250. Sez. I, f i ORTOGRAFIA RUMENA — VOCALI 55 1. In principio di parola (eccetto che nelle due voci elegh, 545; eless, 542, 543» 1322, che sembrano essere forme dotte influenzate dalla grafia latina, in luogo delle regolari aleg, ales) è scritto con iey seguendo così l’esatta pronunzia rumena, p. es. iely 1225; iepury 1331; iepuraş, 1332; iery 931. 2. In mezzo di parola troviamo qualche volta ae, p. es. inpraesur 200 e segg. In due parole troviamo o: molcsy 1361 (= melciu) e költuesk, 1027 segg.; in quest’ultimo caso però è probabile che l’Autore si sia lasciato scappare Vő avendo vicino la forma ungherese költők (ch’egli scrive kőitek). Quanto a pomonyesky 251 cfr. pag. 65. 3. In fine di parola sovente è omessa, p. es. drogost, 23; pepteny 1732; peduc, 1740 ecc.; in quest’ultimo caso si tratta però della riproduzione grafica d’una pronunzia dialettale (v. pagg. 69—70). L’i iniziale, dinanzi a vocali (e cioè in funzione consonantica), dovette assumere,nella pronunzia del nostro Autore, il valore d’una spirante sonora (press’a poco come il y neoellenico), giacché accanto a grafie regolari come jad, 1652; iaka, 528; iapa, 572 ; iar a, 2041 ; jar ba, 890 ecc., troviamo alcune forme che sono spie sicure d’una cotal pronuncia, trovando in esse la i (o per essere più esatti la i) trascritta con gy p. es. gyaray 440 ( — iara del 2041); gyaszkay 730 (= iască); e questo avviene talvolta anche per i intervocalica p. es. keigyey 220 ( = cheie). Per questa particolarità fonetica cfr. pag. 67. Si può aggiungere infine che i media e finale non è che raramente trascritta nel nostro testo con y (p. es. dororyy 1854), come avviene invece p. es. nel frammento Todorescu *). Per o non ci sono osservazioni da fare. hyu invece è parecchie volte trascritta con o, p. es. Domneseuy 1 ; inpromut, 249; fronczay 726; infronty 316; compàr, 278; askonsy 834; bony 1715; pontyey 1862; poternik 1877; potere, 1878, (potyerey 2349); no stio 1002 ecc. Però questa serie di esempi, che si potrebb facilmente aumen-a tare, è troppo considerevole per potere ammettere che si tratti d’uni incongruenza ortografica, come si osserva talvolta eanche in testi scritt in caratteri cirillici2), e bisognerà invece ammettere che si tratti *) Cfr. Sztripszky-Alexics, Szegedi Gergely énekeskönyve ecc., pag. 138. 2) Vedi più avanti a pag. 68 e seg. Il Drăganu, Două mss. vechi, 105 per simili confusioni nel Codicele Todorescu, scrive: «nu credem că trebuie să o considerăm (cioè o-m) de un fenomen fonetic, ci mai mult de o particularitate ortografică a copistului Codicelui Todorescu», ma poco più sotto: «Nu ştiu dacă alternarea lui u cu o nu ne redă în două chipuri o singură rostire provincială, mijlocie a uneia din cele 56 CAPITOLO IV Sez I, §§ I—2. d’una particolarità fonetica della pronuncia dialettale del nostro lessicografo. Egli anzi, non è legato a nessuna tradizione ortografica, e per questo omette regolarmente gli u finali non pronunziati, anche nel nesso - iuy p. es. cser9 1943. Appare anzi evidente che sulla sua bocca anche Vu finale,preceduto da un nesso di muta più liquida, suonava come una specie di vocale indistinta o di scevà ; solo in questo modo ci possiamo spiegare delle grafie come impie, 257; sufflè 330,«infl0 » in cui si trova e in luogo di u (a meno che non si tratti di terze persone singolari). § 2. Dittonghi. Veniamo ora ai dittonghi. Il dittongo ea è trascritto: 1. Con iay oltreché in iarba, 890 ; p. es. in kriangay 793 ; sagyiatta, 982. 2. Con e, come avviene talvolta in alcuni testi scritti in caratteri cirillici ’), in direptay 1251 ; oprele 1183,(= opreală, cfr. però pag. $z)\mresiey 2001. In luogo di e troviamo ae in qualche esempio come praey 1755 (e altrove) = preà. 3. Nella maggioranza dei casi con a:csaray 131 \ferastray 649; pofftalay 458; stag, 2331 ; vak ( = veac) 654 ecc. In questo caso però non si tratta solo di una particolarità grafica, ma di una pronuncia dialettale come vedremo a pag. 71. Il dittongo oa è trascritto col semplice o:p. es. csoray 1817; broskay 120, 1963 ; coday 173 ; domna, 502\florey 713\globay 1042 ; greonyiay 899 (=gre-oaie); gropa, 715; iconay 991; sorele, 2186; puttorey 723; prinsorey 156; ploiay 1014 2); sorda, 699 ( = joardă) ecc. Unica eccezione è il N. 957 ankoacsay in cui troviamo oa. două vocale». Tratteremo più ampiamente la questione a pag. 68. Tuttavia si deve osservare qui che il Bărbulescu : Fonet '.ca alfabetului cirilic, 50, «Arhiva» XXXII, 19; Curentele literare la Români în perioada slavonismului cultural, Bue., 1928 pag. 94, ritiene che si tratti di una ortografia bulgara. Nei casi a cui accenna potrà aver ragione, ma non qui che si troviamo dinanzi a un testo în lettere latine. Il Rosetti : Recherches sur la phon. du roumain au XVI siècle, Paris 1927, pagg. 53— 55 è contrario ad ammettere un tale suono intermedio, ma ha torto (cfr. Valkhoff : Studi Rumeni:, III, 153)- Tale suono è ammesso anche da Candrea: Psal. Şcheiană, I, § 51 ; Densuşianu: Hist, langue roum.t II, 1914, pag. 73; Cartojan: Alexandria în lit. românească, Buc. 1922, pag. 39; Tagliavini: Studi RumIII, 178. *) Densuşianu: Hist, langue roum., II, 48. « Quelque fois la graphie assigne à 6 une autre valeur, celle de 'b (ea) ». Vedi gli esempi ivi citati. 2) Per la forma pluoie del No. 1850 cfr. pag. 67 segg. j ŞŞ 3__3______ORTOGRAFIA RUMENA — CONSONANTI 57 Ma anche in questi casi di oa >o, non si tratta di una particolarità di grafia, ma di una pronunzia dialettale1). § 3. Consonanti. Veniamo ora alle consonanti. Per by dy g, /, m 2), nyp, r, £, non c’è nulla da osservare. Vedremo ora brevemente le altre consonanti. La velare sorda è resa in generale con ky come presso quasi tutti gli scrittori banatensi e transilvani che eran sotto l’influsso ungherese 3). Tuttavia troviamo parecchi esempi anche di c: coday 173; compar, 549; calduray 666; credincsos, 672 ecc., e perfino dinanzi ad ey p. es. cempy ( = câmp) 1837. La palatina c è trascritta in 3 modi: 1) Col semplice cy probabilmente per una svista, nella voce cismay 136; 2) Nella maggior parte dei casi con csy alla foggia ungherese, come presso Viski, l’Anon. di Caransebeş, il Catechismo del 1780 di Budapest ecc. *); p. es. csenuszay 199; csery 130, 1811, 1872, 1943; cserky 69; csetatey 169; csitesky 1786; kovács, 618 ecc.; 3) Con tsy ortografia magiarizzante arcaica preferita da Fogarasi, dall’Autore della Karte de ABC ecc.5) solo in due esempi: de itsy 1077; e de its naintey 419. La palatina sonora g (che dovette pronunziarsi, molto probabilmente, sulla bocca del nostro autore quasi come un zy cfr. pag. 81) è trascritta in due modi, e precisamente: 1) con gsy come nel Frammento Todorescu, Halici, Viski, l’Anonimo di Caransebeş ecc.ti) : p. es. gsinerey 864; gsingasy 422 (ma tsingasy 844); 2) con ts in qualche esempio che forse sarà dovuto a quella confusione fra sorde e sonore di cui parliamo alle pagg.81, 164, 184 giacché una tale ortografia x) Cfr., pag. 72 e lett. ivi citata. 2) on invece di om al No. 2083 è un semplice lapsus calami, giacché troviamo sempre om (Ni. 944, 275, 946). 3) Cfr. Siegescu: A román helyesírás története, pag. 142. 4) Siegescu, op. cit., pagg. 105—114. 5) Siegescu, op. cit., pagg. 98—118. Anche il titolo del Catechsimo di Fogaraşi ci mostra questa grafia: Catechismul Atsaja ej Atsaja ecc., cfr. Bianu-Hodoş, Bibl. Rom. Veche I, N. 53, p. 164, Veress, Erdélyi és Magyarországi régi oláh könyvek és nyomtatványok, Kolozsvár, 1910 (—Erdélyi Muzeum XXVII, 160). 6) Cfr. Siegescu, Román helyesírás tört. pagg. 102—142. 58 CAPITOLO IV Sez. I, § 3 non si trova nei testi scritti con sistema ungherese, mentre è comune ds *); p.es.fryö&,2073; tsemenare, 859; tsenunke, 869; 4) in mezzo di parola è trascritto talvolta con $ (quindi /, invece di z) p. es. lese, 1988; arsente 47; desitul, 391 ( == degetul); desetar, 1858 ecc. Anche la ţ ha, come in tutti gli scrittori ungaro-rumeni dell’epoca, una trascrizione incerta. Troviamo: 1) nella maggior parte dei casi cz come neirortografia ungherese contemporanea e come presso l’Anonimo di Caransebeş, Viski ed altri2): p. es. czapy 938 (ma anche capy 152), czaray 1982;cziczay 1447\cziny 2002(ma esitiy 2254)\faczaturay 230; viaczay 2351; viczely 2354 ecc-î 2) spesso la semplice cy come neirortografia tedesca e ungherese, e come talvolta presso Fogăraşi, Halici ecc.3): p. es. capy 152 (ma czapy 938); kuracescy 611 ; invacaty 1085 (ma invaczaty 58); 3) assai stranamente, ma d’accordo con qualche altro scrittore dell’epoca4), si usa cs invece di czy p. es. csermorey 2009 { = ţărmuri); esiti, 2254 (ma cziny 2002); fracsestye, 779; subesire, 2256 ecc. La 5 è trascritta con sz alla foggia ungherese; p. es. szaraky 1523; szlobody 548, 1796; szlugay 2167; sztopunay 928 ecc. Ciononostante, il più delle volte, troviamo la semplice s; p. es. satnatty 1152, 2139; sania. 2278; sary 462; sarak, 1080; sarut, 1666; scaray 2103; secure, 2132; se-cserey 2130; semnat, 1155; senatos, 2074; sÄrrn, 329; slobody 1019 ecc. ecc. Ne avviene di conseguenza che non si può ben distinguere la spirante palatalizzata (= /,ort.rum.f) dalla non palatalizzata, giacché la s è costantemente resa, alla maniera ungherese, con s: p. es. siy 589; stdpty 607; ima, 737; asay 2246 1230, 2171). Eccezionalmente troviamo anche sz con valore di /, p. es. in uszay 1668, accanto al regolare ussay 737. In ogni modo occorre notare che non si trova mai nel nostro Lessico la 1) Cfr. Drăganu, Dacorom., IV, 115. Tale ortografia non è notata nel debole libro del Siegescu, ma è attestata anche nel Codice di Petrova, cfr. Alexici, « Revista p. Ist. XIII (1913), 290. Del resto siccome g aveva sulla bocca del nostro anonimo il suono di S, come vedremo a pag. 81, si può ricordare che anche Fogăraşi trascriveva j (=;£) con ds, cfr. Siegescu, Román helyesírás tört. pag. 98. 2) Cfr. Siegescu, Román helyesírás tört., pagg. 105—109. 3) Siegescu, Román helyesírás tört. pagg. 98—103. *) Drăganu, Dacorom., IV e 155, 126 No. 1. In ungherese fino al XVIII secolo si usò il segno cz tanto per c che per tz, cfr. Simonyi. Die Ung. Spr. 228 n. 1 Re vai, Elaboratior Grammatica Hungariaca, Pest 1806, Vol. i pag. 145; Melich Az « Orthographia Hungaricaţ és a magyar helyesírás, Budapest 1908, p. 27. Sez. I, § 3 ORTOGRAFIA RUMENA — CONSONANTI 59 curiosa grafia sh = s che ci presenta l'Anonimo di Caransebeş il quale si stacca anzi, per questa particolarità, dagli autori contemporanei1). La sonora z (= zez) è trascritta in otto modi diversi, due però di gran lunga più frequenti e precisamente quei medesimi che servono perlai (s, ^ sz2)- Abbiamo quindi: i) sz, p. es. inszoa, 476;groszav, 417 (ma grò-$av, 2286); szák y 980 ( = zac) ecc.; 2) s, p. es. in Domneseu, 1; obrasy 620; kasan, 124; rensa, 2209 ( = rânză); slobosia, 481 ; sapada, 1603 ecc. Troviamo anche doppia s in kiness, 1240 (= chinez) v. pag. 112; 3) csr, p.es.raczdy 814 ( = rază); bucza, 1258; oràsr, 1658;4) es, p. es. bodicsat, 87; ora, 951 ; (v. pag. 58. n. 4) 5) tz, p. es. p&eter, 345 ( = pisez); 6) ds,; p. es. narodseste, N. 59; slobodse[sJk, 1344; 7) con c in narocestye 2214 (cfr. nerozie); 8) infine sovente colla semplice 0, p. es. secœ, 402; zic y 475; zogonyesk, 809, 1745 ecc. Questa è anche la grafia più comune presso gli scrittori dell’epoca e della regione. La sonora spirante palatale z (nell’ortografia moderna j) ha quattro diverse trascrizioni3): 1) 5, nella maggior parte dei casi, p. es. asud, 7 (= ajut) ; slusnikay 28 ; ser, 876 ( = jir) ; sok, 1427 ; kersie9 889 ( = cârjă) tudeky 296 ; basokoresky 449 ; sumetate, 479 ; seg91906 (v. p.150) ; misloc, 1479 ; 446; sorda y 2346 ( = joardă) ; glasdy 974 e 2353 ( = glajă) ; 2) ài, p. es. dsoky 191; adsuty 1256; 3) e 4) îî e nei due esempi: tsur im pre tsur, 203—204 ; e gsur un prae tsur y 202 ( = jur împrejur) ; ma qui per altro si tratterà probabilmente di g (per g > z cfr. sopra) e non di Zy essendo la forma più arcaica giur e non jur. Il nostro lessicografo, ad imitazione del magiaro, si serve poi della y per indicare l’intacco palatale delle consonanti, specialmente dentali, che ci si presenta con grande regolarità nel dialetto da lui parlato. Abbiamo così: i)d trascritto con dy,gy e perfino ty:\>. es. verdyey 2348; lim-pedye, 1364; spovegyesk, 309; gengyesk, 284, 598, (scritto gendyesk al N. 1995); urgyin, 783 ecc. e rotyitore, 716 ( = roditoare). Solo al N. 920 troviamo ungicza invece di *ungyicza ( = undiţă) ; 2) f è trascritto sempre con ty, p. es. dintye, 438 ; fratye, 777 \potyere, 2349 ; partye, *) Secondo Hasdeu: « Rev. p. Ist. » VI pag. 7 l’origine di questo sA sarebbe da ricercare nella grafia di alcuni dialetti slavi meridionali e alla conoscenza della grafia tedesca ìcA. Secondo il Siegescu, Rom. helyesírás tört. pag. 108, si dovrebbe solo all’influsso del tedesco scA. 8) Secondo il Siegescu, Rom. helyesírás tört. pag. 142 negli scrittori dell’epoca, sotto rinflusso ungherese, appaiono due grafie predominanti per la z: zt dz. Ma la sua opers £ ben lontana dalla completezza. a) Non mai però cz come nel Codice di Petrova, cfr. Drăganu, Dacorom. IV, 105 6o CAPITOLO IV Sez. I, § 3 1698; mortye, 1554, 1598, i6a6. Il suono di questa dentale palatalizzata doveva esser molto simile a quello dei gruppi kia, kie ecc., giacché parecchie volte incontriamo esempi in cui kia, kie ecc. son trascritti con ty, p. es. styop, 1411 ( = schiop); tyam, 2363 ( = chiam); tyemat, 2362 e airincontro tym, 1511 (= tem), tyika, 237 (= chică)*); 3) n è resa con nyi p. es. pomonyesk, 251; nyegru, 837, 1599; csokany 1442; omenyia 415 ecc.; 4)/ palatalizzata [/'] ètrascritta con /y,p.es. kalye, 1768; 2297; /o/y*,- 2379; lyak 1478, 1815; kràly 1900 ecc. Per queste palatalizzazioni e specialmente per la conservazione di n' e V in casi nei quali il rumeno letterario li ha perduti, cfr. pagg. 74—80. A ragioni di fonetismo arcaico e dialettale, e non a semplice capriccio ortografico, son dovute le alternanze fra/ e v. Troviamo sovente / in luogo di vy p. es. milos tif, 95,1087 ; naraf, 1558,2011,2378\pifnitza, 176 ; ibofnika, 2196 ; ibofnikul, 2197 ecc. Più spesso però troviamo v invece di/, specialmente nel gruppo sv, il che è manifestamente una conservazione di un fonetismo arcaico (cfr. pag. 83—84) ; p. es. sversitul687 ; sventa, 99 ; svada, 181 ; svre-delesky il 14 e 1772. Troviamo però anche vervul, 34, 386, (cfr. pag. 73). Il nostro Autore non è meno inconseguente nelFuso della k. Quando rappresentava un’aspirazione egli curava di non ometterla, e cosi troviamo regolarmente: hamis, 634; hanyele, 1089 ( = hainele); hasna, 794; fiatami, 308; hitlan, 633 ecc. Incontriamo però anche parecchie h per puro segno ortografico ö per ragione etimologica, vera od apparente: Abbiamo così: harmasar, 123; humerul, 83; pintru haia, 1232. In fine di parola lo troviamo una sola volta dopo vocale : pedestrah, 1739 = pe-deastră 2), in pdth, 1323 e poi quasi sempre dopo g finale, seguendo un antico sistema ortografico ungherese, p. es. stogh, 5; frigh, 57; we incingh, 197; dedegh, 599; fringh, 1200; stingh, 1278. I raddoppiamenti sono anch’essi arbitrari; troviamo vocali raddoppiate per mostrar la lunghezza, come p. es. 1227 accanto ad hastay 1226 ecc 3) e più spesso consonanti medie e finali, p. es. dellay 1 ; ama, 4 1) Weigand: « JbIRS. », IV, 265. « Die Laute t'> d' stimmen mit den ungarischen ty, dy überein. Manche gebildete Rumänen waren nicht im Stande t' von k! zu unterscheiden und es giebt auch in der That einige Gemeinde in Bihor, wo di Artikulation derart ist, dass selbst ein geübtes Ohr in Zweifel sein kann, weil der betreffende Laut eben i' und k' liegt ». 2) Molti esempi presso l’Anonimo di Caransebeş; cfr. Drăganu: Dacorom., IV, 128. 8) Cfr. la pronuncia ahasta, p. es. presso i Moţi; v. Frâncu-Candrea: Românii din Munţii Apuseni, Buc. 1888, pag. 76 No. 5 ; ahaia, ahăştsa presso Popovici, Rum. Dial. I 136, 140 e sporadicamente anche altrove, cfr. Philippide, Or. Rom. II, 212 & (i==casä) ; battuti, 293; aff ara, 53flenne, 997 (=lene) ecc. Eccezionalmente traviamo raddoppiata la consonante iniziale in rrodik, 1337 '). Prima di chiudere questo breve paragrafo dedicato airortografia, occorre fare un’ultima osservazione ; noi abbiam visto qua e là, per incidenza, qualche particolarità grafica dovuta all’analogia della parola ungherese corrispondente a quella rumena; importanza certo non minore hanno gli influssi dell’ortografia latina; parecchi si limitano all’uso delle doppie ^ (v. sopra), ma altri son più evidenti, p. es. chorda, 190; cognosk, 287; Ï calendar, 989 ( = cărindar);lachryma, 1267', fráter, 1545; sent, 2149, e 1 probabilmente anche convent, 1408; bonitate, 107; sanitate 2081; elegh, teless, 545, 54^; strinkt, 338. Simili influssi dell’ortografia latina non - mancano negli altri testi dell’epoca, p. es. nel Frammento Todorescu 2) - e nell’Anonimo di Caransebeş 3). II. PARTICOLARITÀ FONETICHE Come hanno riconosciuto il WEIGAND 4), il DRÄGANU 5) e parecchi altri linguisti, è assai difficile, e spesso anzi addirittura impossibile, distinguere con esattezza fenomeni che appartengono a uno sta-\ dio fonetico arcaico, da quelli che ci mostrano solo delle particolarità dialettali ; in altre parole non è spesso possibile distinguere ciò che si deve al tempo, da ciò che si deve al luogo e da ciò che si deve ad ambedue questi fattori sommati insieme. § 1. Vocali. - L’incerta trascrizione di ă (vedi Cap. IV, I, § 1) e il numero limitato di voci attestate al plurale o al genitivo-dativo, ci impedisce di sapere se, nella lingua del nostro Autore, era già avvenuto il mutamento di a ina nel gen.-dat. singolare e nel nom.-acc. plurale dei sostantivi femminili che prendono - i, mutamento che è regolare nella lingua moderna, ma che è sconosciuto ai più antichi testi (Codice di Voroneţ, Salterio *) Spia d’una spiciale pronunzia f? Cfr. Candrea, Bui. Soc. Fil. II, 46; Philippide Or. Rom. II, 101 segg. e lett ivi citata. 2) Cfr. Sztripszki-Alexics, Szegedi Gergely énekeskönyve, pag. 226, ma non tutti gli esempi citati da questi autori sono giusti. 3) Drăganu, Dacorom., IV, 146, No. 13. ' 4) Weigand, « JbIRS », IV, pag. 297. 6) Drăganu, Două mss. vechi, pag. 90; DacoromII, pag. 270. 02 CAPITOLO IV Sez. II, § i Hur muza ki, Copista B del Salterio di Şcheia ecc.)*), ci impedisce altresì di seguire quella speciale riduzione di ű in ö che si deve trovare con frequenza nelle regioni che supponiamo siano state la patria del nostro Autore 2). Come in gran parte dei testi antichi, ă non è passata ancora in e nel verbo blàstemà ( < * blasfemare REW. 1155, 2), rum. mod. blestemă, giacché troviamo ai numeri 594—95 blastemesk, blasfemai*). Il mutamento di ă in o può essere ortografico solo in alcuni casi (v.. Cap. IV, I, § i pag. 54), ma è fonetico in: pomont, 973, 2258; jloman-sesky 588; e rrodik y 1337. Il DRĂGANU4), attribuisce il mutamento di ă in o in flomändu e särbotoare del Manoscritto di Năsăud, a influsso di pronunzia sassone; infatti sappiamo che i Sassoni quando parlano rumeno mutano ß in o dopo consonante labiale 5). Però non bisogna dimenticare che non è necessario ricorrere ad una tale spiegazione, anche se le risultanze del Cap.VII la rendessero possibile, perchè sappiamo che 0, invece di a, per influsso di una consonante labiale precedente o seguente si trova frequentemente in dialetti transilvani, p. es. ad Haţeg e nella regione deir Olt 6) e si incontra sovente anche nella letteratura antica 7). Si tratta quindi di un mutamento fonetico nient’affatto eccezionale, proprio della lingua del nostro Autore, giacché qui non si può pen- x) Cipariu, Principia, 122; Candrea, Psaltirea Şcheiană, vol. I, § 48, I; Drăganu: Două mss. vechi, pag. 96; Sbiera: Codicele Voroneţean, pag. 310—n;Ro-setti: Recherches sur la phonétique, 82—84; Philippide, Or. Rom. II, p. 21. 2) Cfr. I. Iordan: Un fenomen fonetic românesc dialectal: ă neaccentuat > a, nella «Revista Filologică», I (1927), 117—154 e ivi tutta la letteratura relativa all’interessante problema. Per le regioni che specialmente ci interessano v. spec. pag. 146. Sulle risultanze di questo scritto si tenga però presente la mia recensione in «Studi Rumeni», III, 129—131. 3) Cfr. Densusianu: Hist. langue roum., II, pag. 75; Candrea: Psaltirea Şcheiană, I, § 48 N. 4. 4) Drăganu: Dacorom., III, 498 N. 4. ô) Cfr. Bena: Limba română la Saşii din Ardeal, Cluj 1925, pag. 17 segg. 6) V. O. Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, Buc. 1916, § 59 pag. 27. T. Dinu. Gr. ş. Suflet I, pag. 110 Haneş, Ţara Oltului, pag. 47. 7) Candrea: Psaltirea Şcheiană, I, § 75 pag. CXXXI; Densusianu: Hist. langue roum. II, pag. 109. «Comme exemples d’assimilation de ă (o) à une consonne labiale nous avons à relever fomeia, TM. 47, 51, 52; flomîndu, PS. XVI, 9 et särbotoare PS. LXXIII, 4, LXXX, 4 semblent aussi montrer le même phénomène»: fomeie si ode anche a Sălagiu, cfr. Vai da, « Tribuna », VII 353 ed a Răşinari cfrv Păcală, Răşinari, 238. Sez. II, § i FONETICA ROMENA — VOCALI sare neppur per ombra a influssi grafici bulgari e russi, come suppone il BĂRBULESCU per alcuni casi di o < ă in testi cirillici *). A non è passata ancora in u nel verbo a umblà, come appare dalla grafia ambio, 568,1197 (v. più sopra Cap. IV, I, § 1 pag. 53) 2). E accentata, seguita da n (o m più consonante) non è sempre passata adì. Abbiamo infatti : plen, 40; argent, 47; len, 2241 ; smentyesk, 577; vendik, 1477,2081 ; mente, 104,1904. Accanto a queste forme più arcaiche troviamo però anche alcuni esempi con i, come: dintye, 438; minte, 1122 ecc. 3). Ancor una volta l’imprecisione della trascrizione dell* ă ci impedisce di determinare con sicurezza se la e, dopo labiale, si è conservata intatta o se è passata in à, giacché quest’ â potrebbe’ a sua volta esser trascritta con e. Io credo che la e sia rimasta tale quale; mi inducono a ritener questo, da una parte gli esempi: beutor, 98, 1876 ;peduc, 1740; peon, 1728; mer, 1444 ecc. e dall’altra la considerazione che un tale e si conserva ancor oggi in dialetti parlati nelle zone che risultano pro- x) Bărbulescu: Curentele literare pag. 94 segg. 2) Candrea: Psaltirea Şcheiană, I, § 48 No. 5; Tiktin: Dicţ. rom. germ., 1676. Puşcariu: « Dacorom», V, 782 Nota i. 3) Nonostante e per i si trovi ancora in qualche dialetto transilvano (probabilmente per una restituzione seriore i > e, cfr. Weigand, «JbIRS », IV, 284), il mantenimento di e che appare in molti degli antichi testi rumeni, specialmente dopo consonante labiale, deve essere considerato come uno dei più importanti fenomeni arcaici del nostro Lessico. Cfr. Puşcariu: Zur Rekonstruktion des Urrumänischen, Halle 1910, pag. 32; Drăganu: Două mss. vechi, ioi; Tiktin: Studien z. rum. Philologie pag. 57; ZRPh. XI, 67; Grundriss d. rom. Philologie (del Gröber), I, (2) 575; Puşcariu: Dacorom., I, 389; Rosetti: Recherches sur la phonétique, 147; Byhan: «JbIRS», III, 18 Găluşcă, Psalt. §30 p. 47—48, ma specialmente ; O. Densusianu: Hist, langue roum., II, 65 segg. Il problema è assai complesso e fu risolto in diversi modi. Molti esempi presso Cipariu: Principia, 375 ; Philippide: Introducerea, 102, Quanto alle voci del nostro Lessico si può ricordare che plen ricorre anche pressa Hasdeu: Cuv. d. bătr. 1, 95; argent (ulu) nella Psalt. Şcheiană CXXX, 26—27; Psaltirea Hurmuzaki LXVII, 31; smentì nella Psalt. Şcheiană (v. Candrea, Pi. Şch. II, 481); vendec anche presso Hasdeu: Cuv. d. bătr. II, 157; Gaster: Chrest., I, 102 e nella Psaltirea Şcheiană (v. Candrea, Ps. Şch. II, 506); mente presso Coresi, Psalt. XXXI* 11: XXXVII, 5; Hasdeu: Cuv. d. bătr 1,415; Gaster: Chrest., I, 157; Drăganu: Două mss. vechi ioi; e nella Psaltirea Şcheiană (v. Candrea, II, 506). E questo per non citare che alcuni fra i testi più importanti. Si noti poi che la forma skarpen « frico » del No. 791 non è stata citata qui perchè può rappresentare la variante dialettale del Banato scărpănâ, in luogo del comune scărpina cfr. Tiktin: Dicţ. Rom. German, 1378. Le regioni in cui è stato scritto il Lessico (cfr. Cap. VII, § permettono però ànche di credere a una repristinazione seriore. 64 CAPITOLO IV Sez. II, § i babile patria deirAutore del nostro lessico (cfr. Cap. VII) o perlomeno in regioni assai vicine, come il Banato settentrionale ’). Dobbiamo inoltre osservare alcuni altri mutamenti della ey i quali si devono certamente a fonetismo dialettale o straniero: i. e > ie. Se i due esempi curtie, 78 e nastiere, 865, provano poco o nulla (nel primo caso non si tratta neppure di e tonica), perchè si tratta con grande probabilità deirintacco palatino del ty trascritto per incongruenza grafica con i anziché con y, restano due casi sicuri :lien, 1818 che sta certamente per len (= lin) dei numeri 996, 2241, e griel, 194. Griel «cicada » è attestato, ma senza traduzione, anche presso l’Anonimo di Caransebeş (p. 341 ed. Creţu) e sta in luogo di greier, rappresentando una forma dialettale grel che anche oggi è vivissima in Oltenia 2) e nel Banato 3). Quanto al mutamento di e in ie si tratta di una tendenza fonetica del dialetto del Banato e della regione dell’ Olt4), oltre a casi sporadici già attestati specialmente in Transilvania. Così p. es. a Bran (Făgăraşi) şi ode buriete in luogo di burete 5) ; nel Banato si ode liece in luogo di lece (benché si possa trattare di uno slavismo) 6) nella ţara Oltului si ode pieşte (peşte), merde (verde), miegi (mergi), triece (trece) ecc. ed infine ad Haţeg si osserva una dittongazione e > ie in alcuni casi sporadici e specialmente dopo labiali7). Anche nei testi scritti da stranieri se ne trovano esempi8). *) Cfr. I. Popovici: Rumänische Dialekte I. Die Dialekte der Munteni und Pădu-reni, Halle 1905, pagg. 130—31. Cfr. anche Weigand: « JbIRS, IV, 289. Il compianto Popovici osservava: « Ich kann weiter bemerken dass e nach Labialen noch heute im Banat sehr oft zu hören ist, z. B. umçru, camçta und nur beut statt băut ». Cfr. anche Drăganu: Două mss. vechi, 99. Tuttavia in regioni finitime, come ad Haţeg, abbiamo regolarmente ăy cfr. Densuşianu: Graiul Ţ. Haţegului, § 13 pag. 4. 2) Dicţionarul Academiei Române, vol. II, pag. 305 (ci attesta la forma grei per il distretto di Mehedinţi). 3) Costin: Gr. băn. pag. 114. 4) Picot: Dial. roum. 13. « Dans le dialecte du Banat, au contraire, la règle gé- nérale c’est qu’e se mouille en ie, porte ou non l’accent tonique: grieku... liemnü... ». V. anche Haneş, Ţara Oltului, p. 48. 5) Cfr. Puşcariu: Dacorom., IV, 1309 nota. Vedi anche Lacea: «Revista filolo- gică», I, pag. 77. 6) Costin: Gr. băn. pag. 120. 7) Densusianu: Graiul Ţ. Haţegului, pag. 22 § 18. Il Densusianu crede che si tratti di particolarità individuali. (L’esempio neviesta è tratto dal testo 19, pag. 96). 6) Vito Piluzio scrive pelieze, gresiezilor (cfr. Drăganu, Făt frumos I (1926) pag. 35 nota, e A. M. Mauro fietile (—fetele) cfr. Tagliavini, Studi Rum. IV, p. 59. Sez. II, § i FONETICA RUMENA — VOCALI 65 2. e > ei non si può ammettere come mutamento sicuro presso il nostro autore giacché ci è attestato da un solo esempio : beilesc 883, «glubo» Si potrebbe trattare, è vero, di una di quelle dittongazioni con i che son tanto comuni presso i SassoniJ), ma sarà più facile credere che in questa voce si debba vedere un serbismo : beilesc < serbo-croato bijeliti «weiss werden», da cui anche a bili, cir.Dicţ. Academiei Române, I, 559, (con ei per ie). 3. e> o per influsso di una m attigua, in pomonyesk, 251 e domi-naczo, 1472 2). 4. e > i tanto in sillaba tonica (p. es. oricz, 1658; kurik, 174 3) quanto, assai più spesso, in sillaba atona, p. es. capite, 101 cânticul, 143; conti-nyesk, 1125—26; ficsor, 680 4) ominyesk, 228; Jerikát, 665. In diskid, 1684 e nimine, 1607 si tratterà probabilmente di assimilazione, mentre nei casi precedenti, più che di una conservazione di i, deve trattarsi di pronuncie dialettali5) di tipo pintru, pintruce 6) per pentru, pentruce. *) Esse mancano perù nella fonetica del nostro Autore. In ogni modo conviene avvertir subito che le dittongazioni più comuni con z, sono : a >ai e u > ui, cfr. Drăganu: Dacorom.y III, 487—97 e lett. ivi citata; Dacorom.f IV, 130; Lacea: Dacorom.f III, 466—67. Vedi però anche le osservazioni, in buona parte giuste, del Rosetti: Grai şi Suflet y II, 167—179 (meno valore hanno su questo punto le obbiezioni del Bărbulescu: Curentele Literarey pag. 96). Nel nostro caso, qualora non si ammetta che sia uno slavismo, si potrebbe trattare anche di semplice « Brechung » comune nella pronunzia ungherese (cfr. Simony: Ung. Sprache 134, 138). Il Drăganu: Dacorom., IV, 130, cita beica < Béka; sej ka < szőke; gheïbe < gebe. Quindi si potrebbe anche ammettere sulla bocca di uno straniero una pronunzia beilesc da belesc, per analogia delle forme rizotoniche. Traccie isolate di e [> ei si trovano anche presso V. Piluzio (p. es. ramaseizile) cfr. Drăganu, Făt frumos I. 35 n. e > ei è attestato sporadicamente in qualche dialetto rumeno, p. es. veichi per vechi (Haneş, Ţara Oltului, 126). 2) Cfr. Meyer-Lübke: Rom. Gramm. I, § 364. Si noti che la forma fomeia documentata spesso in testi antichi (Gaster, Chrest., I, 74, 78) e dialettali (Candrea-Densusianu-Speranţia, Graiul nostru, II, ioi) rappresenta probabilmente fă-meia e non femeia, v. Dicţ. Acad. Rom., II, 96. 3) Costin: Graiul bănăţeany 97 ci dà la forma curiciu « curechiu, varga». 4) È forma arcaica, cfr. Candrea: Psaltirea Şcheianăy II, 391; Hasdeu: Cuvente den bătrâni, I, 68 e dialettale, cfr. Dicţ. Acad. RomII. 89. 6) E forse anche arcaiche, cfr. Candrea: Psaltirea Şcheiană, I, § 60 pag. CXLIX; Drăganu: Două mss. vechiy 103; Lacea: «Rev. filologică», I, 78. 6) Cfr. Weigand: Stichwort, 103. Nei «JbIRS», III e IV si trovano parecchi esempi per il Banato e la regione dei Criş. Cfr. anche Popovici, Vocalele româneştiy Cluj j927, p. 53; Păcală, Răşinari, 127 5 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsftianum». 66 CAPITOLO IV Sez. II, § i Ci sarebbe anche qualche altra questioncella da esaminare; si tratta di casi sporadici sui quali non è però del tutto inutile che ci soffermiamo un momento: in sparietura ecc. 741 segg., non si tratta di un mutamento e > a; ma della forma sparià frequente in luogo di sperià 1). Più interessanti sono le forme stapt, stapfend, 607 segg. in luogo di aştept, aşteptând. Secondo il mio modesto parere, a in luogo di e è dovuto qui ad analogia colla terza persona sing, deirindicativo presente (a)ştaptă per aşteaptă, assai frequente nella letteratura antica2) e che in ogni modo è sicurissimamente postulabile pel nostro Autore che riduce, come vedremo al § 2, ogni ea in a. Negli elementi ungheresi, e' è reso quasi sempre con i; il suffisso ungherese -ség appare quindi sempre sotto la forma - şig e non ancora sotto la forma letteraria - şug; p. es. mestersigul, 50 3). E veniamo ora allY. L’imperfezione grafica non ci permette di rispondere con precisione alla domanda che ci possiamo porre, se cioè IV si è conservato intatto dopo una r, o se si è mutato in î(â) ; sembrano propendere per la conservazione di i gli esempi: ridy 2007; rinkeczy<)3J; rinye, 2100; risul, 2010. In kurund, 207 si tratta di una nota assimilazione per cui v. p. 82. Occorre però osservare che troviamo anche briu, 198; e gnu, 5 (ma freul, 771). La forme con i difficilmente possono essere considerate come arcaismi nel nostro testo, e io non credo neppure che si tratti di semplici incongruenze grafiche 4). Si può pensare a una pronuncia straniera 5) o più probabilmente a forme dialettali,giacché è noto che forme come briu, griuy Jriu ecc. si odono regolarmente nella parte più settentrionale del Banato, nella zona dei Criş ed in alcuni villaggi dell’estremità meridionale dellaTransilvania6) e che si incontrano anche nei 1) Cfr. Tiktin: Dicţ. Rom. Germ., 1468. 2) Cfr. Hasdeu: Etymologicum Magnum, pag. 2016—2017. 3) Cfr. Candrea: Psaltirea Şcheiană, I, § 56, pag. CXLII; Alexics: Magyar elemek, pag. 116—117, e Nyr. XV, 212. Asbóth, NyK., XXVII, 442 segg.; Pascu: Sufixele româneşti, 414. 4) Molti esempi di i per t, dovuti a incongruenza grafica, ci ha dato il Bărbulescu, Fonetica alfabetului cirilic, 359—360. Cfr. anche Curentele literare la Români în perioada slavonismului cultural, 93. 5) Bena: Limba română la Saşii din Ardeal, Cluj 1925, pag. 19; Drăganu: Dacorom., III, 498; Lacea: Dacorom., III, 464; I. Popovici, Fiziologia vocalelor româneşti ă şi î. Cluj 1921, pag. 42. •) Cfr. Weigand: Linguistischer Atlas, Carte 1, 9, 17, 25, 33, 41, 49; Puşcariu: Zur Rekonstruktion d. Urrumänischen, 31—32; Dacorom. V, 771; Weigand: «JbIRS», III, 211; IV, 256—57; 290. Sez. II, § i FONETICA RUMENA — VOCALI 67 testi scritti in queste regioni3). / appare anche intatta nella parola czicza 1447 che nel rumeno moderno è ţâţă, ma in qualche testo antico (p. es. Salterio Hurmuzaki XXI, 10) presenta i. Al contrario t, preceduta da zy si è mutata in t e quindi in u> nel noto esempio zua9 trascritto con szoa al N. 470 2). Un’importante manifestazione di fonetismo straniero è il passaggio di i, in funzione consonantica, alla spirante sonora y a cui già si accennò al Cap. IV, I, § 1 pag. 55. Troviamogyara 440, per iVzrô (ma iara al N. 2041) ; gyaszka, 730, per iascătcc. e perfino keigye, 220 per cheie. Forse un fenomeno simile avviene anche in singyise, 2080 e un-gyise, 2360 (e cioè sânge, * sângye, * sângyije), ma non è chiaro qual valore abbia qui la s. Il passaggio di i a y è una caratteristica che si trova nella parlata dei Sassoni, ma che non so essere stata finora attestata in nessun dialetto rumeno 3). Come nelle carte di Braşov si trova il nome di lordache, trascritto Gjordattyo e il nome boier è trascritto dai Sassoni anche bogier, bogyer4), ritengo che anche gyara, gyaska, keigye ecc. del nostro testo siano spie di un fonetismo sassone, in accordo anche colle risultanze del Cap. VII, § 3. Laddove, come vedremo fra poco, è frequentissimo o al posto di ur l’inverso fenomeno accade raramente; lo troviamo solo in due esempi: suptesc, 2234 e umor, umorit, 556—57, quest’ultimo assai frequente nella letteratura antica 5). Un’ importantissima spia di pronuncia straniera è la dittongazione di o tonico in uo, in due soli esempi, è vero, ma non meno importanti: pluoie, 1850 tguol, 2293. Ora, se è vero che il mutamento di o in no & 1) Drăganu: Două mss. vechi, 98. Anche Viski ha le forme riu, risut ride cfr. Silaşi: «Transilvania», VIII, 141 segg (Glossario). 2) Troviamo la forma dzua nel Salterio di Şcheia, in quello di Voroneţ, in quello Hurmuzaki, in parecchi testi pubblicati da Hasdeu; sua nella Palia di Orăştie; dzu(o)a nel Cod. di Voroneţ. Cfr. Densusianu: Histoire de la langue roumaine, II, 70—71 {ed ivi le citazioni dei testi). 3) Cfr. Drăganu: Dacorom., IV, 132 nota 1 e lett. ivi citata. 4) Iorga: Analele Acad. Rom., XXI, Ist. p. 223; Iorga: Studii şi documente, 1^ II, I—54 (citati dal Drăganu: Dacorom., IV, 132). 5) Cfr. Candrea: Psaltirea Şcheiană, II, 448; Tiktin: Dicţ. rom. germ., 1089. Però nella letteratura antica si trovano altri esempi di u per o, cfr. Sbiera: Codicele Voroneţean, pag. 311 No. 13. Anche nei dialetti di Transilvania si hanno fenomeni simili, p. es. ad Haţeg, cfr. Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului §45 pag. 25-e nella valle del Someş, cfr. Al-George: Szamos, 13. 68 CAPITOLO IV Sez. II, § ! uä è assai frequente a formula iniziale nei dialetti rumeni1), in mezzo di parola rappresenta probabilmente un fonetismo straniero 2) e più specialmente sassone. Sappiamo infatti che una tale dittongazione avviene regolarmente presso i Sassoni che parlano rumeno3). Quanto all’«, la principale osservazione è che esso, tanto in sillaba tonica che atona, passa molto spesso ad of p. es. Domneseu, i ; inpro-mut y 249; mórit y 418; Jrigoros, 639; Jroncza, 726; compar, 277; des-compar, 597; bombák, 886; aloat, 659; infront, 310; bukoria, 851; askons, 834; no irio, 1002; sor, 247 ( =jur); no, 1588; èow, 1715; peon, 1728 ; pontyé, 1862 ; poternik, 1877 ; potere, 1878 ecc. Il suffisso - awwe 4) è reso colle due forme - csona, 965 e - csonye, 1044, 1936. Questa confusione di o con w alla quale si è già accennato (Cap. IV, I> § * pag. 55) si trova anche nei più antichi testi rotacizzanti, talché *) Cfr. Meyer-Lübke: Revista filologicăy I, 32. Philippide, Or. Rom. II, 90—91. Puşcariu: Dacorom., IV, 1309: « Rostirea uok, veche fără îndoială, căci o găsim şi la Meglenoromâni şi Istroromâni, nu este la noi propriu zis o rostire regională, cât una ţărănească pe care orăşeanul o respinge instinctiv ». Tale dittongazione iniziale si trova frequentissimamente; p. es. în Oltenia, cfr. Gamillscheg, Olt Mund. 51; nel distretto di Vâlcea: uomy cfr. Vârcol: Graiul din Vâlcea, pag. 7; in Moldavia cfr. Iordan, Arhiva, XXX, 2(1923) p. 23 e più spesso nella Transilvania: nella Ţara Oaşului, cfr. Candrea: Buletinul Soc. Filologice, II (1906), pag. 41; nel Bihor abbiamo uomy uorby uăly uărz e perfino nei plurisillabi uăraşy uăradea, cfr. Hetcó : A berettyómenti román nyelvjárás, Belényes 1912, pag. 18; ad Haţeg cfr. Densuşianu: Graiul din Ţara Haţegului § 22 pag. 22; a Sălagiu cfr. Caba: Szilágy vármegye román népey nyelve és népköltészete, Bécs, 1918, pag. 47; nella Ţara Oltului cfr. I. Dinu, in Gr. şi suflet I, 109; Haneş, Ţara Oltului, 49. Le forme vomy vouy citate dal Barbul, Avas 23, sono errate e stanno per uomy uou, cfr. Weigand: Krit. Jahresbericht, VI, I, 167, così pure văl (ol) văţăt (oţet) stanno per tţăly uăţăi. 2) In mezzo di parola ne trovo qualche traccia in testi raccolti nella regione di Bîaj, p. es. Simiuăn per Simion, [cfr. Hodosiu M. M., A román népköltészet, Balázsfalva vidékén, Balázsfalva 1915, p. 166] in Oltenia kuopar, puotsy presso Gamilïscheg, Olt. Mund. § 23, p. 9? e sporadicamente nei pressi di Braşov p. es. fluóre Weigand, JbIRS. VIII. 67—70; Candrea-Densusianu-Speranţia, Gr. nostru II, 89. E questo per non parlare dei testi scritti da stranieri per cui cfr. Tagliavini. St. Rumeni IV, 60. 3) Fra le dittongazioni comuni nella pronuncia dei Sassoni abbiamo appunto 0 >udy uo p. es. grosu > grüds; por cu > piterk; sănătosu > senetüds ecc. Cfr. Béna, Limba română la Saşii din Ardeal p. 24. Il Bena cita anzi, a pag. 24, proprio l’esèmpio guol < gol (. . .kò füost tudt güol seraku de yăl). Cfr. anche Stinghê, JbIRS. Vili, 37, 46 ove si trovano analoghe condizioni per gli «Şchei» di Braşov. Aggiungi Drăganu, Dacoroni. Ili, 467. 4).Pascu: Sufixele româneşti, Buc. 1916, pag. 21. gez. II, § I FONETICA RUMENA — VOCALI 69 molti autori sono propensi a credere che si tratti di una pronunzia intermedia fra o e u1). Potremmo trovarci di fronte a una pronunzia dià-lèttale che è ancor oggi attestata 2), giacché qui non hanno a che fare gli influssi grafici bulgari e serbi, come vorrebbe il BĂRBULESCU, che pure, in casi specifici assai diversi da questi, può aver anche ragione.3). Delle vocali finali faremo solo brevissimi cenni. Già si disse (Cap. IV, I, § i pag. 56) che - u in fine di parola non compare ormai più, nemmeno in voci come cser ecc. Si disse anzi che il suono dt\Yu finale doveva essere molto indistinto anche , dopo un nesso di muta più liquida, giacché lo troviamo trascritto con e; p. es. sufflè, 310, « inflo» ; impie, 257 «compleo ». Anche i finale è spesso omesso e non solo dopo una consonante palatale (furcs, 102 ;flocs, 238 e 362 ecc.), p. es. ok> 1628 an, 104; or y 105 (plurali). Anche l’Anonimo di Caransebeş omette talvolte Vi finale e il DRĂGANU crede che si tratti di una particolarità sassone 4) ma non mi pare che ce ne sia bisogno, giacché -i cade in parecchi dialetti (v. GAMILLSCHEG, Olt. Mund. 82). Anche e finale è talvolta omessa, oltreché inpepten, 17325),inpeduCy 1740, in pesty 1281 e in dragost, 23, ma *) Cfr. quanto si scrisse a pag. 55, nota 2. Il Candrea: Psalt. Şcheiană I, § 51 scrive: « în regiunile rotacizante, u trebuie să fi avut o pronunţare specială care se apropia de o,, din care cauză scriitorii ajunsese să confunde deseori în scris ambele sunete ». Densusianu: Hist, langue roumaine, II, 73: «cela laisse supposer une prononciation spéciale de u dans quelques régions... c’est-à-dire un son intermédiaire entre u et 0 ». Anche il Drăganu: Două mss. vechi, pag. 105, il Găluşcă, Psalt. § 29, p 46 e il Cartojan: Alexandria în literatura românească, 1922 pag. 39, ammettono tale suono. Il Rosetti: Recherches sur la phonétique du roumain au XVI siècle, Paris I927> Pag- 53 segg* non ammette invece l’esistenza di un tal suono intermedio, ma ha torto (cfr. Valkhoff: Studi Rumeni, III, 153) tanto più che una tale varietà si trova anche oggi nei dialetti, cfr. Popovici, Vocalele româneşti, Cluj 1927, p. 38—39. Hetcó: A berettyomenti román nyelvjárás, pag. 18 ci dice chiaramente: «Az u töhangzót számos szóban o-nak ejtik, pl. curăţesc > corăţesc ; jucărie > jocărie; muiat > moiat ». Cfr. anche Caba : Szilágy vármegye román népe, nyelve és népköltészete, Bécs, 1918 pag. 58 e Moldovon: Alsófehér vármegye román népe, Nagy-Enyed, 1899 pag. 77. Barbul: Avas, 23; Păcală, Răşinari 127. Philippide, Or. Rom. II, 89, § 241, 78; Fra i testi antichi e rotacizzanti e questi dialetti moderni si trovano anche attestazioni in testi settecenteschi, cfr. Lacea: « Revista filologică », I, pag. 76 (ove si cita la forma coprinde del Codice Puşcaşul). 2) Vedi la seconda parte della nota precedente. 8) Bărbulescu: Fonetica alfabetului cirilic, pag. 50; «Arhiva», XXXII, 19: Curentele Literare, 94. 4) Drăganu: Dacorom., IV, 125. s) Pepten per pieptene è forma dialettale comune in Transilvania, cfr. Tiktin: Dicţ. rom. germ., 1139. 70 CAPITOLO IV Sez. II, §§ 1—2 in quest'ultimo caso si potrebbe anche trattare di una forma dialettale dragostă, ricostruita sulla forma articolata che è attestata p. es. ad Haţeg e in Oltenia*). Io credo che in queste omissioni di vocali finali si debba vedere la rappresentazione grafica di una pronunzia dialettale2). Abbiamo poi una strana omissione di - a finale nella parola gat, 1691, che sta per gata. Siccome tale forma non pare attestata altrove, può darsi che si tratti di una svista grafica. § 2. Dittonghi. Au non appare ridotto ad aoy come in alcuni testi antichi 3) e dialettali 4), ma ău è ridotto a do, (scritto eo) nelPesempio peon> 1728 già citato (quindi e = a) 5). le da e (per cui vedi §1) dopo consonante labiale è sovente tornata e9 il che non sembra essere solo una particolarità grafica, p. es. ferbe, 121 ; ferpt 409, 1757; pelye, 389 (e pelle, 1744) ecc. Quanto a preteny 30 si tratta d’una forma dialettale comunissima in Transilvania e nei Ba-nato 6). Ei si riduce ad i> per assimilazione in tri per trei 2398, nell’elenco dei numerali alla fine del lessico, forma attestata sovente anche altrove 7). 1) Densusianu: Graiul Ţ. Haţegului, § 102; Gamillscheg: Olt. Mund., pag. 21; non si più escludere che anche peduc, che sarebbe la normale continuazione di peduculm (giacché Ve si deve a contaminazione di purice) viva da qualche parte, arricchendo la serie degli allotropi nastur-năsture; ţărtnur-ţârmure ecc. per cui cfr. Puşcariu: Dacorom., Y, 762 segg. 2) Weigand: « JbIRS », IV, 284. Infatti Barbul: Avas, p. 30, elenca berbec, purec, pîntec, şoarec. *) Densusianu: Hist. langue roumaine, II, 73; Candrea: Psaltirea $ chei ană, I, §. 53» No. I. 4) Popovici: Rum. Dialekte, I. 144 (cita aor); Densusianu: Graiul Ţ. Haţegului, § 24 pag. 22; Hodosiu M. M.: A román népköltészet Balázsfalva vidékén, pag. i66. Philipp ide: Or. Rom. II, 27. 6) Si noti che nel nostro testo non incontriamo mai la riduzione di au in o (tipo caut > cot) che ha luogo in parecchi dialetti transilvani, cfr. Densusianu : Graiul Ţ. Haţegului § 47; Hetcó: Berettyó, 18; Caba: Szilágy, 57. •) Tiktin: Dicţ. Rom. Germ., 1245; Candiea-Densuşianu-Speranţia: Graiul nostru, II, 97. Haneş, Ţara Oltului, 48. 7) Cfr. Viciu: Colinde din Ardeal, Buc. 1912, pag. 67; Alexici: Lit. pop., 11 ; Barbul: Avas, 63; Navrea, «TransilvaniaXLV, 22. Sez. II, § 2 FONETICA RUMENA — DITTONGHI 71 Assai importante è il trattamento del dittongo ea; esso è mantenuto sotto la forma ia in due esempi: krianga, 793 e sagyiatta, 982; negli altri casi è costantemente ridotto ad a, p. es. sara, 2322; starpa, 119; pana, 134; pofftala, 458; vak, 654; 2331; traba, 1894 ecc. La riduzione di in a in testi rumeni antichi non è infrequente, ma essa avviene di regola solo dopo una consonante labiale, dopo una palatale e dopo f, /, sr, r e in alcuni casi sporadici*) ; qui invece avviene generalmente, qualunque consonante preceda. È giuocoforza quindi ammettere o una pronuncia straniera, come fa il DRÄGANU per la trasformazione di ea in a anche dopo /, w, d, t presso PAnonimo di Caransebeş2), oppure una pronuncia dialettale che purtroppo non appare sufficientemente documentata dalle carte del WEIGAND (giacché occorre scartare i « Normal Wörter » 12, 20, 26, 27, 58 in cui ea si trova preceduta da labiale, palatale, f, ţ> z, r). Esaminando il « Normalwort » seară, appare che la pronunzia sară è estesa a tutto il Banato e la Transilvania. Secondo quanto risulta dagli studi del TIKTIN, che per il nostro argomento sono fondamentali 3), il mutamento di ea in a avviene regolarmente in Moldavia e nel Banato : « Der Moldauer und Banater führt die Gutturalisierung in allen Stämmen und stammbildenden Suffixen durch: pribag, podbal etc.»4). Una particolarità notevole del nostro testo è la riduzione di ea ad ey e non ad a, in molti casi in cui il dittongo era preceduto da una r (in molti, ma non in tutti, cfr. p. es. ferastra, 649) p. es. mresie, 2001 (mreajă); direpta, 1251 ; oprele, 1183. Nei casi di mresie e oprele si può anche pensare a una forma plurale, ma per direpta bisognerebbe ricorrere ad analogie tutt'altro che probabili; si noti poi, che,alFinfuori dei casi citati, troviamo anche pietra, 1288 *) Densusianu: Hist. langue roumaine, II, 60 segg.; Candrea: Psaltirea Şcheiană, I» § 54Î Drăganu: Anuarul Inst. Ist. Naţ. I, 203; Sbiera: Codicele Voronefean, 311, n. 5; Rosetti: « Grai şi suflet », II, 175; Recherches sur la phonétique pag. 53. 2) Drăganu: Dacorom., IV, 125; 141 e vedi anche nota 2. (Per la pronunzia a di ea presso i Sassoni* cfr. Bena: Limba română la Saşii din Ardeal, Cluj 1925, pag 23—24). Cfr. pure Dacorom., III, 478 e 920. Anche il Lacea: Dacorom., III, 456 ammetteva ea > a come un sassonismo, ma dopo aver trovato Tidentico mutamento nel Codice Puşcaşul, scritto certo da un rumeno, pare ammettere che si tratti di un fenomeno dialettale, cfr. « Revista filologică % I, 76, 78. 8) Tiktin: Studien zur rumänische Philologie, I, Leipzig 1884, pag. 71 segg; pel Banato, cfr. anche Candrea, Gr. ş. Suflet I. 187 segg. 4) Tiktin: /. c. ; Lo studio Un fenomen morfologie în limba română, * Convorbiri Literare », XIII, 296, mi è rimasto inaccessibile. Cfr. anche Tagliavini, St. Rumeni IV, 61 • 72 CAPITOLO IV Sez. II, § 2 per piatră. Una pronuncia dialettale di ea come e aperta dopo r, non pare risultare dagli esempi dati dal WEIGAND (v. Normalwort 41 cireaşă) e si tratterà forse di un punto del difficilissimo capitolo di fonetica rumena che si occupa delle alternanze fra ea ed ex). Non presenta invece che una sola eccezione (ankoacsa, 957) la riduzione del dittongo oa ad o; p. es. broska, 120, 1963 ; csora, 1817; domna, 502; dora y 756 (= doară); fole, 2310; flore, 716; globa, 1042; gropa, 715; greonya, 899; icona, 991 ; kossa, 636; porta, 1868; prinsore, 156; oste, 92; ola, 1640; ow, 1671; koele, 2122; sorele, 2186; sorda 9 099(=joardă) vorova, 1397. Questa riduzione è l’indice di una pronunzia dialettale che si trova anche oggi nel Maramureş 2), nella Ţara Oaşului3) ed anche in altre parti della Transilvania 4), ma che pare essere stata assai più estesa in tempi più arretrati. Tale ipotesi è suffragata dal fatto che questa riduzione si trova assai spesso nei testi antichi rumeni, e non solo in quelli rotacizzanti5). È meno verosimile che si tratti di un fonetismo straniero, come pensa il DRĂGANU per l’identico fenomeno presso l’Anonimo di Caransebeş6). Prima di chiudere questo paragrafo vedremo ancora qualche caso sporadico: ai si riduce ad a, propagginando la i alla sillaba seguente (analogamente a quanto avviene nel toscano aria da aira), p. es .han, 2324, pl. hány ele, 1089 in luogo *) Cfr. Tiktin: Studien zur rum Phil., I, 88 segg. ;Candrea: Psaltirea Şcheianâ, I, p. CXXIV e CXXXIX — CXL; Densusianu: Hist. langue roumaine, II, 59—63; Iordan: Diftongarea luie, o în poziţiile a, a în limba română, Iaşi 1919; Puşcariu: Dacorom., I, 382 segg.; Rosetti: Recherches sur la phonétique pag. 49 segg. 2) Weigand, JbIRS, VI, 13. Candrea: Psaltirea Şcheianâ, I, pag. XCI; tuttavia T. Papahagi: Graiul şi folklorul Maramureşului, Buc. 1925 pag. LV, § 4 ci dice che o < oa è raro. 8) Candrea: h che è abbastanza frequente anche negli antichi testi rotacizzanti e non rotacizzanti a labiali inalterate5). Non è raro invece lo scambio fra / e v; v, in luogo di/del rumeno moderno, ci è attestato dal solo esempio verv, 386 (vervul, 34,) = «vârf», che si deve forse ad assimilazione 6), per tacere di sv-non ancora passato aj/- e per cui vedi a p. 83 seg. Più frequentemente troviamo /al posto di v a formula finale: p. es. milostif, 95, 1087; naraf, 1558, 2011, 2378; e media p. es. pifnitza, 176; ibofnika, 2196 eibofnikul> 2197. Questo mutamento di v >/si giustifica meno facilmente di quello di /> v; io credo che qui sia avvenuto a causa della confusione delle sorde colle sonore di cui parleremo più oltre (v. p. 81) e che è comune sulla bocca dei Sassoni parlanti rumeno 7); non credo che si tratti di un fenomeno dialettale, giacché, proprio nelle regioni in cui supponiamo *) Cfr. anche Bena : Limba română la Saşii din Ardeal, pag. 23 ove si citano per altro solo casi di ai > e. *) Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 18 pag. 22. 8) Densuşianu: Histoire de la langue roumaine, II, 52; Drăganu: Dacorom., III, 505; IV, 129 segg. *) Ad Haţeg p. es. la palatalizzazione delle labiali è sporadica e recente, cfr. Densuşianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 65, pag. 31. 6) Densuşianu: Hist, langue roumaine, II, § 28 pag. iii ; Candrea: Psaltirea Şcheiană I, § 66; Drăganu: Două mss. vechi, 92 segg. Per il problema generale della palatalizzazione delle labiali cfr. Lambrior: « Romania », IV (1877) 443 segg.; Meyer-Lübke: Dacorom., II, 1 segg.; Rosetti: Recherches sur la phonétique du roumain au XVI siècle, pag. ni segg. (ed ivi analisi fisiologica e letteratura). 6) Candrea: Psaltirea Şcheiană, II, 504; Densusianu: Graiul din Ţara Haţe- gultn, § 94. Si noti però che nella regione dell’Olt è frequente il mutamento di / in v p. es. prav y Iosiv ecc, cfr. Haneş, Ţara Oltului, 51. 7) Bena : Limba română la Saşii din Ardeal, pag. 26 cita gli esempi : naraf (pro- prio la medesima parola del nostro manoscritto !) e wotaf. 74 CAPITOLO IV Sez. II, § 3 sia stato scritto il nostro Dizionario (v. Cap. VII, § i) vediamo effettuarsi il fenomeno inverso per cui / finale tende a diventar u l). Il nesso latino c / si è svolto, come in tutto il territorio dacoru-meno in ki2). È noto che in una parte del Banato questo ki si è spinto fino a diventare un i (ts))s). Nel nostro testo non troviamo mai tracce di questo mutamento (cfr. anche la nota 4 a pag. 76), ma incontriamo le tre forme tyamy 2004, tyemat, 237 2362 e styopj 1411 in luogo di chiatti, chemat e schiop che ci rivelano una pronunzia di ky già volta verso il t\ e quindi facilmente confondibile con quella prodotta dalla t palatalizzata (cfr. pag. 60 n. 1). Per analogia troviamo anchi tyika 237 ( < si. kkika ). Tuttavia lo scrivente doveve cercare di evitar tali forme perchè nella maggior parte dei casi troviamo k anche se la pronuncia era probabilmente alternante fra k* e t\ Cosi pure per i succedanei del nesso latino g I troviamo sempre g e non un indizio della pronunzia dz che si trova in una parte del Banato. Il fenomeno fonetico indubbiamente più importante presentato dal nostro lessico è quello della palatalizzazione delle dentali4) che ci appare con una costanza mirabile: d seguita da *, e (eccetto naturalmente nei casi in cui, nelle parole d’origine latina, d seguita da i era già diventata z) diviene d' (e cioè f dell’ Ass. Phon. Int.), trascritta con dy e gy alla foggia ungherese6) p. es. gendyesk, 1995 0 gengyesk,z84, 598 (cioè gìnd'esk6) ; verdyey 2348 (o vergye, 7647); segyesc, 1839 ( = sădesc); spovedyesc, 309; kre-dyincza, 673; urgyiti, 783 (=urdin); limpedyey 1364; gyémántul, 8 (cfr. però pagg. 106—107); kendyeu, 1457 (cfr. pag. ni)\feredyeuy 1310 ecc. 1) Weigand: « JbIRS. », III, 228; IV, 283; Popovici: Rum. Dial. I, pagg. 1:14— 115 (Stichwörter 95—96). 2) Cfr. Candrea, Ccnsonn. 92 segg. Philippide, Or. Rom. II, 171 segg. 3) Cfr. Candrea, Grai şi Suflet I (1923) 180 segg. 4) Cfr. Picot: Diai. roum., 13 segg., e il promesso lavoro del Dr. Fritz Krome: Die Palatalisierung der Dentalen in den rum. Dialekten, di prossima pubblicazione nella ZRPh. 6) Alla stessa stregua di t', k\ anche d' e g sono somigliantissimi fra di loro. Cfr. più sopra p. 60, n. 1. •) In un brano popolare raccolto dal Weigand a Micălaca, presso Arad si trova la stessa forma: « ... §u gungesk atuntsa mine... * ( «JbIRS». IV, 301). 7) Weigand, Stich wort 39: (occorre distinguere i punti in cui si ha la torma verd'e, •da quelli in cui si ha verdze; solo i primi presentano la forma del nostro lessicografo). Sez. II, § 3 FONETICA RUMENA — CONSONANTI 75 t in analoghe condizioni (e cioè dinanzi ad e> i), si muta in t' (Ass. Phon. Int. c) trascritta con ty, p. es. dintye1), 438; fratye 777; bu-kdtye, 797; betyag, 1107-, kartye 1340; partye, 1698; ty*m, 1511 ; mortye 1554, 1598, 1626; direptattye, 473; noptye, 1618; fiivtyt, 1326, gattyesk, 1696; sokotyesk, 1045; platyesk, 1805; kityesk, 603; nastye\ 724; smentyesk, 583; fetyicza, 1912; afet y eie, 798; fracsestye, 778; jarnatyek, 975; naintye, 1025; buttye, 2299; tyiW 1174 ( = (ìn)tind) ecc. Come appare da questi esempi, il mutamento è generale e costante e il suono rappresentato con ty, doveva essere, come lo è effettivamente anche ora in buona parte della Transilvania e della zona dei Criş, perfettamente analogo al ty ungherese 2), si da potersi confondere facilmente col /e', come si notò più sopra a pag. 60 n. 1 3). Dicevamo un momento fa che la palatalizzazione delle dentali è forse il fenomeno più importante presentato dal nostro lessicografo, e particolarmente questa di d' e t'. Pur considerando che non ci troviamo davanti a un testo scritto in ortografia fonetica, è significativo il fatto che questa palatalizzazione sia sempre indicata con dy> gyy resp. ty e che non ci sia dato invece di trovare mai un esempio in cui, in luogo di ty si abbia es o uno degli altri segni grafici usati per rappresentare la palatina c (v. Cap. IV, I, § 3 pag. 57) e rispettivamente gs, o uno dei segni usati per rappresentare la palatina § (cfr. Cap. IV, I, § 3. pag. 57). Questa considerazione ci deve indurre a ritenere che nel dialetto di cui si servi il nostro Autore le dentali palatalizzate £', d (rattratte latero-apicali) dovevano conservare un suono assai distinto dalla palatali propriamente dette c, § (rattratte di terzo grado del GOIDANICH4). Tale differenza non si riscontra nel Banato, giacché appena neirestremità superiore di questa regione il suono delle dentali palatalizzate si avvicina a quello *) Se la forma cosi trascritta rappresentasse l'esatta pronunzia, del che si può dubitare, ci troveremmo di fronte a un caso di dissimilazione. Noi ci aspetteremmo infatti una forma d'mt'e (scritta dyintye)> ma può darsi che si sia avuto d' -1' > d -t\ ■cfr. Weigand, Stich wort 24; Popovici: Rum. Dial. I, pag. 114, Stich wort <90. Ä) Per la descrizione esatta e fisiologica di questo suono in ungherese, cfr. Balassa Magyar fonetika. A hangok és a beszéd fiziológiai elemzése, Budapest 1904» pag. 93—94; Gombocz: Magyar történeti nyelvtan II, f. I pag. 85 segg. 9) Cfr. R. Lenz: Zur Physiologie und Geschichte der Palatalen, Gütersloh 1887; K. Ringerson : Étude sur la palatalisation de K devant une voyelle antérieure en français, Paris 1922 e lett. cit. 4) Goidanich, P. G. Arch. Glott. It. XVII, pagg. XXXII—XXXIII, 76 CAPITOLO IV Sez. II, § 3 ungherese, pur restandone considerevolmente dissimile 1). Nel Bihor 2), nel distretto di Sălagiu e nella Ţara Oaşului, pur avendosi il suono ungherese t' non si fa distinzione fra tf e k\ ma sempre fra f e c3). La distinzione fra k' e c (^s) e d! e g (dz) esiste anche, sempre stando agli studi del WEIGAND4), in parecchie varietà dialettali della zona dei Gris e del Mureş. *) Cfr. Weigand: « JbIRS », III, 209, n. 3.. « Die Affrikaten dz, ts sind d', z\ resp. t’, s und sind zu vergleichen mit dem serbocroatischen d mit denen sie im südwestlichen Banat überhaupt zusammenfallen, während im nord-östlichen das i-haltige Element etwas mehr zurücktritt. Gerade letzerer Umstand hat Veranlassung gegeben zur Behauptung dass die banatischen Palatalen aus dem Magyarischen stammen, was, ganz abgesehen vom anderen Gründen, schon aus rein lautlichen unhaltbar ist, denn die magyarischen g y, ty sind die mouillirten d’, t' die von den banatischen dz y ts deutlich verschieden sind». Vedi anche le carte 4, 12, 5, 12,62 del Linguistischer Atlas. Anche lo Hasdeu: An. Acad. Rom., vol. XVIII, lit. p, 20 notava: «în Banat nu s’au prefăcut nici sunetul t sau k urmat de e ori i în ty, nici d sau gh urmat de aceleaşi în gy maghiar, după cum s’au prefăcut la Românii din Ungaria, şi la unii din Ardeal, unde s’au modificat în sens maghiar... ». Ed Alexici: Texte, p., 278. « Peste Murăş se aud numai sunetele rcuiate t', V, n, d', iar la Batta şi Căpolnaş déjà sunetul t' a trecut în tş (e cioè c). Se vede lămurit, că pîn* ce a ajuns dentala t înainte de e şi i la tş a trebuit să treacă prin forma i*»; cfr. anche Candrea, Gr. ş. Suflet, I (1923) 182 sgg. *) Hetcó: Berettyó, pag. 20—21 ci dà d' con valore di gyt e t' tanto per rappresentare tf quanto kf. Solo negli elementi ungheresi si fa una distinzione fra kf e tf. Anche a Vâlcea, secondo il Vàrcol si ha tf >tf, di >d'. 8) Caba: Szilágy, pag. 59; Barbul: Avas, pag. 27, 29; Candrea, Bui. Soc. fil. II. 47, § 46. 4) Weigand: « JbIRS », IV, 254—55. « Die Banater Laute (parla delle palatali) sind noch auf dem südwestlichen Teile des Gebietes vorhanden, allmählich gehe/i sie aber in andere über ts wird t' oder h! ; dz wird dr oder g (die Laute kf g finden sich auch in einigen Wörter in Banat) also aus fratse wird frat'e, frak'e und nur ganz im Osten des Gebietes ertönt reines frate. Die Laute tr d' stimmen mit den un- garischen ty, gy überein»...; V. Hasdeu: Etym. Magnum, 3129. Philippide, Or. Rom. 154 sgg. 163 sgg. Nel Banato, dove la fusione è completa, anche gli scrit- tori dialettali usano senz’altro ge, gi per dye, dH e ce, ci per t'e, t'i. Così fa p. es. il poeta dialettale banatense Victor Vlad Delamarina, che scrive giminaţa, creginţa, car ce (carte), bace (bate) ecc. Solo talvolta Delamarina non è conseguente è scrive dj per gi (p. eş. audje) sotto l’influsso della grafia letteraria. D’altra parte nel Banato le originarie palatali eran divenute presto spiranti schiacciate e così cet ci non eran più ce, ci, ma. se, si (Delamarina scrive: minşiuna, fasie) e ge, gi erano zep zi. La confusione poteva rimaner fra t' e k’ e d! e g (cfr. anche Marienescu At.: Dialectul român bănăţean. Studiu scris pe bază poeziilor dialectale ale lui V. V. Delamarina, Lugoj 1905). E così anche in Oltenia, cfr. Gamillscheg: Olt. Mund., Sez. II, § 3 FONETICA RUMENA — CONSONANTI 77 Questa considerazione sarà del massimo interesse per noi quando, più innanzi, vorremo stabilire con esattezza la patria del nostro Au-tore anonimo, quantunque non ci si debba nascondere che le condizioni odierne possono essere sensibilmente differenti da quelle di due-centocinquanta anni fa, specialmente tenendo conto che, al pari della parole, anche i fenomeni fonetici sono soggetti a migrazioni 1). Infatti sembra che la pronunzia ts (c) e dz (g) abbia guadagnato terreno sulla più antica t' e d!y in alcune regioni le quali, come il territorio di Haţeg, si trovano in una zona di confine fra le due pro-nunqie 2). Procedendo più oltre nell’esame della palatalizzazione delle dentali passeremo a trattare della alveo-dentale nasale n. È superfluo dire che presso il nostro lessicografo non si trova traccia di rotacismo ; siamo troppo lontani di tempo e di luogo da questo fenomeno. Quanto alle palatalizzazioni dovremo distinguere nettamente un fenomeno di conservazione da un’ulteriore palatalizzazione. Vediamo prima il fenomeno di conservazione, di gran lunga più importante per lo studio della lingua del nostro testo; n i, diventato assai presto n ( = n), non si è ridotto ad i come in quasi tutto il territorio dacorumeno, ma è conservato sotto la forma di n (trascritta con ny), come in buona parte dei testi antichi del cinquecento (Salteri di Şcheia, Hurmuzachi, di Voroneţ, Codice di Voroneţ, Palia di Orăş-tie) 3), in alcuni testi secenteschi provenienti dal Banato o dalla Transilvania meridionale,come l’Anonimo di Caransebeş e Viski •), e ancor oggi nel Banato e in alcuni pùnti della Transilvania meridionale e della pag. 60. Per t\k' > c in Banato e per l’estensione del fenomeno cfr. specialmente Candrea, Gr. ş. Suflet I (1923) 180 segg. *) Cfr. per. es. Jud, Rev. Diai. Rom. II (1916) p. 106. 2) Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 68 pag. 32. « Altădată fonetismul general în Ţara Haţegului trebuie să fi fost acel cu t'e, d'e, t't, d'i; dela o vreme unitatea aceasta s’a pierdut prin introducerea, în apus, a pronunţării cu ts, dz. De remarcat, de altă parte căt'yd' şi tsy dz prezintă nuanţări deosebite după condiţiu-nile speciale de accent în care se găsesc ». Per la valle del Someş cfr. Al-George, Szamos, 14, 17 e, per il Banato, Candrea, Gr. şi Sufist I (1923) 196. 8) Densusianu: Histoire de la langue roumaine, II, pag. 119 segg.; Candrea: Psaltirea Şcheiană, I, § 69. 4) Drăganu: Dacorom., IV, 117, nota 2; Silaşi: «Transilvania», VIII, 143. L’Anonimo ha forme come huny (p. 348); kelkeny(p. 345); luponye (p. 341) ecc. Viski: incuniase, incunià ecc. 78 CAPITOLO IV Sez. II, § 3 zona del Criş bianco *). Vediamo qualche esempio: pustinyesk 4.70]pus-tinyetate, 457; grunyu 878; rinye, 2100 ( = râie); rtnyos, 2101 ; spenye, IS°9 (= spee TIKTIN, Dici. Rom. Germ. 1437). Il suffisso - oneus - onius compare pertanto sotto la forma - ony ( = on) di fronte all’or dierna letteraria -uiu, p. es. strigon(y), 1293, e il femm. - onyay lett. - oaie, p. es. strigonya, 2058; greonyay 899; ursonya, 2375 ; gazdonya, 962 ecc.2). Anche nei verbi iotacizzati troviamo costantemente n conservata (scritta anzi con n e non con ny),p. es. spori, 546, 1141, cziny 2002 3). L’estensione attuale della conservazione di n si può osservare gettando uno sguardo alla Uebersichtkarte 5 (kun, cuiu) dell’Atlante linguistico del WEIGAND ; di qui appare che la conservazione di n ci si presenta in quasi tutto il Banato (salvo nel territorio dei Bufani e dei Ţerani, punti 34, 35, 42, 44, 50 e punti 26, 29, 31) e in parte della Transilvania Meridionale e zona dei Criş (punti 63, 64, 68, 70—73, 75—79* 82, 86—94) 4); tuttavia in altri tempi il fenomeno doveva essere più esteso, giacché in alcuni villaggi, ancora all’epoca dei viaggi del Weigand (1896), si alternavano forme con n in alcune parole e forme prive di n in altre, indizio di una fase di transizione 5), e giacché n si trova in molti testi antichi, come si è già notato. Oltre questo fenomeno, che abbiamo chiamato di conservazione, il nostro lessicografo palatalizza ogni n (conservata nella lingua letteraria) dinanzi ad i e ad e6), p. es. nyegru, 837, 1599; nyegura, 1587; nyea *) Cfr. più avanti pag. x 77 ; Vedi anche le citazioni riportate dal Philippide, Or. Rem. II, 124 segg. Molti esempi banatensi presso Picot: Diai. roum.> 17; Costin: Graiul bănăţean, pag. 23—24; cfr. anche Weigand: «JbIRS*, III, 236; Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 128 pag. 52. 2) Pascu: Sufixele româneşti, Buc., 1916, pag. 109 segg. 3) Cfr. L. Morariu: «Codrul Cosminului », II, 306 segg. 4) Per Haţeg (punto 86 di Weigand) cfr. anche Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 72 pag. 35. 5) Weigand: « JbIRS », IV, 261. Auch hier (e cioè per la parola cuiu)t wie bei chee,, habe ich feststellen können, dass nicht alle Wörter derselben Art gleichzeitig denselben Lautwandel durchmachen, untuj un vie sind fast überall durchgeführt, auch wo ú sonst besteht, umgekehrt finden sich die Wörter auf -oaüe noch bewahrt in. Gemeinden, wo sonst n geschwunden ist z. B. 69, 80, 81 d. c) Cfr. Puşcariu: Zur Rekonstruktion des Urrumänischen, pag. 20 segg.; Candrea: Psaltirea Şcheiană, I, § 97; L. Morariu: lotacizarea (in appendice al volume: Războiul Troadei după cod. Const. Popovici, Cernăuţi 1924) e «Codrul Cosminului»^ II—III, 306 segg. Sez. II, S 3 FONETICÀ RUMENA — CONSONANTI 79 \ 1603; nyevasta, 2390; nyamcz, 2142; nyam, 638; binyele, 250 ; omenyesk, 1756; russinye, 416, 1001; munyia, 1218; kremeny, 2177; lesnye, 1336; csokany, 1442 ecc. Questa palatalizzazione avviene in una zona molto più vasta di quella che conserva ó < n *, giacché, oltre al Banato essa abbraccia gran parte delle varietà dialettali della Transilvania e della zona dei Criş e del Mureş (punti, 61—99, 178—188, 190—207, 218—241 del Weigand) 1). Il nesso mi rimase intatto, come in Banato, e non si mutò in mà> fi come nella maggior parte dei dialetti rumeni2). Un antico li si è ridotto a i come in tutte le varietà dialettali da~ corumene3) p. es. in> 1376; iepur, 1331; muiere, 1565, 1469,899. Sembrerebbe trattarsi di conservazione di l in kali (dativo di cale) nel N. 1026 e in krdly 1900, 2005. Tuttavia queste due forme vanno spiegate in altro modo e separatamente; krdly (rum. mod. craiu) < ant. si. KpaAb è uno di quei casi che i filologi rumeni chiamano di «fonetica straniera » non del tutto esente, a quanto io credo, dairinflusso grafico della corrispondente voce ungherese király; infatti come aggettivo è senza l: poiata kraiaskay 1979. Quanto a cali, si deve notare che la forma calici si trova nella Palia di Orăştie e in qualche altro testo antico 4), che căli e văii si odono ad Haţeg accanto alle regolari forme căi, văi5) e che kel è stato notato dal WEIGAND nel Banato ed in Transilvania 6). Piuttosto che di un 1) Oltre ai lavori di Weigand, cfr. Pompiliu : Graiul din Biharea, « Convorbiri Literare», XX, 998; Hetcó: Berettyó pag. 22; Moldovan: Alsófehér román néper, Pag* 75 ; Philippide, Or. Rom. II 135 segg. ecc., ecc. Nel nostro testo ai trova qualche eccezione dovuta probabilmente solo ad incoerenza ortografica; p. es. abbiamo neranyit, 1006 (illaesus), ne invaczat, 1085 ; ne inparcit, 1084; accanto ai regolari nye kuvinat 1078, nye rabdat 1024, ecc. 2) Cfr. Philippide, Or. Rom. II, 119 segg. e vedi gli esempi ivi citati. Per il Banato cfr. Candì ea, Gr. ş. Suflet I (1923) 185. 3) Tiktin, nel Grundriss d. rom. Philologie del Gröber, I (2 ed.), pag. 584. A proposito dei dialetti del Banato che conservano la n (v. sopra) il Weigand osserva : « Altes V ist, wie auch sonst geschwunden, nur im Liede hat sich erhalten Vin. in Verbindung mit pelin und fast überall gurgui'u = gurguiu ». (« JbIRS », III, 227). 4) Cfr. Dicţ. Acad. Romàne, vol. I, partea Il-a pag. 48; Aggiungi Drăganu: An. Inst. Ist. Naţ.y III, pag. 205. 5) Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 104 pag. 45. •) Weigand: «JbIRS», III, 232, 270; IV, 291. 8o CAPITOLO IV gez. II, § 3 fenomeno di conservazione si tratterà di un’ analogia colla forma del Nominativo-Accusativo singolare cale1). Nel dialetto del nostro Autore avviene una ulteriore palatalizzazione di ogni /(conservato anche nel rumeno letterario) dinanzi ad e(i) ; la liquida rattratta palatale è resa colla grafia ly e per ciò ci è impossibile sapere se si tratta di l o di Vediamo qualche esempio: kalye, 1768, 2066; valye, 2297; molye, 1437 (e per un inconseguenza ortografica o per un latinismo molle, 1542); lyak, 1478, 1815; folye, 2379 ecc. Questo seriore intacco palatale di l è comune a tutto il Banato, a buona parte dei dialetti della zona dei Criş e del Mureş e si incontra sporadicamente anche altrove 2). Non si trova traccia invece nel nostro Lessico del mutamento di l in / e poi in us). Non trovando nell’ortografia ungherese nessuna traccia di un * ry per indicare una f (palatalizzata) l’Autore del nostro lessico non ha tenuto conto della palatalizzazione di r (per cui ri > r), tantopiù che essa doveva essere anche molto più difficile ad avvertirsi a orecchio 4). Tuttavia noi dobbiamo supporre che, nel dialetto da lui parlato, il mutamento di r i, r e in / fosse costante, giacché vediamo la regolarità della palatalizzazione della serie dentale; possiamo dunque presumere che sotto l’ortografia soréit), 2186, cser, 130, 1943, 1811, 1872 ecc. si debba intendere un soie (o forse soaie), cer ecc.5). Occorre notare poi che non troviamo alcuna riduzione di ri in i nei c. d. verbi iotacizzati; p.es. me spar, 606, 1718 (e me spari, 742 con una grafia che tradisce forse la pronunzia f) sar, 2070 6). 1) Tale è la spiegazione data anche dal Drăganu: An. Inst. Ist. Naţ., III, 205 della forma cali del c. d. « Codicele Pribeagului ». Nel Banato il Weigand ha notato che si dice kai', ma voi. Vedi la spiegazione ch’egli dà in « JbIRS », HI, 234. 2) Cfr. Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 71 pag. 34; Hetcó: A bereu tyómenti román nyelvjárás, pag. 22; Philippide, Or. Rom. II, 117—118. 3) Frequente in Transilvania; cfr. il bello studio di N. Drăganu, Despre l > u şi dispariţia acestuia în româneşte in Omagiu lui I. Bianu, Buc. 1927, pag. 137—154. 4) Infatti anche il Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 71 pag. 34 avverte che « deosebirea între ri şi fi de multe ori e aproape imperceptibilă ». 5) Per ri > r cfr. Weigand: «JbIRS», III, 226 e per gli esempî soare e cer gli Stichwörter 54 e 50. Adde: Philippide, Or. Rom. II 108 segg. 6) Cfr. L. Morariu: Codrul Cosminului, II—III, 366 segg. Per la diffusione di sar di fronte a sai, cfr. Weigand: «JbIRS», IV, 294. Sez. II, § 3 FONETICA RUMENA — CONSONANTI 8i Attraverso la grafia s, che oltre significare s (e talvolta s), trascrive anche j e g, si vede chiaramente che la g dinanzi ad e, i, e special- mente in posizione intervocalica, doveva essere pronunziata comè ]a spirante schiacciata sonora z1), precisamente come la j in qualsivoglia posizione. Delle grafie come lese, 1988, desitul, 391, arsent 47 ecc. non rappresentano certo una pronunzia lege, degetul, argent, ma leze, dezetu, arzént, precisamente come 1426, sudek, 296, misloc, 1479 ecc. trascrivono ( = joc), zudek ( = judec), mizlok (mijloc). Una tale pronunzia si trova in buona parte dei dialetti dacorumeni2); c>s pare attestato solo da inkops, 1105 (= ìn-copciu 3). Notiamo poi nel nostro Autore una particolare facilità di confondere le sorde con le sonore: p. es.: t in luogo di d: straven, 1065; kretincza, 336; rotyitore, 716 ( = roditoare); blitcssl, 843 (= blidişel); lat, 1103; dobontyesk, 1421; tropie, 1670; tarabancz, 2090; ingratyesk, 2150 ( = îngrădesc) ecc. e al contrario invece di bodicz, bodicsat 86, 87 ( = botez, botezat); asud, 7 ( = ajut); pladesc, 9 ( = plătesc); kidiesk, 294; nundroy 1205. r in luogo di p. es .fracs, 773 ( = fragi); mincse, 1820 in luogo di minge 4); £ in luogo di />, p. es. me probiesk, 1071 ( =me propese, per (p)opresc); sbrencea, 2227 ( = sprânceană) e forse anche b in luogo di se in bibol, 113 se non si tratta di una pura assimilazione5), / in luogo di z;, naraf, milostif (v. pag. 173). Per quanto questa confusione si trovi talvolta in qualche sporadico caso nei dialetti rumeni 6), essa è troppo costante ed estesa per essere attribuita Weigand distingue due specie di z e precisamente: z e z cfr. « JbIRS », IV, 255. 2) Cfr. Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, pag. 37—38 nota, ove si ritiene che g > z e c > s siano molto antichi. V. anche Philippide, Or. Rom. II. 178 segg^ 3) Incopciu derivato da copce, copcie < serbo kopea ( < turco kopea) cfr. Berneket: SI. Et. Wb. I, 564. Ciò è indice forse di una pronunzia più debole, il che è confermato dalla generale confusione delle sorde colle sonore. Anche un ş rumeno può diventar c in ungherese, p. es. bores < borş, cfr. Szinnyei: Nyr. XXII, 171; marieska < morişcă, çfr. Szinnyei: Nyr., XXIII, 191 Cfr. anche Drăganu: Dacorom.y IV, 134. 4) Ma si potrebbe trattar peraltro anche di una forma arcaica, cfr. Tiktin: Dicţ. Rom. German, 987. 5) L’assimilazione è tanto più probabile in questo esempio in quanto là forma bibol ricorre anche altrove, p. es. nella Bibbia del 1688, dv.Dicţ. Acad. Ront. I 570. 6) P. es. dăutie per tăun, caso isolato che si ode ad Haţeg; v. Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 70 pag. 34. 6 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsilianum». 8z CAPITOLO IV Sez. II, §§ 3—4 a un’incertezza grafica1) e siccome si trova anche nella parte ungherese (cfr. Cap. V § I, pag. 164) non esiteremo più tardi a dichiararla come la manifestazione di una pronuncia straniera 2). § 4. Accidenti generali. L’assimilazione di a - i > i - i non è ancora avvenuta in nasip, 46 e forse in radyikey 1964 (v. anche radik, 544; radikat, 616) [se pure non da ridica REW. 7313!); rispettivamente dall’ant. si. HACUTh e dal lat. ra-dic[ü]la> come in parecchi altri testi rumeni antichi3) ed in alcuni dialetti ). Anche a - o > o - o non si è ancor effettuato in narocseste 760, narocsit, 759, che presumono una forma naroc o naroc (dallo slavo NapOKii) in luogo del moderno noroc, come in qualche testo antico 5) e in qualche dialetto 6). Abbiamo poi la nota assimilazione ä - e > e - e in be- *) Bărbulescu: Curentele literare la Romani în perioada slavonismului cultural, pag. 95—96. 2) Cfr. Capitolo VII pag. 184. Per la confusione costante delle sorde colle sonore presso l'Anonimo di Caransebeş, cfr. Drăganu: Dacorom., IV, 134 segg. e la letteratura ivi citata. Ricca raccolta di esempi tratti de vari autori antichi presso Drăganu, nel volume Omagiu lui Ioan Bianu, Bue. 1927 pag. 143—144 (nota 4). 8) Densusianu: Histoire de la langue roumaine, II, 105, e 78 ove si citano i testi che hanno la forma năsip (« Cod. Voroneţean », XCIV, 6. C. T. Mat. 24; Coresi, « Pra-xiu », 50, 105; Palia « Gen. », 22, 42, 41 ; Ex. 2) e rădică (« Cod. Voroneţean » XXXIII, 8; XXXV, 3—4; XLIII, 4—5 ecc. «Palia», Gen. 7, 10, 12, 13, 17; Cuv. d. Bătr., I, 12; II, 43, 125; Psalt. Şcheianâ, VII, 7, IX, 14; XVII, 8—9, 20, 47, 49 ecc.) Cfr. anche Candrea: Psaltirea Şcheianâ, I, § 75 ove si dice che in tutti gli antichi sal-terii « apar pretutindeni cu ă neasimilat cu i următor » (ma si ha già Tassimilazione in « Cuv. d. Bătrâni », II, 354; Coresi, « Ev. cu învăţătură », 246). Nel nostro lessico troviamo accanto a radik, 538, anche la forma rrodik, 1336, che ci conferma la pronunzia rădica (per ă > o dopo r cfr. § 1 pag. 62). 4) P. es. in Moldavia, cfr. Tiktin: Dicţ. rom. germ.y 1058, 1322. 6) P. es. nel più antico libro Rákocziano, cfr. Drăganu: An. Inst. Ist. Naţ.t I, 197i Quanto poi alle forme narody 1221, 2213, narodnia; 2215; narodseste, 1159 è ozioso avvertire che non entrano nella categoria di cui ci stiamo occupando ora; giacché rappresentano varietà arcaiche e dialettali transilvane con nă- per ne-, cfr. Densusianu: Histoire de la langue roumaine, II, 77; Tiktin: Dicţ. rom germ., 1052. Ä) Gamillscheg : Olt. Mund., pag. 57; Densusianu, Gr. Ţ. Haţegului § 59, p. 27. Papahagi: Graiul şi folkl. Mar., pag. LVI; Bîrlea, I, 49 No. 8; Păcală, Răşinari, 127. \ Sez. II, § 5________FONETICA RUM------ACCIDENTI GENERALI_____________________83 sereka, 529 *), ed e-i>i-i nel già citato tri, 2398, invece di trei (attraverso * trii) come ad Haţeg 2). È assai comune poi l’assimilazione di î - u > u -u che troviamo in kurund, 207, come in moltissimi testi antichi; forse si tratta di un tal fenomeno anche nel caso di unbukur, 1274 3). Tanto la non avvenuta assimilazione in sanitate 2081 (per sănătate < lat. sanitate), bonitate 107, quanto la presunta assimilazione a - e > e -e in elegy eles 545, 541 non saranno da considerare fenomeni fonetici, ma semplici influssi deirortografia latina, come si notò già a pag. 61. Come esempi di aferesi di a ricordiamo devaraturay 2261 (adevără-tură); ics y 936, 1228; its9 1077,419 = aici (preceduto da de) (cfr. GAMILLSCHEG, Olt. Munt. § 4, pag. 9). Aggiungeremo la propagginazione di i nella sillaba seguente in hanyeley 1089 (cfr. pag. 72). Passando alle consonanti avremo probabilmente un caso di assimi-laz'one regressiva e non una semplice confusione di sorde e sonore in bibol y 113 per bivol4). Altri casi interessanti sono la dissimilazioni r - r > r - / in griely 194, per greier 5), e l’assimilazione nd > nn (e poi > n) in vrenyik 299, per vrednicy attestato anche altrove6). In generale si sogliono considerare, nei testi rumeni antichi, come forme non assimilate quelle che presentano sv - in luogo di sf - (dallo slavo CR -); nei testi tradotti dallo slavo e scritti in grafia cirillica, entra in giuoco, senza dubbio, anche l’influsso grafico delle voci slave corrispondenti7), ma nel nostro lessico questo non può *) Si trova in quasi tutti i testi del XVI secolo, mentre bàsereca è più rara, cfr. Densusianu: Histoire de la langue roumaine, II, 104 (ed. ivi la citazione dei testi). 2) Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 59 pag. 27; La forma tri si trova anche presso Viciu: Colinde din Ardeal, pag. 67, v. pag. 69 n. 7. ®) Cfr. Densusianu: Histoire de la langue roumaine, II, 108, ove si cita un gran numero di testi antichi che presentano questa forma. Il Densusianu, op. cit., pag. 30, crede che l'assimilazione sia stata facilitata in questa parola dal suo uso atono nella frase. Quanto a unbukur, 1270 (cfr. Drăganu: Două mss. vechi, pag. 112) può rappresentare lo stesso caso di untunerec del Salterio di Coresi XVII, 10, 12 per cui vedi Densusianu: Hist. langue roum.t II, 109. 4) Cfr. Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 94, pag. 41. 6) Cfr. Densusianu: Graiul din Ţara Haţegtdui, § 95, pag. 41. 6) Tiktin: Dicţ. rom. german, 1780; è popolare anche oggi în Transilvania. 7) Densusianu: Histoire de la langue roumaine, II, 130. « Il ne faut pas à coup sûr s'imaginer que ces formes reproduisent toujours la véritable prononciation; on écrivait dans plus d'un cas sv parcequ'on avait présentes à l'esprit les formes slaves équivalentes»; cfr, anche Candrea: Psaltirea Şcheiană, I, § 75 pag. CLXXI. 6* 84 CAPITOLO IV Sez. II, § 4 essere 1) e noi possiamo benissimo considerare le forme svent, 2049^ 2078; svenczia 2077 sventa, 99; sversitui, 687; svaday svadesk, 181—80, svadyesk 2016; svredel, 2257; svredelesky 752 ecc. come forme arcaiche o dialettali, tanto più sapendo che in alcune varietà della regione dei Criş e del Mureş le voci che nella lingua letteraria cominciano con s} - sono rese con sw -, p. es. swunt ( == sfânt), swado ( = sfadă) 2). Ricordiamo poi la menzionata assimilazione di v-f> v-vin verv,34, 386per vârf3). La forma pubn, 1914, potrebbe forse essere una strana e inattestata, dissimilazione di pumn 4). La dissimilazione è poi avvenuta, ma non in modo costante, nei gruppi - ’pr e - ftr e nelle preposizioni. Troviamo così pe (in luogo di pre) 4, ma preste, 1721, colla dissimilazione del se^ condo r e non del primo 5). Abbiamo qualche sporadico esempio di epentesi, p. es. in hrean ( < ant. si. yp^feNk) che compare sotto la forma heran, 1580, attestata del resto in parecchi altri dialetti6). Non troviamo mai casi di epentesi di i nel nesso ai; abbiamo infatti kine, 149; muna, 1457 ecc.). che ci testimoniano una pronunzia câne, mânile (e non câine > ecc. La metatesi è assai frequente, ma le forme metatetiche del nostro lessico, meno manyases, 1503 «meridies» (per il banat, nămiazăz), sono tutte attestate anche altrove e perciò non hanno eccessiva importanza ; ricorderemo polikra, 286, per poreclă, come nel Lessico di Buda e in qualche altro testo transilvano 7); krastavecz, 368, per castravete, forma *) Non troviamo infatti nessuna traccia di quegli slavismi ortografici' che si trovano nei testi tradotti dallo slavo (p. es. dv per v; ht per ft; zdn per zn ecc.), cfr. Densusianu: Histoire de la langue roumaine, II, 131. 2) Weigand: «JbIRS.», IV, 285. 3) Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 94. 4) Non pare attestata fino a oggi, cfr. Candrea-Densuş^anu: Dicţ. étim. No. 1460. In Transilvania troviamo però la forma pugn, cfr. Viciu: Glosar, pag. 72. 5) Densusianu: Histoire de la langue roumaine, II, 134—135 (ed ivi molti esempi); Candrea: Les éléments latins de la langue roumaine, vol. I. «Le consonnantisme », Paris 1902, pag. 48; Psaltirea Şcheianâ, I § 76; Drăganu: Două irss. vechi, 114. 6) Herean è attestato p. es. nel Bihor, cfr. Pompiliu: « Conv. Lit. », XX, ion ; hirean ad Haţeg (cfr. Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, pag. 320) a Răşinări (cfr. Păcală, Răsinăriu, 117) e nel distretto di Vâlcea (cfr. Yârcol: Graiul din Vâlcea, glos.); Panţu: Plantele pag. 122. 7) Lexicon valachico-hungarico-latinum, Buda 1825, Pag- 521; polecră nel Dicţ. româno-german, [Sibiu, 1886] del Barcianu, pag. 487; polecră nel distretto di Prahova, cfr. A. Istrătescu, Gr. şi Sufiet IV, 133; poleclâ presso Tiktin: Dicţ, rom. german 1215 ecc. cfr. Candrea: Poreclele la Români, Buc. 1896 pag. 8 nota 1. Sez.. II, §§ 4—5 FONETICA RUM. — FONETISMO STRANIERO 85 nota in Transilvania1), è forse un serbismo; me probiesk, 1071 «in-cumbo » per me propese (con p > b, per cui v. § 3), metatesi popolare popresc, in luogo del più comune opresc 2). Abbastanza frequenti sono le aferesi di ì iniziale, p. es. in nante, 351; nalt, 13; napoi, 2003 ecc. Alcune sincopi già effettuate nella lingua moderna non hanno ancora avuto luogo presso il nostro Autore, p. es. dirept, 474, 1250, 1840; diragator, 1632; direptattye, 473, 1249; perina, 1918 ecc.3). Al contrario troviamo parecchie sincopi poco comuni come: srak, 532; Hit ssei, 843 ecc. ). § 5. Fonetismo straniero: Nei testi antichi tradotti dallo slavo si incontrano spesso parole che non si sono completamente adattate al fonetismo rumeno e conservano delle caratteristiche fonetiche paleo o medioslave (talvolta forse solo grafiche), formando una serie di interessanti allotropi. Nel nostro lessico troviamo parecchi esempi di questo « fonetismo straniero », special-mente negli elementi ungheresi.. Si tratta di voci magiare trasportate di sana pianta in rumeno col loro fonetismo speciale. Siccome ogni caso fa da sè e deve essere considerato separatamente, ci limiteremo a dar qui qualche rapido esempio, riservandoci di rilevare il fenomeno colla dovuta ampiezza nella Sez. IV, § 1, laddove parleremo diffusamente degli elementi magiari. I casi più interessanti sono: marha 1243, 1737 ( < ungh. marha), non ancora adattato alla fonetica rumena (marfä) ò); kitlan, 633,1168,1441, 1754 (e hitlania,499, 1440; hit- *) Fuss: Korresp. d. Vereins für siebenbür gische Landeskunde, I, (1843) presso Tiktin: Dicţ. româno-german, 307. 2) Tiktin: Dicţ. româno-german, 1211. Tagl avini, St. Rumeni IV, 64. 3) Dirept o derept è comune nella letteratura antica, cfr. Densuşianu: Histoire de la langue roumaine, II, no; Hasdeu: Cuvente den Bătrâni, I, 64, 68, 74; Găluşcă, Psalt., pag. 68 ecc.; Lacea: « Revista filologică », I, 77, 79. Si trova anche oggi nei dialetti, cfr. Densusianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 63 pag. 28. *) Senza dare a questa nota un valore eccessivo si può osservare che tali sincopi di vocali atone sono comuni sulla bocca dei Sassoni che parlano rumeno. Cfr. Drăganu: Două mss. vechi, pag. 109—no e la letteratura ivi citata (n. 1 p. no). *V Questa forma con fonetismo ungherese si trova, oltre che nei testi slavò-rumeni (cfr. Tremi, Ung. Jahrb. IX, 298—99) anche in alcuni testi antichi: nel Tâlcul Evangheliilor di Coresi del 1564 (v. Gaster: Chrest. Ròum., I, 23), nel « Codice Todorescu » (v. Drăgahu: Două mss. vechi, pag. 164), nel più antico libro Rà-koeziano (v. Drăganu: An. Inst. Ist. Naţională, I, 199) è in qualfche altro testò (p. 86 CAPITOLO IV Sez. IH laueste, 500) < ung. hitlen, con tl conservato (rum. mod. viclean) 3); iskolay 1575, 2109 < ungh. iskola (rum. şcoală) ); voras, 2371 < ungh* város ( > rum. oraş) in cui per altro si può trattare solo d’un influsso grafico oppure di una trascrizione imperfetta della forma uoras; pacztaUy 1816 (< ungh. diai. pácán 3) mentre il rumeno ha la forma fasan ecc. ecc. III. PARTICOLARITÀ MORFOLOGICHE In un’opera lessicografica, quasi assolutamente priva di frasi, è ben naturale che le osservazioni morfologiche si riducano, per così dire, al minimo. La maggior parte dei sostantivi del nostro dizionario son dati senza articolo, tuttavia una decina di sostantivi maschili appaiono sotto la forma articolata, p. es. socul, 242; hotarul, 308; naravul, 339; mcseputul 601; vervul, 34; poftitul, 466; stneul, 511 ecc. Questi esempi bastano a dimostrarci che nelle forme articolate la l veniva pronunziata distintamente. Troviamo qualche plurale femminile articolato regolarmente, p. es. spatele, 510; gastanele, 166 ecc. Siccome il nostro Autore trascrive, m generale, Vă finale con a, non possiamo spesso distinguere quali nomi femminili sirgolari siano usati nella forma articolata e quali in quella priva di articolo. Più interessanti sono due nomi del tipo steà - steaua che troviamo articolati: sava, 570 ( = şaua, forma articolata di şa) e szoa, 476 ( = ziua sotto la forma arcaica zua, documentata assai spesso nella letteratura antica 4). Quanto al v di sava, non bisogna es. Hasdeu: Cuv. d. bătrâni, II, 383). Si ode ancor oggi nei dialetti della Transilvania, cfr. Mândrescu: Elementele ungureşti, pag. 89; Pompiliu: « Conv. Lit.», XX 1062; Caba: Szilágy, 99; Hetcó: Berettyói 48; Stan: Magyar el. mócok nyelvében 46; Densusianu: Graiul Ţ. Haţegului, 323 ecc., v. pagg. 114—115. 1) Il tl è mantenuto in tutti i documenti slavi scritti in territorio rumeno, cfr. Tremi: Ungarische Jahrbücher, IX, 280—81 e in molti testi antichi, cfr. Densuşianu: Histoire de la langue roumII, 133. Per l'ulteriore letteratura, cfr. pag. 108. 2) Si tratta di sovrapposizione dell’ungh. iskola sul rumeno şcoală, cfr. Mândrescu: Elemente ungureşti, 85; Alexics: Magyar elemek 67; data la riduzione di oa in o non possiamo sapere se la forma sia stata işcoală o işcolă come si ode in alcune parti (Pompiliu: « Convorbiri Literare », XX, 1012; Popovici: Rum. Dial. I, pag. 65; Bud.: Poezii populare din Maramureş, pag. 29; Candrea-Densuşlanu-Speranţia: Graiul nostru, II, 97). •) Szinnyei: MTSz. I, 528. 4) V. più sopra a pag. 67 e lett. citata alla nota 2. La forma sua è anche diale ~ ttale cfr. Gamillscheg: Olt. Mund. pag. 81. Sez. III PARTICOLARITÀ MORFOLOGICHE -----------S------------------ 8? attribuirgli altro che un valore grafico, giacché, anche nella parte latina, troviamo spesso v con valore di u, còme era uso comune nei Seicento. I pochi nomi che ci vengono dati in forma plurale non si prestano ad osservazioni; troviamo : an, 104 (e non at1) laddove ci aspetteremmo anyy e poi or, 105 ecc. con l’omissione di i di cui si fece già parola a pag. 68 \ flocs (cu flocs 237), 362 ci indica un plurale floci 2). Quanto alla declinazione osserveremo solo il dat. sing, cali, 1026, con la / conservata per analogia del nominativo, come si disse a pag. 79 seg., e i frequenti genitivi dei nomi dei mesi (giacché son tutti preceduti da luna) formati con lu preposto 3) p. es. Luna lu Mai, 1435 ; Luna lu Marcz, 1463; Luna Iu Brumar al dotte, 1615; Luna Iu Brumar, 1627 ecc* (Per<> Luna Prier ului, 38 e Luna Andreiului, (cancellato al N. 646); lui in luogo del popolare lu non si trova che al N. 403 : Luna lui Andrei che sembra però un’aggiunta posteriore, ma sempre della stessa mano. Dinanzi all’accusativo troviamo già pe, p. es. al N. 91 sarutape om, e a sproposito al N. 4; aprind pe casa ove, trattandosi di oggetto inanimato, la preposizione non ci voleva. Come l’Anonimo di Caransebeş, il nostro Autore ama ricavare per mezzo di suffissi molti derivati; l’esame di questi elementi ci porterebbe troppo fuori di strada e mi limiterò a elencare i più interessanti nelle osservazioni lessicali. Non voglio però passar sotto silenzio due suffissi che il nostro lessicografo usa spessissimo e che per la loro rarità altrove in tali funzioni, sono meritevoli di nota. II raro suffisso - ulä, con valore diminutivo (p. es. in cäntulä, bujdulă ecc.) che il PUŞCARIU trae dal lat. - ulla 4) e il PASCU dallo slavo - ula 5), è uno dei preferiti per la formazione dei diminutivi nel nostro lessico; troviamo p. es. porumbula, 234; parrula,702; linbula, 1370; ha-ramidula, 1302; kununula, 1317 ; rotula, 2023 ; csinula, 280 ; lantula, 677; lunula 1425 ecc. *) ai si trova in moltissimi testi antichi v. Densuşianu: Histoire de la langue roumaine, II, 123. 2) Quantunque la forma floci sia estesissima, si ode più sovente floace ; v. Dicţ. Acad. Rom., II, 141; del resto come picsor, 1933 sta indubbiamente per picioare, non si può escludere che flocs stia per floace. 3) Forma dialettale, cfr. Weigand: « JbIRS », III, 235; IV, 292, ma specialmente Puşcariu: Das lu des Genitivs im Rumänischen nella ZRPh. XLI pag. 76.segg. 4) Puşcariu: «JbIRS», VIII, 179. 5) Pascu: Sufixele româneşti, Buc. 1916, pag. 279. 88 CAPITOLO IV Sez. Ili Ora mi pare impossibile che il raro suffisso - ulä sia stato così produttivo nel dialetto del nostro Autore, ed io credo che qui ci troviamo dinanzi a dei latinismi creati da lui, sul modello dei diminutivi latini; è vero che dei tre esempi citati neiropera del Pascu due sono transilvani e provengono dal Glossario del Viciu, manón credo che si debba ammettere che il suffisso - ulă sia produttivo di diminutivi nei dialetti della Transilvania dato che ne troviamo scarsissimi esempi nei testi popolari. Un altro latinismo poi (che può, in certo senso, confermare la nostra ipotesi) è l’uso di - e per formare avverbi1) p. es. vertose, 522; spurkate, 1130; mestikate, 1794; deslegate, 560. Siccóme tal uso è sconosciuto, a quanto io so, in rumeno, si deve ritenere Un latinismo. Sul valore di questi latinismi occorre dir subito che non crediamo fare del nostro lessicografo un precursore di Şincai, Micu, Maior e compagnia, ma riteniamo possibile, e quasi spontaneo, per chi maneggiava il latino introdurre qua e là qualche forma latina in rumeno. Altri diminutivi interessanti osserveremo nelle note lessicali; per ora segnaleremo solo l’interessante uso oel suff. - uiu (PASCU, Suf. rem. 133 şgg. PUŞCARIU, JbIRS. Vili, 190 segg. in czapuiul, 917 «haedulus», diminutiva di ţap. Fra i pronomi noteremo il pronome di prima persona eu, che appare sotto la forma popolare io, 535 2). Sul czi del N. 1231 cfr. pag. 158. E veniamo ai verbi: in primo luogo ci appare la forma popolare îs (scrittaci, 945) in luogo di sqtnt alla prima persona sing. delPIndicativo presènte, del verbo a }i. Questa forma è estesissima nei dialetti rumeni 3) e benché non compaia tanto frequentemente nella zona dei Criş e del Mureş, e non sia attestata nel Banato,dove la forma corrente è mis*), nc>n ci sorprende nel nostro testo, giacché la troviamo in alcuni scritti antichi di questa regione, p. es. nel frammento Todorescu o Cartea 1) Airinfuori del regolare -esc>-eşte per cui v. Pascu: Sufixele româneşti, pag. 179. 2) Cfr. Neumann: «JbIRS», VII, 178 segg. Weigand «JbIRS». V. 181; VI, 44 VIII. 282; Picot: Dial.roum., 21; Hetcó: A berettyómenti román nyelvjárás, pag. 20; Barhul: Avas, 34. Per Sălagiu, v. Vaida: « Tribuna », VII, pag. 49. Si trova anche, in testi antichi (Psalt. Coresi, pag. 29. Psalt. Şch. ed. Bianu, 131). 3) Cfr. Streller: «JbIRS.», IX, 3. 4) Picot: Dial, rotim., 21; Weigand: « JbIRS», III, 247; IV, 293. Però la forma îş si ode ad, Haţeg (cfr. Densuşianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 124 pag. 50), nei Munţii Apuseni (Frâncu-Candrea: Românii din Munţii Apuseni, Buc. 1888, pag. 78), nella Ţara Oaşului [accanto a sîmt] (cfr. Candrea, Bui. Soc. Fil. II, 54; Barbul: Avas, 3%),* Sălagiu (Vaida: « Tribuna », VII, 49). Sez. III PARTICOLARITÀ MORFOLOGICHE 89 de cântece 7). La terza persona singolare del verbo a fi, in enclisi, è, come in tutti i dialetti, i2) ; p. es. mi drag 22, mi frig, 786 che si debbono intendere come mi-i drag, mi-i frig. Qualche volta incontriamo una forma verbale coniugata secondo un modello diverso da quello usuale nella lingua letteraria. Tali scambi di coniugazione non sono rari nei dialetti; il WEIGAND ci dà, per il Banato, alcuni esempi di passaggi alla prima coniugazione come skriuy skriai, skriat; gat, gâtai, gătat ecc. 3). f Nel nostro lessico abbiamo p. es. nye cuvinat, 1078; kuraczat, 1924; hasokurát, 1224 (per necuvenit, curăţit, batjocurii). Inversamente abbiamo un passaggio dalla prima alla quarta coniugazione in blastemesk, 594; russinyesky 1099; s anato se sk, 346 e moiesky 1328, per blestem, ruşinez, sănatoşez e mozw 4). Nella prima coniugaz one si osserva anche qui la tendenza alla soppressione di - ez 5); troviamo così lukr\u\y 1261, forma comune nel Banato, ad Haţeg, nel Bihor ecc. in luogo di lucrez 6) e me pituly 2, forma ben nota in Transilvania, in luogo di pitulez ). Anche nei verbi della quarta coniugazione si ha la tendenza alla soppressione di - esc 8); troviamo nel nostro lessico bessy 1741, in luogo di băşesc e amuty 1020, in luogo di amuţesc. Ambedue queste forme si odono nel Banato e si trovano anche presso l'Anonimo di Caransebeş1). Il nostro *) Cfr. Sztripszki-Alexics : Szegedi Gergely énekeskönyve ecc., pag. 222. 2) Streller: «JbIRS», IX, 7. 8) Weigand: «JbIRS», III, 237—238; cfr. anche Puşcariu: Dacorom., I, 227; Densuşianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 114 pag. 48 e specialmente L. Morariu: Codrul Cosminuluiy I (1924), pag. 78 ; Procopovici Rev. Fil. II, 2. n.). Nei testi popolari si trovano infiniti esempi di questi scambi, p. es. scriă (Pamfile : Crăciunul, Buc. 1914, pag. 44 (V. P. R., XX); gătează (per găteşte) ; Viciu: Colinde din Ardeal, pag- 54î Haneş, Ţara Oltului, 55 ecc. ţ) Formesk, 744 risale a un infinito a formuì documentato anche altrove, cfr. Dicţ. Acad. Române y II, pag. 159. 5) Cfr. Weigand: «JbIRS», III, 238; L. Morariu: Codrul Cosminuluiy II—III, pag. 295. Păcală, Räsinariy 132. 6) Oltre le opere di Weigand citate alla nota precedente v. Tiktin: Dicţ. rom. german, 127; Densuşianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 114 pag. 48; Hetcó: A beretty omenti román nyelvjár ás y pag. 32; Barbul: Avas, 41. - 7) Densuşianu: Graiul din Ţara Haţeguluif § 124, pag. 50; Creţu, An. Car. 361; Tikţin: Dicţ. rom.germant 1178. - 8) L. Morariu: Codrul Cosminuluì, II—III, pag. 329 segg. T. Dinu, Gr. 'i Suflet I, 114. 9) Per băş cfr. Anonimo Caransebesiense, pag. 330 (ed. Creţu); Weigand: «JbIRS»,; HI, 239; Dicţionarul Academiei Române, I, 508. 90 CAPITOLO IV Sez. Ili testo presenta poi la forma olu, 1142 «inquiro» in luogo della più co* mune uluiesc1). Osserviamo poi la forma arcaica e dialettale kur(r) 708 in luogo di curg della lingua moderna 2) e il me muni del NV 1082 che presume un’accentuazione mà'niu, come in qualche dialetto 5), in luogo della regolare accentuazione mâniu. Già nelle osservazioni fonetiche avvertimmo che i cosi detti verbi iotac’zzati si presentano nel nostro lessico colla consonante non ancora alterata dall* azione dell’ i. Agli esempi dati più sopra (pag. 80) #>0/1,546, 1141; czin, 2002; me spar, 606, 1718 (me spari, 742), sary 2070 ne aggiungeremo tre uscenti in dentale, con la d conservata intatta e noti mutata in z come in parecchi testi antichi4): vend, 489; tind, 605; ved* 2337i)- Una forma di eccezionale valore sarebbe post, 1873, participio di a pune, in luogo del regolare pus, se fossimo sicuri che si tratta di una voce genuina e non di una forma costruita dal nostro autore sulla base del latino positus, che appunto traduce. Sarebbe importantissimo, dicevo, potere documentare la presenza di post, sia per la storia dei participi in - stus in rumeno, sia per il fatto che un * post si doveva per forza postulare per spiegare il sostantivo adăpost, e probabilmente anche per giustificare la forma fost6). Una forma analogica è poi ferbt, 276 (ferpt, 1391), per fiert, e notevole è infine perruesk, 1072, per părâsc da a păru Un uso dialettale assai caratteristico ci è dato dal No. $j:frigh la carne а) Cfr. Sztripszki-Alexics: Szegedi Gergely énekeskönyve ecc., pag. 152—266;. Tagliavini: Revue des études hongroises, VI, 24—25. 8) Morariu: Codrul Cosminului, II—III, 320; Weigand: «JbIRS », III, 238; Den-sufianu: Graiul din Ţara Haţegului, § 124 pag. 50; Hetcó: A berettyómenti román nyelvjárás, pag. 40; Friedwagner: « Revista filologică », I, 56. *) Tiktin: Dicţ. rom.-germany 987 ci dà l'accentuazione mî'niu per la Moldavia. •) Cfr.: Drăganu: Două mss. vechi, pag. 114—115; Morariu: Codrul Cosminului, II—III. 306 segg. б) Morariu: Codrul Cosminului, II—III, 308. •) Meyer-Lübke: Grammatik d. rom. Sprachen, II, § 334; Streller, « JbIRS », IX,. 31; Pancratz: Balkanarchiv I, 75 segg.; Procopovici, Rév. fil. II, 33—35; Puşcariu: Dacorom. IV, 1362, nota 1: «postum s’a păstrat în românescul adăpost9 în alb. serpost «apusul soarelui» împrumutat din româneşte, şi probabila servit ca model pentru fost ». V. anche Candrea: Romania, XXXI, 296. Gamillscheg: Stu* dien zur Vorgeschichte einer roman. Tempuslehret Wien 1913, pag. 133; Caracostea: Mitt. rum. Inst.y Wien, I, 95 segg. Sez. IV, § I_____________ELEMENTI UNGHERESI________________________9t « asso camem j> con lo speciale senso oggettivo della preposizione la, ch’è ben lontano dall’esser chiaro 1). IV. PARTICOLARITÀ LESSICALI La natura stessa dell’opera che stiamo esaminando ci compensa dell’assoluta mancanza di periodi e di intere frasi (che avrebber potuto farci osservare alcune di quelle particolarità sintattiche che sono di tanta utilità allo studioso di antichi testi rumeni), con una dovizia di elementi interessanti dal punto di vista lessicale. Si tratta di arcaismi* di voci dialettali e straniere, di significati obsoleti e strani, interessanti per la linguistica rumena, ed anche, in qualche caso, di notevoli, oppure addirittura errori di traduzione, che ci potranno servire alla localizzazione del testo e alla ricerca delle sue fonti. Cominceremo dapprima coll’esame degli elementi stranieri più importanti, e in primo luogo dei numerosissimi magiarismi. § 1. Elementi ungheresi. L’importanza di questo argomento è tale che mi è sembrato opportuno elencare qui sotto tutti gli elementi ungheresi contenuti nel nostro lessico, o almeno tutti quelli che sono riuscito a scoprire, giacché è possibile che qualcuno mi sia sfuggito. La presenza dell’ungherese come terza lingua del nostro lessico, l’ortografia magiara delle voci ungheresi, le considerazioni storiche e linguistiche che saranno trattate nel Capitolo VII, tutto insomma ci induce ad ammettere che la patria del nostro lessico sia stata una regione nella quale convivevano Rumeni e Ungheresi. La corrente culturale rumena con ortografia magiara o magiarizzante dell’alfabeto latina, è condotta precisamente, nel XVII secolo, dagli scrittori transilvani e banatensi riformati (calvinisti)2) ; in tutti gli scritti di questi autori *) Cfr. Kurth, «JbIRS», X, 561. «/a tritt, (besonders in volkstümlicher Ausdruckweise) zum Objekt, um eine regelmässig wiederholte oder längere Zeit dauernde Handlung anzuzeigen » ; frig la carne viene quindi a significare pressi poco « cuocio molta carne ». 2) Hasdeu : Rev. p. Ist. VI, 2, chiama questo movimento « o mişcare literară oarecum omogenă, adică româneşte cu litere latine ». Cfr. Drăganu: Dacorom., IV, H4£ Sztripszki-Alexics : Szegedi Gergely énekeskönyve pag. 214 segg. 92 CAPITOLO IV Sez. IV, § i si trovano moltissimi magiarismi, alcuni comuni alla lingua delle regioni da essi abitate, altri creati da loro stessi, giacché è noto che «la lingua di conversazione di tutti i dotti rumeni calvinisti del XVII secolo, era l’ungherese»1). Accanto quindi a voci ungheresi passate al rumeno fin dai tempi più antichi e attestate talune già nei documenti slavi scritti in terre rumene 2), accanto alle voci accolte nella lingua letteraria e a quelle che hanno rigogliosa vita nei dialetti della Transilvania, del Banato ecc., troviamo, specialmente nei testi tradotti direttamente dal magiaro, parecchie voci ungheresi d’origine « dotta », che probabilmente non furono mai popolari, talune non rumenizzate neppure nella forma esteriore, che furon usate dagli scrittori calvinisti rumeni. È una grave lacuna per la filologia rumena che la lingua di questi scrittori sia stata finora poco studiata e che alcuni testi importantissimi, comep. es. il Salterio di Viski, rimangano tuttora inediti. Per ciò che si riferisce ai magiarismi, la lingua di questi scrittori non è stata abbastanza sfruttata nè dall’Alexics, nè dal Mândrescu, nè da quanti altri ci hanno dato liste di elementi ungheresi in rumeno (Ásbóth, Scriban, Sköld ecc.). Per ora abbiamo solo gli elenchi dei magiarismi della Palia di Orăştie (1581) compilati dal POPOVICI 3) e dal ROQUES -), quello della Cartea de cântece o frammento Todorescu del 1570, compilato dall’A-LEXICS 5), e quello, ancor più notevole, dei magiarismi dell'Anonimo di Caransebeş, raccolto dal DRĂGANU6); per i numerosi altri autori non abbiamo che poche rapide note 7). Buona parte dei magiarismi dei *) Drăganu: Dacorom., IV, 147. Tremi.: Ungarische Jahrbücher, VIII (1928), 30; IX (1929), 274—317. 3) Popovici: Palia de Orăştie, în «Analele Acad. Române», XXXIII Lit. 531 segg. e Néhány észrevétel a román nyelv magyar jövevényszavaihoz, nel Nyr., XXXVIII, (1909), pag. 207 segg. 4) Palia á'Orăştie (1581—1582), I. Préface et Livre de la Génèse publiés avec le texte hongrois de Heltai et une introduction par Mario Roques, Paris 1925, p. XXXVIII segg. 5) Sztripszki-Alexics : Szegedi Gergely énekeskönyve ecc. pagg. 216—218. *) Drăganu: Dacorom., IV, pagg. 149—162. 7). Gli elementi ungheresi del c. d. Codice di Petrova si trovano presso Alexics: Rev. p. ist*, XIII (1912), pag. 278 segg. Alcuni magiarismi del Molitvelnic di Coresi, presso Sztripszki-Alexie« : Szegedi Gergely énekeskönyve, pag. 227. Alcuni magiam risiili del Catechismo di Fogaraşi e del Salterio di Viski, presso Moldovan: Alsófèhér vármegye román népef Nagy-Enyed, 1899 pag. 101 e incidentalmente presso Drăganu: Dacorom. y IV, 116—117. Sez, IV, § I, a) ELEMENTI UNGHERESI GENERALI 93 nostro lessico resi noti io stesso nel mio studio L'influsso ungherese sull'antica lessicografia rumena"). Nel procedere all’esame degli elementi ungheresi del Lexicon Mar-silianum dobbiamo distinguere: a) Elementi ungheresi comunemente usati nella lingua letteraria 2). Essi per la loro generale diffusione non hanno che poca importanza e non ci servono affatto per il problema della localizzazione del nostro lessico. Facciamo seguire un rapido elenco: bomb, 1593 « nodus » ; bumb « bouton » XIII, 148 ; TREML, Ung. Jahrb. IX, 307). kocsis, 81 « auriga » şig cfr. pag. 65) pel moderno meşteşug < m e s t e r~ ség cfr. ALEXICS, Magy. el. 81; CIHAC, II, 415; MÂNDRESCU, El. ung. 172; ÁSBÓTH, NyK. XXVII, 337; TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 971 ecc. oras, 211 «civitas» (coi derivati orasan, 212 «civilis» e orasaneste, 213 Sez. IV, § I, a) ELEMENTI UNGHERESI GENERALI 97 «civiliter»; ai N. Z371—72 troviamo invece, con fonetismo magiaro, vor as « urbs » e vor asan « urbánus »x) ; oraş < v á r o s, che si trova già nei documenti slavi (Kapom, opaui) cfr. TREML, Ungar. Jahrbücher IX, 285; cfr. ALEXICS, Magy. el. 87; MÂNDRESCU, El. Ung. 176; ÁSBÓTH, NyK. XXVII 338 ecc. (e per la fonetica ÁSBÓTH, NyK. XXVII, 331 ; TREML, l. c.). ories, 872 «gigas »; uriaş < ó r i á s « Riese »; si trova già nei testi antichi, p. es. nella Palia (cfr. POPOVICI, An. Acad. Rom. XXXIII Lit. 537) cfr. CIHAC, II, 537; HUNFALVY, 'NyK. XIV, 452; ALEXICS, Magy. el. 106; MÂNDRESCU, El. Ung. 180; ÁSBÓTH, NyK. XXVII, 341. porkoláb, 167 «castellarne»; pârcălab o pârcălab (nel nostro testo ma-giarizzato anche nella grafia) deriva dall’ungh. porkoláb che in antico significò « prefetto, sindaco » e poi « Kerkermeister ». La parola è documentata già nei testi slavi (cfr. TREML, Ung. Jahrbücher, IX, p. 313) e in antichi testi, rumeni, cfr. HASDEU, Cuv. d. bătrâni, I, 61; TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1168; Vedi poi: CIHAC, II, 520; ÁSBOTH, NyK, XXII, 338; MÂNDRESCU, El. Ung. 176—77; ALEXICS, Magy. el, 89; STAN, Magy. el. mócok nyvb. 51 ecc. Nota che il Lessico di Buda (1825) traducepőrkalab con « administrator, curator, provisor, praefectus carceris ». Per la storia deir istituto della părcălăbie cfr. IORGA, Istoria armatei româneşti, Vălenii-de-Munte 1910, p. 10; D. NICHIŢĂ, Arhiva, XXXII, 247, segg. szálás, 961 « hospicium » uo a formula iniziale di cui parlammo alle pagg. 67—68 o ad una più antica forma voraş (come sembra credere Alexics, MNy. IX (1913), pag. 349). In ogni modo è errato affermare, come fa il Gamillscheg: Olt. Mund., § 23, che o >uo si effettua solo negli elementi latini. 7 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsilianum*. 98 CAPITOLO IV Sez. IV, § i, a) II, 524; HUNFALVY NyK. XIV, 450; ALEXICS, Magy. el. 97; MÂNDRESCU, EL Ung. 179; STAN, Magy. el. mócok nyvb. 55; ÁSBÓTH, NyK. XXVII 339; VAIDA, Tribuna VII, 377 ; CABA, Szilágy ioi; BUD, Poezii din Maramureş, (VPR. III) 38; PĂS-CULESCU, Lit. pop. română (VPR. V) 375 ecc. Cfr. anche HASDEU, Istoria critică a Românilor, Buc. 1874, p. 127 segg. suduesk, 1070 «increpo»; a suduì (tradotto nel Lessico di Buda con « maledico, convicior, blasphemo») < s z i d n i « ausschelten » cfr. ALEXICS, Magy. el. 99; CIHAC, II, 527; MÂNDRESCU, EL Ung. 180; ÁSBÓTH, NyK. XXVII, 340; TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1527. ecc. tagaduesk 1605 «nego» (al N. 1390, per un’inesplicabile svista, traduce il lat. hxivium, v. pag. 159); a tăgădui Ctagadni «leugnen, verneinen»; già attestato negli antichi scrittori, p. es. nella Palia (cfr. POPOVICI, An. Ac. Rom. XXXIII, Lit. 537), nel Cod. di Voroneţ, (ALEXICS, Nyr. XV, 211); nel Catechismo calvinista (BARIŢ, Cat. cahinescu, 130) cfr. CIHAC, II, 529; HUNFALVY, NyK. XIV, 451; ALEXICS, Magy. el. 100; MÂNDRESCU, EL Ung. 183; ÁSBÓTH, NyK. XXVII, 340; TIKTIN, Dicţ. rom. german, 1548 ecc. talhár, 1885 «praedo»; tâlhar < tolvaj «Dieb», cfr. CIHAC, II, 539; ALEXICS, Magy. el. 100;MÂNDRESCU, EL Ung. p. 184; ecc. Per le difficoltà fonetiche (v. TIKTIN, Dicţ. rom. ge)m. 1590; DRĂGANU, Dacorom. Il, 760) cfr. ÁSBÓTH,9NyK. XXVII 340; TREML, Ung. Jahrb. IX. 310. Il nuovo etimo (da tâlhiş, bosco) proposto dal BOGREA, Dacorom. Ili, 807 è più ingegnoso che verosimile. talpa, 1838 « pianta »; talpă < t a 1 p, cfr. CIHAC, II, 530; ALEXICS, Magy. el. 100; ÁSBÓTH, NyK. XXVII, 433; TIKTIN, Dici, rom. germ. 1554. MÂNDRESCU, EL Ung. ignora questa voce che invece è certamente di origine ungherese, cfr. anche REW. 8545 e TAGLIAVINI, ZRPh. XLVI, 51 segg. tarabar cz 2090 «sattelles» (sic); sta certo per darabont (per causa della confusione delle sorde colle sonore di cui si parlò a pag. 81) la cui origine ungherese, per quanto non sia riconosciuta da alcuni, (p. es. dal MÂNDRESCU) è indubbia; dorobanţ < ungh. darabant, cfr. ALEXICS, Magy. el. 51 e MNy. VII (1911) 211 ; CIHAC, II, 495; TIKTIN, Dicţ. Rom. German 505. Ulteriore Sez. IV, § I, b) ELEMENTI UNGHERESI REGIONALI 99 letteratura su questa parola presso GOMBOCZ-MELICH, Magyar E tim. Szótár, I, 1274—75. * # Acquistano però assai maggiore importanza gli elementi ungheresi del secondo gruppo: b) Elementi regionali, Alcuni di questi clementi regionali sono assai estesi, ma non mai penetrati (o per lo meno non con un determinato senso) nella lingua letteraria e nella parlata di tutti i Rumeni, altri sono più rari, ma documentati nei dialetti della Transilvania o del Banato*), special-mente nelle regioni più miste di Ungheresi. Si tratta di un complesso di oltre cento parole; esaminiamole ora in ordine alfabetico, dedicando speciale attenzione a quelle che, allo stato frammentario delle nostre cognizioni su tale argomento, risultano esser state usate dagli scrittori calvinisti del XVII secolo. acs 1353 «faber lignarius»; adu < ács. ALEXICS, Magy. el. 15, cita questa parola come udita nella parte sud-orientale del distretto x) Per lo studio dei regionalismi ungheresi, oltre alle opere citate a pag. 93, n. 2, ci serviamo principalmente dei seguenti sussidi: Stan Vazul, Magyar elemek a mócok nyelvében Nagyszeben 1908; quindi le principali monografie sui dialetti della Transilvania e del Banato, fra cui ricordiamo: Weigand, « JbIRS », III --IV; Costin L.: Graiu bănăţean, Timişoara 1926 (e su di esso Tagliavini, St. Rum., I, 158—59); per Haţeg la fondamentale monografia di O. Densusianu, Graiul din Ţara Haţegului, Bucureşti, 1916; per la Ţara Oaşului: Candrea A., Graiul din Ţara Oaşului în « jBuh Soc. Filologice», II (1906), pag. 35 segg. e Barbul: Az avasvidéki nyelvjárás, Budapest 1900; per il Bihor; Pompiliu: Graiul românesc din Bihar ea în Ungaria nelle « Convorbiri Literare », XX, (1887), 993—1022; per la valle del Berătău: Hetcò: A berettyó-menti román nyelvjárás, Belényes 1912; Per il distretto di Alba: Moldovan Gy. : Alsófekér vármegye román népe, Nagy-Enyed 1897; per il distretto di Sălagiu. Vaida: Material jargon de dialect sălăgean in «Tribuna», VII (1890) e Caba V. : Szilágy vármegye román népe nyelve és népköltészete, Bécs, 1918 (e su di esso Vidos: Studi Rumeni, I, 156 segg.). Per la valle del Someş : Al- George Flórián: A felső Nagy-Sza?nos völgyének román nyelvjárása, Budapest 1914. Per il Maramureş: T. Papahagi, Graiul şi folklorul Maramureşului, Buc. 1925. Tutti questi scritti saranno citati d’ora inanzi con le abbreviazioni indicate alle pagg. 15—25 ed altri dt minore importanza se ne aggiungeranno di E. Picot, I. Bugnariu, Tr. Sima ecc., oltre a tutte le collezioni di folklore che ci son state accessibili e che si riferiscono-alla Transilvania e al Banato. 7* IOO CAPITOLO IV Sez. IV, § it b) di Bihor. Quantunque il MÂNDRESCU dubiti di tutte le voci per le quali l’ALEXICS scrive un semplice « hallottam » (v. MÂNDRESCU, EL ung. 9) e scarti senz’altro questa parola dai suoi elenchi, questa volta ha torto, giacché essa ci è attestata da altre fonti, p. es. a Sălagiu dal CABA, Szilágy, p. 94 (ac, dulgheriu), dal MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe, p. 89, dal BARBUL, Avas, 42, e si deve udire anche in altre regioni miste di Ungheresi, portata « dagli artieri venuti dalle città magiare » (DRĂGANU, Dacorom. IV, 751). NelPEvangelo di Coresi del 1561—62 troviamo la forma alciu < ungh. ant. á 1 c s, cfr. DRĂGANU, Dacorom. III, 449 nota i e IV, 750—51. alnicsia 781 « fraus », parola documentata finora solo nella Palia di Orăştie Gen. I, 9 (cfr. ROQUES, Palia, LXI), nel Salterio di Viski del 1697 (alnicie cfr. DRĂGANU, Dacorom. IV, 116); è un astratto formato per mezzo del suffisso - ie, dall’aggettivo alnic « insidieux, perfide » < ungh. á 1 n o k « falsus, perfidus » usato nella Palia di Orăştie (cfr. ROQUES, Palia de Orăştie p. XXXVII) Genesi III, i (ed. Roques p. 20) e nel Salterio di Viski (v. MOLDOVAN, Alsójehér várm. rom. népe ioi ; DRĂGANU, Dacorom. IV, 116), cosicché Paffermazione del Dicţ. Acad. Rom. I, 120, secondo cui si tratterebbe di un anal; della Palia, deve essere ora modificata. Manca però in tutte le raccolte di elementi ungheresi del rumeno (eccetto SKÖLD, Ungar. Endbetonung 56, che prende la voce dal TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 51). Per la parola ungherese cfr GOMBOCZ-MELICH, Magyar Étim. Szótár, I. p. 79—80. asztallos 618 « faber lignarius »; astăluş Sofia 1926, (CnHcaHHe Ha E'bJir. Ak. XXXIII) pag. 157, ma dal Sez. ív, § I, b) ELEMENTI UNGHERESI REGIONALI 103 rum. bizuită (cfr. TAGLIAVINI, Studi Rumeni 111, 168). Intuite queste forme si tratta di derivati del verbo a bizuì < b i z n i, già attestato nella Palia (cfr. POPOVICI, Nyr. XXXVIII, 209 e An. Ac. Rom. XXXIII, 533) e in altri testi antichi cfr. Dicţ. Acad. Rom. I, 571 ; ALEXICS, Magy. el. 40; MÂNDRESCU, El. Ung. 141—42; HETCÓ, Berettyó, 45; AL.-GEORGE, Szamos, 33; BARBUL, Avas, 43; GOMBOCZ-MELICH, Magy. Et. Szótár 1,417 segg. bolund 424 « demens »; bolond 1157 « insipiens » < b o 1 o n d. Varianti dialettali, più vicine alla fonte magiara, della forma più comune bolând, che si ode in Transilvania, Banato, zona dei Criş ecc. (cfr. Dicţ. Acad. Rom. I, 604; ALEXICS, Magy. el. 41; MÂNDRESCU, El. Ung. 46). Queste forme ci sono attestate spesso nella letteratura dialettale: bolond a Voidaháza (Someş) (WEIGAND, JbIRS, VI, 51) a Gorj, (PAŞCĂ, Glosar dialectal, p. 11) ; bolund ad Haţeg (DENSUSIANU, Graiul din Ţara Haţegului p. 133 (t. LXXXVIII) e p. 310 (ma a pag. 60 bolînd)\ nel Maramureş, (cfr. BÚD, Poesiile populare din Maramureş 18; T. PAPA-HAGI Graiul şi folklorul Maramureşului, p. 215); presso i Moţi (STAN, Magy. el. mócok nyvb. 20); a Sălagiu (VAIDA, Tribuna VII, 341 , ma CABA, Szilágy 95 ha solo l’accrescitivo bolundău) e altrove in Transilvania (Bran, jud. Făgăraşi, Dicţ. Acad. Rom. I, 605; VICIU, Colinde din Ardeal, 198; MOLDOVAN, Alsó-fehér várm. rom. népe 90 ecc). bolonseşte 426 «dementer»; bolondseste 1086 «indocte». Avverbio derivato da bolond e attestato anche presso ŢICHINDEAL, Fabule, Pest 1814, p. 44. bohmsia 425 « dementia »; der. da bolund per mezzo del suff. -ie e attestato nella letteratura popolare della Transilvania, specialmente sotto la forma bolânzie (w.Dicţ. Acad. Rom. 1,605 e la lett. ivi citata), bolonssiagh 1158 « insipientia » < b o 1 o n d s á g (o bolonság, v. lett. presso GOMBOCZ-MELICH, Magy. et. Szótár I, 462), ardito magiarismo che si ode anche presso i Moţi (STAN, Magy. el. mócok nyvb. 21, il quale però nota che si trova raramente) e nelle parti più miste di Ungheresi, cfr. MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe 90; BARBUL, Avas 44 (bolunşag) e MÂNDRESCU, El. Ung. 47, che parlando di bolânzie aggiunge : « în unele părţi se aude sub forma bolonciag, formă venită de-adreptul din ung. bolondság ». 104 CAPITOLO IV Sez. IV, § i, b) cseber 2106 « scaphium, csöbör » ma l’aspetto più comune sotto cui questa parola ci şi presenta è ciubăr (cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 364 che, in quanto all'etimo, si limita a dire: « Mittelbar aus deutsch Zuber, vgl. sl. cibrü). La parola è attestata specialmente in Moldavia (già inMiron Costin) e in Transilvania e Banato (DENSUSIANU, Graiul d. Ţara Haţegului p. 127 t. LXXVII; CABA, Szilágy, 96; MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe 91; LIUBA-IANA. Maidan, 122) ciò che milita in favore dell'etimo ungherese. Anche presso l’Anonimo di Caransebeş (p. 333, ed. Creţu) troviamo ciuber senza traduzione. L'etimo ungherese (cseber, resp. csöbör)y quantunque non ammesso da alcuni (Cihac, Alexics, Mândrescu) è fuor di dubbio (cfr. SCRIBAN, Arhiva, XXX (1923) 278; SKÖLD, Ung. Endbetonung 68; DRÄGANU, Dacorom. IV, 150). csiptye 684 « fimbria »Ccsipke « fimbria denticulata » « die Spitze » ; dpcă (e per la palatalizzazione del k, cipk'eJ è un noto magiarismo usato in Transilvania e Banato (cfr. i dizionari di DAMÉ, TIKTIN ecc. e vedi ALEXICS, Magy. eL 48; MÂNDRESCU, EL ung. 61; STAN, Magy. el. rrvócok nyvb. 27; POMPILIU, Conv. Lit. XX, 1007; VAIDA, Tribuna VII, 345; CABA, Szilágy, 96; HETCÓ, Berettyó y 46; MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe 91; AL-GEORGE, Szamosy 35; BARBUL, Avas, 45; DENSUSIANU, Graiul d. Ţ. Haţegului, 127 t. LXXVII e p. 60. LIUBA-IANA, Maidan y 16. Cfr. anche GOMBOCZ-MELICH, Magy. et. Szótár y I, ii 12—ii 15. esisma 136 « calceus » Ccsizma « cothurnus, calceus ; Stiefel » anche presso l’An. Carans. troviamo csishme «cothurnus»; ma trovandosi la parola anche in serbo e in turco non si può esser certi che il punto di provenienza della voce rumena sia l'ungherese (cfr. ALEXICS, Magy. el. 48; CIHAC, II, 492; SCRIBAN, Arhiva XXX, 278; SKÖLD, Ung. Endbetonungy 68). Tuttavia siccome la voce è vivissima in Transilvania (cfr. HETCÓ, Berettyóy 46; CABA, Szilágy y 96; MOLDOVAN, Alsófehéry 91; BARBUL, Avas 45 ecc.) si può ammettere l'infiltrazione dall’ungherese. Sulle vicende complesse di questa voce, vedi le belle pa- Sez. IV, § I, b) ELEMENTI UNGHERESI REGIONALI 105 gine di GOMBOCZrMELICH; Magy. et. Szótár, I, 1112— 1115. darab 801 «frustum»; darab de karne, 1633 «offa»; la darab tai, 326 «conscindo »; dărab ha anche qui sempre il significato di «pezzo » Cdarab « fragmentum, frustum, pars ». Magiarismo spesso attestato in Transilvania (cfr. ALEXICS, Magy. el. 50; MÂN-DRESCU, El. Ung. 65; STAN, Magy. el. mócok nyvb. 30; HETCÓ, Berettyó, 46; VAIDA, Tribuna VII, 349; CABA, Szilágy, 96; MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe, 91 ; AL-GEORGE, Szamos, 33; BARBUL, Avas, 46; DENSUSIANU, Graiul d. Ţ. Haţegului, 146 (t. CXXVII); BÚD, Poezii populare Maramureşului, 64; SEVASTOS, Nunta la români, 328 ecc.). Si trova già in qualche testo antico,p. es. nel Catechismo calvinista, v. BARIŢIU, Catechismu calvinescu, 123. Nel Banato questa voce è attestata dal WEIGAND, JbIRS, 111,314; în Oltenia (darap) nel Lex. Olt. 10; v. anche GOMBOCZ-MELICH, Magy. et. Szótár, 1,1273—74. darabéi 802 « frustulum » diminutivo del precedente (dàrabel è attestato da TIKTIN, Dicţ. rom. german, 505). deák 1304 « latinus » < d e a k « Schüler, Student ; lateinisch ». In questo senso di «latinus», ch’è attestato anche dall’An. Car. (p. 335 ed. Creţu): diak Latinus, studiosus (v. Drăganu, Dacorom. IV, 151), dal Dizionario di Buda (p. 188 idiacu studiosus literarum, discipulus, latinus, latinae linguae gnarus (cantor) ) nel Dicţ. di BOBB: «Diac... studens, literatus, scholasticus, latinus» (Vol. I. p. 384) nel Dizionario di A. ISZER (Walachisch-deutsches Wörterbuch, Kronstadt, 1850): deac «Student, Schüler, lateiner», l’etimo ungherese è fuor di dubbio. Invece pel rum. diac, nel senso di « diacono, cantore di chiesa », l’intermediario fra il greco ôiàxovoç e il rumeno, deve ricercarsi nello slavo cfr. ALEXICS, Magy. el. 52, il quale non fa per altro questa necessaria distinzione e v. TAGLIAVINI, Rev. ét. hongroises VI, 32. L’etimo ungherese è suffragato anche da ragioni storiche e dalla diffusione delle scuole latine in Transilvania. Per la voce ungherese e la sua storia cfr. MELICH, Szláv jövevényszavaink, II, Budapest 1905, p. 239 segg. e GOMBOCZ-MELICH, Magy. et. Szótár 1285 segg. deácseste 1305 « latine », avverbio formato col regolare suffisso - eşte dal sostantivo deac, di cui abbiamo discorso or ora, ad imitazione dell’ungh. deakuly «lateinisch». Anche presso l’Anonimo di Ca- io6 ’ "CAPITOLO ív Sez. IV, § i, b) ransebeş (p. 335 ec*- Creţu) troviamo dieceshte «latine», e parimenti presso BOBB, Dicţ., I, 348 (v. DRĂGANU, Dacorom. IV, 152). desmele 406 « decimae » cfr. POPOVICI, Atyr. XXXVIII, 208; ii», ifc. Ifom. XXXIII, Lit.. 534; SZTRIPSKY-ALEXICS, Szegedi Gergely énekeskönyve, 228. gyulis 245 « comitia » < g y u 1 i s (forma dialettale in luogo del lett. gyülësy cfr. SZINNYEI, MTSz I, 764) si trova anche nel Lessico di Tudor Corbea (ghiilişul ţării) cfr. TAGLIAVINI, Rev. ét. hongroises VI, 26, e si ode anche oggi a Sălagiu (cfr. VAIDA, Tribuna VII, 354, ma CABA, Szilágy non la ricorda); BARBUL, Avas y 46 (d'iliş) e nei distretti di Arade Bihor, cfr. ALEXICS, Magy. el. 52; Nyr y XIX, 409), ma si ode anche altrove in Transilvania (v. DRĂGANU, Dacorom. IV, 1082). La forma più comune è però ghiuluŞy che si trova già nel 1670 (gî*'lîiş)y v. Docum. Hurmuzaki, XV, p. 1342, nr. 2458; poi presso Nie. Cos-tin, cfr. Dicţ. Acad. Rom. II, 264; MÂNDRESCU, Elem. Ung. 76; ÁSBÓTH, NyK. XXVII, 445 ; SKÖLD, Ung. Endebetonungy 78. groff 243 « comes » < g r ó f « Graf » ; è strano che nella colonna ungherese la traduzione sia « Nacsagos = Nagyságos » (titolo onorifico); conosciuto anche dai cronisti rumeni: Ureche (KOGĂL-NICEANU Cren. I, 199) ha infatti notciagoş; la o ci mostra che la parola, d’origine germanica, giunge per tramite ungherese; Cfr. LUMTZER-MELICH, Deutsche Lehnwörter 118); d’altronde come magiarismo è assai diffuso in Transilvania e Banato, cfr. Dicţ. Acad. Rom II, 316; POPOVICI, Rum. Dialekte I, pag. 165; STAN, Magy. el. mócok nyvb. 37; DENSUSIANU, Graiul d. Ţ. Haţegului 209, 301 ; POPOVICI-BĂNĂŢEANU, Viaţa mes. 46. hamis 634 « falsus » < h a m i s « falsch, unwahr » magiarismo comune in Transilvania, cfr. ALEXICS, Magy. el. 61 ; MÂNDRESCU, El. Ung. 78; STAN, Magy. el. mócok nyvb. 37; HETCÓ, Berettyó, 47; VAIDA, Tribuna VII, 357; CABA, SzL lágy y 97; BÎRLEA, I, 116; AL. GEORGE, Szamos, 34; BAR_ io8 CAPITOLO IV Sez, IV, § i, b) BUL, Avas, 48, ecc., ma specialmente Dicţ. Acad. Rom. II, 353. hásna 794 « fhictus » ; è un magiarismo assai comune in Transilvania e si trae dall’ungh. haszn -, forma dei casi obliqui di haszon « utili» tas, emolumentum» (acc.hasznot; cfr. anche le forme liba -, tyúk -tehén-haszna, hasznavétlen ecc. e v. SZINNYEI, MTSz. 1,817. Anche i derivati slavi merid. (serbo hasna, ecc.) partono dalla forma haszn -(cfr. MUNKÁCSI, NyK. XVII (1881) p. 79;SKÖLD, Ung. Endbetonung 29) ; cfr.MÂNDRESCU, El. Ung. 79. ma specialmente Dicţ, Acad.Rom. II, 375; v. anche POMPILIU, Conv. Lit. XX, ion; HETCÓ, Berettyó, 47; VAIDA, Tribuna VII, 357 ; STAN Magy. eL mócok nyvb. 38. BARBUL, Avas, 48 ; Si trova già in parecchi testi antichi, p. es. nella Palia (v. ROQUES,Palia de Orăştie,XXXVII; POPOVICI, An. Acad. Rom. XXXIII, 534),nel Molitvelnic di Coresi (SZTRIPSZKY-ALEXICS, Szegedi Gergely énekeskönyve p. 227), nel Catechismo calvinista (BARIŢ, Catechismu calvinescu 53, 124), presso l’Anonimo di Caransebeş (ed. Creţu p. 324, v. DRĂGANU, Dacorom. IV, 152) e in parecchialtri testi (p. es. HASDEU, Cuvente d. bătrâni voi. I (1878) 6, 17vol. II, p. 101). hitlan 633 « fallax »; 1168 « insincerus; 1441 « maliciosus » Chitlen « ungläubig ». Questa parola, che è strano manchi presso l’Anonimo di Caransebeş, entrò in rumeno fin dal XVI secolo, e già parecchio prima (1434) compare nei documenti slavi (cfr. TREML, Ung. Jahrbücher IX p. 280). Si trova anche nella più antica redazione rumena del « Pater noster », forse tradotto sotto influssi ussiti. Ebbe quindi una grande importanza nella lingua ecclesiastica calvinista. Nei testi antichi compare ora con tl intato come nel nostro esempio (cfr. Psalt. Şcheiană XCI, 12; CIV, 15; HASDEU, Cuv. d. bătrâni, II 458, 469; CORESI, Psaltirea V, 6, 8; IX, 36; XIV, 4; XXX, 19 ecc.) ed ora con tl mutato in cl (hi-clean e non ancora viclean come nella lingua moderna) (p. es. Cod. Voroneţean IV, 12; V, 2, 8—9, 13; Psaltirea Şcheiană V, 6, 8; IX,. 36, XIV, IV ecc.), cfr. DENSUSIANU, Hist. langue roum. II, 133. Per la storia di questa parola cfr. CIHAC, II, 538 ; yLEXICS* Magy. el. 63—64; MÂNDRESCU, El. Ung. 187—89; ÁSBÓTH, NyK. XXVII, 341; HUNFALVY, NyK. XIV p. 434, 437 ; 2>*V Rumänen und ihre Ansprüche, Wien-Teschen 1883 p. 226; SZTRIPSiZKY-ALEXICS, Szegedi Gergely énekeskönyve 93. segg.; TREML, Ung. Jahrb. IX, 280—81; N. DRĂGANU, Două mss, Sez. IV, § i, b) ELEMENTI UNGHERESI REGIONALI 1O9 vechi p. 6 e Dacorom. IV, 1140, un chiaro riassunto della questione in Dacorom. II, 587. hitlaneste 500 «dolose»; 632 « fallaciter »; avverbio, derivato dal precedente. iritlania 499 «dolus»; 631 «fallacia»; 1440 «malicia»; derivato di hitlan col suffisso - ie; questa parola è documentata assai spesso nella letteratura antica (cfr. CANDREA, Psalt. Şcheianâ, II, 404; HASDEU, Cuv. d. Bătrâni, I, 436; BARIŢ, Cat. calvinescu, pag. 124; POPOVICI, An. Acad. Rom. XXXIII, 534; KOGÄLNI-CEANU, Cronicile, I, 96 ecc.) accanto a hitlenşugu, hitlenşigii < h i 11 e n s é g, che però manca nel nostro Lessico. Cfr. MÂNDRESCU, El. Ung. 189; CANDREA, Psalt. Şch. II, 404. hoher 163 «carnifex» < hóhér «Henker»; magiarismo che si ode solo in Transilvania e nell’alta Moldavia, cfr. ALEXICS, Magy. el. 65; MÂNDRESCU, El. Ung. 82; STAN, Magy. el. mócok. nyvb. 40; DENSUSIANU, Graiuld. Ţara Haţegului, 135, t. XCIII; CABA, Szilágy, 98; MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe 93; BARBUL, Avas, 49; BÚD, Poezii pop. Maramureş, 62; POP, Dacorom. V 199, ma specialmente Dicţ. Acad. Rom. II, 339. inas 1520 «ministen) (al N. 569, evidentemente per errore, troviamo ianas « ephoebus ») < i n a s « Diener ». ALEXICS, Magy. el. 66, dice che questa voce è assai estesa (igen elterjedt szó nálunk) però non si trova nelle raccolte ulteriori e nei dizionari; egli lo cita da STĂNESCU (Em. Bas.) Povesci, Timişoara, 1860. p. 13. Io lo conosco anche da HETCÓ, Berettyó, {inas «calfă, şăgârţ»). AL-GEORGE, Nagy-Szamos, 34; BARBUL, Avas 49 (inas, servitor, fecior de casă) ; STAN, Magy. el. mócok nyvb. 42 ; VICIU, Colinde din Ardeal 110 (inăşel lui Craiu = fecior în casă); M. POPOVICI, Transilvania^LIII, 514. Si ode anchenelPestremitàsettentrionale del Banato, cfr. I. POPOVICI Rum. Dialekte, I. p. 165. tncsaluesk 408 « decipio », forma composta del verbo *cialuì, celui « séduire, tromper, duper » o, regolare nel nostro testo (cfr. pag. 72) non possiamo sapere se qui si tratta di işcolă o işcoală. kadar 497 « doliarius », verosimilmente < k á d á r « Küfer, Böttcher, Fassbinder»; ci è attestato solo dall’Anon. Caransebesiensis (p. 344 ed. Creţu) kedar «vietor » (non «victor»!) e dal Lessico di Buda, p. 81 : cădariu «maistoru, quare face càçli, buţi, şi alte vase de lemnu, butnariu, ecc.». Manca in tutte le raccolte di elementi ungheresi; non si può escludere che si tratti di un derivato spontaneo di cadă (cfr. Dicţ. Acad. Rom. I, 11, 12) ma, dati gli Autori che lo usano, il magiarismo è più probabile nonostante anche il DRĂGANU, Dacorom. IV, 153 dubiti, kalamarisul 65 « atramentarium » < kalamáris; questa voce sembra attestata finora solo presso l’Anon. Caransebesiensis 345 (ed. Creţu), cfr. DRĂGANU, Dacorom. IV, 153 e Dicţ. Acad. Rom. Sez. IV, § I, b) ELEMENTI UNGHERESI REGIONALI III I, li, p. 52; ALEXICS, Magy. el. 68, l’elenca però come usata nei distretti di Arad e di Bihor. kancsol 31 « amphora » dice che questa parola è usuale nei comitati di Arad e Bihor; MOLDOVAN, Alsófehéì' várm. rom. népe, 91, elenca conhă fra i magiarismi del distretto di Alba, senza ulteriore determinazione; si trova anche nel Vérsu Kotranczi nel dialetto di Abrud, di P. FURDUI (1818), v. GASTER, Chrest. II, 224. FRÂNCU-CANDREA, Românii din Munţii Apuseni, 99, danno solo le forme cohe, colnă presso i Moţi, ma STAN le ignora. Il WEI- Sez. IV, § I, b) ELEMENTI UNGHERESI REGIONALI GAND, JbIRS. XIII, 92, ci dà la parola konho «Küche» fra i magiarismi raccolti a Nagy-Léta in Ungheria (anche post--bellica) vicino a Debrecen e a Diosàg (Bihor-Diószeg) ed osserva (JbIRS. IV, 287) che la forma cuină si ode «auch anderwärts » (si trova infatti anche presso LIUBA-IANA, Maidan, 96; NOVACOVICIU, Cuv. ban. s. v.). Infine T. PAPAHAGI, Graiul şi folklórul Maramureşului, 217, elenca cunhe «bucătărie, mâncare » e lo trae dal rut. KyxHfl, ma retimo è senza dubbio ungherese (cfr. DRĂGANU, Dacorom. IV, 1082). V. anche HASDEU, Etym. Magnum 92. korbácsul 2124 « scutica » < k o r b á c s « Geissel, Knute ». La forma più comune sotto cui appare questa parola in rumeno è gârbaciu che deriva dal turco kyrbac, cfr. ŞĂINEANU, Influenţa orientală II, i, 176; Dicţ. Acad. Rom. II, 226. La forma corbaciu però si ode in Transilvania, cfr. CANDREA-DENSUSIANU* SPERANŢIA, Graiul Nostru II, 102; POPOVICI, Rum. Dialekte I, 164; VICIU, Glosar, 251 ; MOLDÖVAN, Alsófehér, várm. rom. népe 91 ; BÎRLEA, Balade I, 78, e si trova anche presso l’An. Carans. 347; è quasi certamente di origine ungherese dati i luoghi nei quali si incontra. Cfr. ALEXICS, Magy. eh 74; STAN, Magy. el. mócok nyvb. 25; DRĂGANU, Dacorom. IV, 154 e 1074, e specialmente DENSUSIANU, Graiul d. Ţ. Haţegului § 44, p. 25. korol 1602 «nisus», probabilmente sta per korolj, per una incongruenza grafica, < karaj (karalj, karuj) forme dialettali magiare in luogo del lett. karvaly, cfr. SZINNYEI, Magyar Tájszótár I, T061 «Sperber». Raro magiarismo attestato nel dizionario dell’Anonimo di Caransebeş (p. 347 ed. Creţu) cfr. DRĂGANU, Dacorom. IV 145, nel Dictionariu rumânesc, latinesc şi unguresc di Ioan Bobb (Kolozsvár, 1822) II, 160 ecc.; cfr. ALEXICS, Magy. el. 113; TIKTIN, Dict. Rom. Germ. 418; TREML, Ung. Jahrb. LX 319. kulcser 221 «claviger»; kolcser 306 «condus» (e cioè « dispensiere ») < kulcsár « Beschliesser ». Si trova anche presso l’An. Carans. 348 : «kulcsér, claviger», v. DRĂGANU, Dacorom. IV, 154. L5ALEXICS, Magy. el. 75 ricorda questa parola pei comitati di Arad e Bihor, ma essa ricorre in parecchi documenti antichi sotto le forme clucear(iu), cluceriu che derivano direttamente dalla slavo 8 Carlo Tagliavini, Il (Lexicon Marsilianum». CAPITOLO IV Sez. IV, § i, b) ant. KAttMdph. Per la storia di questa voce vedi ora il beirartcolo di N. DRĂGANU, Dacorom. V, 344—46. lampas 1284 «lampas»; < 1 ámp ás Anche presso l’Anon. Carans. (p. 349, ed. Creţu) «Lempash, Lampas»; nel Dicţ, di BOBB, I, 602 «lampas, lampas»; nel Lex. di Buda, 341: Lampaşu «lucerna » ecc. È un magiarismo regionale invece del neologismo lampă: cfr. ALEXICS, Magy. el. 78; STAN, Magy. el. mócok nyvb. 45; HETCÓ, Berettyó 48; TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 887; AL-GEORGE, Szamos 34 (lumpaş) ; {lampă dato da CABA, Szilágy, 98 e MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe 94; AL-GEORGE, Szamos 36; BARBUL, Avas 50 come di origine ungherese, può provenire fàcilmente anche dal ted. Lampe; cfr. REW. 4870) ; lamba che si òde in Oltenia può aver origine neoellenica (MfXTta), (v. GAMILLSCHEG, Olt. Mund. 74). lepedeö 1375 « linteum » avena (v. DRĂGANU, Dacorom. IV, 162, che non si pronuncia decisamente per l’origine ungherese, potendosi pensare anche al serbo o bulg. 3o6(t>), come fa il TIKTIN Dicţ. Rom. Germ. 1827). Tuttavia siccome voce oltreché nel Banato (cfr. MÂNDRESCU, El. Ung. 119, unica fonte del Tiktin) si ode anche ad Haţeg (DENSUSIANU, Graiul din Ţara Hate-gului 295) e si trova nel nostro lessico in cui i serbismi sono rari, retimo ungherese mi pare più probabile, per quanto non soccorra alcun mezzo per poterlo provare con sicurezza, áokacs 277 « cocus »; 349 « coquus » < szakács « cuoco ». Si trova / anche presso l’An. di Caransebeş, 370 (cfr. DRĂGANU, Dacorom. IV, 158) e si ode ancor oggi in Transilvania, (cfr. VAIDA, Tribuna VII, 381; CABA, Szilágy, 100; MOLDOVAN, Alsófe-eV hér várm. rom. népe, 97; STAN, Magy. el. mócok nyvb. 55; VICIU, Colinde din Ardeal, 204; FRÂNCU-CANDREA, Românii din Munţii Apuseni, 278 ; TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1451) e nel Banato (COSTIN, Graiul bănăţean, 183, elenca però solo il femminile, socăciţă « bucătăreasă », al pari di MÂNDRESCU, Lit. ob< pop., 244 e DINU, Gr. ş. Suflet I, 138). süteii 832 «furnarius» < sü-t-o «Bäcker» (di cui risente perfino-l’influsso grafico), ardito magiarismo ch’io conosco solo dal Les-* sico di Buda, 690 (şuteu, « mai bene coquatoru de pane,pistor »); cfr. anche ALEXICS, Magy. el. 96. szabóul 2087 «sartor » Cszabó « Schneider ». Si trova anche presso l’Anonimo di Caransebeş, 367; sebeu « sartor » (v. DRĂGANU, Dacorom. IV, 157) e nel Lessico di Buda, 602 si nota: «SaBóu cuvéntu nomai in Ungaria intrebuéntiatu, i. e. croitoriu, sartor». Cfr. ALEXICS, Magy. el. 97; MÂNDRESCU, El. Ung. 100; STAN, Magy. el. mócok nyvb. 55; MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. rìépe, yj\ AL-GEORGE, Szamos 35; BARBUL, Avas 52; VICIU, Colinde din Ardeal, 30; VAIDA, Tribuna VII, 377. szeresuesk 1034 « impetro » < s z ë rëzni « schaffen, anschaffen ». Questo magiarismo non è comune; sotto questa forma, anzi, io non 1q conosco da altra fonte, ed anche come significato non segue Sez. IV, § i, b) ELEMENTI UNGHERESI REGIONALI 121 l?accezione più comune. Appare più sovente sotto una veste un po’ più rumena, e precisamente suruzuiesc o surzuiesc, cfr. ALEXICS, Magy. el 99; MÂNDRESCU, EL Ung. 102. Lo STAN, Magy. el. mócok nyvb. 56, ci dà suruzuiesc nel senso di « măsur bine, mai pun ceva peste măsură; jól kimér, még valamit rátesz a mértékre ». Anche ISZER, Wörterbuch, ci dà surzuesc nel senso di « dazu geben, darauf geben, anschaffen » e nel Lessico di Buda, accanto ad « addo, superaddo » troviamo « questigu, agonisescu, quaero, adquiro » (p. 689), che si ravvicinano all*impetro del nostro lessico. Mentre VAIDA, Tribuna VII, 381 traduce surzuesc solo con « păstrez, câştig », CABA, Szilágy, 100, traduce surzuì con «agonisi, megtakarít » tutte testimonianze di un secondo significato di surzuesc più vicino a quello della voce ungherese, tabla 2242 «tabu’a » < t á b 1 a « Tafel ». Il DRĂGANU, Dacorom. IV, 159, ammette l’origine ungherese di questa parola che si trova anche presso l’Anon. di Caransebeş (p. 373), mentre in altri testi antichi l’intermediario fra il lat. tabula e il rum. tablă sarà lo slavo taeaa (v. TIKTIN,Dicţ. Rom. Germ. 1544; MIKLOSICH, Lex.pal. 981). tanács 334 « consilium » < t a n á c s «Rat, Ratschlag ». Questo spiccatissimo magiarismo non mi è noto che da due passi delle lettere rumene dell’Archivio di Bistriţa (del 1662, 1670) ove compare per altro sotto la forma tälnaciu, (cfr. alciu, ariti), cfr. IORGA, Documentele romineşti din arhivele Bistriţei, Buc. 1899—900 Vol. / II, p. 10 e 15. Per la spiegazione di -/- cfr. DRĂGANU, Dacorom. III, 500 n. 1 e Omagiul lui I. Bianu, (1927), p. Ï53. tanyer 1650 «orbis» < tányér «discus». Il dizionario deU’Anon. di Caransebeş (p. 374) elenca questa voce sotto le due forme te-nyer e tinyer e le traduce ambedue con « discus orbis », cfr. DRĂGANU, Dacorom. IV, 161. Cfr. anche ALEXICS, Magy. eL 115 (ove per altro si dicono alcune inessattezze). (Frequente è invece la forma talzer < ungh. diai. tán gyér (SZINNYEI, MTSz. II, 654) nel senso di « fărfurie »). teu 1271 « lacus » (anche 1832 teu de pest« piscina ») > 101). L’etimo ungherese in queste regioni è probabile; ma siccome la voce si incontra anche altrove (cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1615) ed è attestata già in tempi antichi (1588, presso HASDEU, Cuv. d. bâtr. I, 193) non si può escludere che in altre regioni si tratti dello slavo tokti (da cui deriva anche l’ungherese) ; cfr. CIHAC, II, 414. Per V-a della nostra forma si può pensare anche a una contaminazione di teacă(< theca, cfr. VAŞCK,Dacorom. V, 310). c) "Aira£ Xeyófjieva. Ma un interesse certamente maggiore presentano alcuni altri ma-giarismi che riuniremo in un terzo gruppo. Si tratta di undici magiarismi che io ritengo, fino a prova contraria, anaţ hyójueva e che come tali pubblicai già nel mio studio « L'influsso ungherese sull'antica lessicografia rumena » (Revue des Études Hongroises, VI (1928) p. 43 segg). Naturalmente quando la lingua degli scrittori calvinisti transilvani del XVII secolo sarà meglio studiata, alcune di queste voci si troveranno attestate anche altrove, giacché, probabilmente, erano di uso corrente fra quegli scrittori la cui lingua di conversazione era* ripetiamo, l’ungherese e che erano imbevuti di cultura magiara. Nel nostro lessico incontriamo dunque: folloseu 1869 « porticus » P- 335), oppure partendo da una forma ungh. *parasztnok con quel suff. -nok che il MELICH, MNy. XXII, 277 ha dimostrato essere produttivo in ungherese antico) da cui regolarmente si avrebbe parasz(t)nic, (cfr. alnok > alnic). Cfr. ora anche TREML, Ung. Jahrbücher IX, p. 282—83, ove si parla di paharnic. vellö 1480 medulla < velő « Mark». Questa parola sarebbe un ânaf se il veleu, dato senza traduzione dall’Anon. di Caransebeş, 376, derivasse veramente dall’ungh. válu, vályú «Trog» come crede il DRĂGANU, Dacorom. IV, 161 (Infatti a Sălagiu si ha vălâu «scobitura de beut apă la vite» u. pálca; si. malina> málna; si. opati ca> apáca (cfr. GOM-BOCZ, Magyar történeti nyelvtan II, 2, p, 60 § 44. Quantunque si possa pensare che Vi sia dovuta a sovrapposizione del suffisso - iţă, giacché non mancano esempi di simili analogie, p. es. berbeniţă (An. Car. 330) < berbence (v. Dicţ. Acad. Rom. I, 544)*) è più prudente far derivare questa voce dallo slavo kamenica (MIKLOSICH, Lexicon Palaeoslovenicum, 299). Per la voce ungh. cfr. SZARVAS, Nyr. XV, 358 segg. HORGER, MATy. XXII317 segg. kercsma 1864 «popina». Il rumeno usa generalmente la forma cârciumă ( < si. ant. KpitMiVia). Il TIKTIN,Dicţ. Rom. Germ. 292 registra, nella letteratura antica, anche la forma cârşmă (cfr. GASTER, Chrest. II 224 e ora anche Dicţ. Acad. Rom. I, 2, p. 135 segg.). L’Anonimo di Caransebeş ha kërcsmë (p. 345), probabilmente dalPungh. korcsma (SZINNYEI, Magyar Táj szótár, I, 1176). koezke 17 «alea » può essere tanto il serbo-croato kocka «der Würfel» (v. IVEKOViC-BROZ, Rjecnik 533), quanto il magiaro kocka « Würfel », a sua volta di origine slava, (MIKLOSICH, SI. El. Magy. p. 35). kossa 636 « falx » < si. ant. Koca (cfr. CIHAC II, 65; TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 420) piuttosto che dalPungh. kasza (come crede MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe 91). kovács 618 « faber »; 664 « ferrarius ». CIHAC, II, 78 e TIKTIN, Dicţ. *) L’esempio medelniţă ^medence portato dal Popovici: Magyar Nyelvőr, XXXVIII, 209, non serve, perchè l’etimo è senza dubbio slavo v. Tiktin: Dicţ. Rom.-G?rm.ţ 964. Anche la parola ungherese risale allo si. me dentea, Cfr# Miklosich, Lex. pai. 391. 128 CAPITOLO IV Sez. IV, § i, d) Rom. Germ. 427, lo traggono dallo si. kobami* , ma siccome si ode specialmente in Transilvania, quivi può esser derivato dall’ungh. k o-V á c s, cfr. STAN, Magy. el. mócok nyvb. 23 ; HETCÓ, Berettyó, 45; CABA, Szilágy, 95. kurvas 2065 « salax » probabilissimamente dall’ungh. k u r v a s « me-retricius» (PAPAI); in rumeno si usa curvar di origine slava, cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 468. Anche per curviì (che si trova al N. 850 in cassa de kurve «ganeo ») l’etimo slavo è più probabile, ma nel caso specifico del nostro lessico, potrebbe trattarsi anche di kurva ungherese. Quanto a kurvas, di cui ci occupiamo, data la presenza nei distretti di Arad e di Alba del magiarismo curvuşag, curvaşag < kurváság (cfr. ALEXICS* Magy. el. 75; MOLDOVAN, Alsójehér várm. rom. népe, 95) e dato il suo aspetto, io non dubito a ritenerlo un magiarismo1). lanczul 172 « catena » può essere tanto il magiaro lánc (cfr. ALEXICS* Magy. el. 76; HUNFALVY, NyK. XIV, 447; CABA, Szilágy 98; MOLDOVAN, Alscfehlr várm. rom. népe, 94; BARBUL, Avas* 50.) quanto lo si. * lanwch (cfr. ant. si. AamviţoSp* da cu* deriva anche la parola ungherese (v. MELICH, Szláv jövevényszavaink, I, 134 segg.), cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 888. Il trovarsi la parola già nel Codice di Voroneţ non parlerebbe però affatto contro l’etimo ungherese, lipan 1388 «lix» (genere di pesce). Si trova presso l’Anonimo di Caransebeş, p. 351 (lipan, piscis) ed è glossato con lepény-haL Anche il nostro Autore lo traduce in magiaro con lepény. Tuttavia mentre il compianto POPOVICI, Nyr. XXXVIII, p. 212, ammetteva senz’ altro l’origine magiara, ben a ragione il DRĂGANU* Dacorom. IV, 154—55, cerca, per ragioni fonetiche, l’etimo nel serbo-croato lipan « Asche, timallum vulgare » (v. IVEKOVlC-BROZ, Rjecnik I, 639). Accanto alla forma lipan, che come abbiamo visto, è di origine serbo-croata, vive la forma lipin, attestata nel distretto di Alba dal MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe 94, e di evidente origine ungherese (lepény). È notevole ricordare che questa seconda forma si trova già nella Palia de Orăştie (Esodo 29) v. POPOVICI, Nyr. XXXVIII, 209. (L’ungh. *) Cfr. quanto scrive il Tremi, Ung. Jahrb. IX, 312 a proposito di puscaf < puskás. Sfez. IV, § i, d) ELEMENTI UNGHERESI INCERTI 129 lepény è a sua volta di origine slava cfr. MIKLOSICH, SI. El; Magy. p. 29 N. 431). lotru 825 «fur» (al N. 1306 latr, ma al 1307 di nuovo lotru coi derivati lotria, 1308; lotrisorul, 1309 rispettivamente « latrocinum >> e «la-trunculus» ; e quindi lotrisorul al N. 836 «furunculus »). Anche presso PAnon. di Caransebeş, p. 351, troviamo lotru, lotrony, lotrie, lo-tresc, lotreskume, lotrame. La parola si trova anche in testi antichi anzi già nella lettera del boiardo Neacsu del 1521 (TAGLIAVINI, Antologia Rumena, 268) ; deriva più probabilmente dal serbo lotar, gen. lotra\ (cfr. poi. lotr ecc. e v. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 923; BERNEKER, Slav. Etym. Wörterbuch I, 735) che dalPungh. lator (an ch’e s so derivato dallo slavo), mák 1687 « papaver » può derivare tanto dallo slavo maki*, (v. BERNEKER, Slav. Etym. Wörterbuch, II 9 , quanto dalPungh. mák (che a sua volta è di origine slava MILKLOSICH, SI. El. Magy p. 40 n. 450). mentie 188 « chlamis » (col derivato mentiucza, 189 « chlamydula ») ; dall’ortografia del nostro Autore, come si vide alle pagg. 50—61, non si può fare troppo affidamento ; tuttavia trovando mentie e non mantye arguiamo che l’accento fosse sull V, come ai tempi antichi, e non sull’#, come oggi (cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 949). Avendo una forma mentie si può pensare più facilmente allo si. MatTKTHia, piuttostochè all’ungh. mente. D’altra parte non è escluso che si debba leggere ment9e et allora Ve invece di a [mantie) militerebbe per l’origine ungherese, pohar 139 «calix»; 974 «hyalus»; 1853 «poculum»; 2125 « scyphus ». L’etimo del rum. pähar si ricerca di solito nello slavo (cfr. serbo-cr. pehar) v. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1107; CIHAC, II, 238. L’o che il nostro autore presenta costamente nei cinque esempi, ci fa pensare all’ungh. pohár; tuttavia partendo dalla forma arcaica pahar, ă > o dopo labiale si spiega anche foneticamente cfr. Sez. II § i pag. 62. puska 2114 «sclopus» può venir tanto dallo slavo noSwKa quanto dal mag. puska (cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1283; TREML, Ung. Jahrb. IX, 312). puskás 984 « jaculator » dificilmente sarà una formazione rumena col suff. - aş (cfr. PASCU, Suf. rom. 350); la voce si ode in Transilvania, Banato e Moldavia, ed è più probabile pensare a una derivazione diretta dalPungh. < p u s k á s. (cfr. TREML, Ung. Jahrb. IX, 3ï2). 9 Carlo Tagliavini, 11 «Lexicon Marsilianum». 130 CAPITOLO IV Sez. IV, §1, d) saffran 363 « crocum ». La forma più comune in rumeno e şofran (cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1454) che si fa risalir per solito allo slavo (v. CIHAC, II, 383); qui si può pensare tanto all’ungh. sáfrány r quanto allo si. uia^atrh (MIKLOSICH, Lex. palaeoslov. 1132) cfr. TREML, Ung. Jahrb. IX, 302. (Per la più remota l’origine orientale, cfr. LOKOTSCH, Etym. Wörterbuch d. europäischen Wörter orient. Ursprungs, Heidelberg 1927, N. 2178). rendül 1655 «ordo», in questo senso potrebbe essere un magiarismo: < r e n d (v. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1326, n. 11). Tuttavia la traduzione latina «ordo», non basta a farci comprendere se di tratta di «Reihe» o di «Ordnung». Altrimenti deriverà dalPant. si. cfr. CIHAC, II, 312 segg. e BYHAN, JbIRS. V, 329. Di origine ungherese è certamente rândului < r e n d e 1 n i, BÎRLEA, Balade I, 60). strása 387 « custodia »; può essere tanto Pungh. strdzsa. «Wache, Wacht » quanto lo si. ant. CTpawa, (pvXaycrj, custodia, d cui deriva anche l’ungherese, cfr. MIKLOSICH, Lexicon palaeoslov. 887; CIHAC, II, 37* • szalogh 1819 «pignus» può esser tanto l’ungh. zálog «Pfand», quanto lo si. ant. saaorh, èvé%VQ0v, pignus, da cui deriva anche l’ungherese (cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1790). Mi pare quindi che abbia avuto torto il compianto POPOVICI a elencare senz’altro zálog fra i magiarismi della Palia (An. Acad. Rom. XXXIII, p. 537). sopon 2085 « sapo ». La forma rumena è săpun che può derivare direttamente dal latino (cfr. REW. 7589) quanto pervenire più probabilmente per via indiretta, portato forse dai barbieri italiani (TIKTIN, Dicţ.Rom. Germ. 1363). La forma sopon che si incontra in Moldavia, Banato (TIKTIN, 1. c.) e Transilvania (cfr. STAN, Magy. el. mócok nyvb. 56; CABA, Szilágy 100) deriva probabilissimamente dalPungh. szappan, tolmács 1196 «interpres». L’o potrebbe stare per ă dandoci la comune forma rumena tälmaciu, che ha origine slava, (T/VhA\4Tk), quanto potrebbe trattarsi, come io credo, di un magiarismo 8ahì\a). kamora 141 « camera » a causa del suo o deriverà probabilmente dal magiaro kamara (e non dal gr. Tcafxàqa, si. KAMapd, cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 268; Dicţ. Acad. Rom. I, 6 segg.). Sarebbe interessante sapere l’accento, capitany 524 « dux » difficilmente in questa forma potrà derivare direttamente dall’ital. capitano (TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 285). L’intermediario è qui senza dubbio l’ungh. kapitány (v. ALEXICS, Magyar el. 69), che deriva a sua volta dalPitaliano v. KÖRÖSI, Elem. Ital. 32. Cfr. anche TREML, Ung. Jahrb. IX, 314. poiata 1680, 1979, «palatium». La forma palota, che si trovà nel Catechismo calvinista (v. BARIŢ, Catechismu calvinescu, p. 127) presso CABA, Szilágy, 99; VICIU, Colinde din Ardeal, 32, 81, al pari della forma palutâ (MARIAN, Naşterea la Români 128; MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe 95) è certo di origine ungherese (p a 1 o t a). Poiata del nostro Lessico è documentato nella letteratura antica e potrebbe risalire allo si. iioa4T4 (v. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. ino); MIKLOSICH, Lex. pal. 613), ma nell’ortografia del nostro autore, a potrebbe avere il suono di a ungherese e quindi non occorre dar troppo valore a questa forma, portia 1870 «portio». È un latinismo reale, o solo grafico? Certo là sua presenza deve esser dovuta alla vita rigogliosa di porció nei dialetti ungheresi (v. SZINNYEI, Magyar Tájszótár II, 191). tantopiù che la voce portié è dialettale e non rara in Transilvania nei sensi di «porzione», di «veche măsură pentru lichide la criş-mari, cam 0,6 dcgr.» (VICIU, Glosar, Supl. 13); e di «dare, impozit» (PAŞCA, Glosar dialectal, 47). In quest’ ultimo senso l’origine ungherese è indubia. Si può inoltre aver dubbio fra imprestito ungherese e formazione spontanea (oltre i casi di kurvas, 2065 ; puskás 984 già citati) in : koszas 721 « foenifex » (v. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 420) che può esser , tanto una formazione rumena da coasă « falce » (per cui v. pag. 127) coll’aggiunta del suff. - aş, quanto, come credo più probabile, un prestito dall’ungh. kaszás« Mäher ». Questa derivazione è suffragata anche dalla presenza nei comitati di Arad e Bihor del magiarismo cosäläu < kaszáló (föld) v. ALEXICS, Magy. el. 74—75. CAPITOLO IV Sez. IV, § i, e) e) Calchi linguistici sull5 ungherese. Prima di abbandonare questo paragrafo1), particolarmente interessante, non voglio trascurare di far cenno di qualche caso di « materia rumena e spirito magiaro », come si potrebbe dire seguendo la terminologia del nostro grande Ascoli2). Si tratta di alcuni « calchi », come dicono oggi i linguisti con un termine più comodo, ma meno espressivo 3) che sono assai interessanti per noi. Il nostro Autore era più avvezzo a parlar ungherese che rumeno, e molte volte ha coniato voci rumene su un modello magiaro: Vediamo qualche esempio, limitandoci ai più interessanti. PatronuSy 1715, è tradotto in rumeno con voitor bon (bon = b\in)\ ora, in rumeno, un’espressione come questa non esiste, nè può esistere (caso mai si direbbe * voitor de bine o qualcosa di simile). Ebbene, qui ci troviamo dinanzi a un « calco » dell’ungh. jóakaró « Gönner » (composto di jó = rum. bun, e akaró = rum. voitor). Al N. 597 incontriamo la rara parola deskompar « eximo », usata solo nella Palia di Orăştie, nel frammento di Molitvelnic di Coresi e in qualche altro testo transilvano (cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1302); questa voce è un calco* più generale e non attribuibile al nostro Autore, dell’ungh .kiváltani « aus-lösen»; SZTRIPSZKI-ALEXICS, Szegedi Gergely énekeskönyve, 96, pensano che il descumpărat del Molitvelnic di Coresi sia modellato sulPungh. megváltott y ma mi sembra più verosimile che si tratti di ki-corrispondente, in modo esatto, al rum. des -, piuttosto che di meg -. Anakolo del N. 1133 è un composto, in luogo del corretto mtr*acolo deve essere formato da în e acolo ; può darsi che sia dovuto a una fusione concettuale fra acolo e încolo, oppure a un calco del lat. inibiy ma non si può escludere l’ipotesi di un calco del magiaro attan. Al N. 1105 troviamo inkops «infibulo» che corrisponde all’m- *) Non abbiamo incluso negli elenchi di magiarismi il No. 879 : gloncz « glóbus » col suo derivato glonczior, 880 « globulus », perchè l’etimo ungherese golyó proposto dal Cihac, II, 501 è insostenibile. Il Dicţ. Acad. Rom.t II, 276—77 più prudentemente dà come sconosciuta l’etimologia della voce. Anche i Ni 434, ban «Denarius»; 1623, « nummus » banyi 1735, son stati a bella posta omessi giacché Tetimo ungherese, affermato da alcuni (cfr. TREML, Ung. Jahrb. IX, 302) è troppo incerto. 2) Ascoli: Arch. glott. italiano, VII, 411—412; 556 segg. 3) Sandfeld: Sur les calques linguistiques (Festschrift Thomsen, pag. 176 segg.) Vedi la letteratura più recente sui « calchi » presso M. Bartoli : Introduzione alla Neolinguistica, Ginevra 1925 (ma in realtà, 1927), pag. 83 segg. Séz. IV, § 2 ELEMEN ri TEDESCHI J35 copceà « zuhaken » che il TIKTIN, ZVc/. rom. germ. 789 ci attesta appunto per la Transilvania ; è probabile che si tratti di una formazione spontanea da copce, copcie ( < serb. kopâa, BERNEKER, Slav. Et. Wörterbuch I, 564, piuttosto che direttamente dal turco ^ qopia «agrafe » che è anche la base delle voci slave; v. ŞĂINEANU, Influenţa Orientală II, 142), tuttavia non si può escludere che questo incopceà sia stato modellato sull’ungherese bekapcsolni « einhaken ». Anche il N. 1832 teu de pest «piscina » e il N. 1690 gradina de salbetics «para-disus (sic) » sono forse calchi dalle voci ungheresi halastó e vadkert. Infine l’osceno significato di penis, dato al rum. coadă al N. 1747, sconosciuto per quanto so al rumeno, e attestato solo sporadicamente a Boian Centru (Cernăuţi) in Bucovina, col senso di «genitali maschili del cavallo» (PAŞCA, Dacorom. V, 311) qui è quasi certamente un calco sulPungh. fark, che, come è ben noto, ha tanto il significato di « cauda » quanto quello di « penis » (v. TAGLIAVINI, Revue d. ét. hongroises VI, 45). Giunti alla fine di questo paragrafo, possiamo, in qualche modo, tirar le somme; le statistiche in una materia come questa hanno, è vero, un valore relativo, ma che non deve neppure esser troppo disprezzato. Ci si può domandare dunque: quanti sono gli elementi ungheresi del Lexicon Marsilianum? Contando anche i duplicati (per poter fare la percentuale sul totale dei numeri del nostro lessico che contiene anche parecchi altri duplicati), abbiamo 154 magiarismi relativamente sicuri, senza contare una quarantina di numeri « dubbi », almeno la metà dei quali è « verosimilmente ungherese ». Su un totale di 2344 voci (e cioè i 2396 numeri, meno le 52 lacune della colonna rumena) abbiamo una percentuale di 6, 5%; contando anche i dubbi, abbiamo circa 1’ 8%. Nel lessico delPAnonimo di Caransebeş, fra elementi sicuri e dubbi, il DRĂGANU elenca 380 magiarismi il che, su 5000 voci circa, dà a un dipresso il 7, 2%. Da questo si può vedere che tanto l’Anonimo di Caransebeş, quanto il nostro lessicografo usano press ’a poco la stessa percentuale di elementi magiari, percentuale che doveva, con minime differenze, esser anche negli altri testi calvinisti dell’epoca. § 2. Elementi tedeschi. Questo secondo gruppo contiene poche parole, giacché di alcune si è già trattato al paragrafo precedente (láda, höring, pergar) essendovi 136 CAPITOLO IV Sez. IV, §, a dubbio fra un etimo ungherese e tedesco. Si tratta di voci tedesche dovute all’influsso dei Sassoni della Transilvania, giacché ulteriori in*-flussi germanici sono esclusi dal nostro Lessico per semplici ragioni cronologiche 1). Vediamole brevemente: barbir 187 «chirurgus»; barbárul 2272 «tonsor». Troviamo questa parola anche presso TAn. di Caransebeş, 330, coi medesimi significati (berbir, «tonsor, chirurgus»). II DRĂGANU, Dacorom. IV, 146 trae questa parola, molto giustamente, dal ted. Barbier, tuttavia essa mancà nella dissertazione del Borcia e in quella del Mândrescu. Il Dicţ. Acad. Rom. I, 495 (che pur elenca la forma dell’A-nonimo) si limita a dire che barbir è un « neologism ìntrat de timpuriu în limbă, prin filiaţiune neogrecească (jUTzaQjUTzégrjç, idem) din ital. barbiere ». Questo può essere in Valacchia e Moldavia, ma difficilmente in Transilvania; il CARTO JAN, Fiore di Virtù în literatura românească, Buc. 1928, p. 50, pensa a un intermediario serbo, ma per ragioni di accento (cfr. TAGLIAVINI, Studi Rumeni, III, 178) è più logico pensare all’intermediario tedesco, bere 2395 « zythum », parola entrata assai presto in rumeno (già in un documento del 1588 (v. HASDEU, Cuvente d. bătrâni I, 194) e derivante, secondo il Dicţ. Acad. Rom. I, 545, dal ted. Bier « apropriat de infinitivul verbului beà ». ferdel 1509 « metreta ». La traduzione latina è un po’ vaga, giacché fér-delà (la forma maschile è un anat; evQìjjuevov del nostro lessico) è propriamente una « măsură de capacitate pentru cereale, conţinând 20 de litre s. 16 cofe, ceeace corespundeà la 34 de găleată». (Dicţ. Acad. Rom. II, 98). L’etimo è il sass. f y r d e 1 (ted. lett. Viertel) di cui il Lexicon Marsilianum conserva anche il genere. Cfr. POPOVICI, Rum. Dialekte, I 154; VICIU, Colinde din Ardeal p. x) La colonizzazione degli Svevi nel Banato è cominciata solo nel XVIII secolo, cfr. Szentkláray Jenő: Mercy kormányazata a temesi bánságban, Budapest, 1909; R. F. Kaindl: Geschichte der Deutschen in den Karpathenländern, Gotha 1907, pag. 100 segg.; F. Kräuter, Germanii din Banat, in TrBCrM. I, 639 segg. e il mediocre volumetto di T. Simu: Colonizarea Şvabilor din Banat, Timişoara 1924 (v. Korrespondenzblatt d. Vereins f. siebenb. Landeskunde, XLVII (1924), 90 segg.)- Neppure possono essere in giuoco gli influssi dovuti all’occupazione austriaca, che comincia appunto nel 1687 quando il Marsigli entra in Transilvania. Per tutto questo v. Borcia: Deutsche Sprachelemente im Rumänischen «JbIRS»,. X, pag. 138 segg; Sez. IV, § 2 ELEMENTI TEDESCHI 137 112, 200, ma specialmente BORCIA, JbIRS. X, 186; MÂNDRESCU, Infl. germ. 47. glásd 974 « hyalus »; 2353 « vitrum »; anche per questa parola la forma* maschile, più fedele al modello tedesco, è un ănaţ evqrifxevov del nostro lessico. In Transilvania e in Moldavia si ode glajăo glaje col senso di « bicchiere » < ted. Glas. Glaje « vitrum » si trova anche nel Dizionario di T. Corbea (v. CREŢU, Voinţa Naţională 15 Oct. 1906). V. Dicţ. Acad. Rom. II, 271 e specialmente BORCIA, JbIRS. X, 189—190; MÂNDRESCU, Infl. germ. 56. Per la grafia sd = z v. Sez. I, § 3, pag. 59. Potrebbe anche trattarsi d'uno sbaglio di copia per glasa (-glajă). korfa 352 «corbis». Si trova nel Lessico di Buda, p. 139; Corfă «cor* bis, quallus, sporta, calathus, cophinus » e deriva dal sass. trans. k‘ or f (ted. lett. Korb). Cfr. BORCIA, JbIRS. X, 183, che dice esser questa una voce pochissimo diffusa; per la Ţara Oltului l’attesta anche T. DINU, Gr. ş. Suflet, I, 136 (corfă, «coş mare»), maier 2342 « villa ». Può essere tanto un singolare, come maeru « villa » del Lessico di Tudor Corbea (cfr. CREŢU, Voinţa Naţională, 15 Oct. 1905) quanto un plur. maieri con scomparsa dell7, per cui , v. Sez. II § i. p. 69. Maieri «dienst zur Bezeichnung der rum. Vorstädte in den sächs. Städten Siebenbürgens » < ted. Meier ( < lat. major, v. KLUGE, Etym. Wörterbuch d. deutschen Sprache, 1921 (9 ed.) 305). (Sarebbe fuor di luogo pensare all’ungh. major « Meierhof » per cui v. LUMTZER-MELICH, Deutsche Lehnw. 172—173) cfr. BORCIA, JbIRS. X, 197—98. MÂNDRESCU, Infl. germ. 66. regiment 1980 « regimen» giunge al rumeno in questa forma (che si deve leggere con g velare) attraverso il ted. Regiment cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1318. stáp 84, «bacculus»: è questa, se non erro, la più antica documentazione della voce ţteap < Ted. Stab, di cui si è occupato recentemente il DRĂGANU, Dacorom. Ili, 709 (ma, data appunto la sua antichità, cade la supposizione della provenienza «militare austriaca» formulata da questo chiaro Autore). L’origine tedesca di questa voce è ammessa anche da MIKLOSICH, SI. El. Rum. 35. Strang 822 «funis», è forma assai nota anche fuori della Transilvania, v. TIKTIN,Dicţ. Rom. Germ. 1510; anche l’An. Caransebesiensis, p. 372 ha shtrang « funis » (v. DRĂGANU, Dacorom. IV, 157) ; deriva *3» CAPITOLO IV Sez. IV, § a—3 dal ted. Strang; cfr. BORCIA, JbIRS. X, 212. MÂNDRESCU, Infl. germ. 91. Æüra 953 «horreum». Anche l'Anonimo di Caransebeş p. 373, elenca ihure, « horreum » v. DRĂGANU, Dacorom. IV, 147. Non può derivare dall’ungh. csűr, come pensava ALEXICS, Magyar el. 96 (che citava una forma sur la quale manca però nel fondamentale Dizionario dei dialetti ungheresi dello SZINNYEI, I, 377) ma giungerà direttamente dall'ant. sass. s c h y r e n (ted. lett. Scheuer) come vuole il BORCIA, JbIRS. X, 213—214. Non importa pensare a un intermediario ruteno, come faceva il compianto BOGREA, Dacorom. IV, 849. trink 1411 « lora ». Si trova nel Lessico di Buda (p. 724): Trincu, « crematoi m secundarium, utolypalyinka, der Nachlauf vom Brandtwein ». Si suo e far derivare dal ted. trinken (v. DRĂGANU, Dacorom. IV, 147) ma non si comprende bene lo sviluppo semantico. Il BORCIA, JbIRS. X, 215 più prudentemente si contenta di affermare: «Es scheint aus d. trinken in irgend einem Zusammenhänge entstanden zu sein ». zamalczuit 1385 «litus, bemâszolt»; zămălţuit è una forma dialettale in luogo di şmălţuit, smălţuit, zmălţuit; ha per base zmalţ che mediatamente o immediatamente deriva dal ted. Schmaltz> cfr. MÂNDRESCU, Infl. germ. 84, La forma zatn - in luogo di zm - può essere dovuta tanto a fonetismo dialettale (cfr. zo-gonyesk 1745 «pello» in luogo di izgonesc e v. pag. 150 seg.), quanto alla sovrapposizione delFungh. zomàlcz (are. per zomdncz v. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. Ili 1284). § 3. Elementi turchi. È interessante fare qui una considerazione, per così dire, negativa. Nel nostro lessico non si trovano che pochissimi elementi turchi, e quasi tutti giunti per via indiretta. Questa constatazione è importante per la localizzazione del nostro testo. Noi sappiamo infatti che in Transilvania gli elementi turchi sono quasi sconosciuti*) e cosi pure nella *) Cfr. Şăineanu: Influenţa orientală asupra limbei şi culturei române, Buc. 190a, vol. I § 33, pag. LXXIX segg. V. anche Romania, XXXI, 81 segg. Sez. IV, § 3 ELEMENTI TURCHI 139 regione dei Criş e del Mureş *) ; nel Banato invece troviamo parecchie voci d’origine turca, pervenute tutte attraverso il serbo, secondo lo ŞĂI-NEANU 2) o anche direttamente, secondo il POPOVICI, le cui poco attendibili conclusioni si basano per altro suironomastica e sulla toponomastica che nel nostro caso, non entrano in giuoco 3). Alcuni elementi turchi, giunti attraverso l’ungherese e il serbo, sono già stati esaminati nelle pagine precedenti ; abbiamo visto così che korbács, 2124, viene dal turco kyrbac, attraverso l’ungh. korbács; che dogania, 1634, viene dal turco JJ, dukkiăn « boutique », attraverso il serbo dóganja (o V ungh. dogány) ecc. mentre al di là dei Carpazi troviamo le forme provenienti direttamente dal turco gârbaciu, dughiană. Vediamo ora qualche altro caso : jdusman 963 « hostis » ; 2089 Satan 4)<^ turco dusmen « ennemi ». Si tratta di una parola « pretutindenea cunoscută, şi destul de veche » v. ŞĂINEANU, Influenţa Orientală I, p. XIII; II, 1, p. 165—66. kantaresk 1860 «pondero». Si trova anche presso l’Anon. di Caransebeş, p. 345, kënteresk (senza traduzione) accanto al sostantivo kentar. Si tratta di un derivato di cântar < tur. ar. qantar « quintal, poids de 44 oka », v. ŞĂINEANU, Influenţa Orientală II, 85—86. Si trova però anche in serbo-cr. kantar « statera » (IVE-KOVIÚ-BROZ, Rjecnik I, 510) e al nostro Autore e alla lingua della sua regione può esser giunto attraverso questo intermediario, ibaszap 1287 «lanius» < ture. qasab «boucher». È una parola molto estesa. Lo ŞĂINEANU, Influenţa Orientală, II, 92, scrive: «vorba circulă în Moldova, Bucovina, fi în părţile limitrofe ale Ardealului ». E siccome si trova anche nel Banato (v. ŢICHINDEAL,ia-bule, 197 ; POPOVICI, Rum. Dialekte 1,166) deve esistere anche nella regione dei Criş. È probabile però anche per puesta vocea l’interme- *) Şăineanu: Influenţa orientală, I, p. LXXX nota i. a) Şăineanu: Influenţa oriçtÿglây I,§ 34, p. LXXX segg. Romania XXXI, pag. 82 — 99. 8) los. Popovici: Studiile d-lui L. Şăineanu despre Influenţa orientală asupra limbei române, Sibiu 1904, pag. 18 segg. afferma che la storia del Banato non permette affatto le conclusioni alle quali giunge lo Şăineanu perchè tale regione fu sempre in contatto coi Turchi e perchè si trovano molti nomi di famiglia e di luogo di origine turca. Cfr. però il giudizio giustamente severo del Weigand, Krit. Jahresbericht über Fortschritte d. rom. Phil. VIII, 111. 4) È strano non trovare drac o hitlean per tradurre Satana, ma il semplice duşman• 140 CAPITOLO IV Sez. IV, §§ 3-^-4 diario serbo kasapin (IVECOVlC-BROZ, Rjecnik, 1,517), cfr. ora Dicţ. Acad. Rom. I, II, p. 174. kasan 124 «cacabus» (scritto per una svista cabacus) < ture, •viß qazan> parola molto estesa. Lo ŞĂINEANU, Influenţa Orientală II, 98—99, ci dice che «vorba e cunoscută şi în părţile limitrofe ale Ardealului », ma non si può escludere che quivi sia giunta attraverso l’ungherese kazán « Kessel », che deriva esso pure dal turco. Il CABA, Szilágy, 95, e il MOLDOVAN, Alsófehér várm. rom. népe 90, elencano la parola, il che denota che non si ode solo nelle «părţi limitrofe», ma assai più a nord, rendendo l’interme-diario ungherese assai probabile (i due autori citati, non preoccupandosi delPorigine turca, elencano senz’altro la parola fra i magiarismi). serbet 1566 « mulsum » < ture. serbe* «boisson sucrée et aromati- sée » cfr. ŞĂINEANU, Influenţa Orientală, II, 336. La voce potrebbe esser venuta direttamente, oppure per intermediario serbo o ungherese. Siccome in serbo serbet è voce poco usata (v. IVEKOVlC-BROZ, Rjecnik II, 524) sarà più probabile pensare all’ungh. sörbet. Abbiamo elencato dunque qui solo cinque voci che possono derivare dal turco per via diretta, ma che con maggiori probabilità vengono attraverso il serbo e l’ungherese. Di quelle parole di origine turca che, per il loro aspetto fonetico, dimostrano chiaramente di esser venute attraverso una lingua o l’altra (tipo korbács, gârbaciu) si è già parlato e di keszul per chiseà si parlerà al § 4. Concludendo : anche quando la forma esteriore della parola non ci permette di pronunziarci con sicurezza sull’esistenza di un intermediario serbo o ungherese, esso è sempre possibile e le due parole turche per cui non è necessario supporre fase intermedia (duşman e casap) sono voci estesissime che si odono anche in Transilvania e nella regione dei Criş. Di queste conclusioni terremo conto al Capitolo Settimo. § 4. Elementi sed)i. È deplorevole lacuna degli studi rumeni la mancanza di uno studio sull’influsso serbo, generale e specialmente regionale, sulla lingua rumena 1). Tale influsso non solo è fortissimo, come è naturale, sui Ru- *) Un semplice, ma pur prezioso, inizio in questo genere di studi ci è offerto dall’articolo postumo di I. POPOVICI, Einige Bemerkungen über die serbo-rumă-nischen Lehnwörter, nella rivista Slavia VII (1928) pagg. 15-24. Sez. IV, § 4 ELEMENTI SERBI 14? merii di Serbia 1), ma anche è considerevole su quelli del Banato e delle regioni adiacenti. Tutti gli Autori del Banato usano parecchi serbismi, ma ci mancano degli studi che ci dimostrino il genere e la proporzione di questi elementi; Il DRĂGANU 2) e prima di lui lo HASDEU, hanno accennato di sfuggita ai «numerosi serbismi dell’Anonimo di Caransebeş », senza raccoglierli, come sarebbe stato desiderabile, e si è accennato anche ai serbismi degli altri autori banatensi secenteschi, sempre tenendosi sulle generali e senza procedere a una ordinata raccolta s). Nel nostro lessico si trovano pochi serbismi, perchè il nostro Autore dovette provenire da una zona che era relativamente settentrionale, in confronto al Banato, pur essendo a cavaliere fra questo e la regione dei Criş. I più interessanti serbismi del nostro lessico sono: beilesc 883 «glubo» < bijeliti «albare», cfr. Dicţ. Acad. Rom. I. 554 e vedi pure qui sopra a pag. 65: Ad de Rjecnik hrvatskoga ili srpskoga jezika dell’Acc. Jugoslava, I, 294. bota 840 «fustis» (si ode in Banato, Transilvania, Moldavia, Oltenia), < serb. bota, cfr. Dicţ. Acad. Rom. I, 587; DENSUSIANU, Hist, langue roumaine, I, 365. (Secondo BÎRLEA, Balade I 35 < ungh. bot, v. anche Dicţ. Acad. Rom. I 628). Ma la pärola in serbo è assai rara, cfr. Rjecnik dell’Acc. Jugoslava citato I, 563. dogania 1634; doganyie 750 «fornix », forse < serbo cr. doganja, come si vide al § i d, pag. 126. keszul 1393 «locellus », < serb. késa « Beutel, sacculus» (v. IVEKOVlC-BROZ, Rjecnik I, 523) che a sua volta deriva dal turco kisé « bourse, petit sac pour mettre l’argent». Mentre in rum. lett. si trova la forma chiseà (o cheseà) che risale direttamente al turco (v. ŞĂINEANU, Influenţa Orientală, II, 117), la variante ches che si ode nel Banato col senso di « săculeţ de pânză » (COSTIN, Graiul bănăţean, 76) è di origine serba 4). kopcs 669 «fibula» e inkops 1105 «infibulo» < serb. kopca (piutto-stochè dal turco qopca << agrafe de métal » che è a base delle voci 1) Giuglea-Vâlsan : Românii din Serbia, Bue. 1914; Bucuţă: Românii dintre Vi-din şi TimoCy Buc. 1924. 2) Drăganu: Dacorom., IV, pag. 118 nota. 3) Sztripszki-Alexics : Szegedi Gergely énekeskönyve, pag. 226. 4) Il Lessico deirAnonimo di Caransebeş, pag. 374, ha in questo senso tisug « sacculus ». Per questa parola v. Lacea: Dacorom., Ili, 742 e lett. citata. 142 CAPITOLO IV Sez. IV, § 4-5 slave (v. ŞĂINEANU, Infl. Orientală II, 143 e BERNEKER, Slav. Etym. Wörterbuch I, p. 564), e qui sopra a pag. 135. lipan, 1388 «lix» serbo-cr. lipan «Asche» v. sopra pag. 128. pretiestv 322 «consanguinitas» è parola per quanto io so non inai documentata in rumeno e d’un aspetto cosi slavo da produrre uno strano contrasto; se non si tratta di un puro errore materiale di scrittura, o di una confusione nella mente delPAutore e se la parola è realmente stata viva e vitale nel dialetto del nostro Anonimo, si può pensare a un serbismo; < serbo-cr. prija-téljstvo «amiciţia, affinitas», cfr. IVEKOVlC-BROZ, II, 214), giacché difficilmente lo si. ant. iiphiütcakctbo (MIKLOSICH, Lex. Pai. 689) awrebbe potuto influenzare il nostro Autore che si trovava in ambiente lontano dalla cultura slava, prod 2294 « vadum » < serbo-cr.prud, cfr. siov.prod (in luogo del rum. letterario prund < si. ant. cfr* MIKLOSICH, Sl.El. Rum. ţi). racza 27 an(n)as < serbo raca, «die Ente» (v. sopra, pag. 12)5. sobot 2044 «sabbatum»; se non si tratta di un errore materiale, la nostra forma è assai strana ; abbiamo infatti, accanto al rum. lett. sâm-bâtă, anche la forma sâmbotă. (Pravila di Govora, 35, a), ma sobot (a) non so che sia attestato altrove. Mentre sâmbătă ha un origine più verosimilmente latina che slava (cfr. PUŞCARIU, Dacorom. I, 410, 436), la nostra forma dovrà risalire al serbo-cr. dialettale sobota per siibota (cfr. MELICH, Szláv Jövevényszavaink II, 267 segg.) Se invece si trattasse di un errore per * somboty sarebbe più facile pensare alFungh. szombat, airinflusso del quale dovrà certo, per lo meno, la sua forma maschile. A queste voci si debbono poi aggiungere quelle parole turche penetrate per tramite serbo, senza che si possa però affermare con certezza, e di cui si è trattato al § 3 (kantatesk 1860; serbet 1565) ed altre voci che essendo più estese, non ci servono per lo studio delle particolarità del nostro Lessico, p. es. krastavecz9 368 < serb.krastavac (più noto sotto la forma castravete) ecc. Forse anche neveienie e perez sono di origine serba (v. più innanzi pag. 155). Quanto a parasznic, 229, 2043 ved. pag. 124. § 5. Voci arcaiche e dialettali. Riuniamo in un solo paragrafo le voci arcaiche e dialettali perchè, come si avvertì a pag. 61, è spesso difficile distinguere quello che è fase di tempo, da quello che è fase di luogo. Ometteremo naturalmente Sez. IV, § 5 VOCI ARCAICHE E DIALETTALI 143 tutte le voci il cui carattere arcaico o dialettale è dato da aspetti fonetici o morfologici e quegli elementi ungheresi, tedeschi ecc. di cui si è discorso nei paragrafi precedenti*). Procederemo per ordine alfabetico, per agevolare le ricerche, ma non possiamo esimerici dal notare che abbiamo raccolto in questo elenco solo una parte delle voci degne di osservazione e di studio e principalmente quelle che ci parevano più interessanti; su una buona metà infatti delle parole del nostro Lessico si potrebbero fare appunti di interesse filologico. Colle riserve sopra espresse, potremo segnalare come arcaismi sicuri o probabili (alcuni possono esser regionalismi): beczicz 526 « ebriosus », in luogo del comune beţiv. L’Anonimo di Caransebeş, p. 336, ha betzitz « ebriosus, tumulentus »; voce rara, v_ Dicţ. Acad. Rom. I, 550 e letteratura ivi citata. Aggiungi DENSUSIANU, Graiul din Ţara Haţegului, 53, che ci documenta la forma beţiţ come vivente ad Haţeg, traendola dal lat. bibiticius. Si tratta di una parola regionale (Haţeg, Caransebeş e regioni finitime), deveratura 2261 « testimonium ». Io conosco solo adeveriturä, attestato in un passo di Coresi, cfr. HASDEU, Etymologicum Magnum, p. 330; Dicţ. Acad. Rom. I, 42. dorore 489 « dolor» (dorory 1854 « podagra ») in luogo di durere ; si tratta di una forma arcaica dur oare (oa>o è regolare nel nostro testo) usata solo nei secoli XVI e XVII. Cfr. TIKTIN, Dicţ. rom.germ. 585 ; PUŞCARIU, Etym. Wörterbuch, 562; CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ* etimologic, 528. Oggi tal forma pare che sopravviva nel Bihor (Cfr. POMPILIU, Conv. Lit. XX, 1009). Il plurale duroriy nel senso di «goutte, rheumatisme » è ancor oggidi uso popolare e dialettale, duplek 304 «conduplico», arcaismo in luogo di înduplec (secolo XVI e XVII. Cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 803—04); ancor oggi si odono dupleCy tuplec, tuplic nella lingua popolare, famea 638 « familia ». Anche l’Anon. di Caransebeş (p. 338) elenca femeye, familia. In questo senso la parola circolò «până prin sec* XVII» per poi specializzarsi in quello di «donna»; v. Dicţ. Acad. Rom. II, 96; CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ. étim. 575; CANDREA, Rev. p. ist. VII (1894) 78—79. folcel 729 «folliculus», è parola rarissima; finora, a quanto so. era attestata solo presso Dosofteiu, Viaţa sfinţilor, 142; cfr. LACE A, l) P. es. nasipy radik di cui a pag. 82; hitlan di cui a pag. 108 e per la morfologia, cur di cui a pag. 90 ecc. 144 CAPITOLO IV Sez. IV, § g JbIRS. V, 107;Dicţ. Acad. Rom. II, 154; PUŞCARIU,Etym. Wörterbuchy 638; CANDREA-DENSUSIANU, Dicţionar etimologic, 615. D'ora innanzi non lo si considererà più come un änaf leyójLievov. fraczia 1716 «patruelis, attyamfia». Anche l’Anon. di Caransebeş, p. 339, ha fretzie « consanguineus ». In questo senso concretizzato di « rudă, rudenie » la voce è arcaica e propria della Transilvania e regioni immediatamente adiacenti. Cfr. Dicţ. Acad. Rom. II, 171, e vedi gli esempi ivi citati (dai quali manca per altro quello dell’Anon. Carans.). inkatro 1951 «quorsum», încătro per încotro è arcaico, v. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 790. kaler 573 « eques ». L’Anonimo di Caransebeş ha kelary « equester », ma càlar « eques » è un arcaismo poco comune ; oggi la voce si ode ancora a Sălagiu, cfr. Dicţ. Acad. Rám. I, 2 p. 34, ed ivi le citazioni dei passi. lese 1988 «religio», nel senso di «religione» (già attestato nel latino delle iscrizioni, v. DENSUSIANU, Hist. langue roumaine I, 192; CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ. etimologic 974) è arcaico e popolare, cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 900. incsepenie 1134 «initium», è voce arcaica, cfr. CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ. etimologicy 843 ; TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 781 ; PASCU, Sufixele româneşti y 242. moles 1361 «limax»; melciu è forma antiquata per melCyW. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 781. nuntio 1202 « intro». (V. anche nuntro, 1104; nundro, 1205) è voce arcaica, cfr. CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ. etimologic 891. oste 92 «bellum»; oaste nella lingua moderna significa solo «esercito »; nella letteratura antica è arcaismo frequente col significato di «guerra», cfr. CANDREA-DENSUSIANU,Dicţ. etimologic, 1278; TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1068. pat 1711 «patior»; in questo senso è arcaico, v. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1133. roa 1905 «pruina», forma arcaica o dialettale invece di rouä,v. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1341. scopy2i9, «claudus» (e scopatyes «claudico» 217); scop in luogo della comune forma şchiopy è arcaismo documentato, per quanto so, solo presso CORESI, Tetrev. 35, 40, cfr. PUŞCARIU, Etym. Wort. 1550. Però al N. 2273 troviamo styop ( = schiop). Sez. IV, § 5 VOCI ARCAICHE E DIALETTALI 145 yorova 1398 « locutio » ; 225 « colloquium » ; 2162 « sermo » (e le voci verbali derivate da a votovi,: vorovend, 1410 «loquens»; vorovit\ 399 «locu-tus») voci arcaiche in luogo" di vorbă, vorbi, spec. usate in Transilvania, v. ROMANSKY, JbIRS. XIII, 107—108 e lett. ivi citata. Venendo alle voci che possiamo ritenere « dialettali » e popolari, ne ricorderemo alcune che, a quanto risulta dai mezzi di indagine che mi sono stati accessibili, sembrano essere peculiari, o per lo meno più comuni* in Transilvania e nelle zone finitime, ivi compresa la regione dei Criş. asutoria 1334 «levamen»; 1646 « opis », parola rara e che sembra propria della Transilvania in luogo di ajutor. Fu già usata dal Coresi* Omiliar del 1580, e si trova in un brano popolare della raccolta JARNIK-BÂRSEANU, Doine, 301. Cfr. HASDEU, Etym. Magnum, 651; Dicţ. Acad. Rom. I, 86. boar 106 «boarius ». Anche TAnon. di Caransebeş, p. 331, elenca boar «bubulcus ». Il Dizionario di Buda, p. 59 : boariu, bubsequa, pastor boarius. Il Dicţ. Acad. Rom. I, 586 avverte che è parola rara; dagli esempi citati appare usata in Transilvania, ma si deve esser ado-prata anche altrove perchè non manca neironomastica. burie 127 «cadus» L’An. Carans. elenca burie «dolium parvum», forma transilvana e banatense per buriu, cfr. Dicţ. Acad. Rom. 1,702. kumanak 1821 « pileus » (col dim. kumanacsel 1822 « pileolus » v. anche N. 845 cumánac de fier «galea »); comănac indica ancor oggi il cappello dei monaci; solo nella letteratura antica e in Transilvania, Banato e regioni immediatamente adiacenti, ha avuto il senso generale di « cappello », come appare dagli esempi del nostro lessico ; Il POPOVICI, Analele Acad. Rom. XXXIII, 525, trovandolo nella Palia (Esodo 28) lo ritiene un banatismo, ma non ha del tutto ragione* giacché la parola si ode anche altrove. (V. Lessico di Buda 134). formos 745 «formosus»; 1915 «pulcher»; 2312 «venustus» (col di-minutivo formoséi « pulchellus » 1916 e il derivato formosecz 946). Tutte queste voci presentano la radice form -, in luogo di frum -(frumos, frumuseţe ecc). Trovando formos accanto al latino formosus, vien fatto di pensare a un latinismo ; ma si può trattare d’una forma dialettale, giacché in una regione non molto distante da quella che probabilmente fu la zona in cui fu scritto il nostro Lessico, ci è attestata da un autore degno di fede quale il POPOVICI (Dialekte der Munteni u. Pădureni, 165) la forma furmos, che coincide perfettamente colla nostra e che fu udita nel villaggio di Lelese 10 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsilianum». i46 ______CAPITOLO IV____________Sez. IV, § 5 (ungh. Lelesz) nel comitato di Hunedoara. Però non si tratterà altro che molto difficilmente di una continuazione non metatetica, di formosus, ma al contrario di un’ ulteriore metatesi da frumos. gloncza 1849 «plumbata» in luogo di glonţ. La forma femminile si ode, a quel che pare, solo in Transilvania ; il Lessico di Buda 239, ha gloncia « glóbus », v. Dicţ. Acad. Rom. II, 277. greonya 899 (in muiere greonya) «gravida »; in questo senso «greoaie » si ode solo nella Transilvania occidentale e nel Banato, v. Dicţ. Acad. Rom. II, 305 e BOGREA, Dacorom. Ili, 443. gusztare 994 « ientaculum » e specialmente gusztaresk 995 « iento », sono voci molto usate in questo senso in Transilvania e Banato. cfr. Dicţ. Acad. Rom. II, 332 ed HERZOG, Die Bezeichnungen der täglichen Mahlzeiten in den rom. Sprachen und Dialekten, Zürich, 1916, p. 85; BÂRLEA, Balade, I pag. 7, 44, 129. guurucza 768 « fossula ». Il Lessico di Buda 236, ha găurice « formallum, cavemula », ma qui si tratta di găuruţă, altro diminutivo di gură che si ode in Transilvania (v. CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ. etimologie 720). imos 1363 «limosus»; imos < limo sus (come im < li mus), si ode in Transilvania, in Oltenia e nel Banato. L’Anon. di Caransebeş, p. 343 ci dà la forma imos « infictus » ; la troviamo poi attestata oggi-giorno ad Haţeg, cfr. DENSUSIANU, Graiul d. Ţara Haţeguluif p. 53; in Banato accanto a imălos, cfr. L. COSTIN, Şezătoarea XX (1924) ein Oltenia Lex. Olt. p. 13 imos «murdar». V. anche TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 759. (LIUBA-IANA, Maidan, 96 elenca solo la voce imală). incresut 2239 «syncerus». Il Lessico di Buda, p. 292, riferisce la forma increzutu «bizuitu, intru acui nâdejde te poţi incredinţia; fidus, tutus, fidelis». V. anche TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 791. klang 1961 «ramus», starà per cleang(ă) e sarà una forma dialettale transilvana ; il TIKTIN infatti ci dà come proveniente dalla Transilvania la voce cleangă (Dicţ. rom. germ., 429) : PĂCALĂ, Răşinari, 138, ha cleancă; troviamo il diminutivo clenguţă «petite branche» presso JARNIK-BÂRSEANU, Doine, Glosar, p. 47; un maschile clendu ci è dato dal VICIU, Glosar de cuvinte dialectale, 32, per il distretto di Hunedoara (e il plur. clengile in VICIU. Colinde din Ardeal, p. 76) e ci è confermato da E. ELEFTERESCU, Şezătoarea XXXVI (1928) 147 per Sălagiu ; NOVACOVICI, Cuv. Sez. IV, § s VOCI ARCAICHE E DIALETTALI 147 ban. s. v. elenca clenci «rămăşiţa la tulpina unei crengi frânte». In tutte queste forme troviamo cl - in luogo del comune cr -(creangă ecc.). lautas, 676 «fidicen» (sic I pag. 48); lăutaş è una forma transilvana in luogo del comune lăutar; ci è data da FRÂNCU-CANDREA, Rom. d. Munţii Apuseni, 248, 265; DENSUSIANU, Gr. Ţ. Haţegului, 236, 243, 322; sotto la forma alăutaş fu usato da P. Maior (v. citazioni nel Dicţ. Acad. Rom. I, 94). malaiu 1517 «millium» è voce transilvana e moldava (in Valacchia si dice meiu). Si trova anche presso l’Anonimo di Caransebeş; v. le osservazioni storiche di HASDEU, Revista p. istorie VI, 3 segg. (e nota che nel nostro lessico non si trova nè cucuruz nè mămăligă). manyases 1503, « meridies », forse forma metatetica, del banat, nămiaiăi (cfr. CANDREA-DENSUSIANU,Dici. Et. 1107; HASDEU, Etym. Magnum, 1068), formato a sua volta da (î)n- amiazăzi. maszale 1459 «mappa». Anche l’An. Carans. 353, registra masaj «mappa»; CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ. etimologie, 1066, riuniscono il ban. trans, masai, rum. ant. măsor, dial, di Romanaţi mesela, ar. misale, ban. tr. măsăriţa, tutte col senso di « nappe », e le derivano dal bulg. Mecajrh, MHcajrh «nappe». Aggiungi: măsaie di Haţeg datoci dal VICIU, Suplement la Glosarul cuvintelor dialectale, p. 10. pansinye 930 «harpax»; sta per painjină forma dialettale transilvana in luogo del letterario păianjen (cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1108; IORGA, Istoria literaturii româneşti, I (2) p. 117), col fonetismo particolare ponzine che si ode anche ad Haţeg, v. DENSUSIANU, Graiul d. Ţara Haţegului, § 18, p. 22. Vedi più sopra pag. 72 seg. peskuez 1831 « pisciculus », diminutivo di peşte, proprio della Transilvania e Banato. È attestato dall’Anon. di Caransebeş, 360, e da parecchi scrittori (POP-RETEGANUL, Poveşti ardeleneşti IV, 23 ecc.); cfr. CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ. etim. 1367. plesugli 873 « glaber ». La forma più comune sotto cui appare questa parola è pleşuv, cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1188, ma pleşug si ode in Banato (v. DAMÉ, Diction, roumain-français, III p. 230) e in Transilvania (cfr.i dizionari di Alexi, Barcianu); p. es. Au scui-patu pe creştetul lui cél plesugü (ŞINCAI, Ckron. Ili, 118). Omul pleşug, sau fără păr (ŢICHINDEAL, Fabule 355); fiind pleşugă (POP-RETEGANUL, Pov. ard. II, 67). Anche il Lessico di Buda 513, elenca pleşugu «calvus, glaber». IO* 148 CAPITOLO IV Sez. IV, § 5 plumona 992 « iecur » ; la forma femminile si incontra nella letteratura antica, in Transilvania e Moldavia, cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. german, 1181. prokovitza 1400 « lodix » (col non mai attestato diminutivo proko-vitsora, 1401) è ^dialettale transilvano, v. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ 1267; CIHAC, II, 268. rosale 1748 « Pentecoste », per Rusalii è forma arcaica e transilvana, cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1347; PĂCALĂ, Răşinari, 194. sbiecsesk 695 «flagello» (col part. perfetto sbiecsit 696 « flagellatus »), variante di a zbicim, voce dial. transilvana per a biciui, cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1801 ; v. la forma sbiciu anche presso POP-RETEGANUL. Pov. ard., I2, 7. skump 73 « avarus » ; in questo senso la voce è arcaica e dialettale, v. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1396; DENSUSIANU, Graiul d. Ţara Haţegului, p. 333. slama 1292 « laridum »; voce dialettale transilvana e banatense per il letterario slănină, cfr. VICIU, Glosar, 78; DENSUSIANU, Graiul d. T. Haţegului, 37; COSTIN, Graiul bănăţean, 128, TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1438. strinste 755 «fors» ; la forma più comune in rumeno è triste «Gutes Geschick, Glück »; la forma più antica è però strişte, cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1652. La variante strînşte che incontrariamo nel nostro testo è dialettale transilvana ; ci è documentata nel Molitvelnic di Coresi, ed. IIODOŞ, Prinos Sturdza, p. 265 (strînşte ré), nel Lessico di Buda, p. 577 : strénste « norocu, fortuna » e nella parlata de Bihor (POMPILIU, Conv. Lit. XX, 1017). (< si. cikpAtiJTd; cfr. ungh. szerencse). urasesk 1054 «inauguro, jövendülek». In Transilvania a urezà signi-ficà « die Hochzeitsrede (oraţie) halten », v. MARIAN, Nunta la Români, 227; TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1688. vom 2367 «vomo» (col part. pres. vomitar 2368 «vomitor»). È strano che il TIKTIN e la maggior parte dei lessicografi rumeni omettano questa voce. Anche il PUŞCARIU, Etym. Wörterbuch, 1917, attesta solo continuazioni di vomo in arumeno. Invece in Transilvania vomo ha vita assai rigogliosa. Già presso 1’Anonimö di Caransebeş troviamo, a p. 378: vom «vomo»; vomit «vomitus », vo-miture «idem» e il Lessico di Buda, p. 761, ci dà: vomescu, -mire% - mitu « (borescu, tornu) vomo » ; tale parola è attestata anche in altri dizionari di autori transilvani (p. es. Barcianu) ; si potrebbe pensare Sez. VI, § 5 VOCI ARCAICHE E DIALETTALI 149 a un latinismo, ma la parola si trova anche presso degli scrittori popolari, p. es. « calul voma bani cu nenumărată » (POP-RETE-GANUL, Poveşti ardeleneşti, I, 108) « măduha din oase a o suge şi Turcilor a vomâ » (ŢICHINDEAL, Fabule, 300). Altre voci del nostro autore sembrano peculiari, o per lo meno più comuni, nel Banato, p. es.: ábusile 1997, nella frase ambio à busile «repo», (invece al N. 1997 «repens» è tradotto con ambland a bus). L’Anonimo di Caransebeş (p. 326 ed. Creţu) elenca: Abushilé «infantium incessus (e non incestus come leggeva il SIEGESCU, Egyet. Phil. Közlöny XXIX (1905) 78 !), quadrupes ». Per abusile, abuşălea cfr. Dicţ. Acad. Rom. I, 705—06; HASDEU, Etym Magnum, 107-108 e nota che si ode anche in qualche parte della Transilvania (VICIU, Glosar de cuvinte dialectale, 15). acnu 986 «iam»; 1532 «modo» (al N. 915, aknum, in pana aknum « hactenus »). L’Anonimo di Caransebeş ha le forme akmu e akuma che si trovano anche in testi antichi (Codice di Voroneţ, cfr. SBIERA, Codicele Voroneţean 180; Croneca di Ureche (KO-GĂLNICEANU Cron.y I, p. 131). Salterio di Viski ecc.). La forma acnu sembra peculiare del Banato e immediate adiacenze, cfr. WEIGAND, JbIRS. Ili, 312; VICIU, Glosar, 15; HASDEU, Etymologicum Magnum, 194; Dicţ. Acad. Rom. I, 20; CAN-DREA-DENSUSIANU, Dicţ. etimologic, 14. de-aîetyele 798 «frustra»; de affetye, 1217 « inutiliter »; defetyey 896 « gratis » ; de afetea è voce che si ode in Banato e nelle regioni limitrofe; è già attestato presso Viski, Salterio XXXIX, 3 (d'a fietile, d’a fetile) cfr. SILAŞI, Transilvania, Vili (1875), p. 160; nel Lessico di Buda, p. 169: de afetea «inutilis, frustraneus, irritus, varius —gratis, frustra, sine causa, vane, inutiliter»; lo elenca il DENSUSIANU per Haţeg, (Graiul d. Ţara Haţegului, § 125, p. 51); cfr. anche PICOT, Matériaux pour servir à Vêtude des dialectes roumains I, 25 (d'afiesa); COSTIN, Graiul bănăţean, 99; TIKTIN,Dicţ. rom.germ.y 514; HASDEU,Etym. Magnum, 432-443. genska 26 «anser », forma netevolissima in luogo del comune gâscă; ci è attestata dal WEIGAND, JbIRS, III, 316—17, per il paesello di Bolduri, pressò Lugoj, nel Banato (cfr. anche BYHAN, JbIRS. V,312) ma si deve udire sporadicamente anche altrove,giacché ildr.T.PAPAHA-GI ce la attesta per il villaggio di Giuleşti nel Maramureş (Graiul şi folklorul Maramureşului, p. ni, r. 20), e si trova anche nel 150 CAPITOLO IV Sez. IV, § 5 Dizionarietto attribuito a C. Cantacuzino (cfr. TAGLIAVINI., Rev. filologică I, 171, riga 29). griel 194 «cicada » (in luogo di greier); tale voce si trova anche presso PAnonimo di Caransebeş, ma senza traduzione. La forma grel (per e>ie, cfr. Sez. II, § i,pag.Ó4)ci è data dal COSTIN, Graiul Bănăţean, 114 pel Banato e dal Dicţ. Acad. Rom. II, 305 pel distretto di Mehedinţi ; per le varie forme banatensi v. CANDREA, Gr. şi Suflet I, 191* gassa 913 «guttur »; non è frequente l’uso della parola guşă in qusteo senso; la elenca il Lessico di Buda, 249, come secondo significato (il primo essendo struma) e il Dicţ. Acad. Rom. II, 330, ci dà tre esempi del Banato e uno della Transilvania, huduba 114 «bubo» si trova anche presso PAnonimo di Caransebeş 343: hűdbe «noctua, bubo» e si ode ad Haţeg (gentile comunicazione del prof. O. DENSUSIANU) a Vâlcea (VÂRCOL, Gr. d. Vâlcea, GL) v. Dicţ. Acad. Rom. II, 416. mustáka 97. «betulla» rappresenta probabilmente la forma dial. banat. măstac che si ode «în unele părţi ale Bănatului unde nu se pomeneşte de existenţa acestui copac, ci numai unde s’a auzit vorbindu-se de «mături de mesteacăn», aduse de aiurea» cfr. CANDREA, Gr. şi Suflet I (1923) 179. nuher 1619 «nubes», è forma dialettale del Banato, cfr. COSTIN, Graiul bănăţean 147, ma specialmente CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ. etimologic, 1240; WEIGAND, JbIRS. III, 219; TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1061. oricz 1658 «oriza»; oriz in luogo di orez, secondo TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1193, si ode nel Banato. sabiuszka 875 «gladiolus»; sabiuşcă è, secondo WEIGAND, JbIRS. III, 292 e TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1359, dialettale banatense. seg 1906 « pruma, eleven szen » ; seg deve, a mio parere, rappresentare/^, eh'è una forma dialettale, in luogo del lett .jar « brada accesa » dataci dal COSTIN, Graiul bănăţean 124. ( < si. ant. aura «brennen»), skip 610 « expuo » pel lett. scuipă si trova anche presso PAnonimo di Caransebeş, 369, ed è una voce dialettale comune in tutto il Banato e in Oltenia; cfr. GAMILLSCHEG, Oltenische Mundarten § 41 p. 95, COSTIN, Graiul bănăţean 192; TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1395. tovar 1539 «moles» è forma dialettale che si ode in Banato e in Transilvania, cfr. COSTIN, Graiul bănăţean, 204; TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1629. Sez. IV, § 5 VOCI ARCAICHE E DIALETTALI ISI EOgonyesk 1745 «pello », in luogo del comune izgonesc ; la forma metate-tica è comune in Banato, cfr. COSTIN, Graiul bănăţean, 218; WEIGAND, JbIRS. III, 381; POPOVICI, Rum. Dialekte I% 168. Si trova anche presso l’Anonimo di Caransebeş, 380: zegonesk « pello ». Ricordiamo poi anche qualche altra voce o espressione popolare che non è peculiare solo della Transilvania e del Banato, ma che merita di non essere taciuta. csinste 507 «donum»; dau in csinste 488 «dono»; l’uso di cinste in questo senso è popolare, cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 523. ficsorul 680 «filius» (col dim. ficsorel 1911, « puellus »). La forma assimilata ficior in luogo di fecior è assai antica, trovandosi in moltissimi testi del XVI secolo (cfr. DENSUSIANU, Hist. langue roumaine II, 106 ed ivi citazione dei testi) ed è ancor oggi molto diffusa nei dialetti, cfr. Dicţ. Acad. Rom. II, 89. hodina 1726 «pausa»; 1946 «quies» (e il verbo hodinyesk 1727 «pauso»; 1947 « quiesco ») forma popolare per odihnă; cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1080; AL-GEORGE, Szamos, 15; VAIDA, Tribuna VII, 358. POP-RETEGANUL, Pov. ard. Ili, 14. PĂCALĂ, Răşinari y 243. HANEŞ, Ţara Oltului, 117. grosza 1887 «praegnans»; groasă ha raramente nella lingua letteraria il significato di «incinta», ma sovente nella parlata triviale e popolare, cfr. Dicţ. Acad. Rom. II, 317, s. v. gros I, 2 e BOGREA, Dacorom. III, 444. pecsat 2174 «sigillum», dial.in luogo di pecete (anche l’ungh. ha pecsét) ; probabilmente si tratta di una falsa ricostruzione sul plurale (cfr. salcăy da sălci in luogo di salce) e non di un fonetismo fedele al modello slavo íiímjtk. Può darsi anche che l’Autore abbia scambiato il sing .pecete per un plurale e abbia ricostruito un singolare . * peceat. ploia cu piatra 893 « grando », espressione popolare, cfr. Dicţ. Acad. Rom. II, 313. strikuro 227 « colo », dialettale in luogo di străcur, cfr. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1511. Fra le espressioni popolari dobbiamo poi ricordare anche i nomi dei mesi, p. es.: Luna lui Andrei, 403 « December » (cfr. TAGLIAVINI, Archívum Romanicum XII, 190 e lett. ivi citata) ; Luna Garendar (col significato di « februarius » al N. 646, mentre dovrebbe essere Ianua- 152 CAPITOLO IV Sez. IV, § 5 rius secondo l’uso generale, cfr. Dicţ. Acad. i?ow. I, 2 p. 144; CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ. étim. 263; MERLO, I nómi romanzi delle stagioni e dei mesi, Torino 1905, p. i97.«Ianuarius» è tradotto al N. 989 con Calendar con ortografia latinizzata (o forse per una contaminazione di colindă)\ luna Iu Brumar 1627 «October» e l’interessantissimo (e a quanto mi risulta ânaţ ieyójLievov) Luna Iu Brumar al dotte, 1615, « November » che corrisponde esattamente all’albanese mui i brüm s i dût. In generale in rumeno la differenza fra i due « mesi delle brume » (Brumar) si fa per mezzo degli aggettivi mie e mare, oppure col diminutivo brumar el, per designare l’Ottobre (cfr. Dicţ. Acad. Rom. I; MERLO, I nomi romanzi delle stagioni e dei mesi, p. 169). Anche Luna Prierului è una forma arcaica e dialettale (cfr. HASDEU, Etym. Magnum, 1357; Dicţ. Acad. Rom. I, 203). Troviamo poi nel nostro lessico alcune forme ben note, ma sotto un aspetto un po’ diverso dal comune, per un cambiamento di suffisso, p. es.: inpreuezune, 256 « communitas » (probabilmente errore materiale per ìmpreunaciune forma rara già usata da Dosofteiu, in luogo di împreunare, împreunăturâ, cfr. PASCU, Sufixele româneşti 21). molcomenia, 972 « humilitas » in luogo di mâlcomie (TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 980). nevenovenie, 1137, «innocentia» in luogo di nevinovăţie. peritura, 1777 «periculum», in luogo di pe (r) ire; peritură è documentato nel senso di « Sterhling, Krüppel » v. TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1146. Noteremo poi i diminutivi : kolibsora 1350, «ligellum»; vacsora 2292, «vaccula» e vrebecsor 1705 « passercula », nonché l’aggettivo limbos 629 « facundus » in luogo del comune limbuţ. Infine osserveremo che in luogo. di fală il nostro Autore usa la forma falosia, 2226 « superbia », derivata da un verbo pochissimo noto a făloşi, usato da qualche scrittore del Banato (p. es. Ţichindeal) v. Dicţ. Acad. Rom. II, 41. Oltre alle voci latine che potrebbero esser penetrate nella lingua del nostro Autore attraverso l’ungherese e di cui si parlò brevemente alle pagg. 132—133, si trovano nel Lexicon Marsilianum i seguenti, almeno presunti, latinismi: auskult, 68 « attendo », in luogo del comune ascult e non in senso medico, cfr. Dicţ. Acäd. Rom. I, 292 segg. e 369 ; è probabilmente un latinismo dotto o solo grafico (forse ravvivato dalla presenza del-l’ungh. auskultdlni e del ted. auskultieren). Sez. IV, § S VOCI ARCAICHE E DIALETTALI 153 dekent, 400 « decanto » conosciuto solo come neologismo (LAURIAN-MASSIM, Dicţionariuy I, 1018) v. anche AUERBACH, JbIRS. XIX-XX, 22). dins, 439 «densus» in luogo di des (v. CANDREA-DENSUSIANU, Dici, etimologie 435). È un vero latinismo ? Anche presso Viski troviamo densu de demanetia (Salmo LXIII, 4) e nel Salterio di Alba Julia del 1653, dins de dimineaţă (v. J. PAPP, JbIRS. Ili, I73) Per des de dimineaţă. Il PUŞCARIU sostiene però (JbIRS. XI, 41, Etym. Wörterbuch 504) che occorre separare il des di queste frasi (che deriverebbe da de +ipso), dal des «denso, spesso» che proviene da densus. Data anche la traduzione latina « densus », si può pensare a un latinismo; ma perchè dins e non addirittura dens y se l’Autore pronunciava des? Probabilmente per la presenza di dins in dins de dimineaţă, usato appunto in Transilvania, ^elegh, 545; eless, 542 «electus»; elessul, 543 «electio» di cui già si è discorso, sono probabilmente latinismi grafici in luogo di aleg, ales. Anche il Salterio di Viski, LXXVIII, 35, ci presenta la forma elese e, LXXVIII, 24, 32 la forma elesu. fráter, 1545 «monachus»; voce vivissima in questo senso e pene- trata anche in ungherese (fráter), cfr. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. I, 992. graczie 894 «gratia»; secondo il Dicţ. Acad. Rom. II, 300 è un neologismo (si cita infatti un solo esempio del XIX sec.). Nel nostro lessico può esser tanto un latinismo, quanto può pervenire attraverso l’ungh. grada. yeritatye 2316 «veritas» in luogo di adevăr. Questo spiccato latinismo non mi è noto da altra fonte. Quanto a strinkt, 308, in luogo del regolare strimt, vedi pag. 61. Chiuderò questo paragrafo raccogliendo alcune altre voci degne di nota che non sono entrate nelle categorie precedenti: bucs 2283 « truncus », è probabilmente una svista (o rappresenta una pronunzia dialettale) in luogo di bucium, cfr. Dicţ. Acad. Rom. I, 668. laczatura 230 « color », sembra ún anat; leyójievov, ed è un astratto derivato dal verbo a făţâ (attestato in Transilvania nel Dizionario del POLIZU, cfr. Dicţ. Acad. Rom. II, 107) oppure a făţi, attestato nel nostro Dizionario stesso ai N. 231—232 nel composto infa-czesc, infaczit «coloro, coloratus » e che sta per il comune a feţi « colorier, farder ». 154 CAPITOLO IV Sez. IV, § s grumasa 226 « collum » in luogo di grumaz. Il mutamento di genere si spiega con un rifacimento sul plurale grumaji, giacché questo sostantivo è usato quasi esclusivamente al plurale, cfr. Dicţ. Acad. Rom. II, 321. gruny 878 « glis ». Non sappiamo se si tratta del nome del « ghiro » (che in rumeno è detto comunemente hârciog) o di una denominazione del «ratto»; infatti nella parte ungherese troviamo patkány « ratto ». Una confusione fra i due nomi non è affatto rara (cfr. GARBINI, Antroponomie e omonimie nella zoologia popolare italiana, Verona 1925, t. II p. 558, e, nel campo rumeno, hârciog = cloţan, e cioè «ratto» a Sălagiu, secondo ELEFTE-RESCU, Şezătoarea XXIV (1928) p. 148). In ogni modo si tratta di un nome che io non so essere stato documentato da altra parte ; difficilmente infatti sarebbe sfuggito alla diligente indagine del BO-GREA sulla sinonimica dei nomi rumeni designanti il topo (Dacorom. Ili, 446). Dato che la voce designi il ghiro, vien subito in mente di pensare a\Y\xn$ì. görény, che propriamente significa «puzzola». Formalmente bisogna ammettere una forma * goròny, che però non è attestata nel Magyar Tájszótár dello SZINNYEI, da cui deriverebbe regolarmente il rum. grufi (cfr. ungh. kalap > rum. clop; ungh. keresztül > rum. crăstul). Siccome l'etimo della parola magiara è certamente bulgaro-turco (ant. ciuvasso * kürän, cfr. GOMBOCZr Die bulgarisch-türkischen Lehnwörter der ungarischen Sprache, nelle Mem. de la Société finno-ougrienne, XXX, 72, che respinge un tipo ugro-finnico proposto dal BUDENZ, NyK. XX, 148) e un simile tema non è conosciuto nelle lingue slave, non è il caso di pensare a un’ origine comune delle due parole. Sia che la voce designi il ghiro, sia il ratto, si può pensare però a un'origine spontanea1). Noi sappiamo infatti che una quantità di voci che disignano il topo è di origine onomatopeica. Il BOGREA, Dacorom. Ili, 446, osserva; «baza numirei e în genere onomatopeică, imitând strigătul animalului ». Si veda anche ŞUTU, Dacorom. II, 120 e SPITZER, Archívum Romanicum X, p. 293—94. Abbiamo così in rumeno grivan ecc. Per saltare a lingue di tutt’altra famiglia, troviamo la stessa onomatopea da molte parti; così nelle lingue Bantu-Sudanesi abbiamo : Mano gere\ Gbere, n-girä; Bambara l) Tanto il ghiro, quanto la puzzola e il ratto vivono numerosi nella zona che riteniamo patria del nostro lessico; cfr. Chappuis-Bologa, TrBCrMar. I, 272. Sez. IV, § S VOCI ARCAICHE E DIALETTALI 155 n-yira. Fra le lingue camitiche abbiamo per primo 1 ’antico libico Çeyégi r tramandatoci da Erodoto, IV, 192. Nelle lingue semitiche abbiamo guraò, plur. guròan in Arabo, einfine nelle indoeurope e il Sanscrito girl - «topo» (corradicale del lat. g lis, ghiro). È impossibile ammettere un legame genealogico come fa il TROMBETTI r Comparazioni lessicali, Bologna 1920 p. 144, in parole che si basano su una comune onomatopea. Quindi grufi, può essere una voce dialettale con piccolissima estensione, basata su un'onomatopea. han 2324 « vestimentum » in luogo di haină. La spiegazione è facile: il nostro Autore pronunziava il plurale hainele come hanele (e infatti al N. 1089 troviamo hanyele «indumentum», cfr. pag. 72) alla stregua di quanto avviene in territori misti di Ungheresi (io non ho trovato questa pronunzia attestata in monografie dialettali, ma personalmente l’ho udita nei dintorni di Oradea Mare e di Cluj). Dal plurale hanele ha ricostruito un singolare inesistente han. krestes 459 « designo » (coi derivati krestât, krestator 460—61). Anche l’Anonimo di Caransebeş (p. 348, ed. Creţu) elenca krestedz «signo ». Si noti quindi il significato speciale di a crestà, che comunemente indica solo « entailler, balafrer, créneler ». Vedi parecchi derivati presso CANDREA-DENSUSIANU, Dicţionar etimologie, N. 403. len 996 «ignavus»; 2241 «tabidus»; lien 1818 «piger», in luogo di leneş. neveienie 909«gula», corrisponde a nevedenie «invidia» delPAnon. di Caransebeş (ed. Creţu 348); cfr. infatti la traduzione magiara ir-rigsegh. Se non è un errore materiale per nevedenie o nevezenie (ant. si. (h^nabh^ìshhh « odium », cfr. MIKLOSICH, Lexicon pa-laeoslovenicum 431 e rum. năvădi, TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1040; CIHAC, II, 216 < si. ant. (Hí)NABHyvkTN, ţuoeîv, odisse) si può pensare che la forma neveienie, con /, sia nata da neved'enie o provenga dal serbo-croato (ne)navigjènie «odium» (IVEKOVIC-BROZ, Rjeíniky I, 798). numain 518 «du(m)taxat» per numai. Non mi so spiegare la presenza della n finale. Io ritengo probabile che si tratti, di un fenomeno simile a quello del rum. şohan. Il rum. dial. şohan deriva dalPungh. soha (cfr. ALEXICS, Magyar el. 95; MÂNDRESCU, El Ung. 105) che non ha mai posseduto una n finale, ma o per analogia degli altri avverbi ungheresi in -n (lassan, gyorsan ecc.) o per un caso di fonetica sintattica (soha nu...) ha preso questa uscita; cfr. T. PAPAHAGI, Graiul şi folkl Maramureşului, p. LXI, § 28. CAPITOLO IV Sez. IV, §§ 5—<6 perez 916 «haedus». Il TIKTIN, Dicţ. rom. germ. 1168 ci dà la voce pârciu solo col senso di « Bockgeruch »; il nostro Dizionario concorda invece col Lessico di Buda 506 che traduce pirciu con « caper, hircus ». prastilla 59 « assula »; 2105 « scandula » è il prâştilă che il DAMÉ, Dict. roum. français III, 261, traduce con «bardeau de bois de hêtre» cfr. CIHAC, II, 286. Anche il Lessico di Buda 334, elenca «pràs-tilà» col significato di «scindula faginea». proszitura 725 « foetus ». Si tratta di prăsitură, derivato di a prăsi che ha appunto il senso di «procreo, produco, genero, pario, gigno, fetifico, fetus edo» (Lessico di Buda 451). Il Lessico di Buda però conosce solo presescu, presila, presitoriu. sbrencsea 2227 « supercilium ». Per la frequente confusione delle sorde colle sonore si dovrà leggere sprencea e starà quindi per sprânceană. Se questa forma fosse genuina (del che è lecito dubitare perchè l’omissione del - nă finale può esser dovuta ad un lapsus calami) sarebbe rafforzata l’ipotesi etimologica emessa dal PUŞCARIU, Etymol. Wörterbuch, 1629 (cfr. SPITZER, Revista de filol. espaiìola, XII, (1925) 250, n. 1). § 6. Errori e traduzioni strane. L’Anònimo Autore del nostro Lessico mostra di possedere una buona conoscenza del rumeno e ancor migliore dell’ungherese; tuttavia, qualche volta, e più spesso nella parte rumena, cade in qualche errore di traduzione. Si potrebbe obbiettare che una tale mancanza potrebbe anche esser stata causata in lui da un’imperfetta conoscenza del latino; ma siccome, per fortuna, il nostro Dizionario è trilingue, noi vediamo che ciò avviene solo di rado e che delle due traduzioni, una rumena e l’altra ungherese, una è quasi sempre giusta, il che sta a dimostrare che a chi elaborò il Lessico mancava in quel momento non già l’esatto concetto del valore del vocabolo latino, ma la parola corrispondente ora rumena ora ungherese. Naturalmente, data la scarsa conoscenza della lingua degli seri tori calvinisti transilvani del XVII secolo, colla quale il nostro Lessico presenta innumerevoli concordanze, non si potrà sempre dare un giudizio apodittico e dire: «Questo è un errore di traduzione», perchè, in certi casi, può darsi che una parola determinata, avesse, presso quegli scrittori, in quell’epoca, e in quella regione, un valore che non ci è attestato dalle Sez. IV, § 6 ERRORI E TRADUZIONI STRANE 157 fonti a nostra disposizione. Noi preferiamo dunque usare una maggior prudenza e chiamare semplicemente « traduzioni strane » anche quelle che ci sembrano errori. Riuniamo poi in questo paragrafo anche alcune traduzioni che ci sembrano degne di nota per la conoscenza del tesoro linguistico del nostro Autore. Procederemo nelP ordine alfabetico della voce latina di base : apis 35, è tradotto in rumeno con stup, che propriamente significa alveare (cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1522; CIHAC, II, 360.; BOTTIGLIONI, L'ape e l'alveare nelle lingue romanze, Pisa 1919, p. 57, 76). La traduzione ungherese è corrisponde alla voce latina (méh «ape»). È un errore di traduzione? Può darsi, ma non si può escludere che nel dialetto della regione del nostro Autore stup avesse il significato di « ape ». Infatti il macedorumeno ci presenta stup col significato di ape, cfr., G. MEYER, Indogerm. Forschungen VI, 121 ; S. PUŞCARIU, Convorbiri Literare XXXIX, 50; Din perspectiva dicţionarului, Cluj 1922, p. 18). Simili mutamenti da « alveare » ad «ape» non sono infrequenti ; ne troviamo esempi in albanese (cfr. JOKL, Linguistich-kulturhistorische Untersuchungen aus dem Bereich des Albanischen, Berlin 1923, p. 291—93) e nei dialetti francesi (cfr. PARODI, Romania, XXVII, 236; BOTTIGLIONI, L'ape e l'alveare cit., p. 34—35 ; GILLIËRON, Généalogie des mots qui désignent l'abeille, Paris. 1918, p. 23 segg.). In ogni modo, come ho avuto già occasione di notare in Studi Rumeni* II, 236—237, un tale accordo semantico coi dialetti transdanubiani meriterebbe di essere più sicuramente confermato, assidue 56, è tradotto in rumeno con omineste (omeneşte); la traduzione, in questo caso, è ricalcata sulPungh. emberségessen che non ha propriamente il significato di «assidue», ma quello di «urbane, hospitaliter, honeste », v. pag. 166. constans 336, è tradotto in rumeno con kretincza ( = credinţă) e in ungh. con allandosàgh. Probabilmente qui si tratta di uno scambio di righe della fonte ungherese : «constans» era tradotto con állandó e « constantia » con állandóság. Si è omesso « constantia » e si è posta la traduzione relativa a questa parola vicino a «constans». Il rumeno è tradotto sull’ungherese, fasciculus 643 = pana. La traduzione errata è dovuta alPesser fatta di seconda mano sulPungh. bokréta che ha tanto il significato di Blu-menstrauss (fasciculus) quanto quello di Federbusch ( = rum. pană). CAPITOLO IV Sez. IV, § 6 feretrnm 654, è tradotto con cassa de vak. In ungherese troviamo giustamente koporsó, e mi meraviglio di non trovare in rumeno il noto magiarismo copârşeu (ALEXICS, Magy. el., 74.; MÂNDRESCU, El. Ung. 64). È noto che casă significa anche « feretro » e il Lessico di Buda, p. 103, come quarto significato di «casă», elenca «ca-pulus, loculus, tumba». Il TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1721, conosce solo casa de veci « Haus in volles Eigentum », ma la sua traduzione è inesatta; doveva dire: «Haus für die Ewigkeit», fiscns, fiscalis 690—91, mentre sono tradotte in ungherese con fiscus, fiscalis, sono volte in rumeno con kralul, kraiesk. Quali deduzioni storiche si potrebbero fare in base a questa versione, si vedrà al Cap1 VII, p. 180. freno 772, è tradotto in rumeno con El infrenyecz. Qui, al pari che al N. 1713, ove « patrocinor » è tradotto con el apar, si tratta di un lapsus calami. El è un noto prefisso verbale ungherese (cfr. SIMONYI, Die ungarische Sprache p. 251 segg.) che, per distrazione, è stato posto dinanzi a due parole rumene (cfr. anche probaluesk a pag. 169). grns 903. In rumeno troviamo korkan; non si deve trattare del rum. curcan « tacchino » (per cui cfr. MACCARONE, Arch. Glott. Italiano XX, Sez. Bartoli, p. 88 segg.) che è troppo lontano dal significato di «gru». La traduzione rumena è fatta sull’ungh. Nella colonna magiara troviamo varju che significa « cornacchia » e allora il rumeno korkan sarà quella rara voce dialettale raccolta ad Haţeg dal DENSUSIANU, Graiul din Ţara Haţegului, p. 57: korkan « corvo »(slov. krokar, «corvus corax» PLETERSNIK, I, 475;bulg. Kp0K0HT> «corvus cornix» cfr. GEROV, P'bHHHK'b II, 416. di origine onomatopeica, (cfr. corbul, cioara croncăneşte. ŞUTU Dacorom. II, 107). Cfr. BERNEKER, SI. Et. Wb. 1,620. Anche nel Maramureş si ode cronciu «corvo» (BÂRLEA, Balade vol. I, p. 11 nota 4) e a Năsăud croncan, croncău «corvo» (gentile comunicazione del collega Drăganu). horride 955 ; troviamo qui la strana parola ovreste, e al N. seguente «hor-ridulus» è tradotto con ovreistor. Si tratta probabilmente di * ureşte e urttor e Yov iniziale sarà dovuto (come mi suggerisce gentilmente Tillustre collega e amico prof. Puşcariu) a una lettura sbagliata della parola in un elenco di vocaboli scritti in caratteri cirillici ove significava naturalmente u: oypiuţf, oypTvTOph). indignus 1083, è tradotto in rumeno con Noi sankaszut che probabilmente Sez. IV, § 6 ERRORI E TRADUZIONI STRANE 159 sta per nu-t s’a ncăzut cioè, «nu s’a cuvenit». (Per l’arcaico căzut cfr. CANDREA-DENSUSIANU,Dicţ. et, 707 ; Dicţ Ac. Rom. 1 (2) 19). Itane vis 1231 è tradotto giustamente in ungherese con Ugi akaródé, mentre in rumeno abbiamo assa czi voi, che probabilmente starà per aşâ ţi[-i ] voi (a). Instigo, instigatio 1162 è tradotto in ungherese con rea tanítom, rea tanitas e in rumeno con invecz proda, invaczatura prada in cui quel praeia, che si dovrà leggerepre ea e che non ci ha a che fare in rumeno, traduce servilmente il rea ( = rá) ungherese. Iter diei 1234 ® ben tradotto in magiaro con Egy napi járás, mentre in rumeno manca il numerale: kalje de szi. libra 1346. In rumeno troviamo l’inesplicabile parola kom. Io penso che l’Autore volesse scrivere kompana (cumpănă) e che, per una distrazione, abbia lasciata interrotta la parola. Lixivium 1390, è tradotto in ungherese con tagadom e in rum. con ta-gaduesk. Evidentemente qui c’è stato uno scambio di righe nella fonte latino-ungherese, perchè tagadom e tăgăduesc non han mai significato altro che «negare» e simili. Forse «lixivium» era preceduto da lino « cancello » tradotto con tagadom e poi la traduzione rumena è stata fatta sull’ungherese, locuples 1395.Nella colonna rumena troviamo devaratura ( = adevără-tură). Tanto questa voce rumena quanto la corrispondente parola ungherese bézonnságh non corrispondono affatto a «locuples», a meno che non manchi « testis, testimonium » come credo sia giustificato pensare, mentum 1497, e stranamente tradotto con senunke, t'èrd «ginocchio», pollex 1858. In rumeno troviamo desetar, che propriamente vuol dire ditale (degetar), mentre nell’ungh. troviamo lo strano koldek uj, per cui cfr. pag. 168. ren 1992. In rumeno troviamo kriei; la traduzione ungherese vello « midollo » ci fa capire che il rum. krid è una forma dialettale plurale del sost. creier « cervello » (banat, cfiel, cfd, WEIGAND, JbIRS. Ili, 319) cfr. CANDREA-DENSUSIANU, Dicţ. etimologic, 406. rivulus 2013, è tradotto giustamente in ungh. (patakoeska) mentre in rum. troviamo obor sie (obârşie) che indica propriamente «sorgente » (TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1070). stulte 2214, è tradotto in rumeno con narocestye, che si dovrà leggere nato-zest'e, cfr. «stultus» 2213 narod (nerod) ; cfr. nerozi, nerozie ecc. Anche al N. 1159 si trova narodseste. i6o CAPITOLO IV Sez. IV, §§ 6-7 ulna 2356, è tradotto stinga in rumeno e öl in ungherese. L’Anonimo di Caransebeş (p. 371 ed. Creţu) traduce stenshin con « ulna ». Si tratta quindi, con ogni verosimiglianza, di stânjen che non corrisponde però perfettamente alla misura lineare « ulna », essendo assai più lunga (circa due metri), öl delPungherese non si spiega che con una traduzione sul rum. stânjen che, essendo scritto stinga, è stata confuso con stinghie « Schamleiste ». In ogni caso non si capisce perchè stânjen sia scritto stinga, e questa parola è tutt’altro che chiara. § 7. Problemi insoluti. Anche nelle precedenti pagine ci sono rimasti alcuni punti oscuri e alcune difficoltà; qua e là abbiamo proposto delle spiegazioni che ci sembrava calzassero e che i filologi rumeni potranno discutere. Ci restano però alcuni problemi insoluti che vogliamo riunire qui sperando che degli studiosi, con migliore preparazione della nostra, possano trovarne la spiegazione, rasina 377 « cuprum ». In rumeno l’unica traduzione possibile di «cu-prum» sarebbe aramă. Qui si tratta di un errore di copia o di una parola che non conosciamo. Il prof. DRĂGANU pensa si possa trattare di rugină, ma la traduzione sarebbe in ogni modo errata. Io preferisco lasciare il problema insoluto, tantopiù che rasina si trova già al 1833 col giusto senso di «pix». szil 2112 «scintilla»; forse sta per sul nel senso di lingua di fuoco, cfr. TIKTIN, Dicţ. Rom. Germ. 1530. Anche l’An, di Caransebeş ha la voce sul y ma senza traduzione (p. 373 ed. Creţu). szon 782 «fremo» (in ungh. zugolodok). Forse si tratterà di sun per răsun, ma la traduzione non sarebbe gran che fedele, ster 2205. Probabilmente sarà un errore materiale per stea, ma date le risultanze del Capitolo VII non si potrebbe neppure escludere la possibilità di un germaniSmo (Stern); in ogni modo l’influsso della parola tedesca sul nostro Autore è fuor di dubbio, thnam 236 «columna». Mentre nella sezione ungherese si trova la giusta voce oslopy in quella rumena si trova la strana parola thnam, che non son stato capace di chiarire. La lettura è indubbia e il facsimile riprodotto alla Táv. I ne fa fede. Forse è una copia errata da un testo ove era scritto Thum per turn e cioè,propriamente «torre». Ma, ripetiamo, di queste voci non vogliamo dare una spiegazione ; vogliamo elencarle come «problemi insoluti » inattesa che siano meglio chiarite. CAPITOLO V LE PARTICOLARITÀ LINGUISTICHE DEL LESSICO NELLA SEZIONE UNGHERESE Esamineremo con molta brevità la parte magiara del nostro Lessico, giacché essa ha per la filologia ungherese una importanza di gran lunga minore di quello che non abbia la parte rumena per la rumenistica. Infatti un testo del XVII secolo, anzi dello scorcio del XVII secolo, è, per le lettere magiare, un testo relativamente tardo, quando si pensi che i monumenti linguistici magiari cominciano all’inizio del XIII secolo1). Quanto a dizionari, alla fine del seicento, l’Ungheria ne contava già più di una ventina e possedeva fra l’altro l’ampio Dizionario di Alberto Molnár 2) che aveva superato tutti i tentativi precedenti 3). Ben poco interesse può presentar dunque un dizionario di poco più di duemila parole, scritto sulla fine del XVII secolo. È per altro vero che il nostro Lessico contiene una serie di parole rare e interessanti e di voci dialettali che meritano di essere studiate* Pare però strano che chi si accingeva a compilare un lessico latino- *) È appunto del principio del duecento il celebre Halotti Beszéd, cui seguono La lamentazione della Vergine ed altri testi; v. le citazioni bibliografiche nel mio articolo La lingua ungherese: Cenni storici e caratteristiche (nel volume miscellaneo L’Ungheria, Roma 1929, L P. E. O.). 2) Szenczi Molnár Albert: Dictionarium Latino-ungaricum, II, Dict. Ungarico-latinum, Nürnberg 1604 (Szabó, RMKö. 392) e parecchie edizioni successive (II, Hanau 1611; III, Heidelberg 1621; IV, Frankfurt 1645; V, Nürnberg 1708) cfr. Sági: A magy. Szót. Könyv. 14. Cfr. anche Jancsó Benedek: Szenczi Molnár Albert, Kolozsvár 1878 e specialmente Melich: A magyar szótár irodalom, Búd. 1907, pag. 120 segg. e lett. ivi citata. 3) Si noti che i primi frammenti di dizionari latino-ungheresi ^ risalgono alla fine del trecento e sono le Glosse di Könisberg (su cui cfr. Melich: Magyar Nyelv, util (1916, p. 145 segg.); e le glosse di Bestercze (cfr. Finály Henrik: A Besztercze{ Szószedet, Bd. 1892). Per la storia dei lessici vedi il fondamentale lavoro di Melich: A magyar szótárirodalom, Búd. 1907. ii Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsilianum». 1Ó2 CAPITOLO V rumeno-ungherese sullo scorcio del seicento non trovasse utile compilare il Dizionario del Molnár o uno dei tanti Dizionarietti che correvano in quel tempo per le scuole e nelle mani delle persone colte. Troviamo infatti molte traduzioni veramente originali e discordanti da quelle date comunemente dai vari dizionari latino-magiari del seicento, come si vedrà al Cap. VI, § 2, pag, 171 segg. Gli errori di traduzione, le cattive trascrizioni di talune parole, sia nella parte rumena che nella parte ungherese ci fanno sospettare, come vedremo ampiamente al Cap. VII § 3, che l’autore del nostro lessico sia stato un Tedesco. A. SZILÁDY che esaminò il manoscritto molto affrettatamente diceva con troppa leggerezza che : « A magyar szavak leírása — hihetően másolása — » dimostravano che l’autore (che il SZILÄDI credeva erroneamente fosse lo stesso Marsigli) «... nem sok időt fordíthatott a magyar nyelv elsajátítására»2). Per quanto ci si riveli spesso l’opera di uno straniero, il manoscritto è, in fin dei conti, abbastanza corretto, e l’Autore doveva saper parlare assai bene l’ungherese è scriverlo senza troppi errori ; una prova di questo è data dal fatto che per scrivere il rumeno egli si serve dell’ortografia ungherese, che allora era comunemente adottata dagli scrittori calvinisti transilvani. § 1. Particolarità grafiche e fonetiche. Esamineremo dapprima fugacemente alcune particolarità grafiche e fonetiche; spesso la grafia è bizzarra, ma sovente ci indica una pronunzia dialettale: Al posto di é troviamo sovente i, p. es.feit 14 ( = fehér, cfr. SZINNYEI, MTSz. I, 554); föviny 46 (= fövény); igék 44, 360 (= égek); fösviny 73 (= fösvény); kik 132 (= kék); nisek 179 (= nézek); mitek 248 (= mérek); tetmiszet 339 (= természet) ; tipek 552 (= tépek); vigszek 688 (= végzek); tird 869 (= térd); ninye 2189 (= néne) ecc. ecc. Il fenomeno inverso per cui troviamo é al posto di i avviene più raramente, ma se ne hanno esempi ; p. es.: nyétfa « betula » 97 (= nyírfa cfr. SZINNYEI, MTSz. 1,1549); vész 311 (=viz); végh 1783 (= víg); hértelen 1755 (= hirtelen); éedek 606 (— ijedek) ecc. Questo scambio, e specialmente il trovare i al posto di é> può essere considerato tanto come una peculiarità dialettale, quanto come un ar- x) Magy. Tud. Akad. Értesítője, 1868, II. pag, 139. PARTICOLARITÀ GRAFICHE E FONETICHE UNGHERESI caismo, giacché negli antichi testi ungheresi troviamo sovente i al posto di*1). In qualche sporadico esempio troviamo il dittongo ie al posto di é9 p. es.: mieghis 67 (= mégis); miegh nem «necdum » 1588 (= még nem), hiett (hét) 2402 «septem» e questo ci ricorda una caratteristica dialettale dei Siculi, dei Csángó e delle regioni del Tibisco e di Göcsej 2). Troviamo ü invece di i in hiitt 674 «fides» per il lett. hit, come in parecehi dialetti (cfr. SZINNYEI, MTSz. I, 868). Troviamo u in luogo di ó nella sola voce magyaru « avellana » 76, in luogo di mogyoró3); abbiamo o invece di a in állót 96 (állat) e in qualche altra voce4) e inversamente, notevole caratteristica, a per o in szalana 1292, per szalonna, (ove per altro si può trattare di una pronunzia dialettale attestata dal SZINNYEI, MTSz. 11,486), hasitam, 686, per hasítom; kinitam, 33, per kinitom; dorang, 899, per dorong, come nei dialetti della Transilvania (e specialmente della regione Maros-Szamos)5). L’ó* è talvolta reso con óY, p. es.: voi, 864 (vö), ma non mai con e, come in parecchie stampe e manoscritti antichi. Troviamo uno scambio fra o ed ü in fardü 85, per fürdő, ma non abbiamo altro che sporadicamente (föstek 804, per festek; sörke 1325, per serke; erőtlen, 1013, per erétlen ecc.) ö in luogo di e (ë) ; questo è assai importante, perchè molti dialetti hanno come peculiarità la sostituzione di 0 ad ë ; trattandosi qui in particolare della Transilvania, la mancanza di questa caratteristica ci porta verso la parte più occidentale della regione, in pieno accordo dunque colle risultanze della sezione rumena del Lessico c). Il nostro *) Cfr. Arany János: Az é-t {-re váltó tájszólásról in « Hátrahagyott Iratai *, II; Si-monyi: Tűz. magy. nyelvtan, 56, 61; Die Ungarische Sprache, 105; Gombocz: Magy. tört. nyelvtan, II, 2, 50. Del resto si noti che negli antichi testi ungheresi la grafia per e, è delle più varie, cfr. Trócsányi Z.: A XVI századbeli nyomtatványok e jelölései, NyK., XXXVIII, i—62; pei dialetti cfr. Balassa, Magy. nyelvjár. 112—114. Si noti che proprio i dialetti della regione di cui ci occupiamo (Maros-Szamos) presentano é > i. 2) Simonyi: Tűz. magy. nyelvtan, 59, 61; Die ungarische Sprache, 134, 138; Balassa, 1. c. 3) Simonyi: Die ungarische Sprache, 105, 139. 4) Simonyi: Tűz. magy. nyelvtan, 87; Die ungarische Sprache, 105, 141; Gombocz: Magy. tört. nyelvtan, II, 2, 40 segg. e letteratura ivi citata. ò) Balassa, Magy. nyelvjár. 71 segg.; Simony, Die ung. Sprache, 141, •) Simonyi: Tréfás népmesék és adomák, Búd., 1902, pag. 4; Die ungarische Sprache, 136; Gombocz: Magy. tört. nyelvtan, II, 2, 48; della ricchissima letteratura sulla 164 CAPITOLO V Autore non si cura gran che della quantità delle vocali1) che in magiaro ha una considerevole importanza, e non osserva regolarmente l’armonia vocalica; così troviamo üsték 237, in luogo di üstök ; ulek 2134, in luogo di ülök, e inoltre föstik 230 per festék ecc. Venendo alle consonanti troviamo un fenomeno che abbiamo già notato nella parte rumena e che è della massima importanza; l’Autore del Lessico ha una gran facilità a confondere le sorde colle sonore e sostituisce specialmente le sorde alle sonore, come appunto fanno spesso i Tedeschi. Troviamo p. es. oltre El kesztem 282, « coepi » in luogo di el kezdtem, che ci rappresenta una grafia fonetica, Tiznopasztcr, 2216, «subulcus» per Disznópásztor ecc. Molto istruttivo è l’esempio datoci dal N. 91, dove la frase latina «Basias hominem» è tradotta con Csokolt megh es embert, in luogo di Csókold meg ez embert. Si dovrà probabilmente a questa tendenza la continua confusione fra sy z, sz> zs di cui daremo solo qualche esempio : «y in luogo di z: csisma 136 ( = csizma) \ fősek 348 ( = főzök). sz in luogo di z: visz, 39; vész 311 ( = víz); meszö 51 ( = mező); öveszet 196 ( = övezet); be szárom 218 ( = bezárom); rászom 253 ( = rázom); hasz 365 (ház); tüszes 1000 ( = tüzes) ecc. e gli esempi si potrebbero moltiplicare con facilità perchè se ne trovan quasi ad ogni pagina. z in luogo di sz p. es. huzz (husz). s in luogo di zs: pais 272 (paizs); sondei 59, per zsindely, è meno sicuro potendosi trattare di una forma dialettale, cfr. SZINNYEI, MTSz. II, 1076. Troviamo poi qualche caso di scambio fra s e sz, p. es. szürü 139, per síírü ; kér eszek 1075, per keresek. Mentre ts per cs è una peculiarità ortografica che si incontra regolarmente nei testi ungheresi men recenti, deve attribuirsi a un mero errore il tz che troviamo in csátzár 133, in luogo di czászár ; citeremo poi anche cz in luogo di cs in mentéczka 189 2). Assai notevole, perchè ci rappresenta senza dubbio una peculiarità di pronuncia del nostro Autore, è il trovare j per gy, massime in prin- questione, ricordo solo: Losonczi, Az ö-zés története, NyK., XLIV—XLV; Melich: Az o, ő hang, MNy., XIII (1917), 1 segg. ed ivi letteratura. *) Alcuni dialetti, e specialmente quelli delle ragioni transdanubiane abbreviano le vocali lunghe, cfr. Simonyi: Die ungarische Sprache, pag. 138. *) Re vai, Elaboratior Grammatica Hungarica, I, 145. §§ I—2 PARTICOLARITÀ LESSICALI UNGHERESI cipio di parola1)^. es.jopott 886, per gyapot ; jiutok 2217, per gyújtok; juladas 1058, per gyúladás; japiu 2303, per gyapjú; joiiulok 346, per gyógyulok; ecc. Forse bisogna ricordare qui anche gyöny 861, per gyöngy, se pur non si tratta d’una semplice svista. Il nostro Autore, al pari di quanto fa nella parte rumena, scrive poi spesso seguendo la pronunzia corrente; così troviamo ai numeri 459—461 jetzeky jetzetty jetzö « designo, designatus, designator » mentre nella lingua scritta la forma è jegyzek, jegyzet, jegyző. La pronuncia corretta èiéi'à'zek, che il nostro Autore doveva probabilmente intendere come if 9 sek. per a citata confusione fra sorde e sonore. Similmente « aperio » è reso al N. 33 con kinitom in luogo di kinyitom. Accanto ad alcune forme con sincopi di vocali atone, se pure non rappresentanti del primitivo fonetismo, (p. es. kelh 139, per kehely; tork 226, per torok; oki 1914, per ököl2); panszolkodom 319, per pana-szolkodom ecc.) troviamo anche parecchie forme ampliate come kala-sztrom 222 (v. SZINNYEI, MTSz. I, 1142); golovsoczka 880 «glo-bulus » per globuszoczka ecc. § 2. Particolarità lessicali. Dal punto di vista lessicale notiamo dapprima parecchie forme dialettali, alcune delle quali sono proprie della Transilvania e delle regioni finitime; altre possono essere semplicemente arcaismi: berbécs 48 « aries », già attestato in documenti non del tutto recenti (cfr. SZARVÁS-SIMONY, MNytSz. I, 210) è un regionalismo transilvano (< rum. berbece) cfr. SZINNYEI, Nyr.y XXII, 168 e MTSz. I, 118; MOLDOVAN, Alsófehér várm. román népe 78, ma specialmente GOMBOCZ-MELICH, Magy. Et. Sz. I, 361. béres 106 «boarius» cfr. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. I, 212 (servus boarius) è noto in tutto la Transilvania (e passa anche in rum. biris bghiriş, « slugă ce lucră cu plugul » VAIDA, Tribuna VII 338; MÂNDRESCU, Lit. ob. pop. 239). bérokoszok 1423 « luctor » arc. birakozik (cfr. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. I, 232) è ancor oggi dialettale (cfr. SZINNYEI, MTSz9 I, 135) per birkózik. l) Cfr. Simonyi: Tiiz. magyar nyelvtan, pag. 126—127; per juitok v. Szinnyei» MTS/.., I, 761 ; per joiiulok, ibidem, I, 754. #) Attestato presso Szinnyei, MTSz.f II, 33. i66 CAPITOLO V feir 14 « albus » per fehér cfr. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. I, 785; SZINNYEI, MTSz. I, 554. fröstökem 994 «jentaculum» e fröstökemezek 995 «iento», cfr. SZINNYEI, MTSz. I, 639; SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. I, 989. Nei dizionari ungheresi del seicento si trova per solito la forma fölöstököm, meglio adattata alla fonetica ungherese. V. pag. 173 e cfr. anche LUMTZER-MELICH, Deutsche Lehnwörter, pag. 105. gëog 796 «frumen» è certo gőg «guttur, jugulus», cfr. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. I, 113. jiska 1618 «nox», esempio molto importante: jiska vale éska (cfr. § 1) che è dialettale siculo per éjszak, SZINNYEI, MTSz. I, 471 (Nyr. I, 477, II, 382, III, 143). kalány 274 « cochlear ». Anche MOLNÁR, Dictionarium elenca kaldn accanto a kanál (forma letteraria) e nei dizionarietti di ERDŐ-BÉNYEI e MISZTÓTFALUSI*) si trova esclusivamente questa forma che ci è attestata anche altrove nella letteratura antica (cfr. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. II, 93). Oggi è voce dialettale nei comitati di Székesfehérvár, Arad, Háromszék ecc. cfr. SZINNYEI, MTSz. I, 1030. környul 201 segg. «circum» in luogo del lett. körül; si trova nei dialetti, cfr. SZINNYEI, MTSz. I, 1215 e nella letteratura antica (v. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. II, 411). Anche MOLNÁR* accanto alla voce körül, elenca környül. pstrucsek 194 « cicada ». La forma moderna è prücsök. Nella letteratura antica si trova però ptrücsök (cfr. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. II, 1336) che ci è dato anche come traduzione di « cicada » nei dizionari del Molnár e del Misztótfalusi. Oggi tal forma si ode nei dialetti specialmente siculi, cfr. SZINNYEI, MTSz. II, 219, (ma pstrücsök non sembra essere attestato2). x) (Erdőbényei Deák János) : Ianua linguarum bilinguis latina et hungarica, Nagyvárad, 1654 (cfr. Szabó, RMKö, 899; Sági: A magy. szót. könyv., 19). (Miszto-falusi Kis Miklós): Dictionariulum latino-hungaricum, vulgo centuria vocabulorum, Kolozsvár 1702 (Sági, op. cit., 25). La seconda opera è una nuova edizione della prima (cfr. Melich: A magyar szótárirodalom, pag. 151 segg.). •) Forse il nostro Autore ha cercato di riprodurre la tremolante bilabiale [Gombocz] che si trovava all'inizio di queste parole e che ci viene cosi descritta da Geleji Katona, Magyar Grammatikája, 1645, § 43 : « Némelly szók tsak az ajak-aknak a* szélnek rajtok vaio ki todulása miatt való meg-rázkodások által mondat- §§ 2-3 ERRORI E TRADUZIONI STRANE ekózönek 1903 «propino» per el-köszönok v. SZARVAS-SIMONY, MNytSz. II, 418; SZINNYEI, MTSz. I, 1219. mirigy 342 « contagio » è arcaico, cfr. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. II, 845, e dialettale nella regione dei Siculi, cfr. SZINNYEI, MTSz. I, 1465. Oggi mirigy significa «glandola». Nei testi antichi aveva più specialmente il significato di « pestis ». ludircz 511 «draco», in luogo di lidérc, cfr. SZINNYEI, MTSz. I, 1338 SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. II, 608. hakan 1327 «lente»; nonostante non troviamo nessun segno di lunghezza, Va doveva esser pronunciata lunga; questa voce si ode in qualche dialetto (cfr. SZINNYEI, MTSz. I, 792) in luogo del lett. halkan. pökek 610 « expuo », metatesi in luogo di kopek ; già attestato presso Molnár (kipökőm)> vive ancor oggi nei dialetti, v. SZINNYEI, MTSz. I, 1210. monyos loó 123 «caballus» nel senso di «cavallo intero, stallone», cfr. SZINNYEI, MTSz. I, 1475. sziinitem 417 «decoloro ( = coloro!)» per színesítem, cfr. SZINNYEI, MTSz. II, 566; SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. Ili, 257. Si può notare poi la traduzione delle formule di augurio : «Salve» 2075 e «Salvete» 2076. Troviamo rispettivamente : Ágion In ( = Isten) jo napot e Agion In ( — Isten) jo napot kylkk ( = kygyelmeteknek) che meritano di esser prese in considerazione come formule popolari di saluto. In generale non si trovano nei Dizionari secenteschi (CO-MENIUS, Index Vocabulorum, Lőcse 1649, traduce « Salve » con egessegel). § 3. Errori e traduzioni strane. Sono poi istruttivi gli errori di traduzione che, sia pure in minor numero che nella parte rumena, incontriamo anche qui. Elencherò i principali : assidue 56, è tradotto con emberségessen, che propriamente significa solo «urbane, hospitaliter, honeste ». eommodito 249 ( = rum. dati împrumut) è tradotto con költsen venni, nak ki, úgy a’nyira, hogy azon modon ki sem irattathatnak. Mint ptriiszkölés, pirüszentés, ptrütsök ecc.» (Toldy, Corpus Gramm. Hung. Pest 1866, pag. 328). i68 CAPITOLO V §3 che significa esattamente il contrario, e cioè « prender in prestito », mentre « dare in prestito » si dice kölcsön adni. constans 336, è tradotto erratamente nelle due lingue : rum. kretinza e ungh. allandoságh; si vede che si riferiva a «constantia», colo 228, «emberiem tisztelem». Tutti i dizionari danno solo tisztelem e per quanto emberiem sia una forma possibile, non pare sia stala mai attestata. cornes 243, tradotto con nacsagos = «nagyságos», «magnificus, excel-lens », titolo che un tempo era superiore a méltóságos, SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. II, 922. decorus4i3, tradotto con ekesitety cioè ékesíthetett « praeditus, insignitus » cfr. SZARVAS-SIMONYI, MNytSz. I, 587. esurio 588, mentre è volto bene in rum. con flomansesk, in ungherese si trova un inesplicabile fizetzem. Fizetem significa « io pago » e non ha nulla a che fare. Qui si tratta dunque o di uno sbaglio ma-teria'e di copia (in luogo di ehetnémy éhezem) o di uno scambio di r ghe nel testo in cui l’Autore forse copiava, folium 726, mentre è tradotto bene in rumeno con froneza ( = frunză) in ungherese troviamo folyósy che propriamente significa « corrente, liquido ». Anche foliosus 727, è tradotto bene in rumeno con plin cu fronczay ma inspiegabilmente in magiaro con folyóssal telle ( =5 tele ?). gemellus 859, è tradotto colla frase : kett gyermek etzer sült ( = egyszer szült) con maggior precisione di tutti i dizionari ungheresi del seicento. glis 878, è tradotto con patkány, che propriamente significa « topo ». v. pag. I54-I55- gloriose 882, è volto con dicsoségetleny che significa esattamente il contrario e cioè « senza gloria ». iuramentum 1245 ® tradotto con itilet ( = itélét) che propriamente significa «giudizio», lixirium 1390, è tradotto con tagadom, probabilmente per uno scambio accidentale di righe (cfr. più sopra a pag. 159). perastutus 1754, ètradotto con hitetleny che propriamente significa «per-fidus, infidus » con uno sviluppo semantico nel senso del rumeno vicleany che appunto trae origine da questa voce ungherese. In magiaro però non so che la voce abbia mai avuto il significato di «astuto » (cfr. SZARVAS - SIMONYI, MNytSz. I, 1480). ERRORI E TRADUZIONI STRANE pollex 1858, è tradotto con koldek uj> in luogo di nagy új o di hüvelyk. Siccome köldök significa « ombelico », la locuzione viene ad avere il significato di « dito centrale », ma sembra che in ungherese sia completamente sconosciuta, probo 1901 (rum. cserk); in luogo di próbálóm, troviamo probaluesk. Probabilmente l’Autore ha posto qui distrattamente una desinenza verbale rumena, come aveva messo il prefisso el dinanzi a dei verbi rumeni (v. p. 158). scapula 2107. Esempio molto interessante; mentre il rumeno traduce hpatyicza, diminutivo di lopată, l’ungh. ha soldor, forma ar-coica di sodar, che propriamente significa «perna», cfr. SZAR-VAS-SIMONYI, MNytSz. II, 1585. Nei dialetti ha anche il significalo di «lapocka», v. SZINNYEI, MTSz II, 410. Molte altre osservazioni si potrebbero fare sulla parte ungherese, se volessimo accingerci ad esaminare tutte le particolarità grafiche che possono essere indizio di voci dialettali, e tutte le voci che non si trovano a posto come traduzione di un determinato vocabolo latino. Ci siamo limitati a pochi esempi che speriamo siano bastanti per dimostrare quanto cercheremo di dedurre al Capitolo VII. CAPITOLO VI LE FONTI DEL LEXICON MARSILIANUM Mi dispiace di dover aprire un capitolo che non posso svolgere altro che in un senso negativo. Una delle principali ragioni del ritardo della pubblicazione del Lessico è stata appunto causata dall’attesa di condurre nella Biblioteca del Museo Ungherese di Budapest e dell’Ac-cademia Magiara delle ricerche col fine di cercar di stabilire quali furono le fonti, almeno per la parte ungherese, del nostro Dizionario. Se pure tali ricerche, per quanto lunghe e pazienti, non mi hanno dato un risultato positivo, è necessario almeno ch’io ne dia un breve cenno al lettore per dimostrare che nessuna via è rimasta intentata per identificare, meglio che fosse possibile, il carattere del nostro Lessico. § 1. Eventuali fonti rumene. Per quel che si riferisce alla parte latino-rumena il nostro Autore difficilmente poteva avere dei modelli ; se un dizionario latino-rumeno a quell’epoca esisteva, noi non sappiamo; quello di Tudor Corbea, che altro non è se non un adattamento della prima edizione del Dizionario latino-ungherese del Molnár, può datare della fine del seicento ai primi anni del settecento ; ma compare in una regione che è molto distante dalla patria del nostro lessico (Buzău) e fu sempre di proprietà privata. L’Anonimo di Caransebeş ci dà un lessico rumeno latino che non poteva servir di guida a chi si accingeva al compito inverso, tanto più che è con ogni probabilità posteriore al nostro Lessico. Forse altri dizionari esistevano nella regione^ ma non lo sappiamo. E per altro probabile che il nostro Autore, §§ 1—2 EVENTUALI FONTI UNGHERESI come straniero, si servisse, oltre che della sua propria pratica,, di liste di vocaboli cumunicatigli da altri ; una prova di questa ci sarebbe data dall’aggettivo « horridulus » tradotto con ovreistor ; probabilmente si tratta di urìtor (da urî) e ou è una falsa lettura della parola urìtor scritta in caratteri cirillici (oypivTopk) in cui oy ha il valori di u. L’Autore, poco esperto nella lettura dei caratteri cirillici, trascrisse ou (quindi ov). § 2. Eventuali fonti ungheresi. Sarebbe invece veramente strano che chi si accingeva* a comporre un piccolo lessico latino-ungherese, sulla fine del seicento, non sentisse il bisogno di valersi di uno di quei numerosi dizionari latino-ungheresi che si eran cominciati a. pubblicare da quasi un secolo e mezzo ; ciò è tanto più strano trattandosi di uno straniero. Anche Tudor Corbea prendeva per modello del suo dizionario la prima edizione del Lessico di Molnár. Ora il nostro Lessico non sembra derivare nè da Molnár nè da alcun altro lessico ungherese antico a stampa ; con Molnár ci sono, è vero, parecchie concordanze, ma le traduzioni più strane del nostro lessico non derivano di là. Si capisce benissimo che bisogna andar molto cauti nell’affermar una derivazione di un dizionario da un altro, perchè per una gran massa di parole la traduzione possibile è una sola ; quindi non bisogna dar alcun peso al fatto che due dizionari traducano Deus con Isten. Se ce ne fossero mille, tutti mille non potrebbero far altra cosa. Bisogna ricercare le parole più strane, i costrutti più caratteristici, l’ordinamento delle parole latine, le frasi citate e tradotte. Con questo criterio io ho scelto una quarantina di parole e frasi ungheresi che mi parevano più caratteristiche (tutte quelle segnalate al Cap. V ed altre ancora) e le ho confrontate pazientemente coi dizionari di Giovanni Murmelio 1), di Am- x) Lexicon Joannis Murmelii, in quo Latina rerum uocabula in suas singular digestas classes cum Germanica et Hungarica interpretatione} Cracoviae 1553 (cfr-Szabó, RMKö, 4; Sági: Magy. szót. könyv., 5). 172 CAPITOLO VI brogio Calepino x) di Gerolamo Megiser 2), di Alberto Molnár 3) di Pietro Loderecker 4), di Giovanni Erdóbényei 5), di Marco Federico Wendelinus6), di Giovanni Comenio 7), di Nicola Misztótfalusi8) e con alcuni altri glossari minori 9) ma non sono riuscito a stabilite esatte corrispondenze con nessuno, sia per la traduzione strana di alcune voci, sia per la presenza r) Dictionarium decerti linguarum... ubi latinis dictionibus H breae, Graecae, Gal-licae, Italicae, Germanicae et Hispanicae, itémque nunc prima et Polonicae, Ungaricae atque Anglicae adiectae sunt, Lungduni, 1585 (mi sono valso della nuova edizione del Melich: Calepinus latin-magyar szótára, 1585-ből, Budapest 1912 e del testo dell'edizione del 1590 (Szabó, RMKö. 277). 2) Megiser Jeronimus: Thesaurus polyglottus; vel dictionarium multilingue: ex quadringentis cir citer tam v et eris y quam rovi (vel potiuç antiqui incogniti) Orbis Na-tioniim Linguis, Dialectis, Jdiomatibus et Idiotismis constans, Francoforte 1603 (Sági, Magy. szót. könyv., 13). 8) Szenczi Molnár Albertus: Dictionarium Latino-Ungaricum, Nürnberg, 1604 (Szabó, RMKö., 392 ; Sági, Magy. szót. könyv., 14); mi sono valso anche della quarta edizione: Dictionarium Quadrilingue Latino-Ungarico-Graeco-Germanicum, Nürnberg, 1708. 4) Loderecker Petrus: Dictionarium septem diversarum linguarum, videlicet Latine, Italice, Dalmatice, Bohemice, Polnice, Germanice et Ungarice, una cum cuius-libet Linguae Registro siue Repertorio vernaculo, Praga, 1605 (Sági, Magy. szót. könyv., 15). 5) lamia Linguarum bilinguis, Latina et Ungarica, I: Dictionariolum Latino-Un-garicum, Varadino, 1654 (mi sono eservito di un esemplare della Biblioteca di Cluj e, più tardi, di uno incompleto deirAccademia Magiara). 6) Wendelinus Marcus Federicus: Medulla priscae puraeque latinitatis, Alba-Iulia, 1646 (Szabó, RMKö, 786; Sági, Magy. szót. könyv., 20). 7) Comenius J. A.: Janua linguae reseratae aurea Vestibulum, Lőcse 1660 (Szabó RMKc., 957); (non mi è stata accessibile la prima edizione di Alba-Julia 1647 (v. Sági, Magy. szót. könyv., 21). 8) Dictionariolum Latino-Hungaricum, vulgo centuria Vocabulorum, Kolozsvár, 1702 (ma già 1694). (È di Misztótfalusi Kis Miklós). 9) Szikszai Fabricius Basilius: Nomenclatura seu Dictionarium Latino-Ungaricum Debrecen, 1590 (Mi servo della nuova edizione del Melich, Szikszai Fabricius Balázs latin-magyar szójegyzéke 1590-ből, Búd. 1906 (Akad. Nyelv- és széptud. Ért. XIX, 9); Nomenclatura seu Dictionarium latino-germanicum. Nunc denuo adiectum idioma hungaricum in usum discentium, Szeben 1629 (Sági, Magy. szót. könyv., 16); Dictionarium quatuor linguarum: Latinae, Hungaricae, Bohemicae et Germanicae, Vindobonae, 1629 (Nuova edizione di Szikszai, cfr. Melich: Szótárirodalom, 60—61). Ho usato infine anche il celebre dizionario di Francesco Pápai (Dictionarium manuale latino hungaricum, Lőcse, 1708; quantunque, per la sua data, non potesse nel nostro caso entrar in giuoco. §2 EVENTUALI FONTI UNGHERESI 173 nel nostro lessico di alcune frasi (Accendo domum, ecc.) che ivi non si trovano. Vediamo qualche esempio per convincerci: berbex è tradotto dal nostro Autore con berbécs (rumenismo, v. p. 165), manca presso E dőbényei, Misztótfalusi ; presso gli altri si trovano traduzioni diverse {kos ecc.). boarius è tradotto con béres (v. p. 165); manca in Erdőbényei, Misztótfalusi ecc. Presso Molnár troviamo la traduzione «óköri teheni». jentaculum è tradotto con fröstökem (v. p. 166); Molnár, Erdőbényei, Misztótfalusi ci danno la forma fölöslököm. cicada è indotta con ptrücsek (v. p. 166); manca presso Erdőbényei, e a'tri; Molnár e M’sztótfalusi ci danno ptrücsök. contagio è tradotto con mirigy. I dizionari ove si trova la voce « contagio», la traducono con betegség (Molnár e altri) oppure «ixih, elragadó betegség» (Misztótfalusi). draco è tradotto con Indire ; Molnár, Erdőbényei, Misztótfalusi e gli altri lassici hanno concordemente sárkány. lente è tradotto con hakan (v. p. 167) mentre Molnár, Misztótfalusi hanno lassan. . Meglio ancora appaiono le discordanze nelle parole che son state tradotte erratamente: esurio tradotto con fizetzem (v. p. 16S); Comenio ci dà ehezem, al pari di Erdőbényei e Misztótfalusi ; Molnár ehez, koplaló. g e mellű s tradotto con kétt gyermek etzer sült; Comenius traduce gemelli con ketözök, e gemini con kettős gyermek ; Molnár con kett s, keíösöczke, e gemini con kettős ember. La parola manca presso Msztótfalusi, Erdőbényei e altri, gloriose ncn appare mai tradotto colla voce errata dicsö~égetlen} come nel nostro lessico, ma sempre dicsőségesen (v. p. 168). pollex non è mai tradotto nei lessici con lo strano koldek uj, ma costantemente con I.üvelyk o nagy uj. Comenio aggiunge anche öreg ujjia kéznek, vagy lábnak. Da questi pochi esempi si può vedere che proprio le traduzioni più caratteristiche del nostro lessico non hanno riscontro nei dizionari ungheresi del cinque e del seicento ; non abbiamo esteso l’analisi ai Dizionari del settecento (ma senza dubbio 174 CAPITOLO VI avrebbe portato un identico risultato negativo) perchè dalle risultanze del § 3 del Cap. VII appare chiaro che il Lexicon Marsilianum è stato scritto prima del 1701. Cosa dobbiamo dedurre da questo capitolo ? Dobbiamo forse escludere che il Lexicon Marsilianum si sia basato su dizionari latino-ungheresi precedenti ? Io non lo credo, anzi ritengo che un modello debba certo esserci stato; ma esso non ci è sconosciuto e fu probabilmente manoscritto. Lessici manoscritti circolavano in Ungheria e in Transilvania sia nel cinquecento che, in minor numero, data la facilità di procurarsi dizionari stampati, nel seicento. Ne conosciamo parecchi, ma molti possono esser andati distrutti o non esser stati ancor segnalati x). Una fonte dunque probabilmente ci fu, perchè non posso ritenere che l’Autore abbia voluto far tutto ex novo e perchè alcuni errori si palesano evidenti sviste di copia o salti di righe, come abbiamo già dimostrato ; solo che questa fonte, con nostro dispiacere, ha voluto conservare il suo velo al pari della persona del compilatore del Lessico. *) Alcuni frammenti di dizionari manoscritti del cinquecento e del seicento sono stati pubblicati dall’infaticabile Melich: A gyöngyösi szótár-töredék latin-magyar, Budapest 1898; A brassói latin-magyar szótár töredék, Budapest, 1905. Un frammento di dizionario del 1580 è stato pubblicato da Nagy Gyula: Egy kéziratban maradt magyar-latin szótártöredék, 1580 tájáról (Magyar Könyvszemle XII, 1887, 100 segg.). Nuovi piccoli lessici si trovan spesso; recentemente è stato trovato un dizionario trilingue di Heltai, cfr. Ifj Heltai Gáspár, három nyelvű szótára i$8g-bölt bevezetéssel ellátva sajtó aló rendezte Dr* Csűry Bálint, Cluj 1924» CAPITOLO VII DOVE, QUANDO, E DA CHI FU SCRITTO IL LESSICO ? Dopo avere sottoposto il nostro Dizionario a un’analisi il più possibile minuziosa ed esatta, nel limite delle nostre forze e delle nostre informazioni, è ormai ora che cerchiamo di dare una risposta alle domande che ci si erano presentate spontanee fin da principio e che abbiamo poste come titolo di questo capitolo. Si tratta, in ispecial modo, di tirar le somme, per cosi dire, dello studio fin qui intrapreso, giacché per la mancanza di notizie intorno alla provenienza nella Biblioteca del Marcigli del Ms. 116, è, come dicemmo già sulla fine del Cap. II, il manoscritto stesso che ci deve informare. All’esame linguistico dei capitoli precedenti, aggiungeremo qui alcuni contributi, come ad esempio lo studio delle filigrane, che ci possono aiutare a chiarire il complesso problema. § 1. Localizzazione. E cominceremo dalla localizzazione per rispondere alla prima domanda: Dove fu scritto il Lessico? La presenza dell’ungherese come terza lingua, la grafia latina con sistema magiaro della parte rumena, ci portano senz’altro in una regione mista di Rumeni e Ungheresi e cioè verso la Transilvania o il Banato. Ciò è confermato anche dalle vicende della vita del Marsigli e dalla sua lunga permanenza in questi luoghi (v. Cap. I). L’esame particolareggiato a cui abbiamo sottoposto la parte rumena del Lessico ci può permettere una più precisa localizzazione ; per ogni fenomeno fonetico, per ogni parola, abbiamo 176 CAPITOLO VII cercato di stabilire l’area odierna e le principali documentazioni antiche quali ci risultavano dai mezzi d’indagine a nostra disposizione. Abbiamo veduto che l’Autore del nostro lessico scriveva tranquillamente nel dialetto del paese che abitava e dove forse era anche nato, senza preoccupazioni letterarie ; in questo modo ci è facilitato il problema della localizzazione. Non bisogna però disconoscere due difficoltà: la prima è che le condizioni dialettali della fine del seicento (v. § 2) potevano non essere del tutto uguali a quelle che gli studi dialettali moderni ci mostrano per l’ultimo trentennio; la seconda è che il nostro dizionario non è l’unico prodotto dell’attività culturale di quell’epoca e di quelle regioni, ma si avvicina, come grafia e come lingua, alle produzioni d’una corrente culturale che ci dette parecchi testi rumeni in grafia latino-magiara e che si suol chiamare « calvinista », non già perchè tutti gli scrittori fossero diffusori dell’eresia di Calvino (la stessa lingua o quasi si trova anche in autori cattolici1), (ma perchè i principali testi di questa corrente son quelli destinati alla propaganda calvinista (a cominciare dal Frammento Todorescu del 1570). Ora, per quanto disgraziatamente le produzioni di questo movimento culturale giacciano ancora in buona parte manoscritte e siano state finora ben poco studiate, si può vedere come la lingua che questi scrittori usavano fosse press’a poco uniforme, quantunque essi fossero di parti differenti della Transilvania e del Banato. Un esempio di questo ci è dato dal così detto Codice di Petrova, studiato da G. Alexici 2) che non presenta caratteristiche dialettali del Maramureş, come ci si attenderebbe ; questo ha fatto sospettare all’Alexici «ori că Nicolae Petrovay nu e autorul traducerii, ori că pe timpul acesta în veacul XVII s’a format déjà un dialect literar, în care scriau o mare parte a *) P. es. Giorgio Buitul (per cui vedi A. Bitay : Dacorom., III, 789 segg.). Naturalmente questo non vuol dire che io creda esser stati i cattolici seguaci di questo movimento, nè che approvi i ragionamenti per i quali J. Siegescu: Egyetemes Phil. Közlöny y XXXIX, 1905, 77 segg. credeva di poter affermare che TAnonimus Ca« ransebesiensis doveva esser stato un cattolico. 2) G. Alexici: Material de limbă de Codice de Petrova, in « Rev. p. ist. », XIII (1913), 278 segg. DOVE FU SCRITTO IL LESSICO? 177 Românilor din Ungaria. A doua posibilitate o formulăm ma corect astfel : calvinii Români »1). Ci troviamo dunque davanti alla possibilità che alcune particolarità dialettali non siano proprie del luogo in cui fu scritto il lessico, ma appartengano a una specie di « dialetto comune » che faceva le veci di lingua letteraria fra i Rumeni calvinisti. Ciò è possibile anche nel nostro caso, ma il carattere pratico dell’intera opera, il pochissimo scrupolo che l’Autore pone nell’usare frasi dialettali, sia nella parte rumena che in quella ungherese, mi pare possa militare per la conclusione che la maggior parte delle caratteristiche dialettali che noi troviamo nella sua opera, debbano esser proprie al luogo in cui fu scritto o da cui proveniva l’Autore del dizionario. Per questo credo che sia possibile, sulla scorta delle particolarità linguistiche, localizzare con maggior esattezza il testo. Tenendo ben presenti i vari paragrafi del Capitolo IV, possiamo gettare un colpo d’occhio sulla carta linguistica (Tavola m)- Il dialetto del nostro Autore non palatalizza le labiali; si potrà obbiettare che anche nei testi provenienti da luoghi che palatalizzano le labiali, difficilmente si trovan tracce di questo importante fenomeno, o limitate solo a f > h. Va benissimo, ma in testi che hanno un carattere letterario e che evitano le pronunzie dialettali ; il nostro Autore invece non ha scrupoli a usare uo per 0, che rappresenta, come si è detto, una pronunzia volgare che il cittadino evita. Inoltre, se non erriamo nelle conclusioni del § 3, l’Autore è uno straniero che difficilmente possedeva il senso della lingua al punto da far tali distinzioni; gli autori stranieri che hanno scritto in luoghi dove la palatalizzazione delle labiali esiste, l’hanno usata (p. es. i missionari, come Silvestro D’Amelio e Anton Maria Mauro)2) ; in ogni caso qualche traccia se ne troverebbe. Ora, in base a questo dato negativo, escludiamo, come luoghi d’origine, il bacino superiore dell’Olt, quello del *) « Rev. p. ist.», XIII, 291. 2) Cfr. Densusianu: Grai şi suflet, I, pag. 286 segg.; Tagliavini: Studi Rumeni, IV, pag. 62 segg. 12 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsilianum». i78 CAPITOLO VII Someş e del Tibisco e alcuni altri punti che nella nostra carta sono al di fuori della linea di crocettine (n. 4) che indica il dominio di pi intatto (al di fuori si ha pk’ o k'). La lingua del lessico presenta invece costantemente la palatalizzazione delle dentali che si trova nel Banato, zona dei Criş e in buona parte della Transilvania settentrionale e orientale’1) (punti 61—99, 105, 139—143, 145, 150, 158, 161—166, 172, 176, 177—183, 185 ecc. del Weigand) ed è rappresentata sulla nostra carta dalla linea di piccoli cerchietti (n. 5). Ma più importante è la conservazione di ni (cfr. pag. 78) che sulla nostra carta è segnata con una linea punteggiata-tratteggiata (n. 2); essa abbraccia tutto il Banato, giunge fin presso Arad, volge verso Oriente seguendo a un di presso il corso del Mureş (ma escludendo i punti 80, 81, 168) abbraccia il territorio di Haţeg, per scendere a SW. Per quanto, come abbiam notato, le condizioni di due secoli e mezzo addietro potessero essere un po’ diverse; questa constatazione è di grande importanza. La pronunzia i per à, che abbiamo notata a pag. 54 può essere indizio di una pronuncia straniera, ma la troviamo anche in alcuni luoghi della Transilvania e della regione dei Criş (punti 76, 77, 72 ecc. contornati da una linea continua nella nostra carta), en per â (si. ;r) in genska è attestato da Weigand, JbIRS. Ili, 316, per il paesetto di Bolduri vicino a Lugoj (punto 6), oltreché nel Maramureş. E questo per tacere di molte caratteristiche più generali della zona dei Criş e del Mureş (ea > a, v. pag. 71 e Weigand, JbIRS. IV 268; oa > o comune in Transilvania; sv per sf- frequente nella regione dei Criş, v. Weigand, JbIRS. IV, 285 ecc.). Anche lo studio che abbiamo condotto sulle singole parole più interessanti, ci rivela che non dobbiamo trovarci nel cuore della Transilvania, nè in quello del Banato, ma in una zona a cavaliere fra le due regioni ; accanto ad alcuni banatismi, abbiamo parecchie voci che in Banato non sono assolutamente conosciute, un numero eccessivo di magiarismi ecc. *) V. pagg. 74 segg. e 76, n. 4. Alla letteratura ivi citata si aggiunga, per ’estensione del fenomeno, Puşcariu, TrBCrM. II, 1146. DOVE FU SCRITTO IL LESSICO? 179 Dunque, sia le caratteristiche fonetiche che quelle lessicali ci portano in un punto della regione dei Criş e del Mureş. Basandoci su due o tre delle principali isoglosse, potremo anche precisare con maggiore essattezza. Più al sud di Arad, perchè Arad non conosce la conservazione di ed ha le labiali palatalizzate, ma un po’ più al nord di Lugoj, perchè qui troviamo la forma skamn e nel nostro lessico abbiamo scaun (v. sulla nostra carta la linea punteggiata [n. 3] che ci dà l’esatta zona di diffusione delle due forme). Più al nord del Banato perché non troviamo nè di > g; ti > c, nè ci, ce > sì se. !). Con maggior verosimiglianza adunque verso i punti 77, 78, 72 delle carte del Weigand e cioè nelle vicinanze di Făget. Questa regione infatti conosce la conservazione di ni, ha le labiali intatte, palatalizza le dentali, non conosce la forma skamn, ma solo skaun, presenta la forma făină e dezet (e non fănină o fărină e desi) e si presta a spiegare benissimo tutte le particolarità linguistiche del nostro Lessico. Siccome in simili localizzazioni di un testo, che non è scritto in grafia fonetica e che risale a duecentocinquant’anni fa, non si può arrivare a un’ esattezza matematica (e neppure i materiali dialettali a nostra disposizione e specialmente le isoglosse del Weigand, spesso basate su una sola parola, ci permetton di più) iö non mi voglio fissare ostinatamente su questo punto che rir tengo come più probabile, ma propongo di ritener come patria del Lessico Marsiliano una zona compresa in un triangolo la cui base va da Lipova e poco oltre Făget e che ha per vertice Susani (punto 76 delle carte del Weigand). Si tratta come si vede di una zona assai limitata (circa 200 km.)2) e mi sembra che la localizzazione sia fuor di ogni dubbio. Essa è confermata, fra l’altro, dalla vicende storiche della vita del Marsigli che, dal 1699 a! i70i,abitòa lungo in queste regioni,, quando era incaricato di fissare i confini fra la Transilvania e il Banato di Temesvár dopo la pace di Carlowitz. Molte sue lettere sono datate, come si vide già, da Lugoj, Marga, Făget, Lipova, proprio quindi dalla regione che gli argomenti linguistici ci portano a ritenere patria del Lessico da lui posseduto 2). 1) Cfr. anche Philippide, Or. Rom. II, 166 segg. e letteratura ivi citata. 2) Vedi la nota 4 a pag. 31. i8o CAPITOLO VII §§ 1—2 Un altro indizio, per quanto debolinisso, che concorderebbe coi nostri risultati, potrebbe forse esserci dato dalla traduzione delle voci latine fiscus, fiscalis. Accanto all’ungherese fiskus, fiskali[tajs (leggi fiskális), ben noti latinismi in uso in Ungheria, troviamo in rumeno kralu, kraiesc che, alla lettera, significano «re, reale »; la Transilvania non fu mai un Regno, ma sempre un Principato, e «re » e «reale » si dovrebbero dunque riferire al Re d’Ungheria. Noi sappiamo che, nonostante le continue variazioni di confine fra Transilvania e Ungheria x), la regione di Arad, Lipova, Făget, appartenne sempre come parte integrante, alla Corona di Santo Stefano. Ciò verrebbe quindi a convalidare i risultati ai quali siamo giunti nell’esame linguistico della parte rumena, sostenuto anche da quello della parte ungherese (Cap. V) e dalle vicende storiche della avventurosa vita del Conte Luigi Ferdinando Marsigli. Ma d’alta parte questo argomento si riduce a un debolissimo indizio perchè sappiamo che i Rumeni di Transilvania designarono spesso il loro principe col titolo di « craiu » e perfino di « împărat ». § 2. Datazione. E veniamo al problema della datazione, assai più difficile in quanto le caratteristiche linguistiche ci servono meno, giacché la lingua rumena del seicento e dei primi anni del settecento, nella regione di cui ci occupiamo, non presenta variazioni molto sensibili. Abbiamo un terminus ad quem sicurissimo ; il dizionario, essendo stato in possesso del Marsigli, non può essere posteriore al 1701, ultimo anno della permanenza del grande generale in Transilvania e regioni finitime; nel 1712 figura già nel primo catalogo dei manoscritti Marsiliani, come si vide al Cap. II, § 2, p. 42, nota 4. E verosimile credere che sia stato scritto qualche anno prima, ma è difficile fissare un terminus a quo. Se vogliamo dar peso agli argomenti addotti dall’esame delle voci kraiu, kreiesk per L) Cfr. I. Lukinich: Erdély területi változásai a török hódítás korábany 1541 — 1711, Budapest 1918. QUANDO FU SCRITTO IL LESSICO ? l8l «fiscus, fiscalis», di cui abbiamo discorso più sopra al § i, bisognerebbe ammettere che il dizionario fosse stato scritto dopo il 1687, perchè solo in quest’epoca le terre di Arad, Lipova ecc. rientrarono a far parte della dominazione del Regno d’Ungheria, dopo la lunga oppressione turca; prima del 1687 il fisco non poteva esser chiamato « reale», perchè consisteva in tasse, taglie e imposte da pagarsi alla sublime Porta che non fu mai un Regno, ma un impero! Ma data la debolezza del criterio, non potremo tenerne gran conto. Anche un’analisi interna al Codice ci mostra che la scrittura è quella comunemente usata sul finire del seicento e l’esame delle filigrane, per quanto non abbia dato un risultato sicurissimo, induce a confermare queste ipotesi. La carta su cui è scritto il Lessico è assai solida e resistente ; ogni foglio è fornito di una filigrana visibilissima controluce che rappresenta un fiore; la carta presenta anche righe longitudinali distanti l’una dall’altra press’a poco 25 mm. e il fiore della filigrana è tagliato con grande esattezza a mezzo dalla riga centrale, la quale viene a fondersi così col gambo del fiore stesso. Non tutte le filigrane sono perfettamente uguali, benché abbiano lo stesso tipo. Noi le riproduciamo nella tavola II distinguendole con i numeri 1, 2, 3. Quella distinta dal N. 1 è di gran lunga la più frequente, e la più rara è quella del N. 3. È dunque un fiore con 7 petali e due foglie sul gambo; così pure il N. 2, con lieve differenza, specie nella foglia di sinistra. Il N. 3 invece ha tre foglie e solo cinque petali, uno dei quali più grande degli altri quattro. Non ci può importar gran che il fatto che nella fondamentale opera del Briquet1) non si trovino filagrane molto simili ; per la Transilvania e regioni adiacenti abbiamo un’opera assai più completa (appunto in grazia dell'argomento particolare che studia), quella cioè del Kemény che disgraziatamente è tuttora inedita alla Biblioteca di Cluj 2). Una ricerca minuziosa in quest’opera, 1) Briquet: Les Filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier dès eür apparition vers 1282 jusqu'en 1600. Paris-Genève 1907. 2) Kemény los. Signa interna chartarum saeculo XIV, XV, XVI, XVII ét XVIII in Transilvania olim obviarum (ms. nella Bibl. Universitaria di Cluj). i8a CAPITOLO VII §§ Z—3 che dapprima il collega Drăganu ha avuto la gentilezza di fare per me, e poi io stesso ho potuto condurre nel 1927 a Cluj, ci mostra due filigrane, che se pur non sono uguali, rassomigliano molto alle nostre. Le abbiamo riprodotte nella stessa Táv. II, distinguendole colle lettere greche a e ß; La prima (un fiore di dieci petali), data dal Kemény, op. cit., II, p. ni, proviene da una lettera del Principe di Muntenia a Michele Apaffy, lettera datata da Bucarest, 4 Febbraio 1682; la seconda (distinta con ß) dataci dal Kemény, II, 131, proviene da un’altra lettera del Principe di Muntenia a M. Apaffy, datata da Bucarest, 23 Dicembre 1685. Di fronte alla prima, la seconda rappresenta un tipo un po’semplificato; le tre del Lessico Marsiliano sono ancor più semplici e perciò sembrano di qualche anno più moderne. Se dunque, (ma noi non osiamo affermarlo con sicurezza), la marca è la stessa, ci rappresenta una fabbricazione del 1687—1690. Dato che così fosse, si potrebbe affermare che il Lessico è stato scritto dal 1687 al 1700 circa; non si può escludere però che sia anche un po’ più antico perchè i due argomenti che abbiamo riferito sono piuttosto indizi che prove. § 3. La nazionalità dell’Anonimo. E veniamo ora all’ultimo punto. Da chi fu scritto il Lessico ? Escluso al Capitolo II che il manoscritto sia autografo del Marsigli, come credeva il Szilády, il dizionario ci appare come opera di un Autore che rimane velato ai nostri occhi e che non ha sentito il bisogno di scriver il suo nome nè in principio nè in fondo, nè di annotar ogni tanto qualcosa di personale, come era uso in quell’epoca. E evidente che il manoscritto dovette circolare poco, prima di passare nelle mani del Marsigli. Se fosse passato per diversi possessori, qualcuno non avrebbe mancato di far valere il suo diritto di proprietà scrivendoci sopra il suo bravo nome, e magari annotando «Questo libro fu comprato da me N. N. il tal giorno, per tanti denari » vel similia, come usavano fare quei nostri bravi bisavoli secenteschi e settecenteschi. LA NAZIONALITÀ DELL’ ANONIMO 183 Molte altre opere di quest’epoca sono coperte dal velo dell’anonimia; fra le altre il Dizionario Rumeno-Latino della Biblioteca di Budapest, conosciuto appunto coi nomi di Anonymus Lugoshiensis e Anonymus Caransebesiensis 1). Ë naturale che, nella scarsezza di autori rumeni, non sia eccessivamente ardito identificare un dato Anonimo con uno scrittore rumeno della regione; e così il Drăganu ha cercato ultimamente di sostituire la nota figura di Mihail Halici, patrizio di Caransebeş, a quella dell’Anonymus Caransebesiensis 2). La sua identificazione ha buone doti di verosimiglianza 3), ma non può raggiunger la certezza. Noi preferiamo non procedere in identificazioni che potrebbero essere temerarie, ma non vorremmo neppur tacer del tutto alcune supposizioni che ci si presentano spontanee alla mente, dopo aver esaminato accuratamente il Lessico. Dal Cap. III abbiamo visto come il latino che l’Autore usa non è certo un latino ciceroniano, ma rappresenta, con poche varietà, il basso latino delle carte d’Ungheria. D’altra parte nell’esame più approfondito alla Sezione rumena (cap. IV) abbiamo incontrato parecchi errori e traduzioni strane e un numero considerevole di omissioni di traduzione. Anche nel cap. V abbiamo visto che l’Autore non si può dire un conoscitore perfetto del magiaro e che qua e là omette delle parole, traduce erratamente, confonde. Se l’Autore del Lessico fosse stato un Rumeno non sapremmo comprendere perchè non avrebbe saputo metter la traduzione a delle parole semplici come collis, colliculus, rivus, ros, ruina ecc. (v. pag. 40). Non comprenderemmo come mai fosse caduto in errori elementari come «lixivium» tradotto con tăgăduiesc (1390), «ulna» con stinga {stânjen) 2356 ecc. (v. pagg. 156 segg.). *) Si noti che nel dizionario della Bibl. di Budapest servono molto alla localizzazione i toponimi citati, mentre il nostro autore non ne elenca neppur uno. Hasdeu: « Rev. p. ist. », VI, i—48, dette per patria all'Anonimo, Lugoj; il Creţu: « Tinerimea Română », I, 320, Caransebeş. 2) Drăganu: Mihail Halici, Contribuţie la istoria culturală românească în secolul al XVII-lea, in Dacorom., IV, 77—168. 3) Cfr. Tagliavini, St. Rum., I (1927), 130—132 184 CAPITOLO VII Se fosse stato un Ungherese come mai avrebbe tralasciato di tradurre delle parole semplici e piane, come quinquaginta oviiét sterilis eoe ? Come mai avrebbe potuto commettere degli sbagli come: «esurio » = jizetzem (588); «gloriose » dicsöséget-len (882) ecc. (cfr. pagg. 167 segg.)? Inoltre, tanto nella parte rumena quanto in quella ungherese, abbiamo segnalato delle particolarità di pronunzia che sono caratteristiche di uno straniero; specialmente importante la confusione delle sorde e delle sonore, che è una caratteristica della pronunzia dei Tedeschi (v. pagg. 81 segg; 164).x) Nella parte rumena abbiamo inoltre osservato che possono essere peculiarità di pronunzia tedesca o sassone il dittongo uo medio per 0 (p. 68), la pronunzia ghi per i (p. 67), la riduzione di ea ad a (p. 71), ecc. Infine, già al Cap. II, pag. 40 vedemmo che il Dizionario, neirintenzione del suo autore, doveva essere di quattro colonne. La quarta colonna è rimasta vuota. Che cosa doveva contenere ? Delle note ? E possibile, ma io non lo credo. Io credo piuttosto che la quarta colonna fosse destinata a contenere la traduzione dei vocaboli in una quarta lingua, la quale, non ci vuole molta perspicacia a comprenderlo date le condizioni etniche della regione in cui il lessico fu scritto, avrebbe dovuto essere senza dubbio il tedesco. Il nostro Autore lasciò per ultimo questo còmpito perchè appunto la traduzione tedesca a lui serviva meno delle altre in quanto il tedesco era la sua lingua materna, ma siccome era un buon conoscitore del latino, la colonna latina per il momento gli bastava. Io credo dunque che il nostro Autore sia stato un Sassone (e i Sassoni nella regione di Lipova non son certo rari) o in ogni caso un Tedesco. Gli accenni fatti nell’analisi della parte rumena a peculiarità che possono essere di pronuncia sassone e tedesca, sono stati dati in nota al lettore, appunto per questa nostra convinzione. L’attribuire però a un Sassone o a un Tedesco in generale il *) Cfr. Drăganu, Dacorom. IV, 133 segg.; Nyrop, Manuel phonétique du français parlé, 2 ed. Copenhague 1902, p. 10; Tagliavini, Arck. Rom. XIII (1929), p. 375- LA NAZIONALITÀ DELL’ ANONIMO Lexicon Marsilianum non deve in ogni caso far credere al lettore che io accetti senz’altro le teorie di recente espresse dal Drăganu e dal Lacea sull’origine sassone di molti testi rumeni antichi. Questa teoria, combattuta dal Rosetti e dal Bărbulescu, non entra affatto in giuoco nel nostro caso. Se qualcuno mi ob-biettasse che qualcuna delle particolarità che io ritengo peculiari della pronuncia sassone o tedesca, appaiono anche intesti scritti certamente da Rumeni, e sono state notate dal Bărbulescu e dal Rosetti o da altri filologi, io rispondo che qui ci troviamo in un caso differente in cui anche cause non linguistiche propendono a far credere che l’Autore sia stato un Tedesco. So bene che in testi di illetterati (e il Bărbulescu cita molto op-purtunamente delle lettere della sua fantesca) si trovano confusioni di sorde e sonore. Ma qui ci troviamo di fronte a un uomo che illetterato non era, che sapeva benino il latino, che possedeva l’ungherese; un uomo insomma che aveva fatte le scuole con quell’indirizzo umanistico che si usava allora in Ungheria. Se dunque un autore siffatto cadeva in errori, questi possono esser imputati, è vero, talvolta a distrazione (come nel caso di cabacus per cacabus) ma spesso devono rappresentare una pronuncia speciale, una lacuna particolare nella sua cultura linguistica, un difetto innato dei suoi organi articolatorì. So pure che l’ortografia magiarizzante usata da lui e dagli scrittori suoi contemporanei, non è uno specchio di grafia fonetica su cui poterci basare; ma su essa influiscono, d’altra parte, ben poco quelle tradizioni ortografiche che più o meno compaiono nei testi scritti in caratteri cirillici. La scuola grafica magiarizzante, cioè rumeno-calvinista (chiamiamola pur così colle riserve che abbiamo espresse più sopra) non aveva certo ancor tanta forza da aver una tradizione già fissa; in complesso noi possiamo osservare che, a chi la studia, essa dà l’impressione di riprodurre abbastanza fedelmente le particolarità fonetiche dei dialetti transilvani. L’Autore del nostro Lessico fu dunque, con ogni probabilità, un Sassone o in ogni caso un Tedesco, che sul finire del seicento abitava in una zona nei dintorni di Făget. Chi sarà stato ? Chi è più competente di me nella storia culturale di queste regioni po- i86 CAPITOLO VII trà, forse, una volta che abbia accettata la mia ipotesi, procedere a della identificazioni. Io no, lo ripeto, che voglio agire con prudenza. Io non so dunque chi egli sia stato ; fu sicuramente un uomo d’una certa cultura « latina », ma il suo nome non m’importa. Il lavoro lungo e paziente che per tanti anni con costanza e specialmente con amore ho consacrato all’analisi dell’opera sua, fa sì che in certo modo io mi sia affezionato a questo vecchio Anonimo e che non ami sollevare il poetico velo di mistero che lo copre. Chiunque egli sia, chiudendo questo modesto studio, sento il dovere di associare anche lo sconosciuto lessicografo alla pia memoria che rivolgo, con carità di concittadino, a quel grande 4 avventuriere » e scienziato che fu il Conte Luigi Ferdinando Marsigli, la cui fama, a duecento anni dalla sua morte, non è punto affievolita. TÈSTO1) CO [5] [20] A Deo Della Domneseu Istentul Abscondo me Me Pitul El buiok Abeo Me due El megiek Accendo domum Aprind pe cassa házat gyuitani Acervus Tritici Stogh de griu Asztag buza Acus Ac Tü Adiuvo Asud Segitem Adamas Gyémántul gyémánt kü Adaequo Pladesc Megh fizetem Agnus Mei Bárány Ago Fac csinálok Ager Holda Szántó föld Altus Nalt magos Albus Alb feir Aliquis Cs neva Valaki Ala Aripa Szárny Alea Koczke Koczkák Allambo Ling Nyalom Alveare Stupina Ama, amae Lopata Lopáth Ambo Amândoi mint ketten *) La quarta colónna, che nel ms. è costantemente lasciata bianca, è stata qui naturalmente omessa riducendo il testo su tre sole colonne. I numeri progressivi, ri-ferentesi alle voci, non esistono nel ms. originale; sono stati aggiunti qui per comodità di citazione nel corso dello studio. L'ortografia, gli errori, le lacune sono lasciati naturalmente intatti e giacché ogni parola degna di nota è stata studiata nel lavoro che precede il testo, non abbiamo ritenuto necessario apporre, altro che raramente, dei sic fra parentesi per mostrare che non si tratta di sviste incorse in questa nostra riproduzione. i88 IL «LEXICON MARSILIANUM» Amo Mi Drag Szerettem Amor Dragost Szeretett Annulus Inelul Gyűrű [25] Annus An Esztendő Anser Genska Lud Annas Racza Recze Ancilla Slusnika Szolgálo Leány Amarus Amar Kesserű [30] Amicus Preten Baratom Amphora Kancsol Korso Aper Gligan Vad kan Aperio Diskid kinitam Apex Vervul Tetteie valamk [35] ÄPis Stup Méh Appeto Poftesk kévánom Appromitto fogaduesk fogadom Mensis Április Luna Prierului Aqua Apa Visz [40] Aquosus Plen cu apa Telle viszel Aro Ar Szántok Ager Holda Szántó föld1) Aratrum Plug Eke Ardeo Ard Igék [45] Ardor kaldura Melegség Arena Nasip Föviny Argentum Arsent Ez üst Aries Berbecs Berbécs Arma Afmele fegyver I50] Ars Mestersigul Mesterségh Arida arva Câmpul uskat Szárosz Mesző Aspergo, giş Ud Megh öntem Aşpersus, a, um Udat Megh ëontetett Aspiçio, is, cere Me uit Nészem [55] Asìser, asseris SkendUra Deszka Assidue, adverbiur n Omineste Emberségessen Asso carnem Frigh la carne Husi sütek 1) Ripetizione del No. 12. TESTO 189 Assvetus, ta, tum Assula, asşulae [60] Assurgo Assus, assa, assum Ater, atra, atrum Atrum vinum Atramentum [65] Atramentarium Atratus, ta, tum Attamen Attendo Attentto 1) [70] Attestor Aftestans Au [interiectio] Avarus Audax [75] Audio, is, it Avellana Avena Aula, aulae Aulicus [80] Auratus Auriga Aurum Axilla Invàczat Prastilla Me skol Fript Negru Vin ros si groş Csernala Kalamarisul Negritt Anka Auskult Cserk Marturisesk Marturia Vai Skump Barbat Aud Aluna Sob, Oves kurtie kurtian ku aur sufflat kocsis Aur Humerul MEegh szokott Sondei fel kelek sült fekete Vastag vörös bor Tinta Tinta hordo feketített Mieghis- halgatok Próbálók Bisonytom Biszonságh Iái fösviny Mérész Halok Magyaru Szab, Abrak Udvar Udvari Megh aranyoszo : kocsis Arany Vál B Bacculus [85] Balneum Baptizo Baptizatus Barba Barbatus homo Stáp feredeu Bodics Bodicsat Barba Om ku Barba Pálcza fördü keresztellek keresztelt Szakái Szakálos ember !) Sic! 190 IL « LEXICON MARSILI ANUM d [90] Basio, basias, at Basias hominem Bellum Benè Benefacio [95] Benignus Bestia Betula Bibax Biblia [100] Bibo Biceps Bicornis, bicorne Bicornes furcae Biennis, et bienne [105] Bis Boarius, ry Bonitas, tis Bonus, na, num Bos, vis [110] Botrus Brevis, et Breve Brutus Bubalus Bubo [115] Bubulcus Bubuia caro Bucca Buccula Bucula [120] Bufo, bufonis Bullio Butyrum Caballus Cabacus Sarut Saruta pe Om Oste Bine Bine fac Milostif Blazna Mustáka Beutor Karte Sventa Beu Cu do capite Cu do furcs furcs cu do corne Vreme de doi an de doi or Boar Bonitate Bun Bou Strugur Scurt fera minte Bibol huduba Vákár Carne de vaka Gura Gurucza Vaka starpa Broska ferb Unt C Harmasar kasan Csokolom Csokolt megh es em-Had [bert Joi lőtt teszek Irgalmas Vad állott Nyér fa Részeges Biblia Iszom Kétt feiű Kétt szarvú Kétt agu villa Kétt esztendei üdö Kéttzer Béres Ioságh Io Ökör Szölö rövid eszetlen Bial Bagoly Tehén pásztor Tehén hús Szai Szaiocska tehenetske Béka főszek Vai Monyos Loó Vas faszok [125] Caco, cas, care Cado, dis, dere Cadus, di Caecus Caedo [130] Caelum Caera Caeruleus Caesar Calamus [135] Calcar Calceus Calidus Caliga Calix [I40] Calor Camera Caminus Camoena Campus [145] Camus Canabis Cancer Candor Canis [150] Cano, nis, canere Canticum Caper Capio Capra fi55] CaPsa Captivitas Captus Carbo Caput [160] Carè Culpa Caro TESTO kak kad Burie Orb Bat Cser Csara Venet Imperatul Pana Pinten Cisma Kaid Nadras Pohár kaldura kamora Soba Cânticul kemp Capestru kölcz, [fiore] (sic!) Rák Alb kine kent kenticul res, cap. Prind capra Láda Prinsore Prins Segh capul skump vina carne 19* Szarom essem Bor hordo Vak Verek Meny országh Viasz kik Csátzár Tol Sarkantyú Csisma Melegh Nadragh Kelh Melegségh kamora Kályha Inek Meszö kőttüfék Kender Rak feir Eb énekölek ének Kecske bak Fogok kecske Láda fogságh megh fogot Szén fö Drága ok, vétek, hús 192 €» IL « LEXICON MARS ILI ANUM » Carnifex hoher hóhér Carpio kráp Posár, Potyka [165] Caseus káss Sait Castanea Gastanele Gesztenyik Castellanus Porkoláb Porkoláb Castor Vidra Vidra Castrum Csetate Vár 170] Castus kúrát Szűz Caecus orb vak Catena Lanczul Láncz Cauda Coda fark Caulis kurik kaposzta [175] Caupo Gaszda gaszda Cella Pifnica Pincze *Cera Csara Viasz Ceres Sakara Ross (sic!) Cerno kaut nisek [180] Certo ma svadesc veszekedem Certamen svada Veszekedis Crimen pecat vétek Cervus Cserv Szarvas Charitas Dragost Szerelem [185] Charta hartia Papiros Charus Drag Kedves Chirurgus Barbir Borbély Chlamis Mentie Mente Chlamydula Mentiucza Mentéczk j [190] Chorda Chorda húr Chorea Dsok Táncz Cibus Pasitura Étek Cibo Manenk Eszem Cicada griel Pstrucsek [195] Ciconia stirk Gólya Cinctus Incsins öveszet Cingo me Me incsingh Öveszem Cingulus Briu Őv Cinis Csenusza hamu :[200] Circa Inpraesur körül TESTO 193 Circuitus Circumcurro Circumlambo Circumrado [205] Circumscribo Circumspecta Citò Cito Citius [210] Civis Civitas Civilis Civiliter Clamor [215] Clamo Clamator Claudico Claudo Claudus [220] Clavis Claviger Claustrum Clausus Colloquor [225] Colloquium Collum Colo Colo Colonus [230] Color Coloro Coloratus Columba Inpraesurat Gsur un prae tsur am contsurat Tsur un prae Tsur Ling Tsur un prae Tsur rad Tsur un prae Tsur scriu Tsur un prae Tsur me Uit kurund Szorocsek (sic!) Mai kurund Pergar Oras Orasan Orasaneste Strigatura Strig Strigatory Scopatyes Inkid Scopy Keigye Kulcser Monasterie Inkisz Greiesk Vorova Grumasa Strikuro Ominyesk Parasznik faczatura Infaczesk Infaczit Porumba környulravas környulfutottam környulnyulom kömyul beretválok környul irok környul neszek hamar Czitálom hamarébb Polgár Város Várossy Várossul kiáltás kialtok kiáltó Sántítok be szárom Ssánta Kulcs Kolcsár Kalastrom berekesztet Beszelgettek Beszelgettis Tork Szűre k Emberiem Tisztelem Paraszt Ember föstik föstek föstett Galomb 13 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsilianum». 194 IL « LEXICON MARS ILI AN UM » Columbula Porumbula Galombocska [235] Columbarius Porumbar Galambos Columna Thnam Oslop Coma Tyika Üstek Comans Cu flocs Nagy haiu Çomburo Ard Megh igettek [240] Comedo Manánk Eszek Comedo Mankator Nagi ehettu Comes Socul Társ Comes Groff Nacságos Comaestura Prensul Ebéd [245] Comitia Gyulis Orszagh Gyulise Commendo Comendaluesk Comendalok Commercor Terguesk Vásárlók Commetior Messur Mirek Commodito Dau in promut költsen venni [250] Commodum binyele alkalmatos Comonefacio Pomonyesk Említem Comodus Bunn Jo Comoveo Misk Rászom Commuto Mutt [255] Comunis De pre una Közönséges Comunitas In pre uczunye Kozségh Compleo Impie Megh töltem Completus, Implut Töltet Comploro Pling Sírok [260] Complures Mults Sokan Compotatio Beutura Ittál Comprimo String Szoritam Comprobo Marturisesk Bézonyitom Comprobatio Marturia Bézonságh [265] Compromiţto Fogaduesk fogadok Compungo Inpung Szurok Çompunctio Inpunsura Szúrás Computo Sokotiesk Számlálok Clemens Milosztivnik Irgalmas [270] Clementia Milosztenye * Irgalmasságh Clementer Milosztivestye Irgalmassul TESTO 195 Clypeus Pais Pais Coactus Szila Erőltetis Cochlear Lingura Kalány [275] Cocles homo Om cu un ok Egy Szemű Ember Coctilis ferbt főtt Cocus Sokacs, pasitor Szakács Coemo Comp ár Veszek Coena Csina Vacsora [280] Coenula Csinula Vacsorácska Coenum Imala Sár Coepi An Incseput El kesztem Coeptum Incseputul Kessdet Cogito Gengyesk Gondolkoszom [285] Cogitatus Gend Gond Cognomen Polikra Veszetik név Cognosco Cognosk Ismérem Colaphus Palma Nyakan csapás Collaudo Laud Dicsirek [290] Collis Hago Colliculus Hagocska Concutio Bath Verek Concussus Battutt Vert Condecoro kidiesk Ikesitem {29 5] Condecoratus kitit Ikesitet ’Condemno Sudek Itile k Condemnate Sudecate Itilve Condemnatus Sudecat If.lt Condignus Vrenyik Érdemes [300] Condisco Invecz Tanulok Condoleo Banuesk Bánom Condono Incsinstesk Aiandicoszofc Condonatus Incinstit Aiandicoszot CondupUco Dup lek Duplikálom [305] Conduplicatio Duplekatura Duplikálás Condus Kolcser kulcsár Confessus Spovegyit Gyónt Confinium Hatarul Határ Confiteor Spovegyesk Gyónóm 13* IL « LEXICON MARSILIANUM » [310] Conilo Sufflè fuok Confluant Aquae kur si se prae un Vész ösve fol Confodio Sap kapalok Confringo Spárg El törém Confractus frint El Törött I315] Confulgeo Lucsesk Villagok Confando Infront Pirangatam Coniunx Muiere Feleségh Connodo Nod Csomozom Conqueror Ponossluesk Panszolkodom [320] Conquiro kaut keressek Consanguineûs Pretien Attyafi Consanguinitas Pretiéstv Attya fiusagh Consancio Ranyesk Sebesitek Conscendo Inkalik Felhagok [325] Conscensio Inkali katura Felhágás Conscindo La Darab Tai Darabra vágok Conscissus Taiat Vágót Conscissura Taiatura Vágás Conscribo Skriu írok [330] Conscriptus Skriss Irt Conscriptio Skritura írás Consero Semin Bevetek Consilium Invaczatura Oktatás Consilium Tanács Tanács [335] Conspurco Spurk Rutitom Constans Kretincza Allandoságh Constringo String Szorítok Constrictus Strinkt Szorított Consuetudo Naravul Termiszet [340] Gonsummo Ispravesk El vegetzem Consuo Cos Varok Contagiò Csuma Mirigy Contagiösus Csumat Mirigyes Contumulo îngrop EÍ ássom [345] Contundo Pisetz öszve töröm Convaleo Senatosesk joiiulok Copia Turma Sokaságh TESTO *97 Coquo erb fősek Coquus Pasitor, Sokacs Szó kacs [350] Cor Inima Szüv Coram nante ellőtt Corbis korfa Kossár Comu kom Szarv Cornutus komut Szarvas [355] Corona kununa Koszorú Corpus Trupul Test Corvus Korb Hollo Crassus Gross Vastagh Credo Cred Hiszek [360] Cremo Ard Igék Cresco Kresk Nyúlok Crinis flocs Hai Crocum Saffran Saffrán Crux Crucse kereszt [365] Cubieulum Cassa Hász Cubile Pát Agy Cubo Kulk fekzek Cucumer Krastavecz Uborka Culex Muslicza Apro Légy [370] Culina Konyha Konyha Culpa Vina Vétek Cultrarius kuczitár Késcsinálo Cultellus kuczitas késecske Cumulus Gramada Rakas [3753 Cupido Poftitura kévánsagh Cupio Pofftesk Kévánok Cuprum Raşina Rész Cura Grisa Gond Curo Grisesk Vigyátzok [380] Curro kurr, fug Szaladok Curriis kár Szekér . Cursus fuga Szaladás Curvo Plek Haitok Curvàtus Plekat Haitott [385] Curvatio Plekatura Haittás 196 IL « LEXICON MARSILIANUM * [310] Conilo Sufflè fuok Confluant Aquae kur si se prae un Vész ösve fol Confodio Sap kapalok Confringo Spárg El törem Confractus frint El Törött Î3I5] Confulgeo Lucsesk Villagok Confondo Infront Pirangatam Coniunx Muiere Feleségh Connodo Nod Csomozom Conqueror Ponossluesk Panszolkodom [320] Conquiro kaut keressek Consanguineus Pretien Attyafi Consanguinitas Pretiestv Attya fiusagh Consancio Ranyesk Sebesitek Conscendo Inkalik Felhagok [325] Conscensio Inkali katura Felhág ás Conscindo La Darab Tai Darabra vágok Conscissus Taiat Vágót Conscissura Taiatura Vágás Conscribo Skriu írok [330] Conscriptus Skriss Irt Conscriptio Skritura írás Consero Semin Bevetek Consilium Invaczatura Oktatás Consilium Tanács Tanács [335] Conspurco Spurk Rutitom Constans Kretincza Allandoságh Constringo String Szorítok Constrictus Strinkt Szorított Consuetudo Naravul Termiszet [340] Consumino Ispravesk El vegetzem Consuo Cos Varok Contagio Csuma Mirigy Contagiosus Csumat Mirigyes Contumulo îngrop El ássom [345] Contundo Pisetz őszve töröm Convaleo Senatosesk joiiulok Copia Turma Sokaságh TESTO 197 Coquo erb fösek Coquus Pasitor, Sokacs Szokacs [350] Cor Inima Szüv Coram nante ellőtt Corbis korfa Kossár Cornu kom Szarv Cornutus kornut Szarvas [355] Corona kununa Koszorú Corpus Trupul Test Corvus Korb Hollo Crassus Gross Vastagh Credo Cred Hiszek [360] Cremo Ard Igék Cresco Kresk Nyúlok Crinis flocs Hai Crocum Saffran Saffrán Crux Cinese kereszt [365] Cubiculum Cassa Hász Cubile Pát Agy Cubo Kulk fekzek Cucumer Krastavecz Uborka Culex Muslicza Apro Légy [370] Culina Konyha Konyha Culpa Vina Vétek Cultrarius kuczitár Késcsinálo Cultellus kuczitas késecske Cumulus Gramada Rakas [375] Cupido Poftitura kévánsagh Cupio Pofftesk Kévánok Cuprum Rasina Rész Cura Grisa Gond Curo Grisesk Vigyátzok [380] Curro kurr, fug Szaladok Currus kár Szekér , Cursus fuga Szaladás Curvo Piek Haitok Curvatus Plekat Haitott [385] Curvatio Plekatura Haittás IL « LEXICON MARSILIANUM * Cuspis Custodia Custos Cutis [3 9°] Cuticula Verv Strása Pasitor Pelye Pelkucza Hegye, Téttesse Strasa Pásztor Bőr Börecske D Dactylus Desitul Ui Dama Kapreoara Őz Damnum Paguba Kar Dapes Pasature Itt kék [395] Datus Datoria aiandekozás Dealbo Albesk Feiritek Deambulo Preambl Sétálok Debitor Datornik Adoss Debitum Datoria Adosságh Î400] Debitus Dator Adoss Decanto Dekent Ineklek Decern Zecse Tisz December Luna lui Andrei Karácson hava Decies De Zecse or Tiszer [405] Decimus Al Zecsele Tézedik Decimae Desmele Désma Decimo Desmueşk Désmálok Decipio Incsaluesk Csalok Decoctus ferpt Megh főt [410] Decoloro Infaczesk Szűnitem Decoloratus Infaczit Szunesitet Decoro Kitiesk Ékesítem Decorus Kityit Ekesitet Decretum Poronka Parancsolat [415] Decus Omenyia Emberségh Dedecuş Russinye Szigyen Deformis Groszav Utálatos Defunctus Mórit Megh holt Deincepş De its nante Enne kút ánna TESTO 19g [420] Deinde Apoi Maid, továbbá Deleo Sterg Tőrlek Delicatus Gsingas Gyönge Demando Poroncsesk Parancsolok Demens Bolund Bolond [425] Dementia Bolunsia Bolondsagh Dementer Bolonseste Bolondul Demergo ínyek Veszbe halók Demersus Inyekat Veszbe holt Démetior Messur Mirek [430] Demétitus Messurat Mirtt Demolior Sparg El rontok Demonstro Arat Mutatok Demonstratus Aratat Mutattot Denarius Ban Kis péncz [435] Denarro Povestesk Beszelyettek (sic) Denato Nott Uszok Denigro Innyegresk Feketítek Dens Dintye fog Densus Dins Szürű [440] Denuo Gyara Ismint Denus Zecse Téz Deorsum Ensos Állá Deosculor Sarutt Csokolok Depello Amun El haitok [445] Deperdo Perd Vesztek Deploro Selesk Gyaszlom Derelinquo Lasz El hagiom Derelictus Lassat El hagjott Derideo Basokoresk Csufulok [450] Derisus Basokuritt Csufult Derisus, sùs Basokuria Csúf 1 ás Derumpo Sparg, Strik Rontok Descendo Skobor Le Szálok Deseco Tái Le Metzek [455] Desectus Táiát Le Metzett Deserò Lasz El hagyok Desertum Pustinyetate Pusztaságh zoo IL « LEXICON MARSILIANUM » Desiderium Designo [460] Designatus Designator Desilio Desino Desudo [465] Desidero Desideratus Detineo Detondeo Detonsus [470] Devasto Deus Dextera Dexteritas Dextere [475] Dico Dies Difficilis Domus Dimidium [480] Dimitto Dimissio Discalceo Disco Dispono [485] Dispositus Distribuo Distributus Ditissimus Divendo [490] Dives Divido Divisor Do Do, dono [495] Doctus Pofftala Krestes Krestat Krestator Sar Lass Âssud Poftesk Poftitul Opresk Rád Rass Pustinyesk Domnyezeu r Direpta Direptattye Dirept Zie Szoa Greu Cassa Sumetate Slobod Slobosia Descalcz Invecz Renduesk Rendűit Inparcesk Inparcit Mai Bogatt Vend Bogatt Inpart Inparcitor Dau Dau in cinste Invaczat Kévánsagh Jetzek Jetzett Jetzö Le Ugrok El hagyok Itzadok kévanok kévánságh Tartotztattok Bretvalok Beretvalt Pusztítok Isten jobb Igasságh Igassan Mondok Nap Nehez Ház fele Szabadítok Szabadságh Levedkezek Tanulok Rendelek Rendelt El osztok El osztott Legh gazdagab El Adok Gaszdag El osztok Osztó Adok Ajándékozok Tanult TESTO 201 Doctrina Invaczatura Tudomány Doliarius Kadar Kadar Dolor Dorore faidalom Dolus Hitlania Hamisságh [500] Dolosè Hitlaneste Hamissul Dominus Domn Ur Domina Domna Aszszony Dominatus Domnia Uraságh Domus Kassa ház [505] Donec Pana Valamiegh Dono Csinstesk aiandikozok Donum Csinste A'andék Dormio Dorm Alúszom Dormiens Dormind Aluvan [510] Dorsum Spatele Hátt Drako Smeul Ludircz Ducenti Dosuttie Kétt Száz Duco Duc Veszetem Dudum Demult Rigenten [515] Dulcis Dulcse Édes Dulciculus Dulcsele Edeseczke Dumus Spin Tüske Dutaxat Numain (sic!) Csak Duo Dou kettő [520] Duodecem Douspresecs Tézenketto Duodecies De douspresecè or Tézentétzer Dure Vertose kéményén Duras Vertos kemény Dux Capitany kapitany [525] Ebrius Ebriosus Ebrietas Ecce Ecclesia [530] Edax E Bàtt Beczicz Beczia laka Beserika Mankator Részegh Részeges Reszegsegh Ihon Templom Nagy Ehető 202 IL «LEXICON MARSILIANUM» Edo Manank Eszem Egenus Srák Szegeny Egeo Em Trebue Kollettik Egestas Szaracsia Szegénsegh [535] Eg° Io En Egredior Me due affara Ki megyek Eiectus Lapadat kivetett Eycio Lapad kivettek Eiulo Pling Sirok [540] Elaboro Ispravesk Keszétek Elaboratus Isprăvit Keszétett Eiectus Eless > Válogatott Electio Elessul Válogattás Elevo Radik Emelek Í545] EIig° Elegh Válogattok Eloquor Spon Mondok Eludo Basokuresk Csufulok Emitto Szlobod Bocsátok Emo Compar Veszek [550] Emorior Mor Halok Emptus Comparat Vett Emulgeo Smulg Tipek Emundo Kurecz Tisztitok Enarro Povestesk Messizek (sic!) [555] Enarratio Poveste Messe Eneco Umor Megh ölek Enectus Umorit Ölt Enodo Desleg fel bontom Enodatus Deslegat fel bontott [560] Enodatè Deslegatè Fel bontva Enodatio Deslegatura fel bontás Enodis fera nod Kötis nélkül Ensis Paloszul Paloss Enubo Me Inmarit Ferhezmegyék [565] Enudo Desbrák Levetkezek Enumero Numer Számlálok Eousqué Pana Addigh Eo Ambio Megyek TESTO 203 Ephoebus Janass Inas [570] Ephippium Sava Myeregh Episcopus Vladika Püspök Equa Iapa Kancza Ló Eques Kaler Lovas Equito Ka’aresk Loagalok [575] Equitatio Kalaritul Loagalas Equus kal Ló Equus duri oris kal cu gura tare kemèyszaiu Ló Equulus Mensul Csitko Equula Strisnika kancza Csitko [580] Eremità Kaluger Remete Erogo Keltuesk kőitek Erogatus keltűit kő tét Erro Smentyesk El vitek Erudio Invecz Tanítok [585] Erumpo Sparg Rontok Eruptio Sparsura Rontás Esca Pasitura Eledel Esurio flomansesk Fizetzem Et Si Es [590] Etiamnum Si akuma Mostis Evacuo Golesk Uresitek Evado Skap El szaladok Evomo Boresk, vom okadok, hányok Execror Blastemesk átkotzom [595] Execratus Blastemat átkozot Exiguus Mikutyel Aprócska Eximo Descompar Kiváltok Existimo Gengyesk Gondolok Exolvo Deslegh felodom [600] Exopto Poftesk Kévánok Exordium Incseputul Kessdett Exordior Incsep Kessdek Exorno kityesk Ékesítek Expalleo Albesk feiruíek [605] Expando Tind Nyuitotzok Expaveo Me spar Eedes (sic!) 204 IL « LEXICON MARSILIANUM» Expecto Stápt Varok Expectans Staptend Várván Expergiscor Destapt fel Ibredek Expuo Skip Pökek Expurgo kuracesk Tisztitok Extergo Sterg Ki törlek Extersus Sters Törlött Extingo Sting Eloltok Extinctus Stins Eloltott Exstructus Fakut, Radikat Csinált F Faba Pasulla Bab Faber kovács kovács Faber lignarius Asztallos Asztalos [620] Facies Obrâs Orcza Facilis Uşor könyu Facinus Pacat Vétek Facio fac cselekzem Foedus Ligatura köttis (625] Faciens fakend Csinálván Factus fakut Csinált Factio făptură Cselekedet Facultas Slobosia Szabadsagh Facundus Limbos Nyelves [630] Fagus Fag Fallacia Hitlania Alnokságh Fallaciter Hitlaneste Alnokul Fallax Hitlan Alnok Falsus Hamis Hamis [635] Fama Veste Hir Faix Kossa Kassa Farnes fomete Ehsegh Familia Nyam, fomea Nemzetségh Famulus Szluga Szolga {640] Famula Szlusnika Szolgalo Farcimen Karnacz Kolbász TESTO 205 Farina Fasciculus Febris [645] Febrilis Februarius Fel Felis Fenestra [650] Fenestrella Fera Ferax Ferculum Feretrum [655] Feriae Feriae Esuriales Feriendus Fermé Fermentum [660] Fero Ferox Feroc* tas Ferrum Ferrarus [665] Ferratus Fervor [666 bis] ferus Festino Festinans Fibula [670] Fictor Fidejussor Fidelis Fidelitas Fides [675] Fides, dis Fidicem (sic!) faina Pana frigur Frigoros Luna Carendar1) fiere Mucza ferastra ferestrucza Szalbatik Rodit Pasitura Cassa de vak Serbatorile Postul Trebue batutt Mai Aloat adduc, Due Barbat fala Ferr kovács Ferikát Caldura salbatik Grabesk Grabnik Kopcs Olar Keses Credincsos Credyincza Lese Lauta Lautas Liszt Bokréta Hideglölis Hideghlölises Kis koraeson hava Eppe Matska Ablak Ablakocska Vad Gyümölcsös Itek koporso Inepek Bőit Verendő Csak nem, Maid Tészta Hozok Szüves, Mérész Büszkeségh Vass Kovács Vaszazott Melegsegh Vad Sietek Siető Kapocs fazakos Keszes Igaz Igassagh Hütt Hegedű Hegedős 1) Correzióne sovrapposta a un primitivo Luna AndreiuluL 2o6 IL « LEXICON MARSILIANUM » Fidicula Lautula Hegedöcske Fido Cred Hiszek Fidus Incresut Igaz Filius Ficsorul fiu Filia fata Leány Filo Tork fonyok Filum Acza Szál Czérna Fimbria Csiptye Csipke Fimus Gonai Gonai Findo Despik Hasitam Finis Sversitul Végh Finio Sversesk Vigszek Firmo Intaresk Erösitem Fiscus kralul Fiscus Fiscalis Kraiesk Fiscalitas Fistulo Fluer futyulek Fistulosus Gaurit Lukatzsott (sic) Flagellum Bicsul Ostor Flagello Bicsesk Ostorozom Flagellatus Sbiesit Ostorozott Flagicium Kurvaria Kurvaságh Flagrans Arsend Igö Flagrum Sorda Vesző Flamen Popa Pap Fiamma Parra Lang Flammula Parrula Langocska Flaveo Galbenyesk Sárgulok Flavens Galbenend Sárgulandó Flecto Pie k Haitok Fleo , t PI ng Sirok Fletus Plinsore Sirankoszás Flectuose Plekend Haitva Fio Sufflo fuiok Fioreo Infloresk Virágozok Florens Inflorend Virágozván Flos flore Virágh Flumen Apa folyo vész Fluo Kurr folyók TESTO 207 [7*5] Fodina Foecundus Foedus Foemina foemineus [720] Foenum Foenifex Foeteo Foetor Foetifico [725] Foetus Folium Foliosus Follis Folliculus [730] Fomes Fons Fonticulus Foramen Foràs [735] Forceps Forda Forcs Forma Formica [740] Formicosus Formido Formido Formidatus Formo [745] Formosus Formositas Fornax Fornacula Fornacarius [750] Fornix Fornicarius Foro Gropa Rotyitore Legatura muiere muieresk fön Koszas Put Puttore Nastye Proszitura froncza Plen cu frontza Foi Folcsel Gyaszka Fontena Fontenyora Gaura Afara Kieste Vacca fatetore Ussa Forma Fumika Plin cu Fumikae Sparietura Me Spari Spariat Formesk Formos Formosecze Camenyicza Camenyicsora Incalsitor Doganyie Tergovecz Svredelesk Arok Gyümölcsös Köttis Aszony Aszonyi Széna Kaszas Büdös vageok Büdösségh szül Szült fiai marhanak folyós folyóssal telle fuo Tömlöcske Tapló Kutt Kuttocska Lyuk ki foggo Boriuszo tehen Aito Forma Hangya Telle Hangyával Éedés Éedek Eesztett Formálok Ékes Ekeségh kemencze kemenczicska Füttö Bolt Kereskedő fúrok 2o8 IL « LEXICON MARSILIANUM * Foratus Svredelit furott Forabilis Svredyelitor furando Fors Strinste Szerencse Forsan Dora Talán Fortis Tare Errös Forticuîus Tarisor Errösécske Fortunatus Narocsit Szerencsés Fortunate Narocseste Szerencséssen Forum Piácz Piacz Forum boarium Piacz de boi Ökör Vásár Forum piscarium Piacz de Pest Hal Piacz Forum Olitarium Piacz Vergye Zöld Piacz Forum Suarium Piacz de Porcs Dezno Vásár Forum Vinarium Piacz de Vin Bor Vásár Fossa Gaura Lyuk Fossula Guurucza Lyukocska Fossor Szapator Kap ács Fractura Crepatura Hassadas Fraenum Freul Kantár Freno El Infrenyecz fel kantarozom Fraga Fracs Eper Fragro Miroszesk Illatozom Framea Szabié kard Frango Fring El Törek Frater Fratye Báttya Fraterculus Fraczior Ötté Fraternè Fracsestye Attyafiuságossan Fraternitas Fraczietate Attyafiuságh Fraus Aînicsia Alnokságh Fremo Szón Zugolodok Frequento Urgyin Jakorlom Fretum Marea Tenger Frico Skarpen Vakarok Frigeo Mi frig fázom Frigus frig Hidegh, Dér Frigidus Friguros Hidegh Frigh Frig Sütek Frictus Fript Sült TESTO Frio Frondeo Frons Fructus [795] Fruges Frumen Frumentum Frustra Frustor [800] Frustratus Frustum Frustulum Frutex Fuco {805] Fucatus Fuga Fugio Fugiens Fugo £810] Fulgeo Fulgur Fulguro Fulgurat Fulmen [815] Fumus Fumarium Fumosus Fumo Fundamentum [820] Funebris Funebre Epulum Funis, nis Funiculus Funus, neris [825] Fur, ris Fur diumus Fur noctumus Pisecz Infronsesk Krianga Hásna Pome Ingiczitore Bukátye De afetyele Me Smentyesk Smentyit Darab Darabéi Tuffa Vapsesk Vapsit Fuga Fug Fusitor Zogonyesk Lucsesk Fulser Fulser Fulsera Racza Fum Koss Afumegat Afum Fundament La Angropacsone Pomana Strang Strangulecz Ingropacsona Lotru Fur de Szoa Fur de Nopte Török Leveleczem et j Virágzók Aagh Hasson Gyümölcs Gëog Gabona Hiába Csalatkozom Csalatkozot Darab Darabocska Bokor Föstek Föstett Szaladás Szaladok Szaladó Kergetek Tündöklek Vilámlás Vilamlok Vilamlik Sugár Füst Kémény Füstös Füstelek fondamentom Temetishozvalu Tóor Köttél Köttelecske Temetés Lattor Napi Lattor Iieli Lattor 14 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsilianum». 210 IL « LEXICON MARSILIANUM » Furca Furcula [830] Furnus Furnaceus Furnarius Fumaria Furtim [835] Furtum Furunculus Furvus Fuscina Fuscus [840] Fustis Futurus Gabalus Gabata Galbinus [845] Galea Galerus Gallus Gallina Ganea, ganeae [850] Ganeo, ganeonis Gaudium Garrulus Gaudeo Gausape [855] Gaza Gelasko Gelicid um Gélu Gemellus [860] Gemitus Gemma Furke Furksora Kuptore Kopt in kuptore Süteü, Pitar Pitaricza Supt Askons Furat Lotrisor Nyegru furkicza întunecos Bota Venitor G Spensurator Blitcsel Tsingas Cumânak de fer Palaria Kokos Gaina Cassa de kurve Kurvák Gaszdàjia Bukoria Strigător Me Búkor Pokrovicza Comora Ingecz Róva Geacza de Tsemenare fráts Suspin Margaritar Villa Villácska Süttü kemencze Kemenczébe Sült Sütő Süttö Aszony Lopva Lopás Lattrocska fekete Villa Sötitt Dorangh Jövendő Akasztofa Talocska Gyönge Sisak Kalap Kakas Tyük (sic!) Kurva ház Cassa de Kurve Öröm Kiált azo örulek Pakrocz Kincs fagyok Harmat Gyégi Kétt Gyermek etzer [Sült foátzkodás Gyöny TESTO 211 Gemula Gemmo v Gener [865] Generatio Genero Genitor Genitrix Genu [870] Genus Gero Gigas Glaber Gladius [875] Gladiolus Glans Glandula Glis Globus [880] Globulus Gloria Gloriose Glubo Glutio [885] Gnarus Gossipium Gradus Gracus Grallae [890] Gramen Gramma Grandis Grandò Gratia [895] Gratrosus Gratis Gratificor Gratulor Gravida Mulier Margaritarei Pl ing Grşinere Nastiere Nask Tatta Mama Tsenunke Nyámzats Port Ories Plesugh Szabbie Szabiuszka Ser Sérisor Gruny Gloncz Glonczior Lauda Cu lauda Beilesk Ingit: Invaczát Bombák Gradus Gaicza Kersie Jarba Slova Mare Ploaia cu Piatra Graczie "} Iubit Defetye Csinstesk Me Bukor Muiere Greonya Gyönyecske Sirankozok Voi Szülés Szülék Attya Annya Tird Nemzet Viselek Goliath, Orias Kappász (sic!) Kard Kardocska Mák Makocska Patkan Globis Globisoczka Dicsöségh Dicsőségeden Nyutzom Nyelem Tanult Iapott Gradocs Szaiko Manko fü Böttü Nagy Kő Essö Kegyelem Kedves hazantalanul Kedveskedem Örülek Nehezkes Aszony I4: [çoo] Gravis Gremium Gréssus Grus Gryllus [905] Gryphus Guberno Gubernator Gubernatrix Gula [910] Gulosus Gusto Gutta Guttur IL «LEXICON MARSILIANUM* Greu Pole Pass, Passitura korkan Griêl i Pardoţz Domnyesk Domn Domna Neveienyie Nyevazüt Gust Pikatura Gussa Nehéz Öl Lipis Varjú Thucsegh Parducz Uralkodom Uralkodo Uralkodó Aszony Irrigségh Irrigh Kostolom Csöpöcske Torok Habeo £915] Hactenus Haedus Haedulus Halec Halitus [920] Hamus Hara Hariolus Hariolatis Harpax [925] Haustus Hebdomas Hepar Hera Herba [930] Herbula Heri Herus Hilaris Hilaritas H Am Pana aknum Peres Czapuiul Höringul Resuffelt Ungicza Grasd de Porcs Vrasitor Vrasenye Pansinye Beutura Septemuna Mai Sztopuna Iarba Iarbsora 1er / Gazda Cassi Véssél Veszelia vagion Eddigh Kecske Bak Kecske Bakocska Höringh Lélekzet Horogh Dézno Istálo Jövendü Mando Jövendölös Pook Ittál Hieth Mái Gazda Aszony Fü Füecske Tegnap Háznak Gazdaia Vigh Vigasságh TESTO 213 [935] Hilarè, Hilariter Hinc Hinnio Hircus Hirundo [940] Hodie Hodiernus Homicida Homicidium Homo [945] Homo sum Honestus homo Honor Honoro Honoratè [950] Hora Hordeum Hornus Horreum Horridus [955] Horride Horridulus Horsum Hortus Hortulus [960] Hospes Hospicium Hospita Hostis Hucusq[ue] [965] Humatio Humatus Humectus Humerus Humilis [970] Humilimus Humilitèr Cu Veszelia De Ics Rinkecz Czap Rendinyiea Astes De Astes Vrasmas Vrasmassia Om Om us Om de Omenye Omenia, Csinste Omenyesk Omenyeste Un Csász Orcs De hest emp Sura Napraznik Ovreste Ovreistor Ankoacsa Gradina Gradinucza Ospecsony Szálás Gazdonya Dusman Pana akuma Angropacsona Angropat Ud Umer Molcomitor Mai molcomitor Molcomeste Vigan Innid Nyeritek Kecke Bak Fecske Ma Mai Gyelkos Gyelkosságh Ember Ember Vagiok Emberseges Ember Tisztesegh, Ember-[ségh Böcsülem Böcsülettel Egy ora Arpa Idèi Csűr Kegiétlen Kegietlenül Kegietleneczke Erre Kert Kertecske Vendégh Szál ás Gaszda Aszony Elenségh Eddigh Temetis El Temetett Viszes Val Alázatos Legh alázatossab Alázatossan 3i4 IL «LEXICON MARSILIANUM» Humilitas Molcomenia Alázatossagh Humus Pomont Föld Hyalus Glásd, Pohár övegh [975] Hybernus Jarnatyek Téli Hydria Vas de Apa - Vészi korso Hyems Iarna Tél Hymnus Canticui Ének Hypocaustum Cassa Ház, Szoba I [980] Iaceo Szák fekzem Iacens Szákend fekvén Iaculum Sagyiatta Nyél Iaculor Pusk Lövedezek Iaculator Puskás Puskás [985] Iaculatio Inpuskatura Lövis Iam Acnu Most Iam dudum De mult Régen Ianua Ussa Aito Ianuarius Calendar Januarius (990] Ibi Akolo Ottan Icon Icona kép Iecur Plumona Tüdő Ieiunium Post Bőit Ientaculum Gusztare Fröstökem Í995] Ient° Gusztaresk Fröstokemezek Igriavus Len Rost Ignavè Lenne Rösten Ignis fok Tüsz Igniculus foksor Tüszecske [1000] Igneus Infokat Tüszes Ignominia Russinye Szegjeny Ignoro No stio Nem tudom Ignosco Iært Megh bocsattok lie, Illis Maczele Bél [1005] Ilico Numai de két Mentist Illaesus Neranyit Sebetlen TESTO 215 Illudo I Illusio Imago [1010] Imago pulchra Imago aurea Imaginor Imbecillis Imber [1015] Imbuo Imbutus Immaturus Immundus Immunis [1020] Immutesco Immuto Immuto vestes Impara i us Impatibilis [1025] Impedio Impedire iter Impendo Impendium Impensus [1030] Imperator Imperatrix Impero Impertio Impetro [1035] Impiger Impleo Implico Implicatus Implicatio [1040] Implictus Imprudens Impunè Impurus Impuritas Basokuresk Basokuria Ikona formos ikon Ikon de aur Gengiesk Slab Ploia înting întins Crud, ne kopt Necurat, Spurcat Slobod Amut Inmut Inmut hanyele Nye gatyit Nye rabdat Stau naintye Nainte kali stau költuesk költuala költuit Imperatul Muiere Imperatului Poroncsesk Inpart Szeresuesk Barbat Grabnik împle Invalesk Invalit Invalitura Imat Fera mente Fera Globa Spurcat Spurcacsonye Csúfolom Csufságh Kép Szép kép Arany kép Gondolok Erőtlen Essö Be martom Be mártott Éretlen Tisztátalan Szabad Némulok Másolok Ruhakat Másolok Keszületlen Szenvethetlen Gátolok Utiát Gátolni kőitek költségh költett Császár Csatzarné Parancsolok Osztogattok Szerszek fris Töltök Be Takarok Be Takart Be Takarás Sáros Eszetlen Büntetés nélkül Tisztátalan Tisztátalanságh aiò IL « LEXICON MARSILIANUM » [1045] Imputò Inalbesco Inalgesco Inamabilis Inambulo [1050] Inanimus Inanio Inanis Inaresco Inauguro [1055] Inauris Inauro Incendo Incend’um Incerno [1060] Inchoo Inchoatus Incingo Incinctus Incoia [1065] Incolumis Incommodum Incomodum alicui [facere Inconcessus Inconsuetus [1070] Increpo Incumbo Incuso Incusatio Incustoditus [1075] Indago, indagas Indago, ginis Inde Indecens Indecorus [1080] Indigens Indignatio Sokotyesk Inalbesc Recsesk Fera Dragost Praeambl Fera sufflet Golesk Gol Usk Urasesk Csercsele Sufflè cu aur Aprind Fok Stricur Incsep Incseput Incsing Incsins Jobbás Senatos, Straven Paguba fac Paguba la csi-[neva Continit Neanvaczat Szuduesk Me probiesk Perruesk Peritura Ne pasit Cserk, caut Urma De its Nye kuvina; Grosav Sarak Munia Számlálok Feirulek Hidegitek Szeretet nélkül Sétálok Lelek nélkül Üresitek Üres Szarazulok Iövendulek Fülbe való Aranyoszok Juitok Juladás Szürek El keszdek El keszdett felcvetzem felövetzet Jobbágy Egességes kár Valakinek Kart [lenni Tiltott Szokatlan Szidom Támaszkodom Be Vádlók Be Vádiás Vigyázatlan Kereszek Nyom Innid Iletlen Rutt Szegény Haragh TESTO 217 Indignor Me muni Harakszom Indignus Noi sankaszut Erdemetîen Indlviduus Ne Inparcit Ostat'an [1085] Indoctus Ne Invacat Tanulatlan Indoctè Bolondseste Bolondul Indulgens Milostif Kegyelmes Indulgentia Mila Kegyelem Indumentum Hanyele Ruha [1090] Induo Me Anbrak fel Öltözek Indutus Anbracat fel Öltezett Induro Antaresk keményülek Indusium Kemesa Ing Inebrio Inbat Részegíttek [1095] Inelaboratus Ne Diresz Készületien Ineptus Ne vendut Eladatlan Inerro Smentyesk Elvétem Infamia Russine Szigyen Infamo Russinyesk Szigyenitem [noo] Infans Prunk Gyermek Infancia (sic!) Pruncsia Gyermekségh Infardo Impie Töltek Infernus lat Pokol Infero Nuntro Duc Be Viszem [1105] Infibulo Inkops Be kapcsolok Inficio Spurk Rutitom Infirmus Betyag Betegh Infirmitas Betegsigul Betegségh Infirmus síim S Betyag Betegh vagiok [ino] Infiammo Aprind Megh gyitom (sic) Inflatus Infiat Dagadot Infoecundus Starp Infoelix fera narok Szerencsétlen Inforo Svredelesk Fúrok [ 1115] Infra Den Sos Aliul Infractus frint Törrött Infraeno Infren Kantározok Infraenatus Infrenat Kantarozott Infilino Affamo Füstöllek IL «LEXICON MARSILIANUM» [1120] Infundo Bag Töltek Infundibulum Tölcsér Tölcsér Ingenium Minte Esz Ingeniosus Cu minte Eszes Ingens Mare Nagy [1125] Inhibeo Continyesk Tiltok Inhibitus Continyit Tiltott Inhonestus fera Obrás Orczátlan Inhonesto Spurk Gyalázom Inhonestus Spur kát Tisztátalan [1130] Inhonestè Spurkate Tisztátalanul Inhumo Angrop El ássok Inhumatus Angropat El ássot Inibi Anakolo Ottan Initium Incsepenie Keszdelt [1135] Innocens Nevenovat Ártatlan Innocenter Nevenoveste Ártatlanul Innocentia Nevenovenie Artatlanságh Inopia Szaracia Szegenségh Inops Szarak Szegény [1140] Inornatus Ne kityit Czifrázatlan Inquam Spon Mondok Inquiro Olu Inquirálok Inquisitio Oluitul Inquirálás Inquisitor Oluitor Inquirálo [1145] Insanus fera sanatate Egeséghtelen Insanitas Ne sanatatye Egeséghtelenségh Insatiatus fera Sacz T ölthetetlenedet Insatiabilis fera Szacz Tölthetlen Insciens Ne Stiind Nem tudva [1150] Inscribo Scriu in nuntro Be irok Inscripţio Scriitura Innuntro Beirás Insemeno Saman Bevetek Insenesco Batrinyesk Vénülek Inservio Slusuesk Udvarolok J1155] Insignitus Semnat Jetzett Insimul La Odate Etzersmint Insipiens Bolond Bolond TESTO 219 * Insipientia Insipienter [1160] Instantia Instanter Instigo Instigatio Institutio [1165] Insumo Insuo Insusurro Insincerus Integer [1170] Intego Intectus Intellectus Intelligo Intendo [1175] Intentus Intenté Inter Inter manus Inter coenam [1180] Intercurro Intercursus Interdico Interdictio Interdictus [1185] Interemptio Interemptùs Intereo Interij Interfector [1190] Interficio Interim Interplico Interpolo Interpolator [1195] Interpolis Bolonssiagh Narodseste Rogament Rogend Invecz praeia Invaczatura praeia Invaczatura Költüesk Cos In nuntro Soptyesk Hitlan întreg Acoper Acoperit Minte Inceleg Tyind Castigator Castigatura Supt Supt Munyele Supt Csina De preae una fug fuga de prae una Opresk Oprele Oprit Vrasmassia Omorit Mor Morit am Vrasmas Umor Pana atuncs Angratyesk Innoesk înnoitor înnoit Bolontsagh Bolondul kéris kérve Rea Tanitam Rea Tanítás Tanítás Kőitek Be Varok Súgok Hamis Egéz Befödek Befödet Esz Értek Nyuitok Szorgalmatos Szorgalmatoszan allat Kész allatt Vacsora allatt Közben futok Közben fuiás Tiltok Tiltás Tiltott Gyélkosságh Ölt Ha1ok Megh holtam Gyélkos ölek Addigh Be fonyok Uitok Uitto Uitot : MO IL «LEXICON MARSILIANUM* Interpres Interpreter Interogo Interogatio [1200] Interrumpo Interruptus Intrò Intro, as Introfero [1205] Intromitto Introspicio Intrudo Invaletudo Invalidus [1210] Invenio Inverto Inverto Invigilo Involvo [1215] Involutus Inutilis Inutiliter Ira Iracundus [1220] Irrasus Irrationabilis Irrideo Irrigo Irrisus [1225] Is Iste Isthic Isthme Isthac [1230] Ita Itane vis Itaquè Iter Tolmács Tolmacsesk întreb Intrebacsona Spargh, fringh Spart Nuntro Me duc nuntro Port nuntro Szlobod nundro Nuntro me uit împing Betegsigul Betyag Afflo Intork Pravalesk Pasesk Invaluesk învăluit Ne destoinik De affetye Munyia Munyios Ne rass Narod Basokuresk Ud Baso kúrát lel Hasta Aaics Deics Peics Assa Assa ezi voi Pintru haia Drum, kalie Tolmács Tolmácsolok Kérdeszek kérdés Törek Töröt Be Bemegyek Be vészek Be bocsátok Be nézek Be taszítok Betegségh Betegh Talalok fordítok Fel fordítok örszek öszve Takarok öszve Takart Hazantolan Haszantalanul Haragh Haragos Beretválatlan Eszetlen Csúfolok Öntötzek Csúfolt Amaz Ez Itt Innid Erre Ugi Ugi akaródé Azért Utt TESTO ZZI [1235] [1240] [*245] [«5°] [«55] Iter diei Iterum Iuba Iubeo Iucundus Iucunditas Iudex Iudicatus Iugum Iumentum Iunctim Iuramentum Iuratus Iuro lus lus Iustus Iustus miles Iuvencus Iuvenis Iuvenesco Iuventus Iuvo Kalje de szi Iara Coma poroncsesk Vessel Vesselia kiness Sudekat Sug Márha De prae un Sorament Sorat Sor Tsama Direptatye Dirept Katana direpta Sunk Tiner Intineresk Tinereczele Adsut Labens Labium Labo [1260] Labor Laboro Laboratus Laboriosus Lac [1265] Lacer Lacero Lachryma Lachrymo L Käsend Bucza Kad Lukru Lukr Lukrat Lukrator Lapte Rupt, Spart Rup Lachryma Pling Egy napi járás Ismint Sörény parancsolok Vegh Vegassagh Biro Itilt Iárom Marha Együtt Itilt (sic) Eskettet Esketzem Léé Törvény Igaz Igaz katana Tulok Iffiu Iffiulok Iffiuságh Segitek Esvén Ajak Essek Dologh Dolgoszok Dolgozott Dolgozo Tei Ronjos Szakaszok Köny Sirok 222 IL « LEXICON MARS I LI ANUM » Lachrymans Plingend Sérvan [1270] Lacuna Teussor Tocsa Lacus Teu Fertő Laedo Ranyesk Sebessitek Laesus Ranyit Sebessitett Laetifico Unbukur Vigaztalok [1275] Laetitia Bukuria Vigasságh Laetus Vessel Végh Laeva Muna Stinga Bal kész Laevus Stingh Bal Lagena Ploska Palaczk [1280] Lagenula Ploskicza Polaczkocska Lagois Pest de Mare Tengeri hai Lambo Ling Nyalok Lamentor Me vait Iaigatok Lampas Lampas Lampas [1285] Lana Lina Iapiu Lancea Lancsa Làncsa Lanius Kaszap Mészáros Lapis Pietra Kő Lapideus Petros Köveczke [1290] Lapillus Petrisora Kövecses Largior Csinstesk Aiándékozok Laridum Slaina Szalana Larva Strigon Boszorkány Lascivus fera Obras Orczátlan [1295] Lassus Ostenyit Fároth Lassitudo Ostinyala Fárodságh Lasso Ostinyesk Fárodok Latè Lat Szélessen Latebrosè Askons El dugva [1300] Latens Pitulat El dugván Later Karamida Tégla Laterculus Karamidula Tegláczka Lateraria Kassa de Karamide Tégla kemenzke Latinus Deák Déak [1305] Latiné De ácseste Déakul Latro Latr Ugattok TESTO 223: Latro Latrocinium Latrunculus [1310] Lavacrum Lavatio Laudo Laudatus Laudatio [1315] Lavo Laurea Laureola Laus Lautus [1320] Lebes Lectito Lectus, ta, tum Lectus, ti Lembus [1325] Lens, dis Lens, tis Lentè Lento Leo [1330] Leopardus Lepus Lepusculus Lethum Levamen [1335] Levis Lev ter Levo Lex Libenter [1340] Liber, ri Liber, ra, rum Liberum tempus Liberi, rum Libero Lotru, Fur Lotria Lotrisorul Feredyeu Spalatura Laud Laudat Lauda Spai Kununa Kununula Laude Spalat Kasan de pomont Csitesk Eles Páth Luntricza Lindine Lintye Incset Moiesk Oroslàn Parducz Iepur Iepurás Mortye Asutoria Ussor Lesnye Rrodik Lese Bukuros kártye Slobod Vreme Szloboda Pruncsi Szlobodsek (sic!) Foszto, Tolvai Tolvaiságh Tolvaiocska Fördü Mossás Dicsérek Dicsért Dicséret Mosso k Koszorú Koszorúcska Dicséret Mossot Földbul csinált vas Olvasok [fázok Válogatott Agy Haiocska Sörke Lencse Hakan Lágitok Oroslan Parducz Nyúl , Nyulacska Halál Segétségh Könnyű Könnyen Emelek Törvény Örömest Könyv Szabad Szabad Üdö> Gyermekek Szabaditok 224 IL « LEXICON MARSILIANUM » [1345] Libertás Slobosia Szabadságh Libra, rae kom Mérő Libro, ras Messur Mérek L:en Splina Lép Ligámén Ligatura Köttis [1350] Ligellum Kolibsora Kalibacska Lignum Lemn Fa Ligneus Lemnos Fás Faber lignarius Ács Ats Lignile Cassa de lemne Fanak való komora [1355] Ligo, as Leg Köttek Ligo, nis Sapa Kapa Ligula Sapsora Kapacska Lilium krin Liliom Lima, mae Pila Ráspo! {1360] Limatus Pilât Raspolt Limax Mölcs Csiga Limes Hotár Határ Limosus Imos Sáros Limpidus Limpedye Tiszta [1365] Limus, mi Imala Saár Limus, ma, mum krucsis keresztül Linctus Lins Nyalt Lingua Linba Nyelv Linguax Linbos Nyelves [1370] Lingula Linbula Nyelvecske Linio Ung kenek Linquo Lass Hagyok Linter Luntra Haio Lntrarius Luntraş Haios [1375] Linteum Lepedeö Lepedő Linum In Len Lipara Unsura Kenő Liquefacio Topesc Olvasztok Liquefactus Topit Olvasztót [1380] Lis Svada Pör Litera S’ova Böttü Literula Slovsora Bottücske TESTO Literatus Invaczat Tanult Literarius Scola Iskola [1385] Litus, ta, tum Zamalczuit Be mászolt Liveo Venecsek (sic!) Kikulek Lividus Venet kék Lix Lipan Lepény Lixa, xae Kukta Kukta [1390] Lixivium Tagaduesk Tagadok Lixus, a, um Ferpt Főtt Lixo, as, are Ferb Föszek Locellus Szaksor, keszul Sakocska Loculus Loksor Helyecske [1395] Locuples Deveratura Bézonságh Locus, ci Lok Hely Locusta Lacusta Sáska Locutio Vorova Beszéd Locutus [participiu] Vorovit Beszélt [1400] Lodix Prokovitza Pakrocs Lodicula Prokovitsora Pakrocsoczka Lol'arius, a, m Szitta Szetta Lomentum Faina de Paszulle Bab Liszt Longaevus Batrin Vény [1405] Longinqus De parte Mésze Longipes Ku picsoreîe Longs Hoszu Lábú Longus Long Hoszu Loquela Convent Szó Loquor Graiesk Beszéllek [1410] Loquens Vorovend Beszélvén Lora Trnk Cséger Loripes Styop Santa Lorum Bicsul Ostor Lotio Spalatura Mossás [1415] Lotium Pisát Hugy Lotus, ta, m Spalat Mossot Lubet Placsem Tetzik Lubenter Bukuros Örömest Lucanica kárnacz Kolbász [1420] Lucerna Lumina Gyerttya 15. Carlo Tagliavini, Il «Lexiooa Manilianum*. 226 IL « LEXICON MARSILIANUM » Lucror Dobontyesk Nyerek Lucrum * Dobonda Nyereségh Luctor Me Lupt Bérokoszok Luna Luna Hold [1425] Lunula Lunula Holdocska Lupus Lup Farkas Lusus Sok laték M Macellum kassap Mészáros, Metzár- Macer Uskat Szárosz [szék [1430] Mactatus Umorit Ölt Madidus Ud Vészes Magis, dis Postav Tekenyu Magis [adverbium] Mai mult Több Magnus, a, m Mare Nagy [1435] Maius Mensis Luna Lu Mai Maius Mala, malae Falca Poffa Malacus Molyé Lágy Malè Reu Roszul Malignus Fera credincza Hitetlen [1440] Malicia Hitlania Hitetlenségh Maliciosus Hitlan Hitetlen Malleus Csokany Patkoverrö Maio Mai voiesk Inkáb akarok Malum, li Mér Alma [1445] Malus, li Mer Alma fa Malus, la, lum Reu Rósz Mamilla Czicza Csöcs Mancus ku 0 muna Egy kezű Mandator Poroncsitor Paracsolo [1450] Mandatum Poronka Parancsolott Mando Poroncsesk Parancsolok Manduco Manank Eszem Manica Munyica Ui Manicae Manusse Kesztyű [1455] Manipulus Sznop kéve TESTO 227 Mantes Vrasitor Iövendömando Mantile Kengyeu Kendő Manus Muna kéz Mappa Maszale Abrosz [1460] Mare Mare Tenger Margarita Margaritarul Gyöngy Marito Inmarit Haszositok Martius Mensis Luna Lu Marcz Martius Marsupium Punga Erszény [1465] Martyr Marturia Bézonságh Mas Barbai Férfiú Mastix Bicsul Ostor Mater Marna Annyo Matrona Muiere de Omenie Tisztesegés Aszony [1470] Maturus Kopt Ért Maturè De Vreme Idein Matutinum Dominaczo Reggel Maxilla Bucca Aál Maximé Anka Tare Igenis tI475] Maximus Mai Mare Legh nagiobb Mecum Ku mine Velem Medeor Vendik Gyoigyitok Medicamen Lyak Orvosságh Medietas Mislok Közöpe [1480] Medulla _ Vellö Vellö Meio Pis Hudozok Mei Mere Mél Meiania Nyegrala Feketezés Melius Mai bine lobban [1485] Mendacium Mencsuna Hazugságh Mendax Mencsinos Hazugh Mendico Cseresk Kodulok Mendicus Csersitor Koldus Mens Minte Ész [1490] Mensa Masa Asztal Mensis Luna Holnap Mensula Mescsora Asztalocska Mensura Masura Mérték iS* IL «LEXICON MARSILIANUM» Mensus, a Masurat Mért [1:495] Mentitus Menczit Hazudot Mentior Mint Hazudok Mentum Senunke Térd Mercator Tergovecz kolmár, Arros Merces Piata Fézetés [1500] Mercor Terguesk Vásárlók Merda kakat Szar Meretrix kurva kurva Meridies Manyases Ebéd Merum Vin Bor [1505] Messis Secserat Aratás Messor Secserator Arato Messus Secserat Aratott Meto Secser Aratok Metreta Spenye, ferdel Véka [1510] Metrum Massura Mértik Metuo Tyem Félek Metus Spaima Félelem Meus A mio Ennyém Miles Katana katana [1515] Miliţia Oste katanaságh Mille O mie Ezzer Millium Malai Kölös Milliarium Un mil de pomont Mél föld Minimus Mai mik Legh kisseb [1520] Minister Inas, Szluga Szolga Ministra Szlusnika Szolgálo Ministrò Szlusuesk Szolgálok Miser Szarak Szegény Miseria Szaracsia Szegénységh [1525] Misericordia Mila Kegyelem Misericors Milostif Kegyélmes Mistus Mesticat Kevert Mistura Mesticatura Keverés Mitto Trimet Kúldek [1530] Modicum Pucsintel Kevis Modicüa Mie kicsiny TESTO 229 Modo aknu most Modus Mod Mood Moenia Bastye Bastya I>535] Moereo Pling Sirok Moerens Plingend Sérván Moestus Trist Kedvetlen Mola Mora Malom Moles Tovar Terh [1540] Molitor Morár Molnár Molitrix Moraricza Molnámé Mollis Molle Lágy Mollio Inmoiesk Lágyitok Molo Macsin Örlök [1545] Monachus Frater Barát Moneta Rend de Bannyi Pénz Monile Nyakravalo Nyakravalo Mons Muntye Hegy Monstro Arat Mutatok LI55°] Monstrator Arătător Mutatto Morbus Bola Betegségh Mordeo Musk Harapok Morior Mor Halok Mors Mortye Halai [1555] Morsus, a, m Muskat Harapot Morsus, üs Muskatura Harapás Mortalis Moritor Halandó Mortuus Mort Holt Mos Naraf Szokás [1560] Mucosus Mucos Taknyos Mucro cultri Vervul kuczitului Vége kísnek Mucus Mues Takany Mula Magarecz öszvér Mulgeo Mulg Feiek [1565] Mulier Muiere Aszony Mulsum Serbet Márcz Multum Mult Sok Mundus Kurat Tiszta Mundus Lume Világh 230 IL «LEXICON MARSILIANUM» [1570] Mundo Kuraczesk Tisztitok Murmuro Murguesk Zugolodom Murus Pariete Küfal Mus Sorecs Egér Musa kanticul Inek [1575] Musaeum Iskola Iskola Musca Musca Lögy (sic!) Mustum Must Must Mutus Mut Néma N Napus Nap Répa [1580] Nasturcium Hérán Torma Nasus Nas Or Nata Fata Leány Natus Fiul Fiu Natu Not Uszòk [1585] Navis Luntre Haio Nebrides Pele de Cserv Szarvas Bőr Nebula Nyegura Köd Necdum Anka no Miegh nem Neco Umor ölek [1590] Necto Leg Kőttek Nexus Legat Kőttőtt Noe tu In vreme nopci Iiel Nodus Nod, Bomb Csomo Nomen Nume Né 1595] Nonaginta Nosecs Kélenczven Nonagenarius De Nosecs an Keíenczven Esztendő Nescio Ne stio Nem tudok Nex Mortye Halál Niger Nyegru Fekete [1600] Nihil Nimika Semmi Ningo Ning Hovazom Nisus Korol Karval Nix Nyea, Sapada Hóo TESTO Nobilis Némes, Boier Nemes Emb Nego Tagaduesk Tagadok Negotium Lucru Dologh Nemo Nimine Senki Nemus Pădure Erdő Neo Tork Fonyok Nos Noi Mij Nota Semn Jel Nótárius Skriitor Irò Deák Noto Semnecz Ietzek Novacula Bricsul Beretva November Luna Lu Brumar November [al doile Novo Innoesk Uitok Novus No Ui Nox Noptye Iiska Nubes Nuher Felegh Nudus Gol Mezítelen Nullus Nime Senki Numero Numer Számlálok Nummus Bán Pénz Nundinae Terg Sokadalom O Obdormio Adorm El aluszok Obitus Mortye Halál October Luna Lu Brumar October Oculus Ok Szem Odium Munyi Harágh Odor Mirosza Szag Odoro Mirosesk Szaglok Oeconomus Diragator Tisztarto Offa Darab de Kame Darab Huss Officina Dogania Bolt Officio Paguba fac Karasitok Officium Slusba Tiszt Oleum Oloi Ólai «32 IL « LEXICON MARSILIANUM» [1640] [1645] [1650] [1655] [1660] [1665] [1670] [1675] Olim Kendva Valamikor Olitor Gradinar Kertész Olla Ola Fázok Ollula Olkucsa Fazakocska Omnis Tot Minden Onus Terhat Terh Opes Bogaczia Gaszdágságh Opimo Ingras Hiszlalok Opis Asutoria Segétségh Opto Poftesk kévánok Opus Lukru Dologh Oratio Rogacsunye Imádságh Orbis Lume, Tanyer Vilagh, Tányér Orbus Orb Vak Orcus Jad Pokol Ordino Renduesk Rendelek Ordinatus Rendűit Rendelt Ordo Rendül Rend Oriens Răsăritul soruìui (sic) Nap Tamodas Orior Rasaresk Támadok Oriza Oricz Résszkássa Omo Kityesk Ikesitek Omatus Kityit Ikesitett Omatissimus Mai kityit Legh Ikessebb Oro Rog Kérek Orsus Incseput El keszdet Os, ris Gura Szai Os, sis Os Csant Osculor Sarut Csokulok (sic!) Ostendo Arát Mutatok Ostium Usza Aito Ostiolum Usicza Aitocska Otis Tropie Túszok Ovis Oia luh Ovium Custos Pokurar Pokular Ovile Stina O Ovicula Melul Baranyocska Ovum Ou Tyuktoiás TESTO 233 p Pacifico Inpak Megh békelem Paganus Satény Falussi Pagti8 Sat Falu Pala Lopata Lapat [1680] Palatium Poiata Palota Palma Palma Tenyér Palumbus Parumba Galomb Palus Pár Karo Pando, is, ere Diskid Kinitok [1685] Panifex Pitar Suteu Pannus Posztav Poszto Papaver Mák Mák Papyrus Hartia Papiros Par, ris Par Par [1690] Paradisus Gradina de Salbetics Vadkert Paratus Gat Kész Parco Iart Engedek Parcus Skump Fösvény Parens Tatta, Marna Szüllü [1695] Paries Pariete Fali Paro Gattyesk Készitek Paropsis Blid Tál Pars Partye Rész Parum Puczintel Kevis [1700] Parvus Mik Kicsény Parvulus Mikutel Aprócska Pascha Past Husvét Pasco Pask Legeltetek Passer Passere Veréb [1705] Passercula Vrebecsor Verebécske Passus, us Pass Lépis Passus, a, m Pacit Szenvedet Pastor Pastor Pásztor Pater Tatta Attya [1710] Patibulum Spensurator Akasstofa Patior Pat Szenvedek 234 IL « LEXICON MARSILIANUM » Patro Patrocinor Patrocinium fI7I5] Patronüs Patruelis Paucus Paveo Pavidus [1720] Paulatim Paulisper Pavor, Sparia Pauper Pauperies [1725] Pauperrimus Pausa Pauso Pavus Pax [1730] Pecco Peccatum Pecten Pectitus Pectus II735] Pecunia Pecuniosus Pecus Pedes Pedester [1740] Pediculus Pedo Pedusculus Pelagus Pellis II745] Pell° Pendeo Penis Penna Pentecoste Ispravesk El Apar Aparatura Voitor bon Fraczia Pucsintel Me Spar Sparios Incset Preste un Csas Spariatul Sarak Saracsia Mai Sarak Hodina Hodinyesk Peon Paese Grisesk Pecat Pepten Peptinat Pept Banyi Bogat ku bani Marha Pedestru Pedestrah Peduc Bess Picsorus Mare Pelle Zogonyesk Spensur Coda Pana Rosale Elvégezek Oltalmazon Oltalom Ioakaro Attyamfia Kevis Iedek felô Lassan Kevis udo mulva Iedis Szégény Szegénységh Legh Szegényeb Nyugodalom Nyukzom Pava Bikeségh Vétkezek Bün Vitek Füsü Füsült Mei Pénz Gazdog pénzei Marha Gyaloghul Gyalogh Tettö Fingok Labocska Tenger Bür Kergetek Fügék Fark Tol Pünkösd TESTO 235 [1750] Penula Kepenyagul Köpenyegh Perago Ispravesk Végezegh Peractus Isprăvit El végezet Peractio Ispravitura El végezés Perastutus Pre hitlan Hitetlen [I755] Perceler Prae Grabnik Hertelen Percolo Omenyesk Tisztelem Percoctus Bine ferpt loi főt Percrudus Ne copt Éretlen Percucio Bát Verem [1760] Perculsus Sparios félelmes Percüssus, a, m Bătut Vert Percussus Battaia Verés Perdifficilis Greu Nehéz Perdisco Invecz Tanulok [I7^5] Perditus Perdut El Vesztet Perdix Poturnica fogolymadár Perdo Perd Vesztek Peregrinatio Kalye Utósás Peregrinatiò “) Kalyator Utazó [1770] Pereo Per Veszek Perfidus Venzator Arulo Perforo Svredelesk Altalfurok Perforatus Svredelit Altalfurot Pergo Me duc Megyek íx775] Pergratus Drag Kedves Pergravis Greu Nehéz Periculum Peritura Vezedelem Periculosè Grossnicseste Vezedelmessan Perimo Umor Ölek [1780] Perinfirmus Betyag Betegh Peringeniosus Cu minte Eszes Peritus Invaczat Tanult Perlaetus Vesel Végh Perlatus Lat Széles 0785] Perlectus Csitit Elolvasot *) Sic! Leggi Peregrinus. 236 IL «LEXICON MARSILIANUM* [1790] [1795] [1800] [1805] [1810] [18153 [1820] Perlego Csitesk Olvasok Perlevis Usor könnyű Perlongus Pre long Igen hozzu Permagnus Pre mare Igen nagi Permaneo Remun Maradok Permensus Mesurât Mirott Permisceo Mestik Keverek Permistus Mestikat Kevert Permistè Mesti kate Kevervé Permistio Mestikatura Keveris Permitto Szìobod Engedek Permuto Skimb Cserilek Perna Picsor de pork Dézno Láb Pemiger Prae negru Igen fekete Pero Opines Bocskor Perpáco Inpac Békéltetek Perpetior Rabd Szenvedek Persaepe De multe Or Sokszor Persalsus Prae sarat Soos Persolvo Platyesk fézetek Pes Picsorul Láb Pessimus Mai Reu Legh roszab Pestis Csuma Merigy Petasus Paleria Kalap Petitio Poftala Keris Peto Cser Kérek Petra Piatra Kö Petrosus Petros kövecses Phanum Beszerika Templom Pharmacum Lyak Ovosságh Phasianus Paczian Faczány Pica Csora Szarka Piger Lien Röst Pignus Szalogh Zálogh Pila Mincse Labda Pileus Kumanak Sövegh Pileolus kumanacsel Sövegeczke Pilus flocs Hai TESTO «37 Pingve, vis Grass Kövér [1825] Piper Piper y Bors Piperatus Piperat Borsolt Pipio Porumba Tinera Galombocska Piscator Pescarul Halász Piscatus, ûs Peskuit Halászat [1830] Piscis Pest. Hai Piscicu’us Pescucz Halaczka Piscina Teu de Pest Halastó Pistor Pitar Süttö Pix Rasina Szurok [1835] Placeo Plac8 Tetzem Piango Pling Sérok Planities Cemp Mezzö Planta Talpa Talp Pianto Segyesk Plántálok [1840] Planus Dirept Egyenes Platea Ulicza Utza Plaudo Veszelesk örulek Plausus Veszelia öröm Plebs Adunare Kôsségh [1845] Plecto Globesk Büntetek Plenus Plin Telle Pluma Pana Tol Plumbum Plumb Ólom Plumbata Gloncza Globis [1850] Pluo Pluoie Eszék Plus Mai Mult Több Pluvia Ploia Essö Poculum Pohár Pohár Podagra Dorory Köszvény [1855] Podagrxus Cu Dorory Koszvényes Podex Cur Segh Poena Globa Globa, Büntetés Pollex Desetar Koldek Ui Pomum Mer Alma [1860] Pondero kantaresk Mérek Pono Pun Teszek 238 IL * LEXICON MARSILIANUM* Pons Ponticulus Popina [1865] Porcellus Porcus Porcarius Porta Porticus [1870] Portio Porto Posco Positus Possum [1875] Potatio Potator Potens Potestas Potus [1880] Praealtus Praeceler Praeceptor Praeceptum Praecipuus [1885] Praedo Praedulcis Praegnans Praegrandis Praegravis [1890] Proelium Praelongus Praemium Praes Praestans [1895] Prandeo Prandium Prandiolum Pratum Pretium Pontyé Podsor Kercsma Porcsel Pork Porkár Porta Follosseu Portia Port Cser Post Pot Beczia Beutor Poternik Potere Beutura Praenalt Praegrabnik Invaczator Poronka Mai Mare Talhár Praedulcs Grosza Praemare Prae greu Harcz Praelong Plata, Csinste Keszes De Traba Pransesk Prens Pransisor Foenacz Precz Hid Hidocska Korcsma Malacz Dézno Dézno pástor Kapu Follosso Portio Hordozok Kérek Helyheztetett Lehetek Részegségh Részeges Hatalmas Hatalam Ittál Igen Magas Hertelen Tanito Parancsolatt Lengh nagiobb Foszto Igen Édes Nehezkes Igen Nagy Igen Nagy Uttketzett Igen hozzu Arándék Kezes Derik Ebédlek Ebéd Ebédecske Rétt Arra TESTO [1900] Princeps Princípium Probo Propino Prudens [1905] Pruina Pruna Prunum Prunus Pudicus [1910] Pudor Puellus Puella Pugio Pugnus [1915] Pulcher Pulchellus Pulex Pulvinar Pulvis [1920] Pungo Punio Punitio Purgo Purgatus [1925] Purus Pustula Puteus Putor Pyrus [*93°] Pyrum Pyxix Krály Keszdett Cserk Inkin Ku mente Roa Seg Prun Lem de prun Rusinos Russiniye Ficsorel Fetyicza Koszperdie Pubn Formos Formossel Puricse Perina Pulbere Inpung Globesk Globa Kuraczesk Kuraczat Kurat Besicucza Fontana Putore Lem[n] de Per Para Lakricza Hertzegh Probaluesk Ekózönek Eszes Harmath Eleven Szén Szélva Szélva fá Szemérmes Szemérem férfiú giermek Leány Gyermek Koszperd Ökl Szép Szépecske Bolha Vánkos Por Szurok Büntettek Büntetés Tisztitok Tisztítót Tiszta Holyagocska Kutt Budességh Kortvély fa Kortvély Iskatula Q Quadraginta Quadrupes Quaero Patrusecs Cu Patru picsor Cserk, kaut Negyven Négy Lábú: Keréssek 240 ÎL «LEXICON MARSILIANUM* tI935] Quaeso Rog Kérek, Kérlek Quaestio Intrebacsonye Kérdis Qualiter Cum Miképpen Quamobrem Pintrucse Mért Quando Kend Mikor [1940] Quatvor Patru Négy Quatvordecem Patruspresecse Tézennégy Quatvordecies De Patrùspresecse Or Tézennéczer Quercus Cser Töly fa Querela Ponasz Ponasz [I945] Qui [Relativum] Csine Kicsoda Quies Hodina Nyugodalom Quiesco Hodinyesk Nyugzok Quindecem Csincsspresecs Tizen ött Quinquaginta Csincssecs 1950] Quintus Al Csincsele Öttödik Quorsum Unde, Inkatro Merre Quousqfue] Pana kend Medd'gh Quare Pintrucse Miért Quispiam Csinyeva Valaki [1955] QUjS Csine Kicsoda Quis me vult Csine me pof teste Ki kéván engem Quingenti Csincs Sutte ött Százon (sic!) R Radix Radacsine Gyökér Rado Rad Tisztitok Ramosus Crengurosz Agos Ramus klang Ágh Ramusculus Crangucz Agocska Rana Broska Béka Raphanus Radyike Rettegh Rapio Fostuesk Fosztok Raptor Fostuitor Foszto Rapum Nap Répa TESTO Rarus Ratio [1970] Rationalis Raucus Recens Recenseo Rectus [1975] Reddo Redeo Reduco Regalis Regia [1980] Regimen Regina Regio Regius Regno [1985] Reiicio Reiectus Relictus Religio Relinquo tI99°] Remaneo Remedium Ren Renovo Renovatus CI995] Reor Reperio Repo Repens Respondeo [2000j Responsi© Rete Retineo Retro Revoco [2005] Rex Rar Minte Cu minte Regusit Prospetye Numer Dirept Dau Napoi me Antork Aduk napoi Kraiesk Poiata kraiaska Regiment Kraiasza Czara Kraiesk Biruesk Lapad Lapadat Lassat Lese Lass Remun Lyak Kriei Noesk Noitt Gendyesk Afflo Ambio à buslle Ambland à bus Respond Respons Mresie Czin Napoi Tyam napoi Krály Ritka Esz Eszszes Rekett Fris Olvasok Egyenes Vésza adok Vésza Térek Vésza hozok Kérály Kéraly Palota Regement Kérálné Országh Kéralyé Birok Elvetek El vetett El hagiott Hütt El hagiok Megh maradok Orvosságh Vellö Uitok Uitott Gondolok Talalok Mászszok Mászván Felelek Válosz Háló Tartok Hátra Viszsza hiok Kérály 16 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsilianutn». IL « LEXICON MARSILIANUM » Rhamnus Tuffa Bokor Tövis Rideo Rid Nevetek Rigo Ud Öntetzek Ripa Csermore Part [2010] Risus Risul Nevetis Ritus Naraf Szokás Rivus Pattak Rivulus Oborsia Patakocska Rixa Svada Veszekedés [2015] Rixosus Svadyitor Veszekedő Rixor Me svadyesk Veszekedek Roboro Intaresk Erösitek Robustus Tare Errös Rogo Rog Kerlek [2020] Ros Harmatt Rosa Trandafir Rosa Rota Rota Kerék Rotula Rotula Kerekecske Rotundus Rotund Keregdö (sic!) [2025] Rubeo Rosesk Pirulok Ruber Ros Vörös Rubor Rosala Vörösitö Rudis, Rude Ne Invaczat Tanulatlanul Ruina Esés [2030] Rumen Gége Rumor Veste Hir Rumpo Sparg Törek Runco Smulg Tipek Runcatio Smultura Tipis [2035] Ruo Kad Essek Rupes Koszé kla Rupicapra Capra salbatica Vadkecske Ruptor Sparsitor Ronto Törő Ruptus Spart Tört [2040] Ruptio Spărtura Törés Rursus lara Ismint Rus Pădure Erdő Ruricola Parasnik Paraszt Ember TESTO 243 S Sabbathum Sobot Szombath [2045] SabuluHi Nasip Fövény Saccarum Mere de Trist Nadméz Saocus Sac Sák Sacculus Sacsor Sakocska Sacer Svent Szent [2050] Sacerdos Popa Pap Sacramentum Sacramento#! Sacrifico Áldozok Sacrificium Áldozott Sacrum Missa Misse [2055] Saepius de multe or Sokszor Saevus Kegyetlen Saeviter Kegyetlenül Saga Strigonya Bozorkány Sagino Ingras Hiszlalok [2060] Saginatio Hiszlalás Saginarium Hiszlalo hely Sagitta Nyél Sa! Sare Sóó (sic!) Salarium Plata Fiszetis [2065] Salax kurvas kurvas Salebrae Kalye petrosa Kövös Utt Salina Okna Akna Salinum Sararicza Sotarto Salio Sar Ugrok [2070] Salio Sar Sozok Saliva Nyal Salsus Sarat Sozott Saltatus Tsyok Táncz Saluber Senatos Egességhes [2075] Salve Domnyezeu s «de bine Agion In jo?na:j Salvete Domnyezeu vo de Ágion In jo r bine [kyílj Sanctitas Svenczia Szentségh Sanctus Svent Szent jó* 244 IL «LEXICON MARSILIANUM» Sanò Cu bizuita Bézonyossan [2080] Sangvis Singyse Vér Sanitas Sanitatye Egességh Sano Vendik Orvoslom Sanus Senatos Egességes Sapiens On cu Minte Okos Ember [2085] Sapo Sopon Szapany Sarcina Sarcina Nyalább Sartor Szabóul Szabó Sat Desztul Eligh Satan Duşman Elenségh [2090] Sattelles Tarabancz Darabant Satio Satur Elegitek Satius Mai bine Jobb Satur sum Satul us Io Laktam Saturatus Saturat Io Lakott [2095] Saucio Ranyesk Sebesitek Sauciatus Ranyit Sebesitett Saxum Pietra Kő SaxeUs Petros Kövecses Scabellum Scaunisor Padocska [2100] Scabies Rinye Rüh Scab^osus Rinyos Rühös Scabo Scarpin Vakarok Scala Scara Laitorja Scamnum Scaun Pad, Szék [2105] Scandula Prastilla Sendel Scaphium Cseber Csöbör Scapula Lopatyícza Soldor Scelus Peccat Vétek Schola Iskola Iskola [2110] Sciens Stiend Tudván Scindo Tai Meczek Scintilla Szil Szikra Scio Stio Tudok Sclopus Puska Puska [2115] Scobina Pila Ráspoly Scopae Maturele Söprük TESTO Scriba Scriitor Irò Scriptura Scritura Iras Scrobs Gaura Lyuk [2120] Scrobiculus Gaura Lyukocska Scroffula Gussa Gyolva Scrotum Koele Töke emberk Scutella Blidisor Talocska Scutica Korbácsul Korbács [2125] Scyphus Pohár Pohár Seciùs Amintrele Másképpen Seco Tai Vágok Sectio Taiatura Vágás Sectus Taiat Vágott [2130] Secula Secsere Saiju Secundus Al doele Mássodik Securis Secure Feisze Securicula Feiszecske Sedo Sed Ulek [2135] Sedere in Equo Sed Calare Lován Ülni Sedes Skaun Szék Semel Odato Etzer Semen Magh Semino Şaman Vettek [2140] Seminatio Samanatura Vettis Seminator Samanator Vettö Semigermanus Sumetate Nyamcz Fél Nimeth Seminudus Sumetate Gol Fél Mézételen Semper Tot de Un Mindenkor [2145] Senex Batrin öregh Senior Mai Batrin Öregebb Sensim Incset Lassan Sentis Spina Tövés Sentio Sent Erszek [2150] Sepio Ingratyesk Be kertelek Septem Septe hiett September Septemdecem Tizenhiett, vel Tiszenhiett Septespresecse 2-4& IL «LEXICON MARSILIANUM» [2155] [2ï6o] [2165] [2170] Í2175] [2180] [2185] [2190] Septennis De septe An Hiet Esstendős Septies De septe Or Hietzer Septimus Al Septele Hettedik Septuaginta Septesecs Hettven Sepultura Ingropacsona Temetis Sepultus îngropat Temetet Serenus Tiszta Sericum Matassa Selyem Sermo Vorova Beszéd Serpens Serpe Kigyo Sertum kununa Koszorú Servio Slusuesk Szolgálok Servitium Slusba Szolgalot Servus Szluga Szolga Sex Sese Hatt Sexaginta Sese secs Hattvan Sexies De sese Or Hatzor Sic Assa Úgy Sicco Usk Szároszitok Siccus Uskat Szárosz Sigillum Pecsat Pécsit Signatus Semnat letzet Sileo Tak Halgatok Silex kremeny kova Siligo Sakara Ros Simia M^aiom Sindon Patyalat Patyolat Sinister Sting Bal Sinus Sin Köbei Sitio Szomjuszok Sitis Szomjuságh Socer Socrul Sol Sorele Nap Solus Singur Maga Sonus Hangh Soror Soro Ninye Speculum Oglinda Tükör Spes Reménsegh TESTO 247- Spina Spiro Spisso [2195] Splen Sponsa Sponsus Spuo Spurcus [2200] Spurius Stabuhim Stannum Statim Statutum est [2205] Stella Stercus Sterilis Sto Sthomacus [2210] Stramen Sruma Strumosus Stultus Stulte [2215] Stultitia Subulcus Succendo Sucula Sudo [ 2220] Sudor Sugo Sulphur Summus Suo [2225] Superbus Superbia Supercilium Supero Superatus Spina Suffi Ingros Ibofnika Ibofnikul Skip Spurkát Kopil Grasd kossitor Numai de ket Isprăvit Ster Kakat Starp Stau Rensa Pac Gussa Gussa Narod Narocestye Narodnia Porcar Aprind Porcsel Asud Sudore Sug Petra pucsosa Mai mare Cos fălos falosia Sbrencsea Super Superat Tüske Vos tagi tok Lép Meny Aszony Vö Legény Pőkdözök Tisztátalan Fattyú Istálo On Mingyarást Végezet Csilagh Szar Alok Gyomor Szalma Golyva Golyvás Bolond Bolondul Bolondtság Tiznopastor Jiutok Malacz Iszadok Iszadas Szopok Büdös kö Legh nagiobb Varok Büszke Buszkeségh Szemöldek Gyöszek Gyöszött 248 IL «LEXICON MARSILIANUM» [2230] Sus Pork Dézno Suspendo Spensur Fel akasztok Suspensus Spensurat Fel akasztott Suspensio Spensuratura Fel akaszsás Susurro Suptesk Súgok [2235] Sutor Varga Syllaba Slova Syllaba Sylva Pădure Erdő Sylvester Salbatik Vad Syncerus Incresut Megh hitt T [2240] Tabella Scendura Deszkácska Tabidus Len Rost Tabula Tabla Tabla Taceo Tak Halgatok Tactus Atins Megh ért [2245] Talus Sark Tantus Asa de Mare Oly nagy Tapes Szünyegh Taurus Taur Bika Tectum Födél [2250] Tectus Fődet Tela Pensa Vaszony Temetum Vin Bor Tempus Vreme Üdö Teneo Csin Tartok [2255] Tener Tiner Iffiu Tenuis Subcsire Vékony Terrebellum Svredel Furo Terra Pomont Föld Terrò Pises Törek [2260] Testis Marturia Bézonságh Testimonium Deveratura Bézonságh Testif cor Marturisesk Bézonyitok Testudo Broska Testosa Tekenyös Béka Textor TESTO 249 [2265] Thermae Feredyeu Fördü Thus Timeo Félek Timidus Sparios Félelmes Timor Fri ka Félelem [2270] Titio Üszegh Tondeo Rád Beretválok Tonsor Barbérul Barbély Tonsus Rass Beretvált Tortuosus Styop Santa [2275] Torus Pat Agy Trabs Grinda Gerenda Trado Dau Adok Traha Sania Szánkó Tremo Tremur Reszketek [2280] Trés Tri Három Triginta Trisecs Harmincz Tristis Triste Szamaru Truncus Bues Tüke Tuba Trembicza Trombita [2285] Tubicem Trombiczas Trombitás Turpis Grosav Rut Turris Torony Turricula Toronyocska Turtur Turture Gerlicze [2290] Tussis Tusse Köhegis, keli V Vacca Vaca Tehén Vaccula Vacsora Tehenecske Vacuus Guol Üres Vadum Vad, Prod Iáro [2295] Vagina Tyoka Hűvel Validus Tare Errös Vallis Valye Árok Vallicula Valisora Arkocska Vas Buttye Hordo 250 IL « LEXICON MARSILIANUM » [2300] Vates Vrasitor lövendő Mando Udus Ud Viszes Vello Smulg Tipek Vellus Lina Iapiu xp Vena Vena Er [2305] Venalis De Vendut El adó Vendo Vend El adok Venenum Venin Miregh Venenatus Venenat Mirgesitet Venio Vin Iövek [2310] Venter foie Hass Ventus Vent Szél Venustus Formos Szép, Eke Vepres Spinye Tüske Ver Prima Vara Kikelet [23 ï 5] Verbum Convent Szó Veritas Veritatye Igasságh Vermis Kukacz Veru Frigare Nyars Vervex Berbecs Berbécs [2320] Verus Dirept Igaz Vesica Vesica Holyagh Vesper Sara Estve Vespertilio Vestimentum Han Ruha ^2325] Vestio Inbrak Ruházok Vestitus Inbrakat Ruházot Vetero Batrinesk Vinulok Veto Tiltok Vetitus Tiltot [2330] Vêtus Batrin Vén Vexillum Stag Zázlo Vexillarius Stagar Zarlotarto Via Kalye Utt Vietor Kalyator Uttozo [2335] Vicinus Vecsin Szomszéd Vicina Vecsina Szomszet Video Ved Látok TESTO Vidua Öszvegy Vietor Kadar [234°] Vigilo Strasuesk Strasalok Vigil Stasa Sztrasa Villa Maier Maior Vinum Vin Bor Viola Violla [2345] Vir Barbat Ember Virga Sorda Veszszö Virgo Fata Szűz Leány Viridis Verdye Zöld Vis Potyere Errö [2350] Viscera Maczele Bé! Vita Viacza Élet Vitis Szöllö Veszszö Vitrum Glasd (sic!) Övegh Vitulus Viczel Borjú [2355] Vivo Traiesk Élek Ulna Stinga Öl Umbra Umbra Árnyék Uncus Secure Feisze Ungventum Unsore kenő [2360] Ungvis Ungyse köröm Unus Un Egy Vocatus Tyemat Hivott Voco Tyam Hivok Volo Sbor Köpülek [2365] Volo Voiesk Akarok Vomer Szántó Vas Vomo Vom Hányok okádok Vomitor Vomitor Okado Vorax Mankator Ehettö [2370] Voro Manank Eszszem Urbs Voras Varos Urbánus Vorasan Sarossy Uro Ard Ige ek Ursus Urs Medve {2375] Ursa Ursonya Nyostény Medve IL « LEXICON MARSILIANUM t Urtica Csolány Ustus Ars Igetek Usus Naraf Szokás Uter Folye Has [2380] Utilis Haszno Uva Strugur Szöllö geretzda Uvidus Udat de tot Viszes Vulnus Rana Seb Vulnero Ranyesk Sebesitek [2385] Vulpes Vulpe Róka Vulpecula Rokácska Vulsus Rupt Szakasztott Vultur Kanya Vultus Facza Orcza [2390] Uxor Nyevasta Feleségh Uxorcula Z Zingiber Gyömbér Zona Gyüszü Zonula Bruisor öveczke [2395] Zythum Bere Sör NUMERUS USQfÜEj. CENTUM SÇRIPTUS Unüs Unul Egy Duo Dou Kettő Trés Tri Három Quatuor Patru Négy [2400] Quinqfüe] Csincs Ött Sex Sese Hatt * Septem Septe Hiett Octo Opt Nyolcz • Novem Nou kilencz [2405] Decem Secse Téz Undecem Unspraesecs Tézenegy Düödecem Douspraesecs Tézen kettő TESTO *53 Tredecem Trispraesecs Tézenhárom Quatuordecem Patruspraesecs Tézennégy [2410] Quindecem Csincspraesecs Tézen ött Sedecem Sespraesecs Tézenhatt Septèmdecem Septepraesecs (sic!) Tézenhiett Octodecem Optospraesecs (sic!) Tézennyolcz Növemdecem Nospraesecs Tézenkélencz [2415] Viginti Dosecs Huzz Viginti unus Dosées si un Húszon egy Viginti duo Dosecs si dou Huzzon kettő Viginti très Dosecs si Tri Huzzon három Viginti quatuor Dosecs si Patru Huzzon négy [2420] Viginti quinq[ue] Dosecs si Csincs Huzzon Ött Viginti sex Dosecs si Sese Huzzon hatt V ginti septem Dosecs si septe Huzzon hiett Viginti octo Dosecs si öpt Huzzon nyolcz Vginti Novem Dosecs si Nou Huzzon kélencz [2425] Triginta Trisecs Harmincz Triginta unus Trisecs si Un Harmincz egy Triginta duo Trisecs si doi Harmincz kettő Triginta tres Trisecs si Tri Harmincz három Triginta quatuor Trisescs si patru Harmincz négy [2430] Triginta quinq[ue] Trisecs si Csincs Harmincz Ött Triginta Sex Trisecs si Sese Harmincz hatt Triginta Septem Trisecs si Septe Harmincz hiett Triginta Octo Trisecs si opt Harmincz nyolcz Triginta Novem Trisecs si Nou Harmincz kilencz [243S] Quadraginta Patrusecs Negyven Quadraginta unus Patrusecs si Un Negyven egy Quadraginta duo Patrusecs si dou Negyven kettő 43 Patrusecs si Tri Negyven három 44 Patrusecs si Patru Negyven négy £2440] 45 Patrusecs si Csincs Negyven ött 46 Patrusecs si Sese Negyven hatt 47 Patrusecs si Septe Negyven hiett 48 Patrusecs si Opt Negyven nyolcz 49 Patrusecs si Nou Negyven kilencz [2445] 5° Csincs Secs öttven 354 IL « LEXICON MARSILIANUM » [245°] [2455] [,2460] [2465] [2470] [2475] [2480] 51 Csinossecs si Un öttven egy 52 Cskicssees si dou 'Öttven kettő 53 Csincsecs si Tri Öttven három 54 Csinos secs si patru Öttven négy §5 Gsincs secs si Cincs öttven ött 56 ÆSsincs secs si Sese Öttven halt 57 Cskies secs si septe Öttven hiett 58 Csincs secs si opt Öttven nyolcz $9 Csinos secs si Nou Öttven kélencz éo Sese sees Hattvan ári Sese secs si (Un Hattvan egy éz ?Sese secs si 6ou Hatten kettő 363 Sese secs si Tri iHafcfev&n hşrom Sese sees si patru Hattvan négy ^65 Sese secs si Csinos Hattvan Ött #6 Sese secs si Sese Hattvan Hatt 567 Sese secs si Septe Haétvan hiett élű Sese sees si ©pt Hattvan nyolcz S&9 Sese seess si Mou Harfctvan kéléncz 70 Septesees Hetven 71 Septe secs si Un Hettven ^gy 72 Septe seessiídou dHtettven i}^í^ö 73 Septe secs si TTri Hettven äiar©m 74 tSepte sees si patru Hettven négy 75 â§e$te :^êos ICsineş JJettven i^tt 76 Sefïite ^secs ^si lSese íHfettven ?hatt ih ’) 58 Septe secs spOptofsic /; Hettven nyolcz 59 tSepte sees si Nou Hettven kéléncz 180 ááptsees Nyolczvan 181 iQjptsees si Un Nyolczvan egy 7 $2 jßptsees ?ei xiöu Nyolczvan kettő #3 J0ptsecs *si ibri Nyolczvan három ; m çatru Nyolczvan négy s ísinGstncs Nyolczvan Ött äsi/Se^e Nyolczvan hatt 1) È aggiunto posteriormente e nein porta- äteuna traduz óné. TESTO 2.5 5 [2485] [2490] [2495] 87 Optseçs si Septe Nyolczvan hiett 88 Optsecs si Opt Nyolczvan nyolcz 89 Optsecs si Nou Nyolczvan kilencz 90 Nousecs kilenczven 91 Nousecs si Un kilenczven egy 92 Nou secs si dou 93 Nou secs si Tri 94 Nou secs si Patru 95 Nou secs si Csincs 96 Nou secs si Sese 97 Nou secs si Septe 98 Nou secs si opt 99 Nou secs si Nou 100 Ossutte INDICE ALFABETICO DELLE PAROLE STUDIATE1) ALBANESI atramentarium, 47 attendo, 47 kot 1, 96 mui i briim s i dût, 152 berbex, 173 serpost, 90, n. 6 bibiticius, 143 blastemare, 62 GRECHE E NEOELLENICHE boarius, 173 ôiàxovoç, 105 bottus, 48 èvéxygov, 130 botrys, 48 xa/uága, 133 cuprum, 160 xeÀÀàgi, 125 cabacus, 48 Mima, 114 cacabuSy 48 jmaç/méQf)çt 136 caliga, 47 ipvKaxtf, 130 camera, 47 castanea, 131 ITALIANE eastellanus, 47 aria, 72 chorea, 47 barbiere, 136 cicada, 173 capitano, 133 colo, 168 lancia, 133 ^ comes, 168 commodito, 167 pavese, 124 condecoro, 57 LATINE constans, 157, 168 allambo, 48 contagio, 173 ^ allex, 48 decorus, 168 ama, 48 densus, 153 anas, 48 Deus, 168 annas, 48 divendo, 47 apis, 157 doliarius,*47 arcularius, 100 draco, 173 assidue, 157, 167 dumtaxat, 48 *) Questo indice non contiene tutte le parole del « Lexicon Marsilianum », mar solo quelle elaborate o citate nello studio. Per il rumeno e per l’ungherese si. è sostituita la comune ortografia a quella ddl'Anonimo; dove occorrer» lasciar intatta la grafia si è scritta là parola m corsivo. I numeri rimandano alle pagm^ 17 Carlo Tagliavini, #11 Lexicon Marsilianum». INDICE esurio, i68, 17S fanum, 4« fasciculus, 157 feretrum, 157 fidicem, 48 fidicen, 48 fiscalis, 158, 180 fiscus, 158, 180 foliosus, 168 folium, 168 formosus, 145 fráter, 153 freno, 158 galbanus, 48, 94 galbinus, 48, 94 ganeo, 123 gelasco, 48 gemellus, 168, 173 glis, 154» 155» 159* 168 gloriose, 168, 173 gossipium, 47 gratia, 153 grus, 158 halec, 48 halex, 48 hama, 48 herus, 94 horride, 158 icon, 47 in-, 47 tnalbesco, 47 indignus, 158 inibi, 134. insincerus, 47 instigatio, 159 instigo, 159 ipso (de), 153 itane vis, 158 iter diei, 158 jentaculum, 173 lancea, 133 latinus, ib'5 lente; 173 librar 159 lignile, 47 limus, 146 lino, 159 lixivium, 49, 159, 168, 183 locuples, 159 lodix, 47 maior, 137 mentum, 159 nato, 48 natu, 48 -oneus, 78 -onius, 78 oriza, 47 oryza, 47 patronus, 134 pavor, 48 peduculus, 70, n. 1 per- , 47 perastutus, 168 phanum, 48 pollex, 159, 169, 173 prae- 47 probo, 169 radicula, 82 ren, 49, 159 ridica, 82 rivulus, 159 scapula, 169 sclopus, 47 sindon, 48 sparia, 48 stulte, 159 tubicem, 48 tubicen, 48 tabula, 121 tero, 48 terrebellum, terrò, 48 theca, 123 traha, 48 -ulla, 87 ....... ulna, 159 vomo, 148 INDICE 259 RUMENE amân, 54 amândoi, 53 a i > i --- i, 82 . amblu, 53 a ---0 > 0 ---o, 82 amuţ, (esc), 89 ă > a; 61, 62 an, 69, 87 ă --- e > e --- e, 82, 83 aú, 87 ă > 0, 6a anakolo, 134 â > i, 54, 178 aor, 70, n. 4 à > u, 63 aramă, 160 aaicsy 60 argent, 63, 81 abüsâlea, 149 argint, 63 abuşile, 149 aripă, 52 aciu, 99, 100 armăsar, 60 acmù, 149 ar sent, 8x, 58 acnù, 149 ardent, 81 acnum, 149 ascult, 152 acolo, 134 ascuns, 55 acuma, 149 askons, 68 a damant, 107 assa czi voi, 158 adăpost, 90 astălîş, 100 adevăr, 153 astăluş, 100 adevărătură, 83, 159 asud, 81 adeveriturä, 143 asztallos, zoo afet'eJe (de), 75 -aş, 129, 133 afetea (de) 149 aşâ, 58 afieSa (de) 149 aştaptă, 66 afietile (de) 149 aştept, 58 aghimant, 107 au > 0, 70 n. 4 aghistine, 131 au> ao, 70 ahaia, 60, n. 3 ău> ăo, 70 ahasta, 60, n. 3 auscult, 152 ai > a --- i, 72 ai > e, 73, n. 1 b> p, 81 ai, 87 bace, 76, n. 4 âï, 84 ban, bani, 134 n. 1 aici, 57 bănuesc, 52, 101 ajut, 59, Br bărbat, 52 ajutor, 145 barber(ul) 136 ajutoria, 145 barbir, 136 alăutaş 147 băş(esc), 89 alciu, 100 başcă, 101 aleg, 55, 153 baştă, ioz ales, 55, 153 baştie, ioz almas; 107 batjocurat, 89 alnic, zoo, 124 bătrân, 54 alnicie, 100 batrin, 54 17* beà, 136 beilese, 65; 141 berbec, 70, n. 2 berbece, 165 berbenîţâ, 127 ber bir, 136 bere, 136 beserecă, 82, 83 bet'dg, 75, 101, 102 betegşig, 102 beteşug, 102 beţiţ, 143 beţiv, 143 beutor, 63 bghiriş, 165 bibol, 81, 83 biciui, 148 bill 65 binele,. 79 biriş, 165 bivol, 83 bizui, 103 bizuială, 102 bizuinţă, 102 bizuire, 102 bizuit, 102 bizuită, 102 1 lăstemâ, 62 blăstemesc, 89 blestemă, 62 bliicely 81, 83 boambă, 93 boar, 145 bodicsat, 59, 81 bodics, 81 bogier, 67 bogyér, 67 bol and, 103 bolânzie, 103 bolond, 103 bolotidseşte, 103 bolund, 103^ bolonciag, 103 bolonsâşgk, 103 bolunsiai 103 bolunşag, 103 bomb, 93 bomb ac y 68 borş, 81 n. 3 bota, 141 botez, 81 botezat, 81, 58 brâu, 54 brâuşor, 54 briu, 54, 66 broască, 56, 72 Brumar, 87, 152 Brumar al doilea, Brumăre), 152 buburuz, 93 bucat'e, 75 bucium, 153 bucs, 153 bucurie, 68 bumb, 93 bumbac, 68 bun, 55, 134 bunătate, 61 burete, 64, buriete, 64 burie, 145 buriu, 145 but, 122 puţtye; 75 buză, 59 / ă, 81 c> ăi 81 cadă, no cădar, no căi, 79 câine, 84 calamariş, 110 călar, 144 călare, 144 căldură, 52, 57 cale, 60 cal'e, 80 ceäendar, 61, 15z cali, 87, 79 căli, 79 caliei, 79 INDICE camără, 133 cameniţă, 127 camniţă, 127 câmp, 57, 53 cănceul, 111 cândva, 54 câne, 84 cântar, 139 cântăresc, 139, 142 tantic, 65 Capitan, 133 capite, 65 CăpUt, 122 <*r, 53 cârâire, 73 cârciumă, 127 caramidula, 88 carce, 76, n. 4 carendar, 151 cărindar, 61, 151 cârjă, 59 cârşmă, 127 cart'e, 75 casă, 158 casă de curve, 128 cassa de vak, 157 castan(ă), 131 castravete, 84, 142 catană, iii căzan, 59, 140 căzap, 139 căzut, 158 £e, 61 >- ăe, Si, 76, n. 1 ceară, 56 ceber, 104 celui, 109, 110 cenuşă, 57 cer, 57, 80 cerc, 57, 169 cer more, 58 cerneală, $z cetate, 57 cheie, 55 chelar, 125 cheltui, ss, 95 chemat, 60 chend'eu, 74, iii chës, 141 chezaş, 96 chezeş, 96 chiam, 60 chică, 60 chieltui, 96 chiler, 125 chiltuiesc, 96 chiltuială, 96 chindeu, iii . chinez, 112, 59 chiseâ, 140 chit'esc, 75 chorda, 61 cibăr, 104 cinste, 151 cinula, 88 cioară, 56, 72 ciocan, 60, 79 cipcă, 104 citesc, 57 ciubăr, 104 -ciune, 68 cizmă, 57,' 104 cl> ki> c, 74 clang, 146 cleancă, 146 cleang, 146 cleangă, 146 clenci, 147 clenciu, 146 clenguţă, 146 clop, 154 cloţan, 154 clucear(iu) 113 clucer(iu), 113 cnez, 112 coadă, 56, 57, 135 coasă, 72, 127, 133 cociş, 96 cognosk, 61 cohe, 112 colibşoară, 152 colindă, 152 colnă, 112 262 INDICE comănac, 145 comendaluesky 112, 132 compar, 67 conhă, 112 cotitinyesk, 65 convent, 54 copârşeu, 158 copc(i)e, 81, n. 3; 135 coprinde, 69 corăţesc, 69, n. 1 corbaçiu, 113, 139 corfă, 137 cosălău, 133 coţ, 70, n. 4 cdvaciu, 57, 127 cozaş, 133 crai, 60, 79, 158 craiască (poiată), 79 oralul, 158 crastaveţ, 84, 142 érástul, 154 ; creangă, 56, 147 credincios, 57 cred’inţă, 74, 157 creginţă, 76, n. 4 creier, 157 cremeú, 79 crestă, 155 crestez, (-at, -ător) 155 criangă, 71 cîiel, 159 cfiei, 159 crieri, 49 cronciu, 158 cstptye, 104 cucuruz, 147 cuină, 112 cuiu, 78 (e n. 5) culcer, 113 cumănac,. 145 cumănăcel, 145 cumpănă, 159 cumpăr, 55, 57 cunhe, 113 cununula, 88 cur, 90 curând, 54, 83 curat, 53 ' curăţat (-it), 89 curăţesc, 58 curcan, 158 curg, 90 curic(iu) 65 (e n. 3) curund, 83; 54,|66 curvă, 128 curvar, 128 curvaş, i28r 133 curvaşag, 128 curvuşag, 128 cuţitar, 53 cuvânt, 54 czicza, 54 d > t, 81 <*’ 75 dâmb, 94 dărab, 10^ dărabel, 105 darap, 105 dăune, 81, n. 5 «deac, 105 deaceşte, 105 degeţar, 58, 158 degetul, 81 v dekent,■ 153 densu (de démanetia), 153 . derept, 85» n. 3 des- 134 des, 153 des de dimineaţă, 153 descumpăr, 134 descumpărat; 134 desitul, 80, 58 deskompar, 134 desleg, 60 dezlegate, 8 8 desîiïe(le), 132, 106 desmuesk, 106 dest, 179 dezet, 179, 81 devaratura, 83, 159, 143 _ di > d' > g, 179 INDICÉ 263 diac, 105 diamant, 106-107 dieceşte, 104 dijmă, 106 dijmuì, 106 d’iliş, 107 dimineaţă, 52 dinsy 153 dins de dimineaţă, 153 «linte, 63, 59, dint'e, 75 d'int'e, 75, n. 1 dogania, 126, 139, 141 dorobanţ, 98 dorare, 143 drac, 139, n 4 dir agat or, 85 dirept, 85, 71 direptat'e, 75, 85 doamnă, 72, 56 doară, 72 dobândă, 54 dobândesc, 54 dobontyesk, 81 dominaczo, 65 Domne zeu, 68 dor or y y 55 dragost(e), 69, 55 dughiană, 126, 139 Dumnezeu, 55, £9 duplec, 132, 143 durere, 143 duroare, 143 durori, 143, 55 duşman, 139 dv > y, 84, n. i e > a, 66 e > ă, 63 e > ei, 65 e > i, 65 e > ie, 64 « >o, 65 -e, 69, 88 ea > a, 71 ei > i, 70 el, 55 el apar, 15$ eleg, 55, 6r, 83, 153 el infrenyeez, 158 eles, 55, 61, 83, 153 en, en > în, îm-, 63 -esc, 89 -esc-e > -eşte, 89, n. 1 en, 90 -ez, 89 f > h, 73, 177 f > v, 73 (e <>) făgăduesc, 52, 93 faină, 179 fală, 152 falosia, 152 făloşi, 152 famea, 143 fânaţ, 54 fănină, 54, 179 făntână, 54 fără, 113 fărină, 179 fasan, 88 fâşie, 76, n. 1 făţâ, 153 făţi, 153 făţătură, 58, 153 femeie, 143 fer asta, 56 ferbe, 70 ferbty 90 ferdel(ă), 136 fereastră, 56 fered’euy 74, 106 fericat, 65 ferpt, 70 feţi, 153 fetiţă, 75 fie»t, 90 fietile, 64, n. 8 flămânzesc, 62, 52—53 floace, 87 e n. 3 floare, 56 floci, 87 e n. 3 INDICE flocs, 69 flomăndu, 62 e n. 7 flomansesh, 62, 166 fluoré, 68, n. 1 foale, 60, 80 foenacz, 54 fogaduesk, 52 foiş 123 foişor, 123 folcel, 143 folloseu, 123 fotneia, 62, n. 7; 65, n. 2 formesc, 89, n. 4 formos, 14s formoşel, 145 formoseţe, 14s formui, 89, n. 4 fost, 90 fostui, 123 fosztuesk, 123 fosztuitor, 123 fracs, 8 < fracsestye, 75 fragi, 81 frâu, 54 frâng, 54, 60 frânt, 54 frate, 76 n. 4, 75: 59 iratáé, 76, n. 4 fráter, 61, 153 frăţeşte, 58 fraţia, 144 frig, 60 frigoros, 68 friu, 66 froncza, 68 frumos, 145 frumuşel, 145 frumuseţe, 145 frunză, 55, 168 furcs, 69 furmos, 146 g — b > b — b, 93 gând, 94 gând'esc, 74, 59, 94 gânscă, 54, 149, 178 gârbaciu, 139 gâscă, 54, 149, 178 gastanele, 86, 131 găstine, 131 gat(a), 70 gătai, gătat, 89 gătesc, 75 găuriţă, 146 găuruţă, 146 gazdă, 94 găzdoaie, 94 găzdon'a, 78, 94 gemănare, 58 gengyesk, 54 genske, 149 giminaţă, 76, n. 4 ginere, 57 gingaş, 57, 94. 48 giur, 59 gioc, 58 gheman, 107 ghiiliş, 107 ghistine, 13 1 ghiuluş, 107 Gjordattyo, 67 gl > g > dz, 74 glajă, 59, 137 glasd, 59, 137 gloabă, 56, 72 glonţ(ă), 156 glonţior, 134, n. 1 gonai, 126 gradina de salbeticsn, 135 grăiesc, 52 greier, 64, 83, 150 grei, 64, 150 greoaie, 146, 56, 72 \ greona, 78, 56, 146, y2 \gresieţilor, 64, n. 8 griecu, 64, n. 4 griel, 64, 83, 150 griu, 66 grivan, 154 groapă, 56, 72 groasă, 151 INDICE grof, 107 grozav, 59 gruăs, 68, n. 3 grumaji, 153 grumaz, 153 grumosa, 153 grun, 154—155; 78 gunoiu, 126 gură, 146 gurgul’u, 79, n. 3 gurguiu, 79, n. 3 gustare, 146 gustăresc, 146 guşă, 150 guol, 67, 68, n. 3 guuruţă, 146 .gyara, 55, 65 gyaska, 55, 67 gyémántul, 74, 106 gyulis, 107 haia, 60 haină, 155 hainele, 60, 155 halău, 124 haleu, 154 hamiş, 60, 107 han, 72, 155 hanele, 83, 155 hanyele, 60, 72 hârciog, 154 harincă, 131 haring, 131 harmasar, 60 harţ, 94 harţă, 94 hârtie, 53 hasnă, 60, 108 hasta, 60 hatârul, 60, 86 heran, 84 herean, 84, n. 6 hering, 131 hiclean, 108 hirean, 84 n. 6 -hitlan, 60, 85, 108 hitlaneşte, 85 —86, 10.9 hitlania, 85, 109 hitlean, 139, n, 4 hitlenşig(tt), 10.9 hitlenşug, 109 hodină, 151 hodinesc, 151 hoher, 109 hold, 95 holdă, sz, 9S hőring (ul), 13 t hotar, 95 hrean, 95 ht > ft, 84 n. e hudbe, 150 hudubă, 15a humerul, 60 i (=este) 89 i > î (â), 66 i > 67 -î, 69 iacă, 55 iad, SS ianas, 109 iapă, 59 iară, 55, 67 iarbă, 55, 56, iarnat'ec, 73 iască, 55, 67 iat, 81 ibofnic, 60, 75 ibovnic, 60, 73 icoană, 56, 72 ie > e, 79 iepure, 55, 79 im, 146 imală, 146 imălos, 14& îmblà, 53T imos, 1461 împărat, 52 împărţit, 5* - împle, 54 împlu, 54 împrejur, 55 2,66 INDICE •ïmpreuciune, 15a io, 88 împreunăciune, 152 iobag, 95 împreunare, 15a iobagiu, 95 împreunătură, 15a iobaz, 95 itnproesur, 55 Iordache, 67 împrumut, 68, 55, 167 Iosiv, 73, n. 6 in, 69 îs, 88 în, 54. 134 işco(a)lă, 86, no în-, 54 iskola, 13a (î)na(i)nte, 85 isprăvit, 5 a (î)nalt, 85 -iţă, 127 (î)napoi, 85 its (--- aici), 57 inas, 109 izgonesc, 138, 151 inăşel, 109 inbrak (mă), 53 jar, 150 inbukur, 54 jeg, 59. 150 încă, 53 jelesc, 59 încătro, 144 jir. 59 încelui, 109 joardă, 59, 72 începenie, 144 jobbas, 95 început(ul), 86 jocărie, 69, n. i încialui, 109 joc, 59, 81 încing, 60 judec, 81 încoace, 51, 56, 72 jumătate, 53 încolo, 134 jur. 59 încopceă, 135 k' > t', 74 încopciu, 81, n. 3; încotro, 144 kaler, 144 încrezut, 146 kamora, 144, 133 încuniare, 77, n. 4 kancsol, 111 încuniâ, 77, n. 4 keigye, 55, 67 îndrea, 181 kel', 79 îndreiu, 87 kelkeny, 77, n. 4 înduplec, 143 kengyeu, iii înfăţi, 153 henter, 139 înfiat, 54 kepenyagul, ni înfrunt, 55 kercsma, 127 îngrădesc, 81 keszdett, 123 ingratyesk, 81 kesgul, 140, 141 îngropăciune, 53 kidiesk, 81 inkops, 81, 134, 141 ' inple, 69 ktness, ii2 înşela, 109 hoczhe, 127 întâi, 78, n. 5 kom, 159 întorc (mă), 53 konho, i 113 învăţat, 58, 5a konyha, 112 INDICE 267 kOpCSy I4I liemnü, 64, n. 4 korfa, 137 lien, 64, 155 korkan, 158 limbos, 152 korol(j)9 113 limbula, 68 kossá, 127 limbuţ, 152 koszat9 133 limpede, 59, 74 koszper die y 124 lin, 63, 64 krdlyy 79 Tin, 79, n. 3 kretincza, 168, 81 lint'e, 75 fcrwí," 49 lipan, 128, 142 kukta, 124 lipiri, 128 Atfiwy, 77, n. 4 lopată, 125, 52» 169 lopat'iţă, 169 > 1 > u, 80 lotrame, 129 la, 70 n. i; 90 lotresc, 129 lăcrimă, 61 lotrescume, 129 ladă, 131 lotria, 129 ladeei, 131 lotrişorul, 129 lambă; 114 lotru, 129 lampă, 114 Iu, 87 lampaş, 114 lui, 87 lână, 54 lucru (= lucrez) 89 lancsa, 132 lumpaş, 114 lantula, 88 luna lui Andrei, 151 lanţ, 128 - luna Iu Brumar, 87 lăpădat, 52 luna Iu Brumar al doile, 87 laţr(u), 128 luna lu Mai, 87 lăutaş, 147 luna Iu Marţ, 87 lăutar, 147 luna Prierului* 87 lazei, 131 lunulă, 88 le, li > 1\ 80 lupoúe, 77, n. 4 leac, 60, 80 lece, 64 mac, 129 lege, 58, 81, 144 maieri, 137 len, 63, 64, iss i/v maier(u), 137 lene, 61 maire, 73 leneş, 155 maiu, 114 lenne, 60 v mălaiu, 147 ' lepedeu, 114 mâlcom, 54 lepegeu, 114 v îr mâlcomie, 152 lese y 58, 81 mămăligă, 147 lesúe, 79 , mână, 84, 55 leze, 81 manzăzy 147 li > i, 79 mâniu, 90 li, le > 1', 80 mant'e, 121 iece, 68 inanyases, 84 a68 INDICE mânz, 54 modru, 115 măr, 63 moiat, 69, n. 1 mară, 114 moiesc, 89 marfă, 85 molcom, 54 marhă, 85, 114 molcomenie, 152 marvă, 115 tnölcs, ss măsai, 147 morişcă, 81, n. 3 măsaie, 147 morit, 68 masale, 147 morte, 59 măsar, 147 mreajă, 72, s& măsăriţă, 147 nirine, 56, 71 măstac, 150 mucza (= mâţă) 54 mâţă, 54 muiere, 79 medelniţă, 127, n. 1 muna (= mână) 84 meiu, 147 munyia, 79 melc, 144 mustdka, 150 melciu, 55, 144 mente, 63 -n, 155 .mentie, 129 ii < ni, 79 mentie, 129 năcrăvălău, 11Ö mentiuţă, 129 nădrag, 116 mesela, 147 nădragi, 116 mesteacăn, 150 nădras, 116 mesterşig, 66, 96 nădraz, 116 meşteşug, 96 naint'e, 75 rnestikate, 87 úam, 79 mi > mii, Ú, 79 nămiazăz, 84, 147 mi drag, 89 liamţ, 79 mi frig, 89 naraf, 60, 73 miegi, 64 narav, 60 mijloc, 81 naravul, 86 milostif, 60, 73 naroc, năroc, 82 milostiv, 60, 73 năroceşt'e, 82, 159 mincse, 81 1 nărocit, 8a minge, 81 ! nărod, 82, n. 5 minşiună, 76, n. 1 1 nărodnia, 82, n. 5 minte, 63 nărozeşte, 82, n. 5 mis, 88 năsip, 82 misale, 147 v ' naşt'e, 75 mise, 115 \ nastur, 70, n. 1 mislok, 87 năsture, 70, n. 1 rnissa, 115 \năvădl, 158 mijloc, 81 úea, 78 moal'e, 80 neam, 79 moart'e, 75 necrăvălău (rtecr-), mod, us óecuvinat, 89 ÌNDICE Begură, 78 oraşan, 96 tfegru, 60, 78 oraşaneşte, 96 neimpărţit, 79, n. i orez, 59, 150 neînvăţat, 79, n. 1 ori, 87 nemeş, 116 orcos, 65 neraúit, 79 n. 1 ories, 97 rtevastă, 79 oriz, 150 nevedenie, 155 orosldn, 124 neveienie, 143, 155 orz, 59 ne vcno venie, 152 ovreistor, 168, 158 nevezenié, 155 ovreste, 158 nevinovăţie, 15a ni >* Ä, 77 păcat, 52 -nie, 124 paczian, 86, 134 noapt'e, 75 păduche, 63 noroc, 82 păhar, 52, 129 notciagoş, 107 păharnic, 124 nuher, 150 păianjen, 73, 147 nummn, 155 painjină, 147 nundro, 81, 144 painjine, 72 nuntro, 144 124 nyàkravolo, 116 paloş, 118, 125 nydmzat, 116 palotă, 133 palută, 133 0 >uo, 67, 68 (e nn. 1-2) 97, n* i;*77 pământ, 53, 62 oa > 0, 56, 72 pană, 61, 157 -oaóe, 78, n. 5 pâna, 53, oaste, 72, 144 pansinye, 72, 147 obârşie, 54, 159 pancine, 73, 147 obraz, 59 parasznic, 124 ochi, 69 pârcălab, 52, 53, 97 odată, 52 părcălăbie, 97 odihnă, Í51 pârciu, 155 ogaş, 117 pardoz, 118 olu, 90, 117 parduez, 712 oluitor, 118 parduţ, 118 oluttul, 118 părgar(iu) 132 omeneşte, 157 patrula, 88 omenesc, 65, 79 part’ey 59, 75 omenie, 60 pasulă, 118 -oû, 78 pat, 53, 60, 144 opreală, 52 păt'alat, 119 ôprele, 52, 7.1 păt’ilat, 119 opresc, 81, 85 păun, 63 or, 69 pe, 84, 87 ora?, 86, 117, 86 peceat, 151 INDICE pecete, 151 peduc, 63, 69 peduche, 55 pedestrah, 60 peire, 152 pele, 70 pelieze, 64, n. 8 pelin, 74, n. 3 pepten, 69, n. 5 peptene, 55 perez, 14a, 155 pergar, 131 perină, 85 perire, 152 peritura, 152 perruesk, 90 pescuţ, 14(7' peşte, 69, 147 pesulă, 118 pieşte, 64 pietră, 71 pifniţă, 60, 73 pîntec, 70, n. 2 pintru, 65 pirciu, 156 pisez, 59 pitul (mă), 89 pivniţă, 60, 73, 125 pladesk, 81 plătesc, 81, sz, 75 plămân, 53, 14I plămână, 147 plen, 63 pleşug, 147 pleşuv, 147 plin, 63 ploaie, 56, 67 ploaie cu piatră, 181 plumona, 53, 147 pluoie, 67 poartă, 72 podbal, 71 pofteală, 56 poftlilat, 119 poftitul, 86 pohar, 52, 129 poiată, 133 poleclă, 84, n. 7 polecră, 84 (e n. 7) policră, 84 pomenesc, 60 pomoúesc, 65 pomont, 53, 54, 62 ponasz, 119 ponos, 119 ponoslăli, 119 ponoslu, 119 ponosluesc, 119 ponosz, 119 porâncă, 54 porkoláb, v. părcâlab porţia, 133 porţie, 133 porumbula, 88 poruncă, 54 post, 90 potilat, 119 prae, 56 prăsi, 156 prăşitură, 156 prăştilă, 156 prav, 73, n. 6 pre, 84 preâ, 56, 159 presescu, 156 presila, 156 presitoriu, 156 preste, 84 preten, 70 pretiestv, 142 pribag, 71 prier, 87 prieten, 70 prinsoare, 56, 72 probaluesk, 158, 169 probiesc (me), 85 procoviţă, 148 procoviţoară, 148 prod, 142 propese, 95, 80 proizitura, 156 prund, 142 INDICE 2?i pubn, 84 pugn, 84, n. 4 pumn, 84 punte, 55 purec, 70, n. 2 purice, 70 pus, 90 puşcă, 125—26; 128 puşcaş, 128, n. 1; 129, 130 puşti âesc, 78 pustiúetate, 78 putere, 55, 59 puternic, 55 putoare, 56 *ac, 126 *ad, 53 râd, 54 Tădic, 61, 62, 82 rădicat, 82 rpdicâ, 53, 82 râie, 54, 78 rămân, 54 ramaseizele, 65, n. 1 rânchez, 66 rând, 130 rânduesc, 54 rândului, 130 rânză, 59 rasina, 160 răsun, 160 raţă, 125, 142 rază, 59 regiment, 137 ri > r, 80 rid, 54, 66 ridică, 53, 82 rinos, 78 rinye, 78, 54, 66 risul, 66 roa, 144 roditoare, 81, 59 rosale, 148 rotula, 88 rotyitore, 87 rouă, 144 rrodik, 62 rugină, 160 rumân, 95 Rusalii, 14* ruşinesc, 89 ruşinez, 89 sabiuşcă, 150 săd'esc, 74 săgeată, 56, 71 saffran, 130 sagyatta, 71, 56 sălaş, 97 salcă, sălci, 151 sâmbătă, 142 sâmbotă, 142 sâmt, 88, n. 4 sănătate, 61 sănătos, 58 sănătosesc, 52, 89 sănătuos, 68, n. 3 sanie, 58 sankaszut (noi), 158 sânt, 88 săptămână, 54 săpun, 130 sar, 58, 80, 90 sară, 71 sărac, 58 sărbotoare, 62 (e n. 7) sărut, 52, 58 sava, 86 sbiciu, 148 sbrencea, 81, 156 scară, 58 scărpănâ, 63, n. 3 scărpinâ, 63, n. 3 scriai, scriat, 89 scriu, 58 scuipă, 150 scump, 148 seamăn, 58 *mm sf, 60, 83 e n. 7, 178 talpă, 98 svadă, 84 talzer, 121 svadesc, 84 t'am, 74 svenczia, 84 tanács, 121 sveni, 54, 84 tânăr, 54 sversitul, 84 taner, 121 svredel, 48, 84 tarabancz, 81, 98 svredelesk, 84 târg, 54 swunt, 84 tăioasă, 122 szabóul, 120 tău, 121 szalogh, 130 tăun, 81, n. 5 szeresuesk, 120 teacă, 123 szil, 160 telmacs, 130 szoa, 59, 86 t'em, 60, 75 szon, 160 teúer, 121 terhat, 122 şa, 86 teu, 122 şaua, 86 teu de peşti, 135 şchiop, 60, 144 teuşor, 122 şchip, 150 thiocu, 122 şcoală, no thocu, 122 şcop, 144 thnam, 160 scopăt'ez, 144 ti > t' > Ő, 179 şerbet, 140, 14a tisug, 141, n. 4 Şi, S» t'ică, (= chică), 74 -şig, 66 t ind, 90, 75 şoarec(e), 70, n. 2 - t'indeu, 111 şofran, 130 titìer, 121 şohan, 155 t'oc, 122 ştap, 137 t'ocă, 122 şteap, 137 tolcer(iu), 122 ştearpă, 61 tolmács, 130 -şug, 66 tovar, 150 şuptesc, 67 trâmbiţaş, 54, 131 şuteu, 129 treabă, 71 trei, 82 t', 75 trembicza, 131 t < d, 81 tri, 70, 83 tablă, 121 triece, 64 tăgăduesc, 49 trii, 83 tăgădui, 98, 159 trine, 137 tal, 53 trişte, 148 tâlhar, 98 trombiezas, 131 tâlhiş, 98 îrombiţiş, 131 tălmaciu, 130 tropie, 8r tălnaciu, 121 turn, 160 18 Carlo Tagliavini, Il «Lexicon Marsilianum». *74 INDICE táp, 58* 88 ţapuiu, 88 ţară, 58 ţărmur(e), 70, n. 1 ţărmuri', 58 ţâţă, 54, 67, 58 ţin, 57, 77, 90 ţiţă, 67 u < o, 67 u <0, 68 uă < o, 68* e n. 1 uăl, 68, n. i uăroş, 68, n. 1 tiărz, 68, n. 1 -üiu, 8, 88 ••ui, 86 -ulă, 87 uluiesc, 90, 117 uluială, 118 uluită, 117 umăr, 60 umblă, 53, 63 umflat, 54 umplu, 54 umorî, 67 unbucur, 83 und’iţă, 59 ungyise, 67 untunerec, 83, n. 3 uo < o, 68 e n. 1 uok, 68, n. i r uom, 68, n. 1 uoraş, 68, n. 1, 86, 97 n. 1 uorb, 68, n. i urăzesc, 148 urdin, 59, 74 ureşte, 158 urezâ, 148 urî, 16& v urîtor, 158, 168 uriaş, 97 ufsoâa, 78 - u$, * 88 uşă, 58 y>Un v > U, 87 văcălaş, 117 văcăluesc, 117 vacioară, 152 văd, 90 vădăsluesc, 117 văi, 79 văl, 68, n. i vălaş, 117 valau, 124 valău, 124 vălătaş, 117 vălăţesc, 117 vălătl, 117 val'e, 60, 80. văii, 79 valóst, 122 vamă, 117 vână, 54 vânăt, 52 vând, ço, 54 vârf, 60 văţăt, 68 veac, 56, 71 veichi, 65, n. 1 veleu, 124—125 vellö, ni, 124 vendec, 63 venei, 52 • verd'e, 74, 59 veritate, 153 vertese, 88 verv, 60, 73, 86 viaţă, 58 viclean, 108, 168 vie, 78 n. 5 vierde, 64 viţel, 58 Voitor bun, 134 vom, 148 vomă, 148 voirii,. 148 vomit, 148 Vomitor, 148 vomitura, 148. votas, 8$, 97» 1 INDICE vnrasan, 97 vorbă, 145 vorbi, 14s voroavă, 14s vorovl, 145 vrebecior, 15» vrednic, 83 vreme, 83 zac, 59 zálog, 130 zămălţuit, 138 zapadă, 59 zbiciuì, 148 zbiecesc, 148 zdn > zn, 84 n. 1 zece, 59 zic, sg ziua, 86 -zmalţ, 138 zmălţuit, 138 zob, 120 zogonesc, 59, 138, 151 zua, 59, 67 zok, 81 âudek, Í SLAVE l) bijeliti (ser.) 65, 141 bizuita, (bulg. di Transilv.), 10* bota (ser.), 141 iSibrü, 104 dijakon, 105 diima (valaccosl.), 106 dòganja (ser.), 126, 139, 141 gnoi, 126 " harc (pol.), 95 . ' ' . hrën, 84 '.............. kamara, 133 kamenica, 127 kantar (ser.) 139 kasapin (ser.) 139 keltovati (valaccosl.), 95 kesa (ser.), 140 kliuőar, 114 ' kocka (ser.), 127 koCija (ser. slov.), 96 ko cijaz (slov.), 96 - ' koőiS (slov.), 96 koôiâ (rut.), 96 kopöa (ser.), 81, n. 3;'i35>"-*4i kosa, 127 kovái, 128 - kralj, 79 krastavac (ser.), 142 krokar (slov.), 158 krokon (bulg.), 158 krbíma, 163 kuhúa, (rut.), 113 kurva, 128 ktnez, 112 kyka, 74 !ad.a, 131 *) landei, (protesi.), 128 lipan (ser.), 128; 142 lotr (poi.), 129 mák, 129 . maiina, 127 manfbtija, 129 mêdënica, 127, n. 1 mesal (bulg.), 147 misai (bulg.), 147 nadragy, ij6 . narok, 82 nasip, 8? (ne)navidënije, 155 .... ' " *) Quando non segue nessuna indicazione fra parentesi si intende « slavo antico» (altkirchenslavisch); scr. = serbocroato; bulg. — bulgaro; poi. = polacco ; rut. = ruteno; şlov. = sloveno. Con valaceosl. dsigno la lingua dei documenti slavi delle terre rumene che il Venelin chiajnava valacco-bulgaro. - - 18* 276 INDICE (ne)navideti, 155 (ne)navigjênie (scr.), 155 opatica, 127 ora§ (valaccosl.), 97 palica, 126 palol (scr,), 125 parasnîk (scr.), 124 pasulj (scr.), 118 peëat, 151 pehar (scr.), 1*9 pivinica, 125 poiata, 133 pono8, 119 prfcd, 14a prÿateljstvo (scr.), 14t prijatelstvo, 142 prod (slv.), 142 prud (scr.), 142 puSka, 128, 126 rasca (scr.), 125, 142 130 rak, 126 6obota (scr.), 142 straba, 130 str^Sta, 148 subota (scr.), 142 sulica, 133 Safran, 130 Serbet (scr.), 140 tabla, 121 tarh, terh, 122 th>ma£, 130 tok, 123 trşbica, 131 •ula, 87 varoS (valaccosl.)»' 97 zalog, 13Ò zob (scr, e bulg.), iao *) Quiaàdo non sègué derno* fneuhôchdeufsch). *) Quando iiro*Ì3éittè: zega, 150 TEDESCHE *) aus kultieren, 152 Barbier, 136 Bier, 136 Bürger, 132 fyrdel (sass.), 136 Glas, 137 Halde, 95 Häring, 131 Harz (na. a* tèd.) 95 Hatz, 95 Kastanie, 131 Korb, 137 k'orf (sass.), 137 Lampe, 114 Lade, 131 Meier, 137 purger (ant. sass.)', 132 Regiment, 137 Scheuer, 138 Schmalz, 138 schyren (ant. sass.), 138 Stab, 137 Stern, 160 Strang, 138 trinken, 138 Viertel, 136 Zuber, 104 TURCHE *) duSmen, 139 dukkian, 116, 139 kiler, 125 kisé, 141 nessuna indicazione si intènde te desco letterario ino» Là sigla sass. designa il sassone 'di Transilvania, alcuna indicazione sì intènde ^«' Türcö ÖsöáaőÜ i'ì : . ? kur an (ant. ciuvasso), 154 kyrbaò, 113, 139 qantar, 139 qasab, 139 qazan, 140 qopia, 81, n. 3, *35» *4* Serbet, 140 UNGHERESI * ács, 99 ajánlni, 112 akaró, 134 álcs, 100 állandóság, 157, 168 állat, 163 állót; 163 álnok, 124, xoo apáca, 127 asztalos, xoo auskultálnt, 152 bánni, 101 bástya, 101 beika, 65, n. 1 Béka, 65, n. 1 bekapcsolni, 135 berbécs, 165, 173 berbence, 127 béres, 173, 165 lérokoszok, 165 beszdrom, 164 beteg, iox betegség, 173, 102 bezárom, 164 birakozik, 165 birkózik, 165 bízni, 103 bizonyos, 103 bokréta, 157 bolond, 103 bolondság, 103 Borcs, 81, n. 3 bot, 141 b'ü(-t), 122 csalni, 109 császár, 164 csëbër, 104 csipke, 104 csizma, 104, 164 csokolt, 164 csókold, 164 csöbör, X04 csűr, 138 czátzdr, 163 darab, 105 darabant, 98 deák, 105 deákul, 105 dézma, 106, 132 dézsma, 106, 132 dicsőségeden, 173, 168 disnópásztor, 164 dogány, 126, 139 domb, 94 duplázni, 132 é > i, 162 é > ie, 163 ë > ö, 163 éedek; 162 égek, 162 egessegel, 167 egyszer, 168 ehetném, 168; 173 éhezem, 168, 173 éjszak, 166 ekesitet, 168 ékesíthetett, 168 ehózönek, 167 el-, 158 el kesztem> 164 el kezdtem, 164 elköszönök, 167 emberiem, 168 emberségessen, 167, 157 ereden, 163 erőtlen, 163 es, 164 éska, 166 ez, 164 fácán, 124 faczány, 124 fark, 135 fehér, 162, 166 feír, 162, 166 felöstököm, 173 fërëdô, ţo6 festek, 163, 164 fizetem, 168 fizetzem, 168, 173 fogadni, 98 fogadom, 52 folyos, 168 folyossal telle, 168 folyosó, 123 fosztni, 123 fölöstököm, 166 fördü, 163 fősek, 164 föstek, 163 főstik, 164 fösvény, 162 fösviny, 162* fövény, 162 főzök, 164 frâtër, 153 fröstőkem, 172, 166 fröstökemezek, 166 fürdő, 106, 163 ganaj, 126 gazda, 94 gazdarja, 123, n. 1 gebe, 65, n. 1 geibe, 65, n. 1 geög, 166 gestënye, 131 geaztinye,. *31 globuszoczká, 165 golovsóc^ka, x6s golyó, 134, n. r * - gömb, 93 gond, 94 gondolni, 94 g§g, 166 görény, 154 gracia, 153 gróf, 117 gy > j, 164, 165 gyapiu, 165 gyapot, 165 gyémánt, 106, 107 gyengés, 94 gyógyulok, 165 gyöny, 16$ gyöngy, 165 gyorsan, 155 gyújtok, 165 gyuladás, 165 gyűlés, 107 gyülis, 107 hakan, 166, 173 halásztó, 135 halkan, 167 hamis, 107 hasitam, 163 hasitom, 163 hasz, 164 haszon, 108 haszn-, 108 hasznavétlen, 108 hasznot, ic8 harc, 94 határ, 95 ház, 164 héring, 131 hértelen, 162 hirtelen, 162 hit, 163 hitetlen, 168 hitlen, 108, 86 hitlenség, 1C9 hóhóry 109 húsz, 164 > huzz, 164 hűit, 163 hüvelyk, 173 i > é, 162 igék, 162 ijdek, 162 INDICE inas, 109 kenéz, 112 iskola, 86, 106, 132 keresek, 164 Isten, 168 keresztül, 154 kett gyermek etzer sült, 173 japiu, 165 kezdet, 123 japott, 165 "kezes, 96 járás, 159 ki-, 134 jegyzek, 165 kik, 162 jegyzet, 165 kinitom, 165 jegyző, 165 kinyitom, 165 jétzek, 165 kipököm, 167 jetzètt, 165 király, 79 jetzö, 16$ kiválni, 134 jiska, 166 kocka, 127 jiutok, 165 kocsis, ç6 j rum. eu, ău, in major, 137 ókori teheni, 174 mák, 129 óriás, 97 málna, 127 oroslán, 134 marha, 114 ottan, 134 maries ka, 81, n. 3 medence, 137, n. 1 ökl, 165 még, 163 ököl, 165 meg- 134 öl, 140 megfesztni, 123 öveszek, 164 megfosztó, 123 övezek, 164 mégis, 123 megváltott, 134 pácán, 86, 124 méltócágos, 168 pácány, 124 mente, 164 pais, 164 mentéezke, 164 paizs, 124, 163 mérek, 162 pálca, 139 mesterség, 96 pallos, 118, 125 mesző, 164 palota, 133 mező, 164 panasz, 119 miegh, 163 panaszolkodom, 165 tnieghis, 163 panaszolni, 119 mirek, 162 panszolkodom, 165 mirigy, 167, 173 paraszt, 124 mise, 114 párduc, 118 mód, 115 paszulj, 118 modor, 115 patakocska, 159 mogyoró, 163 patkány, 154, 168 mógyaru, 163 patyolat, 119 monyos ló, 167 pince, 125 pohár, 52, 139 nacsagos, 168 polgár, 133 nadrág, 116 - porció, 133 Nagyságos, 168 porkoláb, 47, 53, 97 nagy uj, 177 pőkek, 167 nemes, 116 próbálóm, 169 nemzet, 116 probaluesk, 169 néne, 163 prücsök, 166 INDICE pstrucsek, 173 pstriicsek, 166 ptrücsök, 173, 166 e n. 2 purgar, 132 puska, 126, 129 puskás, 130, 128, n. i rá, 159 rák, 126 r ászom, 165 rea, 159 réce, 125 rend, 130 rendelni. 130 sáfrány, 130 sárkány, 173 -ség, 66 sejka, 65, n. 1 serke, 163 sódar, 169 soha, 155 soldor, 169 söndel, 164 . sör ke, 163 strázsa, 130 sür, 138 sűrű, 164 sütő, 120 szabó, 120 szakács, 120 szalana, 163 szalonna, 163 szálás, 97 szappan, 130 szerencse, 148 szërëzni, 120 szidni, 98 szinesitem, 167 szombat, 52, 142 szőke, 65, n. 1 szünitem, 167 szürü, 164 tábla, 121 tagadok, 49 tagadom, 159, 168, 98 tagadni, 98 talp, 98 tanács, 121 t ángy ér, 121 tányér, 121 tehénhászna, ic8 tépek, 162 térd, 162 tërh(et), 122 természet, 162 termiszety 162 tipek, 162 tird, 162 tisznopasztor, 164 tisztelem, 168 tó, 121 tok, 122 toka, 122 tolmács, 130 tolvaj, 98 tork, 165 torok, 163 tölcsér, 122 trombita, 131 trombitás, 52, 131 tüszes, 164 tüzes, 164 tyúkhaszna, 108 ulek, 164 ülök, 164 üstek, 164 üstök, 164 va > rum. 0-, ti 7 vadászni, 117 vadkert, 135 vágás, 117 vakolás, 117 vakolni, 117 válasz, 117; 122 vallni, 117 válú, 117 vál(y)u, 124 282 INDICE vám, 117 varjú, 158 város, 86, 97, 117 végh, 162 végzet, 162 velő, 99, 124 vesz, 162, 164 víg, 162 vigszek, 162 visz, 164 víz, 162, 164 voi, 163 vö, 163 zab, 120 zálog, 130 zomálcz, 138 zománcz, 138 zugolodok, 160 zsengés, 94 zsindely, 164 VARIE gere (Mano), 154 giri- (Sanscrito), 155 güra<5, gurőan (Arabo), 155 rigira, (Gbere), 154 nyira (Bambára), 154 CeyéQi (Libico), 154 Carlo Tagliavini, Il « Lexicon Marsilianum ». Tav. 1 Facsimile di una pagina del Lessico. A. R. — Ëtudvs et Recherches F. Carlo Tagliavini, Il « Lexicon Marsilianum ». Táv. II Le filigrane. ■A. i?. Étu4es tt Jtechcrcfos V\ Táv. III SPIEGAZIONI U griu (e non: grâu) . . _ . _ 2. kuA (e non: cuiu) 3. skaun (e non: scamn) . «f- 4. piatră (e non: pk*-, k'iatră) 0000000000 5. t’eiu, k'eiu, téeiu (e non: teiu) Carlo Tagliavini, Il « Lexicon Marsilianum » Tav. III SPIEGAZIONI e» griu (e non: grâu) t. kun (e non: cuiu) skaun (e non: scamn) piatră (e non: pk*-, k;iatrăj t’eiu, k’eiu, táeiu (e non: teiu)